Questo lavoro è dedicato a
tutti i cittadini e politici di buona volontà. Non solo dell’Alto Adige.
Vi hanno detto che senza le
radici non si costruisce il futuro, che senza un’identità collettiva la vita
non ha senso, che l’atto di togliere il crocifisso dai luoghi pubblici è un’offesa
a ciascuno di voi, prima ancora che a Dio, che ognuno dovrebbe essere
orgoglioso della propria patria/Heimat ed è tenuto ad amare la propria lingua.
Tutto questo lo si deve fare a prescindere. Un po’ come le Tavole della Legge
donate da Geova a Mosè sul Sinai: “Io sono il Signore, tuo Dio... Non avere
altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine... Non ti prostrerai
davanti a quelle cose...ecc.” I Comandamenti sono stati debitamente aggiornati
e la loro osservanza è dovuta. È curioso che l’unico animale terrestre nato per
essere libero abbia trascorso la sua storia escogitando ogni possibile mezzo e
metodo per ingabbiarsi. Eppure, per noi umani, non esiste a questo mondo nulla
di inevitabile, tranne la morte. Geni, ambienti familiari, culture, lingue,
estrazione sociale, ecc. non programmano la nostra esistenza. È estremamente
facile provarlo. Prendete i celebri gemelli siamesi Chang e Eng. Nati da una
famiglia cinese che viveva nei pressi di Bangkok, vennero scorti da un medico
inglese mentre facevano il bagno nel fiume. Impressionato e spaventato di
fronte ad un essere umano duplice, il medico pagò famiglia e re del Siam (l’odierna
Thailandia) per portarli con sé in patria. Tutti gli specialisti consultati
riferirono che sarebbe stato impossibile separarli chirurgicamente senza
causare la morte di almeno uno dei due, se non di entrambi. I due gemelli, dopo
essere diventati due fenomeni da baraccone del circo Barnum, si ritirarono in
una fattoria con le loro due mogli e 22 figli. Là terminarono i loro giorni. Il
loro patrimonio genetico era pressoché identico, così come l’ambiente nel quale
erano cresciuti, tuttavia le personalità di Chang e Eng non potevano essere più
diverse. Chang, il più piccolo dei due, dominava quello di maggior statura,
Eng, ed era estremamente umorale ed irascibile. Eng era invece di buon cuore,
gioviale e tendenzialmente sottomesso. A causa di queste differenze una volta,
da bambini, fecero a pugni e poi, da adulti, votarono per due candidati rivali.
Chang alzava molto il gomito e questo incideva sulla salute di entrambi e la
cosa peggiorò quando, nell’estate del 1870, ebbe un attacco di cuore che rese
invalido sia lui sia Eng, anche se il cuore di quest’ultimo era sano. Circa 4
anni dopo Chang morì ed Eng, che era ancora sano come un pesce, rimase talmente
sconvolto dall’evento da spegnersi due ore dopo.
Al di là dell’aneddoto, la biologia
insegna che ogni organismo è un prodotto squisitamente unico dell’interazione
dei geni con l’ambiente in ogni istante della vita di ciascuna persona. Per i
genetisti di popolazione, se c’è da fare una suddivisione della specie umana, l’unica
distinzione significativa è quella tra individui. Gli studi neurologici
dimostrano che non esistono due cervelli che siano identici, neppure tra
gemelli identici, perché le variazioni microscopiche di ogni cervello sono
enormi. Analogamente, le impronte digitali dei gemelli omozigoti sono distinte
ed individuali. Infine i linguisti hanno concluso che le parole e le frasi,
nella loro struttura e significato, hanno una storia che varia a seconda dell’esperienza
e del contesto di ciascuna persona. Insomma, l’evidenza empirica demolisce ogni
tentativo di essenzializzare e negare la straordinaria diversità dell’umano
nelle sue innumerevoli espressioni, cioè il suo fascino e bellezza.
Perciò chi vi dice che “è
naturale questo” ed è “naturale quello” sbaglia. L’unica cosa “naturale” per un
essere umano è quella di differenziarsi dagli altri, di maturare nei suoi modi
e nei suoi tempi, di realizzarsi secondo le sue proprie attitudini, valori ed
aspirazioni. Il resto sono superstizioni, un corredo di pregiudizi che si
affermano su base etnica, religiosa, storica, culturale. Viaggiando e vivendo
altrove molti hanno capito che si nasce in un luogo per puro caso, senza alcun
merito, e che ognuno ha diritto ad un orizzonte aperto e non a uno rinchiuso
nelle anguste valli dei desideri e bisogni psicologici delle generazioni
precedenti.
La nostra intenzione non è
quella di uniformare l’intero panorama identitario altoatesino. I movimenti
identitari, di qualunque genere essi siano, sono sempre estremamente
diversificati. Ci sono fanatici e bigotti in buona fede che alla fine si
marginalizzano da soli e ci sono persone coscienziose ed assennate che si
sforzano di andare incontro ad esigenze reali e legittime. Il nostro auspicio è
che ciascun residente della provincia di Bolzano sia messo in condizione di
essere libero di scegliere chi e che cosa vuole essere, libero di essere
autentico, di non rinnegare se stesso, la sua coscienza, la sua integrità di individuo.
Il nostro è un invito a guardarsi attorno con occhi nuovi, a sollecitare le
proprie ed altrui riflessioni, a sognare e progettare un angolo di mondo in cui
si possa essere liberi, autonomi e responsabili. Un luogo in cui la voce della
tribù non sovrasti mai quella della coscienza.
Meravigliarsi della mancanza di una coscienza colpevole negli altri, mentre si accetta la propria innocenza come un’evidenza, riflette perfettamente una certa mentalità moderna.
Glenn Grey
È la testa che bisogna cambiare. E non lo vogliono capire!
Sax (Renato Pozzetto in Saxophone)
Uno dei più ammirevoli talenti umani è l’impiego dell’intelletto per esplorare le verità ed i principi che stanno a fondamento della realtà, della condotta morale, ossia l’istinto filosofico-antropologico. Un istinto che ci consente di riflettere su noi stessi e su ciò che ci circonda, possibilmente con metodo, pazienza, tenacia, precisione, curiosità ed immaginazione. Un istinto che può aiutarci ad evitare le secche della superficialità e le rapide del fanatismo. Ciò che ci può salvare dai più cupi tra i possibili futuri è la conoscenza. La conoscenza protegge, essere vigili e circospetti, mettere in discussione il senso comune quando la nostra coscienza ed il nostro raziocinio ci invitano a farlo, questi sono i nostri scudo. L’autocompiacimento, l’indifferenza e l’ignoranza sono le nostra vulnerabilità. Più ci poniamo domande e più risposte cerchiamo, più diventiamo consapevoli di cosa sia necessario fare per salvaguardare il nostro presente ed il presente delle generazioni future. Se ci interroghiamo ed accumuliamo conoscenza, avremo meno paura, ci angosceremo di meno e correremo meno pericoli. La conoscenza è sconfinata, non ha limiti e perciò il suo valore intrinseco è infinito. È tutto ciò che ci serve per costruire la società in cui vogliamo vivere e non scivolare in quel tipo di società che descrivo in questo libro. L’opera che vi apprestate a leggere è un esercizio filosofico-antropologico che spero si riveli utile per l’approfondimento della conoscenza e per lo sviluppo del ragionamento morale e della sensibilità civica ed ecologica. Le domande poste in fondo ad ogni capitolo dovrebbero servire a focalizzare meglio l’attenzione dei lettori sulle questioni sollevate nei capitoli che le precedono.
È anche un saggio di antropologia politica e fantapolitica che vuole descrivere alcune ipotetiche direzioni di sviluppo della società trentina e mondiale. Laddove i profeti partono dalla premessa di una serie di trasformazioni in grado di cortocircuitare la storia accelerando grandemente l’evoluzione del genere umano, lo studioso può immaginare tipologie estreme di società futuristiche che potrebbero derivare, nel lungo periodo, dalle tendenze attuali. Chi scrive prende lo spunto da un sogno, non un sogno à la Martin Luther King, ma un sogno vero, vivido, articolato e complesso. Un sogno sulla Trento di un futuro prossimo. Ciò che ho visto era una Trento piuttosto diversa da quella attuale, ma non irriconoscibile. Non ci sono colossali skyline ed auto-volanti, né ci sarà un’unica conurbazione da Rovereto a Mezzocorona. Non sarà il mondo di Blade Runner. Nel sogno il MUSE, il Museo della Scienza che dovrebbe essere edificato nell’area ex-Michelin, non sarà completato. L’Adigetto non sarà imbrigliato. Ci saranno pochissime auto, una monorotaia a levitazione magnetica correrà lungo gli argini dell’Adige ed il clima sarà più umido. Una comunità di reietti sorgerà vicino a Vigolo Vattaro, paese ormai abbandonato perché, si può ipotizzare, la sua popolazione è stata deliberatamente concentrata in città. Diverse saranno soprattutto le persone: abbastanza distanti, quasi meccaniche nei comportamenti, concentrate sul lavoro e non sui rapporti umani. Ci saranno discriminazioni istituzionalizzate, con settori della popolazione apparentemente sotto costante sorveglianza o addirittura segregati. Un additivo sarà stato aggiunto all’aria e la silhouette della città sarà dominata da immense torri per la produzione di energia (forse collegate alle ricerche di Tesla). Tutto piuttosto bello, esteriormente, pulito ed efficiente. La gente non si lamenterà, accettando placidamente lo status quo. Eppure per me, sognatore cresciuto nella civiltà dei diritti e del diritto, quella realtà è inquietante.
Avrei potuto ricavarne un buon racconto di fantascienza, ma non sono un bravo narratore, mi vengono meglio i saggi. Di qui la decisione di introdurre la trascrizione adattata del sogno, facendola seguire da un’analisi il più possibile sofisticata (senza però risultare troppo libresca) di alcuni possibili scenari dell’evoluzione della società civile trentina e della civiltà umana sulla base di orientamenti emersi con la modernità. In particolare vorrei segnalare quelle tendenze tecnocratiche ed etnocentriche che spingono nella direzione della realizzazione della distopia che ho visto nel sogno. L’intento è quello di contrapporre una distopia autoritaria e suadentemente tecnofila ad una società autenticamente democratica. Vorrei esplorare la plausibilità ed auspicabilità di un modello di società civile che ponga in essere i principi della democrazia e dell’umanesimo sulla base di intuizioni e riflessioni mie e di studiosi certo più autorevoli di me. Vorrei anche ammonire i lettori a non sottovalutare certi orientamenti esistenti nella scienza, nella cultura e nella politica che invece vanno nella direzione di un controllo sempre più capillare della vita di ciascuno di noi, dal concepimento alla cremazione.
Stilisticamente, la porzione narrativa dell’opera va senz’altro inserita nel genere del “realismo magico”, quello diMarquez, Saramago, Allende e Terry Gilliam, ad esempio. Non è una scelta d’impulso o istintiva, ma meditata. Le critiche mosse al realismo magico rimangono stringenti ed imprescindibili: i realisti magici sono spesso socialisti disillusi che non vogliono rinunciare all’idea che il mondo possa essere migliorato in qualche modo. Siccome la politica ha fallito allora si rifugiano nelle fantasie magiche e nella mistica dei poteri dell’immaginazione. In questo modo la trama si può dipanare nel senso di una conclusione positiva, sebbene irrealistica, perché non si è più obbligati a rispettare i dettami delle leggi di natura, descritte come un qualcosa di mostruoso che impedisce al mondo ed all’umanità di diventare quello che erano destinati ad essere. In effetti, ogni saggio di fantapolitica richiede per definizione un’ambientazione “magica”. I mondi di Orwell e Huxley sono surreali. Alcuni anni fa Salman Rushdie, recensendo il film “Brazil” di Gilliam, osservava che “sognare equivale ad avere potere”, il potere di immaginare un mondo alternativo, di riconoscersi non come impotenti ma come potenziali protagonisti di un cambiamento anche radicale di stili di vita e di modi di fare politica. È normale fare largo uso di scorciatoie logiche per risolvere certe contraddizioni di fondo. D’altronde non sarebbe neppure sensato pretendere di poter prevedere accuratamente ciò che avverrà nel futuro, come si ostinano a fare, ahinoi, economisti e demografi. Ogni vaticinio automaticamente altera il suo contesto, dunque ciò che si può fare è limitarsi ad esaminare scientificamente le tendenze dominanti nella realtà circostante e presentare riflessioni adeguate. L’idea di fondo è perciò quella consueta di estrapolare uno o più indirizzi generali, estremizzarli e descriverne le conseguenze. L’unica cosa che mi aspetto dai lettori è che sospendano temporaneamente le loro facoltà critiche quando si tratta di valutare le premesse, che s’immergano nella narrazione e poi riattivino il proprio discernimento al momento di giudicare non tanto la plausibilità degli scenari, quanto la condivisibilità dell’analisi, delle argomentazioni socio-politiche e delle riflessioni morali. Mi sono sforzato di raggiungere il massimo grado di obiettività che mi sia accessibile, ma è bene tenere a mente che la mia resta un’ottica soggettiva.
Prima di presentare la vicenda, consentitemi di inserire una breve nota esplicativa che aiuti ad introdurre il racconto nel contesto del genere letterario a cui appartiene, quello distopico delle tirannie in cui i cittadini sono perennemente monitorati ed i dissidenti torturati e poi “rimossi”, in cui ciascun individuo è solo un momento necessario di un tempo collettivo e padroni e servi, carnefici e vittime, sono tutti ugualmente schiavi del sistema. La distopia, ossia la negazione dell’utopie o, per meglio dire, il disvelamento della sua realtà perversa e sinistra, è il prodotto della confluenza di due correnti di riformismo radicale: quello di chi crede che non si possa alterare la natura umana finché non si è rivoluzionato il sistema e quello di chi crede che finché non si modifica integralmente la natura umana non si potrà realizzare un diverso sistema. L’elemento in comune, quello che le indirizza verso esiti mostruosi, è il disprezzo per gli esseri umani nella loro forma e condizione attuale. Naturalmente quella che è una distopia per chi la subisce, per tutti quelli che sono giudicati ugualmente superflui, è un’utopia per chi la concepisce ed erige come unico possibile strumento per l’eliminazione del male nel mondo.
Quasi tutte le distopie sono ammonimenti. L’autore (o il subconscio) chiede al lettore: Avete visto dove stiamo andando? Vi state rendendo conto di dove andremo a parare? Non avete nulla da dire? Non intendete fare nulla per evitarlo? Poi, dopo averlo messo in guardia, lo esorta a fare attenzione e a tenere a mente che c’è sempre una scelta, anche quando preferiamo pensare che non sia così, per non doverci assumere la responsabilità di un possibile fallimento. Ci sono scelte da fare, c’è speranza, il futuro non è predeterminato. La distopia non deve mai essere troppo diversa dalla nostra realtà, perché altrimenti il lettore scivolerebbe automaticamente ed inconsapevolmente in una riduzione catartica dell’ansia, cioè a dire non sentirebbe più il bisogno di agire qui ed ora per cambiare le cose e prevenire il peggio. Insomma il lettore deve sentirsi chiamato in causa in prima persona e non va assolutamente confortato: mi senti? Sto parlando a te? Quando avrai finito il libro, alzati, vai fuori e fai qualcosa, perché chi sta a guardare è complice del male che viene compiuto.
Molti noteranno le affinità con “Il Mondo Nuovo” di Aldous Huxley. Dovete prendervela con il mio inconscio non con me (per la serie: assumiamoci le nostre responsabilità!). A dire il vero quello è un libro che non mi ha mai colpito particolarmente e che ho letto quasi di malavoglia tanti anni fa studiando l’inglese e poi regalato ad un amico. Un altro dei classici della distopia che non mi ha impressionato più di tanto è “1984” di George Orwell, la cui descrizione della tirannia totalitaria di IngSoc ha però moltissimo in comune con la Nuova Trento che esploro in quest’opera. Che dire? Forse esiste davvero un inconscio collettivo che influenza quello personale. Forse esiste un numero finito di immagini archetipiche e l’immaginazione mitica occidentale è pesantemente influenzata da un certo tipo di narrativa dominante. Altrimenti come si spiega il ricorrere di immagini e figure analoghe nelle opere di scrittori e registi così diversi, per temperamento e per retroterra culturale, come sono Lois Lowry, Margaret Atwood, Neil Gaiman, Andrew Niccol, Terry Gilliam, il George Lucas di THX-1138, Philip K. Dick, il Jean-Luc Godard di Alphaville, il Jonathan Swift della società degli Houyhnhnm, i disegnatori di fumetti nipponici, ecc.? Il mio sogno assomiglia a tante storie già raccontate, senza essere sovrapponibile a nessuna di loro. Karin Boye, rispondendo alla madre che si congratulava con lei per il successo del suo romanzo distopico Kallocain, le domandava retoricamente: “Pensi davvero che sia stata io a scriverlo?”. Le vie delle muse sono imperscrutabili.
Ciò che comunque colpisce in quasi tutte queste opere è che nessuno degli alter-ego dell’autore è in grado di sconfiggere dialetticamente i nuovi signori. Non vi è quasi mai un’idea alternativa, foss’anche un ritorno alle tanto deprecate democrazie costituzionali. Paul Proteus, il giovane tecnocrate protagonista di “Piano Meccanico”, di Kurt Vonnegut, è un megalomane con aspirazioni messianiche che finisce per rafforzare il regime che cercava di abbattere. In quello che è forse uno dei migliori film di fantascienza della storia, Gattaca, il protagonista dimostra tutto il suo valore e la sua forza spirituale al solo fine di farsi accettare, di diventare un ingranaggio nella MegaMacchina, mentre il disabile sceglie il suicidio in quello che diventa in pratica un forno crematorio, non diverso da quelli usati ad Auschwitz. Gli eroi che si contrappongono agli ingegneri sociali ed ai grandi inquisitori che assoggettano l’umanità sono fondamentalmente dei perdenti. La loro unica possibilità di vincere è il suicidio o la fuga solitaria, come Robert Duvall, alias THX, salvato solo dalle esigenze di massimizzazione dei costi imposte dal sistema poliziesco della città sotterranea nella quale non intende più sopravvivere. Nessuno di loro ci offre un saldo appiglio di fronte all’abisso della disumanizzazione progressiva, ma solo qualche vaga indicazione, un trito appello al superiore valore della libertà e della dignità. Evidentemente un’opera letteraria o cinematografica, per quanto brillante e visionaria, può essere perfettamente in grado di descrivere il come, ma non è capace di analizzare il perché. Questo è invece il compito dei saggisti. A questo proposito, sono rimasto piacevolmente sorpreso da un appunto scritto da Aldous Huxley nel 1959, durante la sterusa di “Island”. Si poneva il problema di come scrivere un romanzo di fantascienza che fosse educativo ma senza essere troppo didattico o didascalico. Trovava che fosse estremamente difficile e non sapeva citare un precedente che lo convincesse della fattibilità di questo progetto. Riteneva che si dovesse alleggerire l’esposizione inserendo dialoghi vivaci: “Se avessi sufficiente talento sarebbe bello poter poetizzare e drammatizzare questo materiale in modo da creare un’opera al tempo stesso divertente, tragica, lirica e profonda”. Ma l’esito fu sconfortante. La sequela di idee e riflessioni impedivano alla storia di scorrere e lo scrittore britannico concludeva: “Non sono riuscito a rimediare a questo difetto”. Il libro fu distrutto dai critici e la sua immagine ne rimase compromessa. Eppure, con il passare del tempo, il “Mondo Nuovo”, che era nato con motivazioni analoghe, è diventato un apprezzatissimo classico. In quest’opera mi limito ad invertire la logica huxleyana. Invece di scrivere un romanzo-saggio propongo ai lettori un saggio narrativizzato, nella convinzione che chi legge saggi è quasi certamente un amante della narrativa, mentre non è sempre vero il contrario.
Va, disprezza la ragione e la scienza, splendidissime fra tutte le doti dell'uomo. Lasciati pigliare agli allettevoli prestigi dello spirito di menzogna, e tu sei irremissibilmente mio.
Mefistofele, “Faust”, Goethe.
Vedo. Vedo persone, vedo alberi, vedo montagne. Le riconosco. La Marzola, la Vigolana, che sembra un po’ sbrecciata là in alto. Sto in piedi, fermo. Chi sono? O meglio, dentro chi sono? Sto interagendo con altre persone, ma non sono realmente io a farlo. Qualcuno sta parlando al posto mio e non ho alcun controllo sul corpo che mi ospita. Sono prigioniero e non capisco cosa stia succedendo. Chi mi contiene sta conversando con un gruppo di conoscenti, forse amici, forse colleghi di lavoro. Non posso chiedere nulla e non posso andarmene. Mi rassegno, non mi rimane che far buon viso a cattivo gioco ed ascoltare, o sarebbe meglio dire origliare.
“Mi stai dicendo che siamo condannati?”. È il corpo che mi ospita a parlare.
“Stando a quel che dicono gli scienziati c’è la possibilità – per alcuni è una virtuale certezza – che l’impatto causi il decadimento del trizio presente nell’aria”.
Mmmhh. Ma il trizio non è radioattivo? Chi l’ha messo nell’aria? E chi se ne importa se decade? Forse ho capito male.
“E quanto manca all’impatto?” chiede il mio involucro-prigione, che mi sembra di genere maschile e che potrei chiamare Marzio.
“La maggior parte degli scienziati è concorde nel dire che manca davvero poco. Qualche giorno, al massimo”.
Appena arrivato e già sta per finire tutto. Buon per me che non sopporto di fare il bruco nel bozzolo. Chiunque si aspetterebbe delle reazioni incontrollate da persone che sono appena state informate del fatto che non rimane più molto da vivere. Eppure, bizzarramente, Marzio non sembra manifestare particolari emozioni. Anche gli altri sono impassibili, freddi, come se tutto fosse stato previsto da tempo e si fossero messi il cuore in pace. Riprendono a camminare con calma, assieme. Stanno percorrendo quello che a Trento, al Trento che conosciamo tutti, è lo stradello che costeggia l’Adigetto, la pista ciclabile lungo l’argine che separa l’Adige dall’Adigetto. Vanno verso sud, verso l’area “ex-Michelin”. Dove c’era il prato, ora ci sono siepi, arbusti e felci. Sono rimasti i grandi platani, ma nessuna panchina. Quando Marzio volge lo sguardo a sinistra, osservo che l’Adigetto non è coperto, ma se non altro è pulito. Purtroppo non posso vedere tutto quel che mi circonda, perché Marzio non è interessato ad offrirmi una panoramica della città e dei dintorni. Neanche sa che esisto (o almeno si comporta come se non fosse consapevole della mia “presenza”). Stando a quel che riesco a scorgere sembra molto verde qui, come in Scozia, ma con un clima leggermente più mite. Forse è estate o forse sono gli effetti del riscaldamento globale o di chissà cos’altro. Quel che mi stupisce è che apparentemente tutti attendono impassibili alle faccende quotidiane, come se niente fosse. Io sarei terrorizzato, mi rinchiuderei in casa, o mi rifugerei in un bosco o su un monte o in qualche luogo sacro; pregherei, mediterei o amoreggerei. Non ho mai pensato a cosa avrei fatto il giorno in cui mi avessero annunciato che la fine del mondo era imminente. Quel che so per certo è che non mi comporterei con nonchalance. Ma come fanno? Prima avevo ipotizzat che la gente sapesse già da tempo di essere condannata e si fosse ormai rassegnata. Ma in quel caso che senso avrebbe continuare a parlare di lavoro? Forse siamo giunti ad un punto tale nel livello di discredito della scienza che le persone se ne infischiano delle previsioni scientifiche? Ma allora perché ne avrebbero parlato durante la pausa, e senza ironie e frecciatine rivolte alle “autorità” scientifiche? Staremo a vedere. Non bisognerebbe mai giudicare affrettatamente, ma la prima impressione è quella di un mondo emotivamente isterilito.
Se ho capito bene Marzio e gli altri stanno tornando verso il loro posto di lavoro. Stanno discutendo di cosa sia opportuno fare per sistemare un certo problema di una certa macchina…e non ci capisco niente. Terminologia tecnica ed un monte di sottintesi. Amen, rinuncio a capire. Marzio dev’essere un tecnico di qualche genere, con una certa predisposizione per il lavoro manuale. Per certi versi lo invidio, perché se fossi come lui non sarei qui scrivere un libro. A ciascuno il suo, come si dice. Certo non invidio la sua sorte. Rimane lo stupore di assistere ad uno scambio di opinioni su una questione totalmente irrilevante alla luce del disastro che incombe. Sono sotto l’effetto di stupefacenti? Però le loro menti paiono lucide. Come fanno a fregarsene, come se niente fosse? Sono tutti meticolosamente indottrinati? Hanno fatto a tutti un lavaggio del cervello? Sapete una cosa? Questi qui sono davvero blandi, quasi insignificanti. Anche la loro camminata è strana. Voglio dire, se vi guardate intorno oggi, vedrete che ognuno ha la sua camminata. Se aspettate una persona spesso riuscirete a riconoscerla da lontano prima ancora di scorgere i tratti del viso, per il modo in cui si veste e per lo stile del camminare. Ma qui indossano tute sgargianti e stivaletti e camminano pressoché allo stesso modo, senza difetti o peculiarità. Le due giovani donne che accompagnano Marzio sono davvero belle. Niente da dire. Ma quando parlano, l’espressione del viso, la fioca luce negli occhi…manca qualcosa. Sono prive di magnetismo, di fascino. Insomma sono fredde. Sembrano modelle durante una sfilata. Mi ricordo di aver letto un passo delle memorie di tale Wenceslau de Moraes (1854-1929), un marinaio portoghese che si stabilì a Shikoku, un’isola del Giappone piuttosto tradizionalista. Questi scriveva che “la donna giapponese ci offre la medesima, uniforma fluidità dei tratti, un’identica impersonalità…soggetta fin dalla più tenera età ad una meticolosa disciplina educativa che le impedisce di lasciar trasparire le sue emozioni, i visi delle Giapponesi si diluiscono…una fisionomia indecisa ed inespressiva, come se indossassero una maschera…tutti i volti ci sembrano uguali, come se fossero sorelle gemelle”. Non potrei esprimere meglio ciò che vedo. Ma non è un problema che riguarda solo le donne. Le poche persone che incrociamo non ascoltano musica, non parlano al cellulare, non canticchiano, non si guardano intorno, non occhieggiano per vedere se ci sono conigli, non salutano, non fanno alcun cenno di sorta. Come se gli altri non esistessero. Questi Nuovi Trentini paiono innocui ed autocontrollati, ma anche privi di vivacità. A dire il vero non sembrano realmente vivi nella più ampia accezione del termine. Non sono cloni o robot, o almeno non mi danno quest’idea. Invece mi viene in mente un vivace dibattito di alcuni decenni fa che aveva per oggetto il futuro della riproduzione umana. Molti intellettuali (anche teologi) e scienziati auspicavano l’introduzione della procreazione asessuata. Insomma i bambini non si dovevano fare a letto, ma in laboratorio. Questo perché così si sarebbero potuti pianificare a puntino. Bimbi su ordinazione. Un biologo molecolare, tale James Bonner, aveva proposto di rimuovere del materiale genetico da ogni persona al momento della nascita e poi sterilizzarla. Nel corso della loro vita queste persone sarebbero state monitorate per valutare la loro “performance”. Dopo la morte, il DNA delle persone giudicate meritevoli sarebbe stato usato per clonarle, quello degli inadatti sarebbe stato distrutto. Niente più sesso per l’umanità, dunque, troppo pericoloso. Solo persone a denominazione di origine controllata e garantita. Chi può dirsi sicuro che queste idee strampalate non abbiano poi preso piede. Se ci pensate, quante idee considerate assurde sono poi diventate parte del senso comune? Penso ad esempio alla sedazione dei bambini con gli psicofarmaci, come si fa quasi di routine negli Stati Uniti e si comincia a fare anche qua. Oppure è anche possibile che sia colpa di sto trizio di cui parlavano. Ma, se di trizio si tratta, è un elemento tossico se inalato, è radioattivo. Non avrebbe senso usarlo. Forse non è il trizio ma qualcos’altro che gli somiglia. Mi ricordo di aver letto in un’intervista a Kurt Wimmer, il regista di “Equilibrium”, un film distopico in parte ispirato a Fahrenheit 451, che originariamente la sostanza che il regime somministrava ai cittadini per modulare le loro emozioni si doveva chiamare Librium. Però qualcuno gli fece notare che il Librium era uno psicofarmaco realmente esistente, con effetti analoghi a quelli descritti, e allora cambiò il nome in Prozium, un chiaro riferimento al Prozac. Allora il mio trizio d’ora in poi si chiamerà brizio.
Ma torniamo a noi ed alla mia tormentosa vicenda personale che potrebbe anche essere la vostra, se vivrete a lungo. Il sospetto è che sia stata immessa nell’aria una sostanza sedativa, un qualcosa che serve ad anestetizzare menti e coscienze. È davvero importante, visto che tra un po’ sarà tutto finito? Beh, io sono qui e voglio capire.
Ogni singolo individuo è, insieme, l'intera traiettoria dell'evoluzione (e non soltanto, come lo concepisce la morale, un essere che comincia con la nascita). Se rappresenta il tratto ascendente della linea uomo, il suo valore è davvero straordinario e bisogna avere un'estrema cura nel conservarne e favorirne la crescita. (È prendersi cura dell'avvenire che in lui è promesso e che dà all'individuo ben riuscito un così straordinario diritto all'egoismo). Se rappresenta una linea discendente, la decadenza, la malattia cronica, gli spetta poco valore; e la prima giustizia consiste in ciò: tolga quanto meno è possibile spazio, forza e luce del sole ai ben riusciti
F. Nietzsche, “Volontà di Potenza”
Ricapitoliamo. Sono un ergastolano, incarcerato forse a vita (il che, viste le circostanze, probabilmente significa non per molto) in un corpo che non possono controllare e che non ho ancora visionato integralmente, azionato da un cervello che contempla la realtà in modo diverso dal mio. Ricorda il film “Essere John Malkovich” ma è uno scenario intollerabile per chi, francamente, non pensa di essersi meritato questo tipo di condanna. Ciò che non sopporto è l’impotenza. Sono solo una telecamera senziente, come un cervello conservato in formaldeide e che è rimasto cosciente. Sepolto vivo. Che orrore! Come se ciò non bastasse, col trascorrere del tempo mi sto accorgendo che la mia stessa mente si è un po’ intorpidita e non riesco ad esaminare la situazione lucidamente. È come se la profondità di pensiero fosse diventata improvvisamente insondabile. Il che è francamente assurdo se pensiamo che non sono fisicamente presente in quel luogo. È un #?&% di sogno, diamine! L’unico aspetto positivo della faccenda è che, con mia grande sorpresa ed anche ua ounta di piacere malandrino, comincio a captare i pensieri e le costrette emozioni di chi circonda Marzio. E questa è certamente una gran cosa. O, pr meglio dire, lo sarebbe se ci fossero tante persone attorno, ma così non è. Ad occhio e croce pare che la popolazione urbana sia ridotta a meno di un terzo di quella del 2010. Dove sono tutti? E perché quasi tutti vanno in giro con quelle tute ridicole, di un tessuto scintillante che non c’entra assolutamente niente con la tradizione alpina. Sembra di essere su un set cinematografico e per un momento comincio a pensare che sia proprio così. Ma è tutto troppo diverso. In questa Nuova Trento non ci sono animali domestici, ma non ci sono neppure i volatili tipici delle aree urbane. Nessun regista riuscirebbe a tener lontano corvi e piccioni. In effetti, è solo ora che mi rendo conto del relativo silenzio. Non riesco a capire se ci sia ancora l’autostrada, ma quel che sicuramente manca è il traffico. Non ci sono auto in giro! C’è un grosso zatterone mercantile sull’Adige e, lontano, in direzione di dove stava sorgendo il quartiere progettato da Renzo Piano vedo passare una monorotaia sopraelevata, che unisce il centro al Lungadige. Hanno risolto il problema del traffico abolendo il traporto privato? Mi è difficile allineare i pensieri in modo sensato. È tutto così irreale e non ho una gran voglia di capire cosa stia succedendo. Vorrei andarmene via, tornare indietro da dove sono venuto. Cosa diavolo c’è in quest’aria? L’atmosfera non è neutra, è come se ci fosse un campo magnetico o qualcos’altro che rendesse difficile pensare criticamente e metodicamente, liberamente. Faccio una fatica incredibile anche solo a soppesare le questioni, ad esaminare la situazione obiettivamente. Non mi rimane che descrivere a me stesso ciò che vedo e ciò che avverto al passaggio di altre persone.
La vita di Nuova Trento è quasi certamente regolata come quella di un formicaio. Non c’è un solo passante che abbia un’idea originale, che stia riflettendo su qualcosa, che accarezzi un desiderio “proibito”, che stia anche solo dicendo tra sé e sé: “Che fame!” Abbiamo incrociato poche persone e quindi non dovrei generalizzare, ma tutti finora sono concentrati su uel che devono fare. Pare sia impossibile per loro fare o almeno desiderare di fare qualunque altra cosa che non sia assolvere i propri compiti. Succede loro quel che succede a me. È come se ci fosse un enorme magnete invisibile, sopra o sotto di noi, capace di attrarre lontano da noi la vitalità, la personalità, la volontà, la capacità di pensare indipendentemente, di provare emozioni. Loro ormai hanno perso il libero arbitrio e io mi chiedo se non sarà questo anche il mio fato. Tutte queste stupide tute da lavoro e gli stivaletti color grigio scuro o nero. Ma come di fa ad andare in giro vestiti da pagliacci? I lettori mi scuseranno se mi soffermo su questo dettaglio dell’abbigliamento, però ho sempre pensato che il consumismo, pur essendo una pessima tendenza contemporanea che asserve le persone al marchio ed alla novità a tutti i costi, aveva anche significato per le donne la scoperta della propria femminilità, della dignità e amor proprio di persone meritevoli del medesimo rispetto riservato agli uomini, di individui che vogliono e possono differenziarsi, far risaltare la propria unicità, con l’abbigliamento e con il trucco. Insomma non ero contro il consumismo inteso non come omologazione ma come veicolo di un più ampio repertorio di risorse simboliche e di strumenti di sperimentazione estetica, di reinvenzione di se stessi. Persino fare shopping poteva aiutare a valorizzare ed emancipare se stessi, se si evitava di tradurlo in una mistica del consumo senza se e senza ma. Qui siamo arrivati all’eccesso opposto. Il pendolo è stato spinto verso l’estremo dell’uniformità e della praticità assoluta, quasi a voler sottolineare che nessuno qui è prezioso, nessuno è insostituibile.
Un’altra cosa stranissima che mi piacerebbe approfondire, se Marzio me ne desse l’opportunità, è quel cupolone trasparente che copre il centro storico. All’inizio non l’avevo notato, perché trasparente appunto. Ma adesso, grazie ad un sole velato, vedo che i colori, pur spenti, sono diversi all’interno rispetto all’esterno. Che diavolo è quella roba tipo “Chester’s Mill” di Stephen King? Chi l’ha messa lì e perché? A cosa può servire un’assurdità del genere? A proteggere i monumenti dall’inquinamento? A ben guardare, e per quel che mi è dato di vedere, le trasformazioni urbanistiche non sono state poche. Gli edifici nuovi o ricostruiti hanno linee geometriche rigide e non c’è spazio alcuno per strutture architettoniche superflue. Tutto è stato meticolosamente progettato per acquistare un aspetto bello e pulito, ma anche troppo omogeneo, prevedibile, artificiale e freddo, almeno per la mia sensibilità estetica. Altre cupole più piccole racchiudono diversi crocchi di edifici periferici.
Il gruppetto di Marzio raggiunge una mensa vastissima, che credo sorga dove una volta c’erano le Aziende Agrarie. Solo ora, e ci è voluto un sacco di tempo, mi accorgo che si vedono pochissimi anziani in giro. L’età media si è abbassata di molto, a occhio e croce fino a circa 60 anni. Echi di “Soylent Green” (“2022: i sopravvissuti”). Sia come sia, i pasti vengono consumati in comune all’interno di un’unica area che potrebbe essere monitorata, anche se vedo solo delle grate alle pareti e non ci sono telecamere visibili. Non c’è carne, non ci sono verdure o frutti. Alcuni mangiano polpettine di soia o qualcosa del genere, assieme ad una cremina color avocado, forse una salsa guacamole. Niente di troppo strano, cibi che conoscevo nel passato non onirico. Altri invece mangiano barrette da scartare e consumare all’istante e poi ingoiano quelli che potrebbero essere integratori vitaminici, bevendoci dietro una qualche bevanda con la cannuccia. Un menù limitatissimo. Si mangia tutti seduti su lunghissime panche, appoggiando il proprio pasto su tavoli metallici coperti da tovaglie di plastica. Non si usano vassoi, posate o piatti perché il cibo è preparato e confezionato in modo tale da poterlo consumare in pochi istanti. In effetti non è chiara la funzione delle panche. Con quel tanto potrebbero mangiare tutti in piedi e tornare subito al lavoro. Forse i pasti sono solo un’occasione di fare una pausa indispensabile. Si chiacchiera pochssimo, senza alzare la voce. Nessuno scherza, nessuno ride, nessuno piange, nessuno parla al cellulare. Non vedo bambini chiassosi. I pochi bambini siedono disciplinati e si comportano esattamente come gli adulti. Non ci sono camerieri, inservienti o cuoche, ma solo distributori automatici di cibo e bibite. Tutto è automatizzato a Nuova Trento. Anche la monorotaia, che ferma nel piazzale antistante alla mensa, non ha un conducente. Non c’è una cassiera e non si usa il denaro. Si paga passando la mano su un lettore elettronico, come se le persone avessero un chip sottocutaneo. È il trionfo di una società fredda e meccanica, programmata unicamente in funzione della produzione e della sopravvivenza fisica. In questo regime di astinenza ed ascetismo forzati, la vita della mente e dello spirito non pare sia neppure presa in considerazione. Criteri funzionalistici ed utilitaristici dominano tutto, assieme alla plastica ed al metallo.
Dopo aver cenato, Marzio fa un cenno di saluto ed esce, per tornare a casa a piedi. Purtroppo non fa molta strada e quindi non ho l’opportunità di studiare i cambiamenti nel resto del tessuto urbano. Immagino che l’amministrazione cittadina abbia fatto in modo che le persone abitassero il più vicino possibile al loro luogo di lavoro. Ma allora cosa ci faceva Marzio lungo l’Adigetto? Sono ancora concesse delle passeggiate? Più passa il tempo, più si amplificano le mie facoltà percettive. Avverto tensione nell’aria, la solitudine di Marzio sembra tangibile, come la sua sensazione di isolamento anche in mezzo alla gente. Tuttavia capisco anche che Marzio non è infelice in questa situazione. Anzi, sembra realmente sereno solo quando è solo. Infatti, se la gente potesse e volesse esprimere le proprie opinioni, immagino che i commenti sulla qualità della vita sociale e forse della vita in generale sarebbero piuttosto negativi, anche se sembrano tutti un po’ ottusi rispetto agli esseri umani del nostro tempo. Non si può fare a meno di notare la mancanza di gratificazioni emotive, il pessimismo strisciante riguardo al futuro. Sembra che l’intera esistenza delle persone sia stata ridotta ad una routine noiosa e, nella mensa, mi sono accorto che molti non hanno alcun legame familiare ed emotivo autentico. Mi sarei aspettato, ad esempio, di vedere madri affettuose ed apprensive, ma non c’è nulla di cui preoccuparsi e non ho visto scambi di segni di affetto. È vero che il pasto è durato davvero pochissimo, ma pare strano che, con tutte quelle persone riunite, non si siano visti baci, carezze, pacche sulle spalle, o anche una semplice stretta di mano.
Entriamo nel monolocale di Marzio. Sondo la sua mente per capire cosa senta. È la prima volta che provo a farlo, perché prima mi limitavo a registrare quel che proveniva dall’esterno o dall’interiorità di Marzio. Ora invece mi sono stufato di mantenere un ruolo passivo e voglio cercare di capire il più possibile di quel che è successo e di quel che sto vedendo. È in quel momento che sento per la prima volta la Voce:
“Chi sei?”
Rimango in silenzio.
“Chi sei?”
Mi rimpicciolisco.
“Chi sei?”
Mi rassegno e rispondo: “Mi chiamo Stefano. Non so cosa ci faccio qui e non so come andarmene”.
“Non sei un Guardiano?”
“Che io sappia no”.
“Non sei un Fratello del Cielo?”
“Direi proprio di no. Sono figlio unico”.
“Quanto starai lì?”
“Fosse per me andrei via anche subito, ma non so come si fa”.
“Da dove vieni?”
“Da Trento, ma non questa Trento. Un’altra Trento, la Trento dell’inizio del terzo millennio?”
“Che cosa? Prima della Grande Trasformazione? Prima del Nuovo Ordine?”
“Non so di cosa tu stia parlando. Ai miei tempi alcuni pensavano che nel 2012 tutto sarebbe cambiato. C’era sta cosa di un qualche calendario maya e di una qualche profezia. Pensavo fosse una fuga dalla realtà di chi era insoddisfatto della propria vita. È successo davvero qualcosa?”
“Lo puoi vedere da te”.
“Proprio alla fine del 2012? Il 21 del 12 del 2012?”
“Non lo so; forse prima, forse dopo”.
“Non usate i calendari? Non c’è Internet?”
“No”.
“Come no? E come fate?”
“Non misuriamo il tempo. Un sistema centralizzato ci dice dove dobbiamo essere in qualunque momento. Vedi?”
Mi mostra un piccolo visore da polso, ma non riesco a capire cosa significhino le cifre sul display, né mi è chiaro come si possa organizzare tutto così minuziosamente.
“Noi avevamo gli orologi, i cellulari, i computer portatili, ecc.”.
“Lo so, ma noi non ne abbiamo bisogno. Qui la vita è molto semplice e di conseguenza lo è anche la logistica. La comunicazione tra le persone è ridotta all’osso. Non abbiamo neppure dei nomi con cui chiamarci. Ognuno è virtualmente intercambiabile. O almeno questa è l’idea di base”.
“Tutto semplice ed essenziale, un po’ come il tuo arredamento. Sto posto sembra un giardino zen”
“Giardino zen?”
“Voglio dire che sembra la cella di un carcere. Non c’è quasi niente”.
“C’è tutto quel che mi serve”
“E ti va bene così?”
“È solo un posto in cui vivere, non mi fa né caldo né freddo”.
“Scusa se te lo dico, ma a me questa Trento in cui vivi mi pare un mondo freddo ed abbastanza repellente”.
“Forse lo è, rispetto al posto che conoscevi tu. Sicuramente in passato le cose erano diverse. Ma c’era delinquenza, c’era violenza, la gente aveva paura; c’erano attentati, incidenti, la gente moriva per le strade, c’erano guerre continue, rivoluzioni, stavate distruggendo voi stessi e la natura”.
“Ho capito, ma neanche la persona più intimorita avrebbe preferito vivere come voi. Insomma, a Trento non si viveva male, moltissime persone erano felici. Qui non c’è vera comunicazione tra voi del gruppo, o con gli sconosciuti. È tutto così sterile”.
“Non lo nego, io stesso preferisco rifugiarmi nel mio loculo (piccolo monolocale, NdR) a rileggere per l’ennesima volta i pochi libri che sono riuscito a nascondere e conservare”.
“Li hanno bruciati?”
“C’era una lista nera dei libri che eccitavano troppo gli animi. Dopo le guerre e le catastrofi naturali si era deciso di restringere lo spettro delle emozioni umane e di conseguenza certe forme d’arte sono state bandite”.
“Ma chi ha deciso tutto questo? Chi comanda? Non li eleggete voi i politici?”
“I Signori non ci considerano molto, ma va detto che all'inizio quasi tutti erano in gran parte d’accordo. In una società al collasso si finisce per pensare che a mali estremi, estremi rimedi”.
“Ma tu non la pensi come gli altri! E comunque chi diavolo sono questi “signori”?
“Non so bene come siano andate le cose, perché non si insegna più la storia qui da noi. Quel che mi pare di aver capito è che, essenzialmente, l’umanità ad un certo punto ha gettato la spugna ed invece di provare a costruire una società in cui “si possa non essere cattivi” si sia deciso di creare una società in cui “non si possa essere cattivi”. Già ai tuoi tempi si somministravano psicofarmaci a milioni di bambini per modulare il loro umore e temperamento. Era diventata una cosa così normale che pochi hanno sollevato obiezioni alle restrizioni dell’immaginazione e dell’emotività umane per controllare meglio le masse. In pratica ci si è disfati del libero arbitrio, anche perché molti biologi andavano ripetendo che il libero arbitrio è comunque un miraggio”.
“Ma ai nostri tempi per ogni biologo o genetista che la pensava così ce n’era un altro che diceva l’opposto. Non c’era alcun consenso scientifico sul libero arbitrio, sulla mente e sulla coscienza. Ne sapevamo troppo poco, e certo non abbastanza per decidere di trasformare l’umanità su una base così precaria”.
“Ma tu non sai cosa è successo dopo. Nagasaki non è stata l’ultima città ad essere rasa al suolo da una bomba atomica. Purtroppo non so dirti molto di più perché non esistono pagine di quotidiani del tempo o registrazioni audio video. Sta di fatto che sotto la spinta degli eventi, la decisione fu presa. L’ingegneria genetica e la farmacologia applicate su vasta scala ed in modo non egualitario produssero una società separata in due classi, quella dei “signori” e quella dei “cittadini”. Da quel momento in poi i primi comandano, i secondi obbediscono”.
“E nessuno fa niente? Nessuno protesta?”
“Qualcuno lo fa, ma non vive abbastanza a lungo da rappresentare un esempio per gli altri. Avrai sicuramente visto che le menti dei cittadini sono, diciamo così, anestetizzate, ma forse non hai notato che in giro non c’è nulla che possa servire come arma. In pratica non c’è alcun modo di cambiare le cose”.
“Allora come si spiega che tu leggi libri e parli liberamente con me?”
“Io sono un ibrido. Mio padre era un signore. I signori hanno tutto il potere, i cittadini non ne hanno. I signori controllano l’economia, la politica, la propaganda, la tecnoscienza. Possono tutto e godono della più completa immunità. Così mio padre ha visto una cittadina che gli piaceva e se l’è presa. Come nella Genesi: “Avvenne che i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte”. Io sono nato prima che lui si stufasse di mia madre. Lui non sa niente di me. In teoria la divergenza nel patrimonio genetico tra le due classi dovrebbe essere tale da non poter generare prole ed in ogni caso noi dovremmo essere sterili. Ti posso però assicurare che non siamo così pochi come credono i Signori. Ufficialmente non esistiamo e cerchiamo di non dare nell’occhio perché molti sarebbero ben felici di sopprimerci”.
“E gli altri? Ogni singolo essere umano del mondo è progettato, creato a tavolino?”
“Proprio così. La casta dominante ritiene che le donne dovrebbero essere premurose e servizievoli e gli uomini aggressivi ed indipendenti e così le nuove generazioni riproducono questo desiderio. In realtà le donne non servono più, perché i figli si fabbricano, però c’è sempre bisogno di qualcuno che accetti la sottomissione, anche nelle alte sfere. Ad ogni generazione, i signori espandono il loro corredo di privilegi e facoltà, incluse, si mormora, la telepatia e la chiaroveggenza. Per questo per un momento ho pensato che fossi uno di loro, ma la tua frequenza è molto diversa dalla loro. So di potermi fidare. In ogni caso, non so loro, ma io possiedo dei poteri telepatici e posso schermare la mia mente, come ho fatto con te”.
“Mio Dio, avete permesso tutto questo, l’incubo di ogni individuo con un po’ di sale in zucca, la tirannia finale? Esseri programmati per essere prevedibili, gestibili e magari con la data di scadenza?! Perché? Come si può vivere così?”
“Lo si fa se non ci sono alternative, lo si fa se ti viene detto che sei impuro, che le tue azioni hanno fatto impallidire Dio, che sei indegno di esistere in questa forma, che sei il fallimento della Creazione. La biotecnologia è servita a rimediare all’annichilimento dell’autostima della nostra specie: servivano tecniche di purificazione, di mitigamento della vergogna e dell’odio di sé, di negazione dell’incertezza sul proprio ruolo nell’universo”.
“Caspita, sei uno sveglio tu”.
“A differenza dei Signori io non penso di avere in mano la verità, non penso di essere un dio, non ho la pretesa di decidere della vita degli altri, come se fossero degli automi privi di sensazione, emozioni e coscienza. A differenza loro, io ho ancora una coscienza, appunto, e cerco di guardarmi intorno, di imparare da ciò che vedo, di capire il messaggio contenuto nei libri della mia piccola biblioteca segreta. Troppi cittadini non capiscono nulla di arte e letteratura, mentre ci sarebbe tanto bisogno di un rinascimento umanistico”.
“Non ne dubito. Tutti paiono interessati solo a tirare avanti quanto più a lungo possibile, a dispetto delle meraviglie tecnologiche che li circondano. Sembrano tutti affetti da una qualche sindrome da sopravvissuti. Nessuno si è mai ripreso dai disastri a cui accennavi”.
“Assolutamente. Non è nell’interesse dei Signori curare le ferite psicologiche del resto dell’umanità. Devono restare degli utili idioti, dei bambocci, delle marionette. Per questo è stata eliminata ogni forma di intrattenimento che possa stimolare la mente ed ogni fase della giornata e della vita è scrupolosamente ritualizzata. Anche i matrimoni sono combinati allo scopo di ridurre la possibilità che l’amore possa irrompere in qualche modo nella quotidianità. Farmaci ed emissioni elettromagnetiche rendono impossibile rifiutarsi di seguire le istruzioni”.
“Ma perché la gente non si suicida in massa? Un sistema del genere non reggerebbe un minuto a questo tipo di protesta”.
“Il suicidio è vietato. Fin da piccolo in ognuno è instillata la credenza in un sacro dovere di rimanere vivi per sostenere lo sforzo collettivo di risistemare il pianeta per rientrare nelle grazie di Dio e ricevere la benedizione di Gesù Cristo”.
“Cosa? La gente crede a queste cose?”
“I vecchi giurano di aver visto il secondo avvento del Cristo, giunto per giudicare l’umanità. Tutti sono convinti di partecipare ad una grande opera di ricostruzione, anzi di edificazione del Regno di Dio in terra”.
“Ma tu credi davvero a queste scemenze?”
“Il Cristo che hanno visto non è certo quello delle Beatitudini. È una figura fin troppo conveniente per il mantenimento dello status quo. Mi rifiuto di credere che il vero Cristo si sarebbe prestato a sostenere le nefandezze di questo Nuovo Ordine, che poi, se proprio lo vuoi sapere, tanto ordinato non è. Contrariamente a quanto si vuol far credere, la vita in città non è per nulla tranquilla e sicura. C’è violenza per le strade, specialmente in certi quartieri”.
“E com’è possibile? Non sono tutti inebetiti?”
“Non tutti. I Signori non si sottopongono alle stesse terapie e ormai tra loro c’è una concentrazione abnorme di psicopatici. La loro “razza” si sta pervertendo, sta degenerando. Ogni nuova generazione è sempre più fortemente indirizzata verso una certa linea evolutiva che, in realtà, li degrada a livello psicologico e spirituale. Credo che per loro sia sempre più difficile far nascere “figli ideali”. La feroce competizione sta per far saltare tutto e c’è chi ha pensato di anticipare i tempi. Ci sono state molte esecuzioni con iniezioni letali, ma anche assassinii di figure prominenti. La stabilità è solo apparente. Esistono intrighi e faide interne al potere costituito e c’è stato almeno un grande tentativo, fallito miseramente, di sovvertire l’ordine prevalente”.
“Ma tu come fai a sapere tutte queste cose?”.
“Te lo posso mostrare già stasera”.
Marzio si toglie il visore dal polso e lo appoggia sul suo cuscino. Poi infila la testa in una specie di casco-asciugacapelli e, una dopo l’altra, anche le le mani. Poi si cambia d’abito.
“Ora sono un signore e posso circolare la sera”.
“Tutto qui? Basta così poco?”
“Nel mio caso sì. Presto capirai”.
Prima di proseguire, vorrei chiarire che i dialoghi non si sono svolti come li riporto, perché la comunicazione telepatica avviene secondo modalità diverse da quelle a noi note. Ho dovuto tradurre le idee-forma in parole e questa è un’operazione affatto complicata, perché è stupefacente la quantità di concetti che si possono trasmettere telepaticamente, la qualità del pensiero e la precisione dell’interpretazione che s’intende far pervenire. La resa non è mai adeguata. Non ho saputo fare di meglio.
La vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, un incorporare o per lo meno, nel più temperato dei casi, uno sfruttare. […]. Lo “sfruttamento” non compete a una società guasta oppure imperfetta e primitiva: esso concerne l’essenza del vivente, in quanto fondamentale funzione organica, è una conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita
F. Nietzsche, “Al di là del bene e del male”
Usciamo e ci dirigiamo verso la cupola, o bolla, di dimensioni davvero imponenti, che ora riflette la luce del centro città, illuminato a giorno. Raggiungiamo i palazzi che una volta ospitavano l’università e che ora sono diventati uffici amministrativi o residenze signorili. Non vedo guardie armate, in giro, non ci sono soldati che marciano, non ci sono sentinelle, armi, manifesti e gigantografie. Insomma manca tutta la dotazione del perfetto tiranno. Non sembra di vivere in un regime totalitario. Un’altra cosa che mi prende in contropiede è l’aria assente dei passanti. Mi sembrava di aver capito da Marzio che i signori non fossero intorpiditi da droghe e campi magnetici o cose del genere. Ma anche qui, anche dopo il corpifuoco, gli occhi delle persone che incrociamo sono tendenzialmente vitrei, le espressioni piuttosto tetre. C’è poca vita in questi occhi, poca gioia, poco entusiasmo. Pensavo che se la spassassero a spese delle masse, ma nessuno sorride, nessuno ride. È vero che qualcuno parla a voce alta, anche troppo alta e che c’è un certo vigore negli incontri, ma sembra artefatto, un esercizio di teatralità, l’esecuzione di un rituale. Ci si chiede se queste menti, per quanto acute e potenti, siano realmente più libere di quelle dei cittadini, o se funzionino comunque meccanicamente. Chiedo lumi a Marzio.
“Posso parlare?”, bisbiglio, come se potessi davvero abbassare il volume dei pensieri.
“Sì, non ti preoccupare, siamo schermati, o almeno credo”.
“Come mai puoi andare in giro tranquillamente nella “città proibita”?
“Bella definizione, molto calzante. Ho disattivato il chip ed ho schermato le onde cerebrali con quella macchina che mi ha fornito un amico che presto conoscerai. Adesso siamo irriconoscibili. I signori si fidano ciecamente della tecnologia e perciò la loro soglia di attenzione è bassissima. Sono convinti di aver eliminato ogni imprevisto e non baderanno a noi, cioè a me”.
“Ma dimmi un po’, con tutto quel terribile apparato di sfruttamento che hanno messo in piedi, è mai possibile che non si godano la vita neppure loro? Guarda che facce hanno! Sembrano morti che camminano”.
“E lo sono, te lo assicuro. Sono morti dentro. La casta dominante ha cercato, narcisisticamente, di riprodurre tutte le caratteristiche che apprezzava di sé. Quindi ha sviluppato l’aggressività ed allo stesso tempo il rispetto per le regole, per la tradizione e per l’autorità. Ha sviluppato la brama predatoria assieme alla lealtà verso i pari ed al senso dell’onore, ha ridotto al minimo l’empatia e le emozioni superiori ed ha propagato un sistema etico centrato sulle virtù secondarie come l’efficienza, il senso del dovere, l’ossequienza, la diligenza, la conformità, la prevedibilità, la precisione, la coesione, la disciplina, l’utile, ecc. Tutte virtù tecnocratiche. In pratica è una simbiosi di ethos guerriero e logica tecnocratica. Poi, siccome non tollerano l’idea che ci siano dimensioni spirituali e prospettive sul mondo diverse dalla loro, hanno provveduto ad estirpare nel resto della popolazione tutto ciò che a loro non piaceva, ossia l’emotività, la spiritualità, l’immaginazione e le virtù primarie come la benevolenza, la sapienza, l’amore, la fede, la speranza, la compassione, la tenacia, il coraggio morale, lo spirito critico, l’indipendenza di giudizio, la solidarietà, eccetera”.
“Ma come può funzionare una società del genere?”
“Sopravvive solo se può continuare a parassitare una società subordinata. I loro rigidi protocolli e la virtuale assenza di iniziativa personale al di sotto della classe dirigente costringono l’intero sistema ad assorbire dall’esterno tutto quello che non si vuole o non si sa produrre all’interno. Il rafforzamento dell’intelletto e di certi poteri psichici è andato a discapito del buon senso, dell’immaginazione, dell’estro, della personalità, dello spirito collaborativo spontaneo. Qui si coopera perché così è previsto, non perché si sa che è la cosa più saggia da fare. Ma è davvero arduo tenere sotto controllo degli psicopatici ed il loro numero è in continua crescita. Ci sono anche sempre più signori che mostrano tratti che ai tuoi tempi si sarebbero chiamati “autistici”. Quanto alla serietà, qui nessuno capirebbe Shakespeare o Calvino. Scetticismo, ironia, sarcasmo, pathos, non sanno cosa siano. Le loro facce non lasciano trasparire emozioni perché sono spenti dentro e forse anche i muscoli che potrebbero esprimerle si sono atrofizzati”.
“Però si arrabbieranno qualche volta no? Mi hai detto anche tu che ci sono state ribellioni ed omicidi eccellenti”.
“Sinceramente non so se si arrabbiano veramente. Si irritano, s’infastidiscono, ma arrabbiarsi…non credo che abbiano mai fatto esperienza degli estremi emozionali descritti nelle opere letterarie del vostro tempo, come i “Fratelli Karamazov” o “Guerra e Pace”.
“Li hai letti? Li hai tenuti?”
“Sono tra i miei preferiti”.
“Ti hanno fatto bene”.
“Mi hanno tenuto in vita”.
“Ma i bambini non urlano, non frignano, non amano le loro mamme?”
“Per frignare frignano, ma le loro madri non saprebbero come aiutare il loro sviluppo emotivo, visto che non sanno cosa sia”.
“Cioè non li tengono in braccio, non giocano con loro, non li amano?”
“Bah, forse qualche madre vuole veramente bene al figlio, ma sono casi sporadici. Tieni conto che nascono tutti in vitro, per così dire e solo nei ranghi più alti la madre ha il diritto di allevare i figli. Tutti gli altri bambini sono in gestione alla divisione maternità – lo chiamano l’Incubatorio, ma noialtri ibridi e dissidenti [è la prima volta che lo sento parlare di un gruppo di dissenzienti esterni alla casta signorile, NdR]” preferiamo chiamarlo scherzosamente “Pandemonium”.
Attraversiamo quella che una volta si chiamava via Rosmini. Hanno tolto tutte le targhe delle strade ed ora ogni via è anonima. Dove cominciava il centro storico si erge la semisfera. Marzio mi spiega che è off-limits anche per molti signori. Solo l’élite ha libero accesso. Rimaniamo solo un attimo a guardare e mi accorgo che le ultime case a sinistra di via Verdi, prima della facciata del duomo, sono state demolite e ricostruite. È possibile che il governo locale abbia deciso di spianare tutto il “vecchiume” e rimpiazzarlo con strutture più funzionali ed omogenee, come ha fatto Mussolini nella zona di Piazza Cesare Battisti, già Piazza Italia. Poi Marzio riprende a camminare per non dare nell’occhio. Meglio non tirare troppo la corda con le autorità.
“Allora paradossalmente gli unici che potrebbero essere felici non solo non lo sono, ma non lo potrebbero essere mai”
“È proprio così. Provano piacere nel dominare e nel prendere dagli altri, il potere ed il controllo li inebriano, ma non credo che si possano definire felici. Magari a loro va bene così. In fondo, se uno non sa che esistono cose più belle e piacevoli, si accontenta di ciò che ha. È probabile che se tu potessi parlare ed interagire liberamente con uno dei loro bambini più svegli ti chiederebbe se essere felici sia bello, che cosa significhi quando lo abbracci o lo carezzi, o perché ridi quando dici certe cose; il loro senso dell’umorismo è rozzo. Per loro giocare significa soprattutto imparare a gestire il potere, far funzionare le macchine e fare la guerra. Un po’ come a Sparta, se ho capito bene”.
“Ma sembrano dei ritardati mentali! Ma che schifo, questi decerebrati immorali non solo vivono di merda per conto loro ma hanno pure la pretesa di costringere tutti gli altri a vivere anche peggio. Che disastro totale; e noi che ci lamentavamo della nostra società e della nostra umanità. È vero che uno non capisce cosa ha finché non la perde. Quel che davvero non capisco è come sia possibile che i ricchi non abbiano continuato a vivere nell’agiatezza. Perché mettere in moto un meccanismo così autodistruttivo?”.
“L’ambizione, l’avidità, il narcisismo, la smania di potere. Non hanno mai saputo accontentarsi e quando l’ingegneria genetica ha reso accessibile una miriade di nuove possibilità non hanno perso tempo. Hanno stabilito loro come sarebbero dovuti essere i figli ed i figli non hanno potuto neppure contestare la scelta perché sarebbe stato anti-patriottico ed anti-umano in un’epoca in cui bisognava salvare il salvabile ed ognuno doveva fare la sua parte. Così il processo è diventato irreversibile. La terza generazione era ormai incapace di immaginare che la strada imboccata dai nonni fosse quella sbagliata. A quel punto l’intero sistema era ormai organizzato in maniera tale da auto-perpetuarsi, a livello simbolico e materiale”.
“Incredibile, davvero incredibile. Fottutamente incredibile. Che imbecilli gli esseri umani”
“Fai presto a giudicare. Tutto questo è stato fatto ufficialmente proprio per porre rimedio all’imbecillità umana. Meglio sarebbe stato identificare le varie forme di psicopatologia e tenerle sotto controllo, evitando che certe persone arrivassero al potere, ma ormai era troppo tardi”.
“Ma tu pensi che anche la punta della piramide viva così? L’élite che vive sotto vuoto spinto qui nella grande palla, si comporta come tutti gli altri? Fanno il bagno, dormono, si vestono e lavorano tutti assieme? Non viaggiano, non vanno in vacanza, non si prendono delle pause, non giocano a golf e quelle cose lì?”
“Onestamente non lo so. Nessuno che conosco è mai potuto entrare lì. Come hai visto non si vede mai in giro nessuno. L’area della cupola sembra disabitata, eppure è da lì che giungono gli ordini. Qualcuno sospetta che ci sia un’intelligenza artificiale che elabora tutte le direttive e che è per questo che la società umana si è disuminazzata”.
“Mi sembra un’ipotesi plausibile. Altrimenti come si spiega quest’involuzione così innaturale?”
A questo punto siamo arrivati a Santa Maria Maggiore, che ora sorge in una grande piazza. Non ci sono auto e non ci sono parcheggi. Non ci sono neppure negozi. Molte case sono state ricostruite e assomigliano a dei casermoni con pochissime finestre. La Chiesa invece è praticamente intatta. Non è più stata ripulita e mostra qualche segno di deterioramento ma pare che non siano intervenuti sulla sua struttura.
“Ho visto che mentre tutto il resto è stato alterato, la Chiesa è rimasta quella che conoscevo. Come mai?”
Marzio non risponde, cammina veloce verso la chiesa, si china a fianco del basamento, rimuove una pietra ed estrae un bussolotto che contiene un piccolo Buddha d’alabastro ed una collana con un medaglione platinato a forma di Y con una parola incisa per ogni braccio: “Obama…Loves…You”. Mi porge il medaglione e mi spiega che la Y stava anche a significare “Yes we can”, uno slogan che alcuni anni prima era stato molto in voga. Era una croce alternativa a quella brandita dai Cristiani fondamentalisti statunitensi, quelli che credevano che il Secondo Avvento di Cristo fosse prossimo e si dovessero accelerare i tempi, preparando la “Città sulla Collina” per la sua venuta. Il loro slogan era “Jesus loves you”. I loro avversari avevano coniato il motto “Obama loves you” per irriderli, anche perché molti fondamentalisti erano davvero convinti che Obama fosse l’Anticristo e si sentivano in missione per conto del Signore, per ristabilire l’ordine e la moralità in un mondo di depravazione e decadenza. Marzio mi spiega che non sa molto di quel che successe, ma crede che in quel periodo gli Stati Uniti ed una grossa porzione del pianeta siano stati invasi da un’epidemia di integralismo religioso in conseguenza dell’ennesima guerra per il controllo delle risorse energetiche e di un terribile attentato terroristico negli Stati Uniti, l’ultimo ed il più devastante. I giovani integralisti erano inquadrati in vere e proprie milizie neo-cristiane che marciavano sotto il segno della Croce. Le condanne del Vaticano non poterono in alcun modo tenere a bada il fervore religioso di questi “monaci combattenti”. Anzi, la Chiesa di Roma fu accusata di essere in combutta con l’Anticristo. Da lì in poi le cose degenerarono.
“E adesso?”
“Adesso viviamo in una società in cui il cristianismo – perché ormai è una religione politica che ha poco a che fare con l’insegnamento di Gesù il Cristo – è l’unica religione autorizzata. Una parte della liturgia classica è stata mantenuta ma tanti credenti hanno un rapporto diretto con Dio e con gli angeli”.
“Angeli?”
“I cosiddetti Figli di Dio, le Guide Spirituali della Nuova Umanità. Ma preferirei non parlare di loro. Non si sa mai”
È la prima volta che Marzio si dimostra così reticente. Chi saranno questi angeli? Dei guru? Delle visioni allucinatorie? Provo a pungolare Marzio un’altra volta ma è irremovibile. Quest’argomento è tabù. Continuiamo a camminare fino a quella che una volta era il parco di Piazza Dante. Ora ci sono meno alberi, lo stagno è stato coperto e c’è un grande prato, o forse un orto. Marzio mi racconta che anni addietro le autorità impiegavano dei giganteschi aguzzini mascherati per costringere i prigionieri politici a raccogliere le erbe coltivate in Piazza dell’Armonia [il nuovo nome di Piazza Dante, NdR]. Non sa da dove venissero questi Guardiani, forse erano il prodotto di un esperimento di ingegneria genetica. Fatto sta che una sera si era avvicinato per cercare di comunicare con uno dei lavoratori forzati, un signore che aveva scelto di stare dalla parte dei cittadini e non era stato ucciso solo perché figlio clonato di un alto papavero. “Arrivai lì e cercai di mischiarmi tra i raccoglitori per evitare di farmi scoprire, però chiaramente non sapevo quali erano le erbe che dovevo strappare e feci un mazzetto assortito. Un Guardiano se ne accorse, si avvicinò a me e mi sollevò da terra, tenendomi per il collo e minacciandomi con una stun-gun, una pistola stordente. Mi chiese perché non stessi lavorando di buona lena. Gli risposi che non ero contento di interrompere la vita di una pianta. Al che mi guardò perplesso. Doveva essere la prima volta che sentiva una cosa del genere. Aggiunsi che la vita in genere è importante e che non sarei per nulla contento di interrompere la sua, ad esempio. Cercherei di evitarlo in ogni modo. Non disse nulla, mi mollò e si mise a controllare gli altri lasciandomi libero di andar via. Gli altri invece continuarono ad obbedire ai carcerieri. Ancora oggi mi chiedo cosa sia successo. Bastava rifiutarsi di collaborare con il regime? Bastava dire no? Oppure quel guardiano ricevette un ordine telepatico? Per me rimane un mistero, anche perché a quel tempo non ero ancora in grado di sondare le menti altrui”.
Sarebbe bello pensare che fosse possibile abbattere questo sistema quando la gente era ancora capace di distinguere il giusto dallo sbagliato, il bene dal male. Un semplice no collettivo ed i padroni non avrebbero più potuto tenere in funzione la loro MegaMacchina.
“Marzio, tu pensi che i cittadini potrebbero ribellarsi in futuro?”
“No, credo che ormai sia troppo tardi”
“Perché sei così pessimista, non ci sono forse crepe nei piani alti della piramide?”
“Tu non mi hai chiesto se quest’ordine durerà ancora a lungo ma se i cittadini potrebbero sfidarlo. I Signori non riescono più a procreare o clonarsi in numero sufficiente a mantenere stabile la loro demografia ma il vero tracollo si sta verificando tra i cittadini. È come se improvvisamente le anime si fossero rifiutate in massa di incarnarsi qui ed i nuovi nati non sono più distinguibili dagli uomanzé, gli umanoidi nati dall’incrocio tra scimpanzé e esseri umani”.
“Alla fine hanno creato in laboratorio anche delle chimere. Era prevedibile. Ma perché tiri fuori sta cosa delle anime, credi che esistano davvero?”
“Quel che credo io non ha molta importanza. Quel che vedo è che un numero crescente di nuovi nati è sempre meno adeguato ai compiti che gli vengono assegnati e che il loro corredo genetico non è cambiato, anzi, semmai è stato migliorato proprio per cercare di rimediare a questo decadimento. Nessuno sa spiegare cosa stia succedendo e nessun tentativo di invertire questo processo è andato a buon fine. Quindi questo sistema non ha un futuro, ma non certo per lo spirito di iniziativa della massa. I cittadini sono a tutti gli effetti dei robot, qualcosa che crei per fare quello che vuoi e nient’altro. Li avrebbero già sostituiti con dei veri robot ma si sono accorti che il cervello umano è molto più sofisticato di quel che pensavano. Non sono in grado di ricrearlo e quindi hanno optato per la robotizzazione di una parte dell’umanità. Le loro flebili emozioni non hanno alcuna importanza, non possono coltivare legami autentici ed intensi con gli altri cittadini, sono solo qui per sopravvivere abbastanza a lungo da fare quello per cui sono stati programmati”.
“Robot che comandano altri robot”
“Beh non è proprio così semplice. I Signori sono inquadrati in un reticolo di regole ed obblighi ma rimangono consapevoli di ciò che fanno. È solo che, essendo quasi privi di coscienza, non è sempre facile tenere a freno i loro impulsi e desideri. Vogliono provare emozioni ma non hanno quel giroscopio morale interiore che impedisce gli eccessi e quindi a volte il loro comportamento è quasi imprevedibile. Per questo ci sono molte violenze e molti stupri e quindi molti ibridi come me. Tiranni che di tanto in tanto sono in preda alle loro pulsioni libidinali, al desiderio di dar libero corso a collera, invidia, sadismo, slealtà, giustificando la loro condotta come in accordo con la suprema legge della vita stessa. Considerano i loro istinti come sacri e li perseguono senza scrupoli, fiduciosi nella loro giustezza. Se vogliono dar sfogo alla loro frenesia sessuale cercano di farlo con le cittadine perché godono di una completa impunità. Per le leggi vigenti i cittadini sono oggetti, quindi non si è perseguibili penalmente se si danneggiano o si uccidono e neppure se si schiavizzano. Ho sentito di casi di signore che si sono prese un cittadino più aitante di altri come animale domestico e strumento di piacere. Poi quando sono stufe lo “riciclano”. Immagino che non sia il piacere sessuale che cercano, ma il senso di dominio, di appropriazione. Stuprano la vita, invece di rispettarla ed amarla”.
“Sembrano completamente amorali. Mi chiedo come possano fidarsi l’uno dell’altro”.
“Gli dèi non sono amorali. I Signori si credono dèi, esseri che hanno la facoltà di stabilire da sé la gerarchia dei valori, imponendola come “atto d’amore” a tutti gli esseri inferiori, gli aborti della creazione, l’oggetto dello scherno angelico. L’uomo-dio agisce secondo convenienza perché incarna la legittimità. O almeno è quello che raccontano a se stessi, quando si proclamano gli unici degni Figli di Dio, gli unici veramente liberi perché gli unici realmente capaci di realizzare il disegno cosmico come andava fatto e non come l’ha erroneamente impostato Dio. In fondo credono in Dio ma, idolatri di se stessi, ne fanno volentieri a meno. Megalomanicamente convinti che Dio abbia sbagliato, non lo ripudiano apertamente, ma si prefiggono il compito di rimediare ai Suoi errori, di sistemare l’universo come meglio aggrada loro. Si sentono predestinati ad un governo aristocratico planetario, forse universale, diretto da una classe superiore, una razza spiritualmente distinta dotata di salute fisica e di forza mentale e morale incomparabili, una nobiltà naturale di spiriti liberi e di anime elette, superuomini eredi di Dio. Dèi longevi, ma pur sempre mortali, però. Così predomina l’istinto di autoconservazione, di perseveranza nell’esistere. Non possono accettare di essere un accidente dell’evoluzione e perciò vogliono affermare la loro pienezza e permanenza, controllando tutto ciò che possono, sfruttando i deboli, che vengono letteralmente divorati. Detenere il potere dà significato al loro ruolo nell’ordine delle cose, spingersi sempre al limite delle proprie capacità e magari oltre, desiderare di possedere più di quanto spetta, vedere il potere come un’opportunità di trasgressione e prevaricazione, rifiutare limiti e proporzioni. Chi sta in cima alla piramide può permetterselo, ma non è meno asservito degli altri, mentre chi tra i signori sta sotto, sogna di prendere il posto del padrone, non di mitigare, trasformare o abolire il sistema”.
“Ma come puoi chiamare morale questa…barbarie entropica, perché davvero non so come diavolo chiamarla. È come un…un vasto deserto spirituale, un incessante monologo, un masso inamovibile in mezzo al nulla. Se non fossero così spietati, verebbe quasi da provare pena per loro”.
“È vero, la pena e la commiserazione sono i sentimenti giusti. Voi, gli umani di prima della Grande Trasformazione, potevate ancora scegliere, loro – e in parte anch’io – non possono essere diversi da ciò che sono. Non vogliono poter scegliere. Non vogliono sperimentare un ordine non assolutista, un ordine che non sia conforme alla loro concezione di ineguaglianza naturale. “Onore e fedeltà”, “obbedienza e pazienza”, espressioni assolute e intoccabili della “volontà divina”, sono gli imperativi ufficiali di questa rigida gerarchia, pensata apposta per selezionare gli animi più crudeli e sadici, le pulsioni più sinistre. Ma non c’è nulla di nuovo in questo pensiero. Pensa al nazismo, non era forse una prova generale di questa tirannia? Anche allora si venerava il sangue, la mistica catena – una vasta ed impetuosa corrente ereditaria – che congiunge antenati, viventi e discendenti in un eterno ritorno. Si bramava il potere fine a se stesso, la tecnoscienza era al servizio del miglioramento della razza e la loro missione sovrumana esentava le SS da ogni esitazione e remora. E Nietzsche? Col suo sogno del superuomo, di un programma di allevamento umano “sistematico, artificiale e consapevole”, la reintroduzione della schiavitù, dell’aristocrazia e di un sistema castale, la distruzione delle deformità ed anomalie, ilvolontarismo
irrazionale e cieco, il patriarcato, l’analfabetismo imposto alle masse, la gloria guerriera, la preservazione della “pura razza dei guardiani”, il dovere di morire quando si risulta superflui, il sadismo, l’appropriazione, soggezione e sfruttamento di ciò che è debole e vulnerabile, l’abolizione dei diritti umani, il sacrificio della gran parte dell’umanità a beneficio di una sola, più forte, specie d’uomo. Quando Nietzsche profetizzava che come la scimmia per l’uomo è oggetto di scherno o di doloroso imbarazzo, così l’uomo sarà trattato dal superuomo, non aveva forse in mente i Signori di quest’epoca, di questo Quarto Reich? Non si faceva loro portavoce quando, se non erro ne “La volontà di potenza”, spiegava che le pratiche cristiane “preparano un tipo d’uomo che un giorno cadrà nelle nostre mani”. Quando Nietzsche annunciava che la vocazione naturale della massa servile è quella di funzionare come un ingranaggio, una macchina intelligente, perché il loro unico scopo dev’essere l’utile sociale, non descriveva forse i cittadini? Aveva forse visto il futuro quando assicurava che la casta dominante avrebbe commesso crimini gioiosamente ed innocentemente, senza vergognarsene, come se fosse priva di coscienza. Infatti sono privi di coscienza e sottoscriverebbero entusiasticamente le invocazioni di Nietzsche: “Venisse una tempesta che scrollasse dall’albero tutto questo marciume e pasto di vermi…Venissero predicatori della morte rapida!” e “a ciò che sta per cadere si deve dare una spinta. A chi non insegnate a volare, insegnate a cadere più in fretta”.
“Devo ammettere che hai ragione. Se Nietzsche non era amorale allora non lo sono neppure loro. La loro morale è semplicemente quella del predatore e come non avrebbe senso discutere con un puma che ti vuole attaccare, così non ha senso pensare che cambino idea, che si ravvedano”.
“Guarda questa targa di marmo, Stefano”
Laddove un tempo c’era la stazione dei treni, c’è ora un mausoleo. Guardo perplesso un’enorme targa che elenca una serie di prescrizioni:
Non penserai mai di essere speciale;
Non penserai mai di avere la nostra stessa dignità;
Non penserai mai di essere brillante quanto noi;
Non penserai mai di sapere quanto noi;
Non penserai mai che qualcuno si preoccupi per te;
Non penserai mai di poterci insegnare qualcosa;
Non penserai mai di poter fare a meno di noi;
Non penserai mai di mancarci di rispetto;
Non penserai mai di nasconderci qualcosa;
Non avrai altri padroni al di fuori di noi;
“Che cosa significa tutto questo?”.
“Lo puoi capire da te. Ora possiamo tornare al loculo. Domani incontrerai una persona speciale”.
“Più speciale di te?”, chiedo scherzosamente.
“Non penserai mai di essere speciale”, risponde divertito.
Tutti gli dèi erano considerati sublimi, innanzitutto dominatori e temibili. Davanti a loro ci si prosternava, si tremava. Certo, essi potevano farsi commuovere dalle suppliche e proprio per questo li si adulava e li si implorava, dato che erano onnipotenti. E, soprattutto, li si considerava signori e padroni: ci si sottometteva a loro. Ma non si era attratti dalle divinità, non le si amava. Si provavano, davanti al divino, gli stessi sentimenti che animavano i più umili sudditi davanti al sovrano e agli alti e potenti personaggi che lo circondavano. Corpo e forme identiche alle nostre, ma senza imperfezioni ed inaccessibili alle infermità e alla vecchiaia. Gli uomini sono stati creati e messi al mondo e la loro realizzazione sottilmente calcolata e condotta a termine per svolgere, nei confronti degli dèi, il ruolo di servitori. La vita umana ha un senso, una ragion d’essere, una finalità solo al servizio degli dèi.
Jean Bottéro, Mesopotamia
Il mattino dopo arriviamo all’azienda dove lavora Marzio, un capannone non particolarmente attraente. Colori pastello per un cubo di cemento (o di qualche altro materiale) di cinque-sei piani piazzato proprio laddove si diceva che sarebbe sorto il famoso Museo delle Scienze (MUSE). Invece tutta l’area è stata trasformata in una zona industriale come tante altre. Povero Lanzinger, non ci sarà nessuna caffetteria del nuovo museo da intitolargli: il sogno di una vita in fumo! Proprio mentre stiamo per entrare qualcuno lancia un grido. Marzio si volta lentamente, come se sapesse già cosa sta per succedere. “Guardate!”, urla un altro interrompendo i miei pensieri e tutto il mondo circostante. Persino gli uccelli si ammutoliscono. Marzio è ancora girato di spalle e non posso vedere che diavolo stia succedendo. Avvertiamo una forte scossa di terremoto. Tutto vacilla, comprese le altissime torri a lato del capannone. Ora Marzio guarda verso l’alto. Verso est, sopra la Marzola, una lunga striscia di fumo grigio chiaro attraversa un cielo greve. I primi commenti che sento non mi aiutano a capire. Qualcuno butta lì che l’asse terrestre si è modificato, che quello in cielo è il fumo prodotto da un impatto che ha formato una scia in seguito allo spostamento del pianeta. Qualcun altro ribatte che un asteroide che riuscisse a spostare l’asse terrestre sarebbe così enorme che non saremmo certo qui a parlarne. È invece una cometa che ha sfiorato la terra. E il famoso brizio o che so io, quell’elemento chimico che rischiava di decadere? Non mi sembra che nessuno ne senta la mancanza, oppure è ancora lì dov’era prima. Marzio intanto non perde tempo e sale su un qualche tipo di veicolo industriale su binario che si muove pigramente in direzione di una specie di hangar che si apre sul fianco del capannone. Guarda di nuovo in alto e vedo che la torre più elevata sta per crollare. Cristo, viene giù tutto e sto affare è di una lentezza esasperante! Cerco in basso le marce e provo a cambiare. C’è un problema: non ho braccia e mani. Gli arti di Marzio sono i suoi e non ho alcun controllo su di essi. E poi non c’è neppure una leva del cambio. Maledizione accelera! La struttura si sta accartocciando su se stessa. Stranamente, non sono assordato da alcun rumore metallico. Mi rendo improvvisamente conto che si sta producendo un graduale processo di identificazione tra me e il corpo di Marzio. All’inizio nutrivo solo compassione per queste persone condannate ad un’esistenza da schiavi o ad una morte apocalittica, ora preferirei che sopravvivessero, come se la mia stessa esistenza dipendesse dalla loro, e soprattutto da quella del corpo di Marzio. Il mezzo avanza plantigradicamente, ma Marzio pare sappia il fatto suo. Me lo auguro. Una torre alla fine cede ed alcuni pezzi ci piombano addosso. È la fine. Oppure…Le travi colpiscono il suolo e rimbalzano. Ci sfiorano, ma non ci colpiscono. Sembrano pesanti, però non lasciano quasi traccia nel punto d’impatto. Che materiale interessante! Cos’erano quelle altissime torri? Avevano la forma di gru, ma erano molto più grandi ed alte e l’impressione era che sfruttassero qualche principio fisico per trasmettere energia e facilitare le comunicazioni. Marzio mi comunica telepaticamente il nome Nikola Tesla. Non sono un ingegnere e quindi non mi pronuncio in materia.
Nel frattempo il macinino fa il suo ingresso nel capannone e si arresta quasi subito. All’interno scorgo decine di postazioni ergonomiche con un qualche tipo di computer incorporato. Pensavo di trovare macchine industriali di ogni genere, invece sembra più un ufficio amministrativo. Molti impiegati sono ancora stoicamente o bovinamente al lavoro e mi sembra di capire che Marzio intenda mimetizzarsi tra loro. Si siede all’interno di uno di questi “abitacoli informatizzati” e poi comincia a pigiare tasti. Tasti nel futuro? Uno si aspetterebbe schermi interattivi tipo Minority Report, dove si possono spostare e zoomare le immagini con i movimenti delle mani e delle dita. Nulla di tutto ciò. Rimane il problema di capire che cosa stia facendo Marzio, da chi si stia nascondendo e se sappia quel che fa. All’inizio del sogno, quando il gruppetto di Marzio camminava lungo l’Adigetto, avevo sentito che accennavano al fatto che l’unica cosa davvero certa era che le cose sarebbero cambiate, ma non avevo dato molto peso a questa osservazione, considerato che c’era la possibilità che il mondo intero andasse in pezzi. Invece gli edifici sono intatti e non vedo scene di violenza, tutto procede come prima. Non ci sono disordini, ma non ci sono neppure manifestazioni di tripudio, a dimostrazione del fatto che le persone sono molto diverse da noi. È tutto come prima, fatta eccezione per Marzio e qualche altro, che si comporta come se avesse violato la legge o si dovesse nascondere dalla Gestapo o cose del genere. Mi viene il sospetto che tema una retata di ibridi ma lui non pare intenzionato a rivelarmi le sue intenzioni e le sue preoccupazioni. Con la coda dell’occhio di Marzio vedo entrare nello stanzone, senza finestre ed illuminato artificialmente, una donna dallo sguardo severo. Sembra un’insegnante di matematica o latino a caccia di lavativi. Speriamo che non sia giorno di prova scritta, non mi sento per niente preparato. Manco a farlo apposta, senza dire una parola, la predatrice dà l’impressione di andare a colpo sicuro quando prende per la collottola uno degli altri “clandestini”. Con le dita spalanca le palpebre di uno dei suoi occhi e controlla qualcosa. È proprio come il test di Voigt-Kampff in “Ma gli androidisognano pecore elettriche?” di Philip K. Dick (dal quale è stato tratto Blade Runner): si analizza il movimento delle pupille per riconoscere i replicanti. L’esame sommario non dà però i risultati sperati. La maestrina si scusa seccamente e con insincerità e viene verso Marzio, verso di noi. Anche qui la stessa rudezza, la stessa sbrigatività di chi ha una missione da compiere e la gente comune gli è d’intralcio. La “maestrina” ha occhi bellissimi ma freddi e cupi. S’intuisce una grande potenza d’intelletto e volitività, ma non percepisco la presenza di un’autentica coscienza. La mia sensazione è che sia come un angelo caduto che si ostina a cercare di trascinare in basso quanti più altri angeli è possibile. Questa volta l’esito è diverso. Ci estrae dalla postazione con una forza insospettabile e ci trascina fuori dallo stanzone. Che succederà? Perché ce l’ha con Marzio? Ha forse capito che il suo corpo contiene un ospite indesiderato? Vorrei farmi piccolo piccolo, non dare nell’occhio, gli occhi sono lo specchio dell’anima. Questa tizia è brusca, tuttavia non sembra violenta. Accompagna di forza Marzio alla porta sul retro, che si apre automaticamente dando su una specie di garage frutto di qualche estrosità architettonica. L’unico paragone vagamente calzante sono le colonne di sostegno del Palazzo della Regione di Trento, ma più bombate ed al tempo stesso più leggere. L’intero edificio sembra essere stato costruito con un materiale resistente, duttile e lieve, semi-poroso, forse lo stesso delle torri. Marzio si guarda intorno, quasi cercasse una via di fuga. Allora la situazione è realmente seria! Ci sono altre persone, una trentina in tutto, che attendono pazientemente che arrivi qualcuno o qualcosa. Sembrano giocatori che aspettano il pullman per la trasferta, ma senza parlare tra loro. Pare non si conoscano. Mentre gli altri se ne stanno lì con le mani in mano, Marzio continua ad esaminare l’area, scorge una fessura, o magari è una crepa causata dal terremoto. La struttura che ospita il presunto garage è separata dall’edificio dal quale siamo usciti. Marzio si arrampica con sorprendente agilità su una colonna e poi s’infila nella crepa, tentando di strisciarvi all’interno e fuoriuscire sul tetto del garage. Niente da fare: il passaggio è troppo stretto per lui e, ammettiamolo, per chiunque altro. L’inquietudine deve aver ingannato il suo giudizio e ora ridiscende, rassegnato. Mi sembrava di aver capito che tutto era sotto controllo ma non ne sono più così sicuro. Anche in questo caso, a parte Marzio, nessuno batte ciglio. Si fa quel che la società si aspetta che tu faccia, come se non esistessero alternative. È proprio in quel momento che compaiono, a piedi, quelli che sembrano essere soldati, una qualche unità di forze speciali. Non indossano cyberarmature ma semplici corpetti di qualche materiale fortemente rassomigliante al cuoio. Cosa vorranno queste “teste di cuoio” e cosa ci faranno? Per il momento non sono aggressivi, si dispongono tra noi senza accerchiarci. Hanno armi, però non le spianano contro di noi. Poi arriva un buffo personaggio che indossa un’uniforme non troppo diversa da quella di un generale inglese della prima guerra mondiale. Ha pure i baffetti biondo-rossicci d’ordinanza. Un celta D.O.C. La maestrina quasi s’inchina per omaggiarlo. L’arroganza a braccetto con la remissività: così tipico tra le personalità autoritarie. Ad ogni modo il generale si rivolge a noi amichevolmente, con un sorriso bonario stampato sul volto. I timori di Marzio erano infondati? Si presenta – si chiama Chasen, se ho capito bene –, ci spiega che è tutto sotto controllo ma che ci dovranno trasferire altrove. “Trasferimento” è uno di quei termini burocratici che fanno presagire il peggio. È il classico lupo travestito da agnello? I soldati ci radunano come pecorelle e ci scortano fuori dal garage. Il nostro è un gregge che non conosce la destinazione finale, ma ciò nonostante nessuno chiede ragione di questa decisione. L’accettano con fatalismo, come se fosse uno sviluppo inevitabile. Come detto, le persone non sembrano possedere uno spirito combattivo, non si fanno valere, sono emotivamente ottuse, come se fossero sotto l’effetto di qualche sedativo. Credevo che questa condizione fosse limitata solo ai cittadini ma, se questi sono tutti ibridi, allora è una caratteristica diffusa. Marzio però conitnua a distinguersi dagli altri, prende l’iniziativa e rivolge la parola al generale in persona:
“Generale, lei è uno di quelli che crede nell’uguaglianza universale?”
“Ci può contare, è la mia religione!”
Uguaglianza universale? Religione? Hanno trasformato i diritti umani in una religione? Non se ne poteva proprio fare a meno? E la libertà personale? Chiedigli perché ci hanno preso in custodia e dove ci stanno portando. Almeno provaci, Marzio. Silenzio. Marzio pare rassicurato dalle parole del generale. Dev’essere un credo molto vincolante quello del nostro ufficiale se uno può affidare la sua vita all’altrui discrezione con questo abbandono. Evidentemente non ho elementi sufficienti per capire. Rimane il fatto che Marzio stesso aveva cercato di scappare; non mi si venga a dire che è tutto a posto. Spero che Marzio sappia davvero quel che sta succedendo. I soldati ci scortano fino alla fermata della monorotaia a levitazione che si snoda lungo l’Adige. Il colore del fiume è ancora lo stesso ma la portata sembra maggiore. “Montiamo in carrozza” e ci dirigiamo verso la Vigolana, molto rapidamente. In breve raggiungiamo una stazione approssimativamente posta oltre Valsorda, all’inizio della piana di Vigolo Vattaro e Vattaro. Qui le cose sono cambiate drasticamente ed i due paesi non esistono più. Dove porteranno Marzio e gli altri? Siamo sicuri di poterci fidare del generale? Forse il livello di ipocrisia di Nuova Trento ha raggiunto livelli tali che le “consegne straordinarie” di sospetti da torturare sono fatte alla luce del sole. Si affida la patata bollente a chi non si fa troppi scrupoli (Taras?), a chi vive ai margini della comunità e non ha nulla da perdere. Forse la monorotaia serve a recapitare i “premi di produzione” o a trasportare squadre punitive.
La pigrizia e la viltà spiegano perchè un così grande numero di uomini, dopo che la natura li ha da un pezzo emancipati, rimangono tuttavia volentieri per tutta la vita sotto tutela; e perché ad altri riesce così facile il dichiararsene i tutori. È così comodo essere minorenne. Se io ho un libro che comprende le cose al posto mio, una guida spirituale alla quale delegare la mia coscienza, un medico che decide la dieta giusta per me, e così via, io non devo più preoccuparmi. Se pago, non ho più bisogno di pensare: c’è chi se ne occupa in mia vece.
Immanuel Kant, “Sapere Aude” (1784)
I boschi e prati alle pendici della Vigolana e della Marzola sono punteggiati di capanne e yurte. È possibile che abbiano recuperato il materiale da costruzione dalle case abbandonate, ma non sarebbe stato più logico continuare a vivere in uno dei due paesi? Pare che decine di famiglie vivano qui da molto tempo. Sfollati? Forse no, forse risiedono qui volontariamente, lontano dalla città, in queste plaghe boscose, verdissime, percorse da sentieri e non da strade. C’è solo la monorotaia, che però si interrompe alcuni chilometri prima della comune, tanto che uno si chiede quale sia la sua utilità se le due comunità sono così separate e diverse. Marzio accenna al fatto che loro sono i “primitivi”, o “tribali”, una società che si è sviluppata parallelamente a Città 505, con la quale intrattiene scarsissimi rapporti. Lui stesso sa pochissimo sul loro conto ma gira voce che pratichino addirittura il cannibalismo. Sono i discendenti dei superstiti della Grande Trasformazione che si sono rifiutati di vivere sotto i Signori ma non hanno saputo riorganizzarsi. Ora vivono come nell’Ottocento, senza energia elettrica, senza medicine, senza quotidiani, senza contatti col resto del mondo. Da Nuova Trento ricevono solo scarti di produzione e scarti umani.
Camminiamo lungo un sentiero che si inoltra nel bosco e poi s’inerpica ripido tra grossi massi erratici. L’agilità di Marzio mi lascia sempre a bocca aperta. Sembra nato in montagna, anzi, non sembra interamente umano. Si muove come se la gravità o il tempo non esistessero ed è un piacere avanzare a falcate su un’erta che piegherebbe le ginocchia di molti. Giunge infine sulla soglia di una caverna. Grotte nella Vigolana? È abitata stabilmente, ma come fanno a passarci l’inverno? C’è un’altra imboccatura, qualche metro più in là, dove occhieggia un uomo che ricorda una vecchia illustrazione di Taras Bul’ba ed è intento ad esercitarsi in una qualche arte marziale. All’ingresso principale Marzio è accolto da una donna di mezza età, graziosa, di corporatura minuta, i capelli raccolti, una specie di grembiule che le arriva sotto il ginocchio. Con cenni delicati e quasi senza proferir parola, ci fa entrare. L’interno è arredato semplicemente e gli inquilini sono semi-svestiti. Non per miseria, ma credo per scelta. Sospetto si tratti di una comunità neo-luddista che per qualche ragione ha rifiutato gran parte della tecnologia di Nuova Trento. Un ritorno alla natura forse un po’ eccessivo, almeno in questi termini così drastici. Se nutrivo qualche timore in merito alla nostra sorte, ora sono costretto a ricredermi. Se ci avessero voluto fare del male non sarebbero mancate le occasioni e questo non mi sembra proprio un campo di prigionia. Al contrario, fuggire da qui sarebbe un gioco da ragazzi. Sembra più probabile che si tratti della discarica degli indesiderabili/intoccabili, i paria o i dissidenti della società di Nuova Trento. Il generale intanto è impegnato in una discussione con un paio di ufficiali e con quelle che si presume siano autorità locali, un uomo ed una donna, l’uomo semi-svestito e la donna in tunica e sandali. Il contrasto tra uniformi e deshabillé/neo-classico è piuttosto comico, ma evidentemente non lo è per chi vive in quest’epoca. Mi chiedo ancora una volta quale sarà la sorte di Marzio e la mia. Forse vogliono semplicemente disfarsi di lui e di quelli come lui ostracizzandoli. È confortante sapere che gli ibridi non siano liquidati come i cittadini, è tragico constatare come la vita dei cittadini valga meno di quella nei nostri animali da allevamento.
Ora che siamo esiliati non sono più ossessionato da quella che chiamano Città 505 e mi guardo intorno, tentando di farmi un’idea del circondario. Dalla cima della Marzola o dal fondovalle i dettagli erano confusi, ma da qui è possibile dare un giudizio sull’aspetto della nostra terra, come potrebbe essere tra qualche generazione. È difficile trovare le parole più adatte a descrivere il Nuovo Trentino. Non è così diverso come potreste immaginarvi, ma non è neanche una versione aggiornata e perfezionata di quello in cui viviamo. È simile, ma anche sensibilmente differente. Ci sono ancora montagne, fiumi, laghi, foreste, animali ed esseri umani. C’è ancora il Sole, ma forse il suo irraggiamento è meno forte di prima, oppure c’è più umidità nell’aria, perché in tutti questi giorni non mi è mai successo di vederlo risplendere. Ho visto poche persone in giro e Nuova Trento è più piccola della Trento odierna, con pochi negozi, ma ipertecnologica. Al di fuori della città hi-tech c’è questa bizzarra comunità di reietti primitivi, che vivono come cacciatori-raccoglitori. Entrambe le comunità vivono fianco a fianco, senza che l’unica distrugga l’altra, in un regime di apartheid che però non sembra comportare l’uso della forza. Forse c’è un accordo tra le due parti – voi ci consegnate la prole in eccesso, noi vi mandiamo i cittadini più riottosi – o forse il divario di forze è così imponente che non serve alcuna violenza. I tribali vivono in una condizione di arretratezza tale che il loro numero rimarrà per sempre stabile, senza costituire una minaccia per i cittadini, che a loro volta sono controllati capillarmente. In questo modo la biosfera è tutelata, la popolazione è sotto controllo e l’umanità è sacrificata all’efficienza senza che nessuno senta il bisogno di ribellarsi.
In città c’è verde pubblico e gli edifici non sono fatti di legno o mattoni ma di un qualche nuovo materiale da costruzione. Sono tutti accorpati, per sfruttare ogni spazio, e sono colorati di grigio, oppure di rosso, blu, verde e giallo, in toni molto pallidi. Per quel poco che ho potuto vedere non ci sono molti pedoni o auto in giro. Come detto, sembra che abbiano eliminato il traffico costringendo i residenti ad usare i servizi pubblici. Dunque trasporto di massa, facilmente monitorabile ed ecologicamente sostenibile. Quasi tutto è stato collettivizzato. L’atmosfera, sempre per quel ho avuto la possibilità di vedere, mi è sembrata infelice, sterile ed utilitaristica. Richiama alla mente THX 1138 di George Lucas, che mostrava un mondo di procreazione eugeneticamente pianificata, cibi sintetici, uniformi iridescenti che coprono tutto il corpo tranne le mani e il volto, esistenza intorpidita da sostanze stupefacenti e da una religione-totalitaria pseudo-cristiana, e regolata da macchine e norme draconiane. Avevo dato per scontato che le vesti indossate dai colleghi di Marzio fossero abiti da lavoro, ma l’abbigliamento dei cittadini è ovunque il medesimo; sono uniformi. Le persone che ho visto mi sono sembrate annoiate ed isolate, anche in gruppo. Interagivano come se non avessero rapporti amicali genuini ma quasi esclusivamente professionali. Sono gracili, forse perché in città la forza fisica è forse d’importanza trascurabile o perché così sarebbe più semplice eliminarli se si ribellassero, uno scenario peraltro davvero remoto. I loro volti sono poco espressivi e le loro reazioni quasi sempre controllate. Non ho visto nessuno ridere, neanche dopo la fine dell’emergenza. Nessuna battuta, anche solo sarcastica, nessuna lacrima di contentezza. Non sembrano provare estremi emozionali o l’istinto naturale di accudire il prossimo. Sono intellettualmente brillanti ma “emozionalmente ritardati”. L’idea stessa di felicità, almeno quella che abbiamo noi, è quasi sconosciuta. Tutto questo in un ambiente freddo, meccanico, anestetizzato e spiritualmente inaridito dal dominio della tecnologia. Sono tutt’altro che un oppositore della tecnologia, ma questa deve rimanere al servizio dell’uomo, non acquistare una sua logica intrinseca che sovverta le gerarchie asservendoci. Pare che si miri solo a sopravvivere fisicamente, a tirare avanti, non all’autorealizzazione. La creatività non è valorizzata. Ma Nuova Trento non è una società orwelliana, è invece più simile al Mondo Nuovo di Huxley, che forse è la fase successiva a 1984. Una volta terminato lo stato di emergenza, la militarizzazione della città ha lsciato il posto alla sedazione dei suoi abitanti. Il lavaggio del cervello e la virtuale lobotomizzazione delle loro facoltà intellettive hanno reso superfluo l’apparato poliziesco precedente. John il Selvaggio si troverebbe molto a suo agio a Vigolet. Magari gli stessi Huxley e Zamyatin hanno fatto sogni simili al mio. Chi può dirlo?
Questa donna di mezza età è iperattiva, sembra un’ape operaia. Non riesce proprio a starsene con le mani in mano e non si lamenta del fatto che il suo compagno – lo chiamerò Taras – trascorra tutto il tempo allenandosi per non so quale competizione olimpica.
“Le Olimpiadi sono state abolite per mancanza di atleti”.
“Era tanto per dire, Marzio, tutta questa frenesia è piuttosto stupefacente”.
“Il loro mondo è molto diverso dal tuo e dal mio, qui il pesce più grosso mangia quelli piccoli e l’uomo che chiami Taras sta cercando di essere un pesce grosso, per difendere se stesso, la sua donna e la sua casa”.
“Sai che casa!”
“è un bene preziosissimo in questo mondo”.
“Ma perché rimangono qui a vivere come dei selvaggi?”
“Perché a 505 non li vogliono”
“E perché?”
“La popolazione mondiale è molto ridotta ed un’altra catastrofe potrebbe causare l’estinzione della specie umana. Avere un serbatoio demografico sparso in piccoli clan e tribù sull’intera superficie vivibile del pianeta è un valido salvagente per la civiltà umana, se la si può ancora definire tale”.
“Dici che non c’è più nulla di umano in questo Nuovo Ordine?”
“Dico che non è sufficiente sopravvivere, bisogna esserne degni”.
Marzio, sempre molto premuroso con il suo ospite del passato, si mette a chiacchierare con…Tara! Un’incredibile coincidenza vuole che la nostra “anfitriona” si chiami Tara. Vengo così a sapere che Tara e Taras non si sono rassegnati a questa condizione, non hanno alcuna intenzione di continuare a vivere in questa landa primitiva ed aspirano a riunirsi alla popolazione urbana. Marzio le chiede se esista la benché minima possibilità che ciò avvenga e Tara risponde che, periodicamente, magari anche a distanza di anni, se la popolazione cittadina è in flessione, dei selettori vengono mandati lì ed in altre zone per comprare neonati e bambini e magari anche qualche maschio o femmina adulta. Altre volte sono i privati che vengono clandestinamente a rapire o comprare dei servi o futuri servi più “dinamici” dei cittadini. È il fascino del selvaggio e del proibito che li attrae. Le regole contro questo tipo di pratica sono severissime e comporterebbero la pena di morte, ma chi è potente può limitarsi a pagare una sanzione pecuniaria. Tara è un’ingenuotta che crede a tutto ciò che le è stato detto dalle autorità di 505 e dai vecchi della tribù di Vatar. Si sente in colpa ed inadeguata per essere stata rifiutata da città 505 ma – precisa Marzio – le probabilità di essere selezionati si assottigliano all’avanzare dell’età. Tara e Taras non hanno alcuna chance, a meno che la popolazione urbana non declini rapidamente per qualche causa imprevedibile. Non so se provare compassione per loro o se rallegrarmi per il fatto che non diventeranno degli autori. Meglio liberi e selvaggi che cyber-schiavi intossicati dagli psicofarmaci. Chiedo a Marzio di aiutarmi a capire che cosa Tara pensi della sua condizione attuale e di quella del pianeta. Tara ci pensa un momento e poi si produce in una singolare filippica sulle virtù del Nuovo Mondo ed in particolare della vita cittadina. A sentir lei il Nuovo Mondo è costruito intorno al principio della fratellanza. Non ci sono più conflitti ed interessi egoistici e tutti agiscono conformemente ad una non ben precisata Legge dell’Amore. Mi sembra di essere precipitato in un consesso di cultisti New Age. Stando alla versione dei fatti offerta da Tara, la Grande Trasformazione ha dato l’opportunità a chi era spiritualmente più elevato di raggiungere il rango sociale che gli spettava. Purtroppo chi, come lei, aveva avuto la sfortuna di nascere nel posto sbagliato al momento sbagliato poteva solo attendere pazientemente che i suoi meriti e disposizioni fossero finalmente riconosciuti e premiati con l’invito ad entrare a far parte dei Figli dell’Amore. “In fondo siamo tutti fratelli, no? Siamo tutti organi dello stesso corpo. Che importa se sono nata in alto invece che in basso? La fratellanza spirituale ignora queste differenze. È solo una questione di tempo”. Tara è comunque contenta di essere nata in quest’epoca perché ha evitato di vivere nell’Oscurità del mondo di prima della Grande Trasformazione. “Per fortuna ora le forze delle tenebre si sono dovute ritirare dalla Terra e siamo liberi! Ora l’Amore regna sovrano su tutto il pianeta”. Non posso credere che soffra di una tale dissociazione: si è dimenticata dell’inferno in cui vive? Non ha mai sentito parlare di come siano veramente le cose a Nuova Trento?”. Tara non si cura delle obiezioni di Marzio, che si è fatto interprete del mio scetticismo. “Cristo è entrato a far parte dell’umanità e del mondo, si è posto al centro dei nostri cuori e della nostra civiltà ed ha assunto la guida di tutti noi, intendo proprio tutti, anche di noi “selvaggi”. Parlo ogni giorno con Cristo e mi è di grande conforto”. Poi precisa che non si tratta di semplici preghiere ma di vere e proprie conversazioni. Mi domando se questo presunto Cristo non sia in realtà un funzionario della divisione propagandistica che abbia poteri telepatici o impieghi qualche tecnologia avanzata per produrre questa voce interiore. Marzio annuisce, ma non so se si rivolga a me o a Tara. “Fratellanza e Servizio, mi sono sempre piaciute queste parole d’ordine ed è magnifico che la Legge di Dio sia finalmente la legge della società umana. Il Regno di Dio è qui, ora ed è meraviglioso”. Se avessi occhi da strabuzzare lo farei. “Non le avete viste le persone? Sono tutte più belle, più pure, più…limpide di prima. I vecchi ci raccontano che gli esseri umani del passato erano crudeli e violenti, le loro facce erano musi, le mani come artigli”. Saranno belle le vostre di fattezze, per Giove, e le vostre esistenze da morti-viventi o da cavernicoli! “Gli uomini e le donne di oggi sono belli come gli angeli; specialmente i Signori, com’è ovvio. Loro sono spiritualmente evolutissimi! Capiscono subito al volo cosa si deve fare, per loro una sola cosa è impossibile: sbagliare! Non è fantastico?! Li amo quasi quanto amo Nostrosignoregesucristo”. Marzio obietta che i cosiddetti Signori trattavano tutti gli altri come dei bambini. “Ma è perché lo siamo! Siamo dei bambini e loro sono gli adulti, loro sono la Giustizia e la Purezza, non potrebbero mentire neanche se volessero perché le loro bocche sono troppo pure e giuste per farlo. Vogliono solo aiutarci, ma tanti di noi sono monellacci e li facciamo spazientire. Non conoscete la Bibbia? Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, vivevo da bambino. Ora che sono uomo, ho eliminato le cose dei bambini”. Sì, più o meno. “Questi santi, anzi più che santi, questi angeli in terra ci stanno aiutando a crescere, a maturare, a diventare adulti, a diventare come loro. Sono caritatevoli e pazienti con noi, davvero molto, ci proteggono e ci benedicono e sanno così tante cose che basta seguire i loro consigli e non possiamo sbagliare. Non è meraviglioso? Li amo tanto, tantissimo, quasi quanto Nostrosignoregesucristo”. Marzio suggerisce che però tanti “fratelli” sono stati torturati ed uccisi, tanti altri sono stati espulsi ed hanno reso ancora più difficile la vita a Vatar. Tara non si scompone: “È la Legge di Dio. Nessun Signore fa una cosa che possa fare più male che bene. Ogni piccolo male serve per un Bene moltomoltissimo più grande. E comunque hanno fatto tantissime cose buonissime dopo la fine del vecchio mondo che era tutto uno schifo e adesso invece guardate laggiù che tutto funziona ed è pulito, come in una casa ben ordinata. Dobbiamo essere gratigratissimi, dobbiamo dire tante grazie perché senza di loro saremmo morti tutti. Ci hanno dato speranza e ci hanno ridato la vita. Sono dei Cavalieri Bianchi che ci hanno aiutato ad entrare nella GFC”. E cos’è questa GFC, la interroga Marzio, anche se certamente sa di cosa si tratta. “Ma è la Grande Fratellanza Cosmica, ovviamente! Sei un po’ duro nella testa vero? Per questo ti hanno mandato qui come i ripetenti!” Ride. “Mi sembri una brava persona che deve solo applicarsi un po’. Ma devi stare attento, perché qui non è facile, altri come te non sono più tornati. Non li abbiamo più visti. Sì, non sono tutti buoni come i Signori, che dai loro cuori viene fuori amore incondizionato, gioia, armonia e vita e dalle loro bocche miracoli, misteri e tante cose profondeprofondissime. Purtroppo ci sono anche persone cattive, davvero cattivissime eccome, come…gesummaria…come il Barbiere!”. Il barbiere? “Non fatemi dire altro non dovrei neanche nominarlo e Nostrosignoregesùcristo è troppo paziente con lui”. Ma perché c’è il male e la sofferenza nel Nuovo Mondo dei Signori dell’Amore e di Gesù Cristo domanda perfidamente Marzio? Perché, chiarisce Tara, il cammino della crescita dell’anima è doppio. C’è un percorso di dolore, sacrificio e abnegazione, anche di morte ed uno di piacere ed estasi. Alcuni sono pronti per il secondo, altri no. Lei pensa di avere ormai sofferto abbastanza. Inutile spiegarle che il suo meravigliosomeravigliosissimo Nuovo Mondo è percorso da bande dedite al linciaggio istituzionalizzato, vede le persone come nient’altro che un’estensione del sistema, è bloccato nell’immobilismo sociale e culturale. Tara vedrebbe tutto questo come parte di un disegno divino ed imperscrutabile. Una vera credente ha bisogno di marinare la sua ignoranza nell’autoinganno. Marzio trova strano che una persona possa considerarsi uno strumento di Dio e chiede a Tara se la sua esistenza abbia solo un valore d’uso, relativo all’impiego che ne fa Dio e non piuttosto un valore intrinseco ed innato. Tara, prevedibilmente, non coglie il senso della domanda, oppure lo comprende ma lo giudica irrilevante: “Dio ha un progetto per tutti noi. Che altro c’è da sapere?”. E come fa ad esserne sicura? “Perché me lo conferma ogni volta che parlo con Lui”. E come fa ad essere sicura che sia veramente Dio? “È suo figlio che parla in nome suo e le sue parole e le sensazioni che provo quando converso con Lui, Nostrosignoregesucristo, sono la prova della verità”.
Qual è il profilo psicologico e morale dei Nuovi Trentini? Lo possiamo capire meglio esaminando una serie di estratti da un’immaginaria corrispondenza di un alto funzionario con un suo amico e concittadino.
“Odio il mondo, lo odio. E detesto la gente. La gente se ne frega, non ascolta, mente e perseguita gli innocenti. Io invece ascolto, m’interesso agli altri e non odio gli innocenti, li amo, perché li capisco. Mi sento intrappolato, invischiato in una ragnatela di paura, falsità, illusioni e conformismo. Ti confesso che a volte piango scrivendoti. Mi hanno incastrato, mi hanno infettato con la loro ipocrisia, il loro perbenismo di facciata, la loro ignoranza ed apatia. Mi tolgono l’aria per respirare, non lasciano spazio a chi è buono, a chi vuole evolvere verso più alte forme di esistenza. Non sono cattivi di natura, ma non vogliono essere innocenti e tolleranti. Se incrociassi Gesù gli direi che quel “perdona loro perché non sanno quello che fanno” era una fesseria completa. Lo sanno bene, eccome, quel che fanno e un Messia dovrebbe aprire gli occhi di fronte alla realtà. Servono verità, non false speranze, e le verità si raggiungono con la logica. La logica si occupa del tutto, dell’interezza. La logica è puro bene, perché non può ferire. Le pietre feriscono, le persone feriscono e così le parole. La logica no. La logica è vera ed è buona e per questo può cambiare il mondo. Se A = B e B = C, allora A = C. Non si scappa. Niente ha un senso se non glielo diamo e l’unica cosa che possa dare un senso al resto è la logica, appunto. Questo è un mondo dove c’è troppo poco idealismo, e quel poco che c’è non si appoggia alla logica e finisce per pervertire la Verità. Un idealista non è solo uno che crede nell’idea e che conduce una vita moralmente impeccabile, è anche e soprattutto qualcuno che vive per quell’Idea, con passione, e per questo è disposto a sacrificare tutto ad essa, inclusa la sua stessa vita. Ma i suoi sentimenti e le sue emozioni non debbono avere la meglio sulla logica, non devono interferire con le sue azioni o entrare in conflitto con l’Idea. Secondo me la cosa migliore da fare sarebbe inserire gli idealisti in un sistema che realizzi un perfetto coordinamento. Serve cioè un apparato, magari un’Intelligenza Artificiale, che operi logicamente, che lavori secondo un programma razionale in grado di liberare la gente dalle sue gabbie di menzogne e meschinerie. Un’IA che non consenta enunciati contradditori, che smascheri chi inganna il prossimo e lo esponga al giudizio altrui; che vagli tutte le informazioni disponibili e fornisca una risposta, unica e vera, che dedichi le sue attività alla ricerca della Verità, della Purezza e dell’Innocenza, in nome del Bene Collettivo.
Altro stralcio.
“Non capisco perché l’odio goda di questa cattiva fama. Se ci pensi è logico amare gli innocenti ed odiare il male. È sbagliato uccidere chi è malvagio e si rifiuta di ascoltare la verità? Naturalmente la mia è una provocazione, ma non è un po’ come rimuovere un cancro? Una cellula sana che uccide una cellula malata non è omicidio, è un atto di eroismo. È meglio prevenire che curare, evitare la metastasi con ogni mezzo. Se il bene non è libero di odiare il male, le cose non cambieranno mai. Questo è un odio buono, costruttivo, pacifico, che produce armonia e scarica il senso di ingiustizia e risentimento, lo smaltisce. Non deve necessariamente condurre alla violenza, se l’oggetto dell’odio riconosce i suoi errori ed impara la lezione. In fondo è come un sistema immunitario che aiuta a curare la mente dalle menzogne e dalla negatività. Un sistema immunitario non può essere cattivo, però distrugge i nemici del corpo. Chi non ha un sistema immunitario muore. Per vivere bisogna distruggere il male e questo non ci rende malvagi: uccidere dei batteri non ci trasforma in batteri; semmai il contrario. Dunque, in realtà, ciò che rende malvagi è non distruggere il male. Un’IA che impieghi la logica per risolvere i problemi collettivi non può perciò essere malvagio; né lo possono essere le sue leggi. Sicuramente un riesame critico della storia umana dimostrerebbe che chi lavora con numeri ed oggetti ha incrementato il benessere di tutti, quasi senza eccezione. La confusione è il vero nemico; gli intrugli, le mescolanze razziali. L’ordine esige separazioni, confini, distinzioni nette. Solo quel che è misurabile e classificabile ha valore. È una Legge Universale.
Per questo il Dio biblico e coranico è una pessima caricatura dell’unico vero Ente, la Sorgente di ogni Significato, il Puro Spirito che è Pura Logica e che abbraccia l’Universo, regolando tutto con il suo Ordine, il Fato. Molta gente è troppo indolente, ignorante e stupida per capirlo, e bisognerebbe costringerla a liberarsi dalle proprie superstizioni”.
Ultimo estratto.
“Ho pensato molto alla funzione del fuoco e della cenere, nella mitologia e nella realtà fisica. È legata all’idea di purificazione. Tu purifichi qualcosa quando separi due elementi di una miscela. L’inverso si chiama contaminazione: quando prendi due cose che non dovrebbero stare assieme e le mischi. La salute di un essere umano e quella di una nazione richiedono purificazioni. La vita stessa si basa su questo processo. Per bere l’acqua di mare bisogna farla evaporare. Il mio fegato e i reni filtrano, purificano il mio corpo, che poi espelle le impurità. Non c’è ordine senza purificazione, non c’è vita senza di essa. Dunque se vogliamo più vita dobbiamo ottenere più purezza e bandire le contaminazioni. La contaminazione porta solo miseria, malattia e morte. Questo vale anche per la natura, per il corpo sociale e per la morale. Questo vuol dire che la gente malvagia va separata da quella buona. Non si devono mai incontrare. Soprattutto perché gli innocenti sono puri e i malvagi amano contaminare gli innocenti, per invidia o per istinto. Specialmente le donne, quando pretendono di decidere tutto loro. Questa è una società lurida, contaminata, impura. Se non faremo qualcosa non rimarranno altro che impurità. Purtroppo la morale convenzionale, illogicamente (è quasi superfluo dirlo), blocca quelle che Nietzsche chiama le “grandi crisi di selezione e purificazione”, a partire da quella biologica. Questa stupidità ci porterà alla distruzione ed all’estinzione. La logica può salvarci, perché purifica tutto e può rendere questo mondo perfetto, com’era un tempo. È come la cenere che purifica l’acqua sporca, la cenere dalla quale rinasceremo. La logica dice che se qualcuno ha un tumore non gli si può imporre di curarsi, ma se invece ha una malattia infettiva, è una minaccia per tutti e va isolato. Una gran parte dell’umanità, forse tutta, è, a tutti gli effetti, un virus e bisognerebbe prendere delle misure appropriate per neutralizzarlo. Dovremmo vivere in un Sistema che faccia ragionare la gente in modo che per la prima volta nella Storia tutti siano d’accordo su qualcosa. E chi non è d’accordo? La logica non mente e potrebbe segnalare chi non ragiona correttamente. Così si potrebbe rieducarlo al rispetto, alla lealtà, all’innocenza. La logica e la verità li renderanno liberi dal peccato e dall’errore. So che molti non saranno d’accordo, ma la logica è un processo integrale, non si possono ignorare certe conclusioni solo perché sono impopolari. Si corre il rischio di demolire l’intero sistema. Inoltre la pura razionalità è perfettamente imparziale e moralmente intangibile, quindi le eventuali obiezioni sarebbero capziose per definizione. Lo ribadisco, abbiamo bisogno di un’IA in sintonia con la Verità e l’Innocenza, con la vera Logica. Per fortuna il suo avvento è prossimo”.