mercoledì 30 novembre 2011

Il sentimento oceanico (Etica per un Mondo Nuovo)




Tutto l’egotismo svanisce; le correnti dell’Essere Universale circolano attraverso di me; io sono parte o particella di Dio.
R.W. Emerson, “Natura”

E infatti la personalità si dissolveva come un grano di sale nel mare; ma nello stesso tempo il mare infinito sembrava essere contenuto nel granello di sale. Il granello non poteva più essere localizzato nel tempo e nello spazio. Era in uno stato in cui il pensiero perdeva la sua direzione e cominciava a girare su se stesso, come l'ago della bussola nelle vicinanze di un polo magnetico; finché si sradicava dal suo asse e cominciava a vagare liberamente nello spazio, come un nodo di luce nella notte; finché sembrava che ogni pensiero e ogni sensazione, ogni dolore e perfino la gioia fossero soltanto le linee dello spettro dello stesso raggio di luce, disintegratesi nel prisma della coscienza.
Arthur Koestler, “Buio a Mezzogiorno”

Sembrava [la moglie del collega Alfred North Whitehead] tagliata fuori da tutto e da tutti da muri di agonia ed improvvisamente fui sopraffatto dal senso di solitudine di ogni anima umana. Da quanto mi ero sposato la mia vita emotiva era stata calma e superficiale. Mi ero scordato di tutte queste questioni più profonde, accontentandomi di frivole arguzie. All’improvviso mi sentii mancare il terreno sotto i piedi e mi trovai altrove…Al termine di quei cinque minuti ero diventato una persona completamente differente. Per un momento, una sorta di illuminazione mistica s’impadronì di me. Sentivo di conoscere i pensieri più intimi di tutte le persone che incontrato per strada ed anche se questo era indubbiamente un’illusione, mi trovai effettivamente a più stretto contatto con tutti i miei amici e molte delle mie conoscenze. Da imperialista, in quei cinque minuti, divenni un sostenitore dei Boeri ed un pacifista. Dopo aver passato lunghi anni interessandomi solo alla precisione ed all’analisi, mi ritrovai inondato di sensazioni semi-mistiche riguardanti la bellezza, con un intenso interesse per i bambini, e con un desiderio quasi altrettanto profondo di quello del Buddha di trovare una quale filosofia che rendesse tollerabile la vita umana. Fui preda di una strana eccitazione  che conteneva in sé un dolore intenso ma anche degli elementi di trionfo per via del fatto che riuscivo a dominare la sofferenza, trasformandola, così credevo, in un cammino di sapienza. Da allora l’intuizione mistica che immaginavo di possedere si è annebbiata e l’abitudine all’analisi si è riaffermata. Ma qualcosa di quel che ho pensato di vedere in quel momento mi è restato dentro, motivando il mio atteggiamento nei confronti della prima guerra mondiale, il mio interesse per i bambini, la mia indifferenza per i piccoli inconvenienti ed un certo tono emotivo in tutte le mie relazioni umane.
Bertrand Russell, “The autobiography of Bertrand Russell”, vol. 1, London: Allen and UNwin, 1967.

Io sono l'amante dell'irresistibile ed immortale bellezza
R.W. Emerson, Nature

Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza prima aver fatto la nostra parte dentro di noi. E' l'unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove.
Etty Hillesum

I mistici sono accomunati dall’estensività, ossia la capacità di usare l’empatia per decentrarsi, spersonalizzarsi, accogliendo nel proprio Io ogni altro pronome personale. Qui è utile il confronto con uno dei grandi mistici sufi, Mansur al-Hallaj (858-922), la cui vita ha davvero molto in comune con quella di Socrate e di Gesù (Massignon, 1975). Al-Hallaj, dopo aver proclamato la propria consustanzialità con Dio, con il Cosmo e con gli altri esseri umani – al-Haqq, “Io sono il Reale”, “Io sono la Verità”, “Io sono Dio” – si difese dalle accuse dei musulmani ortodossi affermando che “Egli è il tutto in tutto e voi dite che Egli è lontano da me. L’oceano circonfluente non è lontano e non finisce mai” (Elenjimittam, 2001, p. 420). L’idea di individualità impersonale – o sentimento oceanico, o coscienza cosmica, o super-anima, o super-coscienza, o estasi trascendentale, ecc. – è perfettamente espressa da un suo verso: “In quella gloria non c’è ‘Io’ o ‘Noi’ o ‘Tu’. ‘Io’, ‘Noi’, ‘Tu’ e ‘Lui’ sono la stessa cosa” (Nicholson, 1914). La natura umana e quella divina si fondono e mescolano, divenendo indistinguibili: si è totalmente individuati e, al tempo stesso, totalmente partecipi.
I mistici sono in grado di espandere i confini del proprio ego fino ad includere dei totali sconosciuti; una capacità, questa, che sarà gradualmente estesa agli animali ed alle piante, perché il nostro destino, a giudicare dalle lucidissime intuizioni dei mistici, è quello di una totale compartecipazione nell'esperienza della vita sul pianeta e probabilmente nello spazio. Come ha ben illustrato Jiddu Krishnamurti, la divisione ontologico-categoriale, a partire da quella tra Soggetto ed Oggetto, è all’origine della nostra bancarotta morale. In pratica il primo processo necessario allo sviluppo di una coscienza altruistica è la costruzione di un’identità personale forte. Questo perché le persone che non si differenziano dal proprio gruppo di riferimento generano tensioni egocentrizzanti che non solo impediscono il manifestarsi di un altruismo spontaneo ma fomentano atteggiamenti discriminatori. La separazione dell’io dal “noi” è dunque più importante di quella dell’io dal “loro” (Jarymowicz, 1993).
È importante rilevare come l’ottica dell’individualità impersonale caratterizzasse anche alcune delle vittime più illustri dell'Olocausto e della guerra, come Anna Frank, Etty Hillesum, Edith Stein e Simone Weil. In tutte loro non si può fare a meno di notare un sentimento di profonda compartecipazione alle vicende umane nella loro totalità. Ne scaturisce una comprensione e condivisione universale che va oltre i confini del tempo, dello spazio e del giudizio morale sulle motivazioni dei loro stessi carnefici. Umanissime protagoniste della propria e dell’altrui vita, della propria e dell’altrui storia, queste filosofe della vita e dell’amore hanno sconfitto il progetto nazista di deumanizzazione tramite l'irradiamento di un potente narcisismo collettivo ed il sogno hitleriano di imporre una morale pre-moderna, improntata alla durezza egoista e virilista ed all’esclusivismo etnico-razziale.
Il loro maggior merito, a mio parere è stato quello di cogliere il senso più ampio della sofferenza umana, trasformandolo, esorcizzandolo e cercando di arginare nel contempo la disistima dei posteri nei confronti della storia e dell’umanità in generale. In questo senso, l’analisi attenta e perspicace della Shoah fatta da Primo Levi, sopravvissuto per poi morire suicida, risulta probabilmente incompleta senza la loro l’idea di redenzione impersonale e di coscienza cosmica, intese in un’accezione più ampia di quella cattolica. Ma quale accezione? Il punto di partenza è quello dell'accidentalità dell'Io.
È semplicemente ridicolo lasciarsi ossessionare dalle proprie radici quando, per quel che ci è dato di sapere, il nostro luogo e momento di nascita è del tutto casuale. Un mistico come Eckhart aggiungerebbe che è altrettanto sbagliato ignorare il Sé Universale per far confluire tutte le nostre energie in quest'io accidentale e provvisorio che tiranneggia noi e tiene a distanza ciò che ci circonda - tutti avranno notato come cambiano i nostri movimenti ed atteggiamenti se siamo soli o se c’è qualcun altro in una stanza, per quanto disinteressato a quel che facciamo. Per Eckhart solo la morte ci riavvicina alla sorgente originaria della creazione, che è totalmente impersonale, come nel Buddhismo. In vita, possiamo intravedere la nostra condizione oltremondana se ci tuffiamo nell’oceano della supercoscienza, la superanima di Emerson.
È il “sentimento oceanico” che lo scrittore francese Romain Rolland aveva suggerito al suo amico Sigmund Freud di investigare metodicamente, descrivendo questa sensazione come quella di “un’onda in un oceano sconfinato”. Il padre della psicanalisi, però, non potendolo esperire in prima persona, non riuscì mai a classificarlo e razionalizzarlo e lo liquidò alla stregua di una sindrome.
Stando alle descrizioni che ne danno i mistici, tra i quali il già citato Al-Hallaj, si tratta dello stato mentale che segue la parziale o totale soppressione dell'Io o comunque il suo confluire nell'oceano del Sé cosmico (o Dio) e la conseguente sensazione di unità con tutto quello che, in precedenza, si considerava “il resto”. L’oceano interiore, che è l'habitat dell'individualità impersonale, non ha nulla a che vedere con il senso di trascinamento e dispersione nelle folle oceaniche che acclamano i dittatori, se non nel senso che la possibile esistenza nella nostra specie di un meccanismo innato che ci invita alla trascendenza può facilitare la psicologia delle folle (Sironneau, 1982). Per tutto il resto questo fenomeno è diametralmente opposto a quello che mi interessa. Non a caso Emerson amava la solitudine nella natura: “Stando sul nudo terreno... il gretto egotismo svanisce. Divento un occhio trasparente; non sono nulla; vedo tutto; le correnti dell’Essere Universale mi attraversano; sono parte o particella di Dio ("Nature", 1844). Qui la trascendenza è intesa come la percezione di essere una parte del tutto, il quale sarebbe incompleto senza di noi. Esattamente l’opposto di quel che predicano i totalitarismi, sempre disposti a sacrificare l’individuo a maggior gloria del corpo politico o razziale.
Leggiamo un'altra testimonianza preziosa, quella del filosofo francese Pierre Hadot (2008, p. 9): “Provavo un senso di estraneità, lo stupore e la meraviglia di esserci. Nello stesso tempo, percepivo di essere immerso nel mondo, di farne parte, e che il mondo si estendeva dal più piccolo filo d’erba fino alle stelle. Il mondo mi era presente, intensamente presente. Molto più tardi avrei scoperto che questa presa di coscienza del mio essere immerso nel mondo, questa impressione di appartenenza al Tutto, era ciò che Romaine Rolland ha chiamato il “sentimento oceanico”. […] Solo molto più tardi ho scoperto che molte persone hanno esperienze analoghe, ma non ne parlano”. Persone come Plotino, filosofo e mistico neo-platonico che ricavava dalla sua disponibilità verso il trascendente l’energia e la volontà per rendersi amabilmente e calorosamente disponibile verso gli altri, sostenendo che “la natura di tutti gli esseri va accettata con dolcezza” (Hadot, op. cit. p. 91). Hadot chiama questo atteggiamento “un’aspettativa amorosa nei confronti del mondo” e riferisce che, secondo Plotino, l’essere umano può raggiungere questa condizione quando resta immobile e tutte le cose si volgono verso di lui “come un cerchio si volge verso il centro da cui emanano i raggi”. Questa è un’immagine che riporta alla mente le pratiche meditative asiatiche ma anche, e piuttosto sorprendentemente, il precetto dei Desana della Colombia, che rappresentano il saggio come un uomo ritto in piedi, a fungere da asse cosmico: “Raggiungere questo stato di riflessione, stabilizzazione ed equilibrio è l’ideale degli uomini Desana perché solo allora incontra la sicurezza data dalla comprensione della religione e della sua funzione nella vita della società”. (Sullivan, 1988: p. 382).
E non è ancor più affascinante riscoprire la medesima immagine nei Vangeli e nel “Paradiso Riconquistato” di John Milton?
Una differenza non marginale tra l’antropologia desana e l’antropologia perenne (cf. “filosofia perenne”, Aldous Huxley) per come ha preso forma nel Vecchio Mondo risiede nel fatto che la mistica a noi più familiare è una mistica dell’accoglienza, dell’appartenenza alla comunità umana (koinomia) ed include l’intera specie umana, mentre quella dei nativi americani è più localizzata, per via del relativo isolamento delle tribù indigene rispetto al resto del mondo. Detto questo, è assai probabile che gli sciamani indigeni provino il medesimo “sentimento di coappartenenza essenziale” con l’universo circostante e condividerebbero la descrizione plotiniana di “un’immersione, dilatazione dell’io in un Altro al quale l’io non è estraneo, poiché ne costituisce una parte” (Hadot, 2008, p. 12). Come per i Giusti, anche se in una forma estremamente più intensa,
si verifica un’espansione di sé (io trascendentale) a contenere il mondo circostante, verso l’infinito. Hadot, in sintonia con Simone Weil, che però non cita, suggerisce che non vi possa essere un’autentica preoccupazione per gli altri senza l’oblio del sé (Hadot, ibid., p. 147). Di nuovo il tema dell’individualità impersonale. Vediamo altre citazioni. “Tutto ciò che mi circondava sembrò essersi all’improvviso ritrovato dentro di me. L’universo intero pareva dimorare in me (Forrest Reid, cf. Hulin 2000, p. 47). “Le frontiere tra il mio corpo e il mondo svanivano o, piuttosto, parevano non essere state altro che un’allucinazione della mia ragione che si scioglieva al fuoco dell’evidenza” (ibid., p. 50). “Ero in tutto ciò che è stato, che fu e che sarà; ora mi rendo conto che l’uomo è la misura dello spazio e del tempo, niente esiste prima o dopo, ma tutto è presente simultaneamente” (p. 52). “Io sono una particella dell’universo. L’universo è felice in me” (p. 84). Sento dentro di me e attorno a me una solleticante infinita rispondenza” (p. 88). La testimonianza di un giovane psichiatra che si prestò a fare la cavia in un esperimento clinico sugli effetti dell’LSD ci riporta all’universo morale dei Giusti. Parla della “essenziale bontà presente in ogni individuo” e di una “vasta unità amichevole, calda, protettrice”: “La mia sensazione era che, una volta spogliati delle difese e di tutti i detriti che, per così dire, accumulano nel corso della loro esistenza, gli uomini risultano fondamentalmente fratelli. […]. Mi sembrava che tutti fossero miei amici o, almeno, lo sarebbero stati se avessero potuto spogliarsi delle armature e ridursi al loro nucleo essenziale. […] Questa verità sembrava comunicarmi che in un certo qual modo, un filo, o un pensiero o un legame qualunque collega le nostre persone o, se si vuole, le nostre anime” (p. 116). L’agape, l’amore puro; evocato da Vito Mancuso per onorare un soldato tedesco che si lasciò fucilare assieme a dei civili jugoslavi dopo essersi rifiutato di partecipare al plotone di esecuzione che li doveva massacrare come rappresaglia per l’uccisione di alcuni soldati tedeschi da parte dei partigiani (Mancuso, 2008). Lo stato di perfezione dell’essere umano che, per parafrasare Weil, non può fare a meno di amare, come lo smeraldo non può cessare di essere verde. Una persona che si disidentifica, preparata ad assumere una, nessuna, centomila identità e personalità diverse, senza lasciarsi tiranneggiare dalla sua identità convenzionale. L’impersonalità, o infinitezza, è il segreto per una socialità nella sua forma più alta, per un’umanità possibile: interconnessa e corale, indivisa e completa, compassionevole, equanime e libera. Non le identificazioni totemiche della nazione, del partito, della squadra, dell’etnia o della religione, non l’idolatria tribale dell’amor patrio e dell’amore per un dio creato a propria immagine e somiglianza e non vice versa. Non queste false promesse di immortalità, ma l’abolizione delle stesse. Un’individualità di prima mano, autentica, auto-determinata, decentrata e decreata, non frammentata né soggiogata, prestata, o affidata ad un guru, ad un leader, ad un padre spirituale, alla cieca collettività di un gregge di fedeli, con le relative delimitazioni tra credenti e non credenti ed il codazzo di sospetti, sfiducia, paura, odio, violenza. Un’individualità i cui contorni sono posti in risalto proprio da un vuoto inatteso, causato dall’assenza di considerazioni personali dettate da superficialità, vanità, arroganza, narcisismo e complessi di inferiorità. Questa è la radicale rivoluzione dello spirito che si dovrà intraprendere nel Mondo Nuovo ed è l’unica che può funzionare, perché tutte le altre sono state tentate ed hanno evidentemente e miseramente fallito

L’albero che volle farsi artigiano e l’artigiano che sciolse le sue catene

Il Gesù poderosamente nonviolento di John Milton



Io che ho cantato il giardino gioioso perduto per la disobbedienza di un solo uomo, canto ora il paradiso riconquistato per tutta l’umanità dalla tenace obbedienza di un solo uomo, messo alla prova fino in fondo da ogni tentazione; e il tentatore fallì in tutte le sue astuzie, sconfitto e respinto, e l’Eden sbocciò nello squallido deserto.
John Milton, Paradiso Riconquistato.

Per Paolo di Tarso, e quindi per la Chiesa, Gesù il Cristo è il nuovo Adamo, il figlio di Dio che ci ricorda com’era Adamo prima della caduta. È l’uomo perfetto, immerso nel tempo e nel divenire, ma modello dell’uomo a venire, ponte tra l’uomo caduto ed il Creatore. Gesù insegna che la morale non proviene dalla nostra esperienza empirica, dall’accumulazione di conoscenza e valori, è un a priori che proviene dal nostro intimo, dalla profondità di ciò che siamo, dal nostro legame con il Regno di Dio e si realizza nella spontaneità dell’atto d’amore che, come spiega molto bene Paolo ai Corinzi: “è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità. Ci riempiamo la bocca con la parola amore, però amiamo rozzamente, narcisisticamente, in preda all’ansia, alla gelosia, alla dipendenza, all’aggressività, alla devozione, al desiderio, all’autocommiserazione ed all’invidia: ci piace sapere che la persona che amiamo dice in giro che ci appartiene, come se amore e possesso coincidessero; preferiamo amare qualcuno finché la pensa come noi; uccidiamo per amor patrio. Eppure, se non fosse per i mille modi, più o meno sgraziati o fulgidi, con cui tentiamo di amarci l’un l’altro, non sarebbe possibile attribuire alcun significato all’idea della dignità della persona, dell’inalienabilità dei suoi diritti: sarebbero involucri vuoti.
Non si può comunque ridurre il messaggio di Gesù al Discorso della Montagna ed alla predicazione dell’Amore per il prossimo. La resistenza alle tentazioni (simile a quella di Gauthama) e l’apocalisse sono elementi fondamentali, forse anche più importanti della dottrina dell’amore, perché essa non si può realizzare pienamente se non dopo la fine dei tempi mondani. Questo perché Satana – come Mara, il tentatore di Gautama Siddharta – si proclama signore di questo mondo e Gesù non lo contraddice, non lo smentisce. Anzi, resiste fattivamente alle tentazioni del Signore del Mondo: non le considera illusorie o ludiche. Non è nel Mondo Caduto che intende stabilire il Regno di Dio: “il mio regno non è di qui” (Giovanni 18, 36). Non è della corruzione della carne che si preoccupa: “E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima; temete piuttosto colui che può far perire e l’anima e il corpo nella Geenna” (Matteo 10, 28).
Invece di scegliere la via della dominazione o della rivoluzione (come gli zeloti), sceglie la via del servizio: “E Gesù, chiamatili a sé, disse: “Voi sapete che i sovrani delle nazioni le signoreggiano e che i grandi esercitano il potere su di esse, ma tra di voi non sarà così; anzi chiunque tra di voi vorrà diventare grande sia vostro servo;  e chiunque tra di voi vorrà essere primo sia vostro schiavo. Poiché anche il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire” (Matteo 20: 25-28).
Resiste a tutte le tentazioni: quelle diaboliche, quelle del popolo che lo acclama re, quella della fuga di fronte alla prospettiva di una morte certa. Come il Buddha, in luogo dei piaceri edonistici preferisce la vita dello spirito: “Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Matteo 4, 4). Infatti, “chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per me, esso la salverà. Infatti, che giova all’uomo l’aver guadagnato tutto il mondo, se poi ha perduto o rovinato se stesso?” (Luca 9:24-25).
Gesù sconsacra il mondo e consacra la coscienza (Lenoir, 2007). Insegna che sopravvivere non basta, bisogna esserne degni. Vivere senza una coscienza integra è peggio che morire. La vita del corpo non è il valore precipuo. Gesù ci rammenta che c’è un confine che i giusti non osano oltrepassare, ci sono azioni che non commetterebbero mai, indipendentemente dagli ordini che vengono loro impartiti o da quanto disperata sia la loro situazione. Questo perché sentono, istintivamente, che varcata quella linea, non potrebbero più tornare indietro, non ci sarebbe più un’ulteriore occasione per marcare il confine del nec plus ultra (non oltre). L’integrità morale è più preziosa della vita. Infatti: «Gesù disse, "Se esprimerete quanto avete dentro di voi, quello che avete vi salverà. Se non lo avete dentro di voi, quello che non avete vi perderà"» [Tommaso, 70]. Gesù è pienamente autorizzato ad usare toni perentori e definitivi. È riuscito a resistere alle tentazioni di Satana, mostrando di essere pronto ad assolvere i compiti per cui si è incarnato in quel tempo ed in quel luogo.
Trovo che la rilettura di questa disputa effettuata da John Milton ne “Il Paradiso Riconquistato” sia particolarmente illuminante. Per Milton, come per tanti altri pensatori, l’incarnazione è una degradazione ontologica, una spiacevole caduta in una gerarchia monistica materiale che va invertita. Quest’opera parte dalla premessa che Gesù sia il secondo Adamo e che il ritiro spirituale nel deserto, dove sarà “aggredito” da Satana, sia un viaggio alla scoperta di sé – come l’Odissea, come la cerca del Graal. Il dialogo miltoniano tra Gesù e Satana mostra un Satana molto retorico e sofisticato ed un Gesù semplice, preciso, conciso ed incisivo. Satana si affida al potere dello scrutinio razionale, come ogni formalista (la storia della Chiesa insegna). Tenta Gesù informandolo di un difetto fondamentale della sua opera: le sue virtù non sono sufficientemente pubblicizzate. Se solo il mondo si potesse accorgere della sua grandezza, la gloria e la fama sarebbero garantite. Gesù però sa che non trarrebbe alcun beneficio dall’adorazione delle folle, che non sono certamente sagge e non potrebbero mai veramente capire la specificità della sua missione. Le folle hanno dimostrato a più riprese di non essere in grado di discernere a chi spetti la loro ammirazione, intessendo le lodi di despoti e condottieri sanguinari. La vera gloria si consegue “per vie molto diverse”, cioè “senza ambizione, guerra o violenza; con opere di pace, saggezza eminente, pazienza e temperanza” (PR III). 
Satana insiste: libera Israele, come puoi restare indifferente di fronte all’oppressione dei popoli? Gesù mette in dubbio l’interpretazione della realtà formulata dal Tentatore: a chi verrebbe mai in mente di liberare chi è interiormente schiavo, prigioniero per sua stessa mano? Le persone che sono spiritualmente schiave non possono essere liberate: finché non scelgono di cambiare dall’interno non saranno in grado di capire cosa sia la libertà e la scambieranno per qualcos’altro
A questo punto Satana batte la strada che ha già portato alla rovina Eva ed Adamo. Se vuoi farcela, insinua il Tentatore, ti conviene equipaggiarti con la sapienza classica. Gesù ribatte che la comunione con Dio gli offre tutta la conoscenza di cui abbisogna: “Chi riceve la Luce dall’alto, dalla Fonte di luce, non necessita di altre dottrine, per quanto siano date per veridiche; ma esse sono false, o poco più che sogni, congetture, fantasticherie, costruite su fragili fondamenta” (PR IV, 286-292).
Satana non è un rivoluzionario, ma un controrivoluzionario: gli piacciono le gerarchie feudali, ma vuole essere lui il capo. Gesù invece predica l’uguaglianza, ossia l’abolizione di tutte le gerarchie. Satana parla di libertà, ma le sue azioni sono all’insegna della dominazione, della gloria, della fama personale. Non riconosce gli altri come suoi pari. Non è neppure più un mentitore patologico, è una menzogna ambulante, così innamorato di sé stesso da aver rinunciato ad interessarsi a Dio, da desiderare di esistere per conto suo, da credere di non essere mai stato creato. Crede che lui ed i suoi angeli siano autogenerati "self-begot, self-raised" in virtù della loro potenza, in una sorta di percorso evolutivo spontaneo (fatal course). L’orgoglio, l’invidia, il risentimento, l’odio, la furia, la gelosia sono le sbarre della sua prigione infernale. Si sente vittima pur essendo la causa dei suoi mali e questo vittimismo perpetuo lo imprigiona e lo corrompe progressivamente.
Che cosa dovrebbe impedire alle legioni dell’Inferno di deporre Satana stesso, ora che quest’ultimo ha tracciato la strada della ribellione? Satana, come Robespierre, è un aspirante tirannicida con il cuore di un tiranno. Stabilisce una gerarchia infernale di carattere monarchico e nel farlo si appella proprio alla logica del sistema di potere che vuole abbattere. È un ipocrita. Usa le stesse parole per condannare gli uni e giustificare se stesso. Non è davvero possibile avere un dialogo con lui, perché il suo intelletto è gravemente compromesso, è virtualmente reso autistico dalla sua assoluta preferenza per se stesso. Di conseguenza, nelle tentazioni della Partia, di Roma e di Atene non possiamo fare a meno di notare la futilità dell’interloquire, che rende onore a Milton, disposto a sacrificare l’intrattenimento pur di preservare l’integrità dell’opera. Satana non è strutturalmente in grado di capire le argomentazioni di Gesù e quest’ultimo non è minimamente interessato alle profferte di Satana, che considera ben poca cosa rispetto a ciò che già possiede.
Satana gli dice: tu pensi di sapere molto, ma io ti posso garantire che la fonte di conoscenza che ti offro è infinitamente più vasta. Potrebbe farcela, com’è già successo con Eva, perché Gesù si è ritirato nel deserto proprio alla ricerca della conoscenza che gli permetterà di realizzare la sua missione (Yim, 2003). Ma Gesù, come già Socrate, sa che la vera conoscenza è già dentro di lui e si tratta solo di recuperarla scandagliando la sua interiorità: “conosci te stesso” è il motto dell’oracolo delfico. Il rifiuto di questa profferta indica il grado di consapevolezza acquisito da Gesù: “sono già in comunione con il divino”, non ho bisogno di altro. 
Allora Satana si gioca l’ultima carta, deponendolo sul pinnacolo del tempio: dimostra che sei chi pretendi di essere. Il primo Adamo è caduto, il secondo Adamo resiste. Narcisismo, ipocrisia e orgoglio non lo condizionano. La Caduta è l’incapacità di separare l’idea dalla realtà, la sovrapposizione delle proprie idee alla realtà, che impedisce di vederla come effettivamente è (“potrebbe essere”, “dovrebbe essere”, in luogo di “è”), fino al distacco completo dalla realtà stessa, che è il nostro fato: un estetismo cronicizzato che cancella il realismo, la visione obiettiva dei fatti.
La critica letteraria Carol Barton (Barton, 2000) ha osservato che i lettori del Paradiso Riconquistato si lamentano della staticità della trama, della passività del protagonista (Gesù), della mancanza di tensione nello scontro tra Bene e Male, del ripudio della cultura umanistica da parte di Gesù. Ma Gesù non deve fare altro che smascherare l’illusione, per annientare il potere del “mago”, come ne “Il meraviglioso Mago di Oz”. Non c’è alcun bisogno di un duello fisico o di un elaborato confronto filosofico. Una volta che l’eroe si rende conto del meccanismo che sorregge l’illusione, questa cessa di esercitare il suo potere su di lui e si dissolve. Gesù non agisce solo perché ha capito fin dall’inizio che le varie opzioni che gli vengono presentate sono fuorvianti e corrompenti, dietro un’apparenza di stuzzicante appetibilità. Compiere qualunque azione sollecitata da Satana (incluso sfamare gli affamati e liberare un popolo) equivale a rendersi suo complice e servo.
Gesù non deve dimostrare la sua divinità o superiorità, perché sono un dato di fatto, non un motivo di vanagloria. Non deve prevalere sul Male, ma su di sé. Se Adamo ed Eva avessero avuto la stessa intuizione, non ci sarebbe stata alcuna Caduta. 
La grande impresa di Gesù il Cristo è  precisamente questa: saper dire di no alle tentazioni, con determinazione, senza tentennare. Da quel momento in poi potrà portare a buon fine la sua impresa. È maturo per far sì che ogni sua azione sia equilibrata, attenta e tempestiva. È Adamo redivivo, prima della Caduta. Ogni azione va compiuta al momento opportuno, né prima, né dopo. Non spetta a Gesù o a chiunque altro alterare o accelerare il corso e la manifestazione della volontà divina. Ciò lo rende inattaccabile. Non deve scegliere tra le alternative proposte da Satana: sono inevitabili solo perché Satana vuol far credere e vuol credere lui stesso che lo siano. Non è certo Satana a dover stabilire quali siano le opzioni disponibili.
Satana semplicemente non sa abbastanza delle cose dell’universo, mentre Gesù sa che affidarsi alla conoscenza umana sarebbe come guardare il mondo con delle lenti distorcenti ed opacizzate. Perché rinunciare ai suoi 11 decimi di visione? Perché dovrebbe accontentarsi delle ombre sulle pareti della caverna quando può vedere il cielo stellato, cioè la Verità? Adamo ed Eva non dimostrarono la stessa lucidità.
A Gesù non è richiesto di annullare se stesso in Dio. Dio non è un divoratore di anime, non chiede nulla di più di quanto chiederebbero una moglie o un marito: non anteporre te stesso alla nostra unione. L’obbedienza non è una virtù in quanto tale se ci si piega alla tradizione o alla tirannia. L’obbedienza ha valore e significato solo se si fonda sull’amore e sulla sapienza. 
Ne “Il Paradiso Perduto”, l’arcangelo Raffaele spiega: “serviamo liberamente, perché amiamo liberamente” (5.538-9). Gesù ama e si fida, Adamo ed Eva no: si comportano impulsivamente ed egoisticamente e si prendono di nascosto quel che decidono sia loro per diritto acquisito, senza neppure domandarsi se sia saggio fidarsi di uno sconosciuto, tradire la fiducia di chi ti ama e dare per scontato che quel frutto ti sarà per sempre negato – e, se anche così fosse, che ciò avviene per futili motivi e non per il tuo bene.
Gesù preserva il suo libero arbitrio, scegliendo di non agire, che è di per sé un’azione. Infatti non è immobile, passivo, inerte. Sembra inattivo, ma è attivo, perché mentre il suo corpo appare inoperoso, la sua coscienza è attiva, circospetta, lungimirante: le tentazioni lo rendono consapevole di quale sia la sua natura ed il suo ruolo cosmico, lo aiutano a capire la differenza tra quel che lui vuole e la volontà della Provvidenza. Satana sembra in moto perpetuo, ma si affanna a correre senza riuscire a spostarsi dal luogo in cui si trova. Alla fine perde il controllo e precipita, ancora più dannato di prima, ancora più statico. È altrettanto significativo che Dante lo descriva come immobilizzato in una glaciale perpetuità.
Come Dostoevskij nella Leggenda del Grande Inquisitore, Milton non assegna al suo Gesù alcuna missione se non quella di resistere alla manipolazione della sua coscienza. Si salverà solo chi imiterà il suo rifiuto. L’immobilità di Gesù sul pinnacolo è quella di un uomo in cui la volontà personale è sorretta da quella divina, senza che le due possano essere distinte, perché la natura umana si è fatta umilmente e prontamente veicolo, strumento di quella divina, ricevendone in cambio l’onnipotente agape. Satana impone un “o…o”, Gesù risponde con un “e…e” (Barton, op. cit.). Solo in quell’istante si manifesta il Cristo, ossia una figura investita di poteri e funzioni speciali. Infatti, nei vangeli sinottici, sebbene gli angeli e i magi lo riconoscano come tale, il dubbio serpeggia. Giovanni Battista sospetta che sia proprio lui, ma non ne è certo. Gesù non si proclama tale ed anzi invita gli apostoli a mantenere un basso profilo: “Allora egli intimò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno” (Marco 8, 30). Nel Paradiso Riconquistato, Milton non lo chiama mai Cristo, ma “il Figlio”, a riecheggiare le parole di Giovanni: “ma a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato l'autorità di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome” (Giovanni 1, 12) e di Paolo: “Poiché tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio” (Romani 8, 14). Ancora più chiaramente, nella prima lettera di Giovanni: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro” (1 Giovanni 3, 1-3).
Fino alla fine dei tempi non potremo essere come Gesù, ma tutti possono sforzarsi di essere più simili al secondo Adamo, rispetto al primo. 


LINK UTILI
http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/etienne-de-la-boetie-un-uomo.html

Terza Guerra Mondiale - scacchiera, pezzi, mosse




For a New World Order to live well

 
Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.

Matteo 10,16

L'immagine risale al 2010. Non serve precisare che ora la Libia ha cambiato colore (blu scuro). 
Ho già scritto che ritengo – e sono tutt’altro che isolato in questa valutazione – che manchino pochi mesi all’inizio della Terza Guerra Mondiale:
Gli sforzi meritori di molte persone, anche ai più alti livelli, nonché di alcuni tra i principali quotidiani internazionali che, al cospetto di una tale incombente tragedia, hanno improvvisamente ritrovato la spina dorsale, non saranno sufficienti a fermarli, per una serie di ragioni esaminate qui:
e qui:
È una guerra preceduta dalla consueta litania di menzogne:
che scoppierà presumibilmente in primavera (o comunque nel corso del 2012), nel Medio Oriente:
Brzezinski ha preannunciato che è da attendersi un falso incidente del tipo Golfo del Tonchino - io suggerisco anche un’Operazione Northwoods:
di cui s’incolperà l’Iran, per poterlo attaccare per rappresaglia (finta):
La cosa subirà una rapida escalation globale
http://fanuessays.blogspot.com/2011/12/cuba-venezuela-brasile-messico-e-il.html
e potrebbe condurre a conseguenze fatali per Israele:
ma anche per gli Stati Uniti, che hanno fatto molto poco per farsi amare e troppo per generare risentimento in tutto il mondo.
Sono un grande ammiratore del progetto spirituale e morale che ha animato alcuni tra i fondatori di “America” e di “Israele”. Pur nel mio piccolo, la loro sconfitta è anche una mia sconfitta ed è una sconfitta dell’intera umanità. 
La ricostruzione dovrebbe riprendere il filo di un discorso interrotto con l'uccisione di Kennedy:
È irresponsabile fare allarmismo solo sulla base di congetture. Dove sono le prove?
Non ho alcuna prova, ma gli indizi sono sempre più numerosi, per chi ha la pazienza e la bontà di prenderli in considerazione:
A parole si auspica il disarmo nucleare, nei fatti si investono cifre colossali (in piena crisi economica) per il riarmo:
Il segretario alla Difesa statunitense, Leon Panetta, ha definito Cina e India delle minacce (in teoria sono alleati dell’India):
14 nazioni NATO hanno ripudiato il trattato sul controllo ed equilibrio degli armamenti con la Russia:
La Guerra al Terrore degli Stati Uniti è arrivata, per ora, in una dozzina di nazioni, in due continenti:
Gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di lasciare “indifese” le riserve energetiche irachene:
Nuove basi americane nell’Asia Centrale (le costruiscono per poi abbandonarle?):
Introduzione di sanzioni contro il Venezuela per i rifornimenti di greggio all’Iran:
Bombardieri russi intercettati nello spazio aereo canadese (2010):
Due volte:
Fidel Castro ha lanciato l’allarme su un possibile conflitto globale:
Gli Stati Uniti militarizzano il Costa Rica (nazione priva di esercito) ed il suo mare:
Da oltre un anno i politici israeliani hanno annunciato che ci sarà una guerra dell’Occidente contro l’Iran:
Stesso discorso per la guerra tra USA e Cina:
Filippine implicate nell’accerchiamento della Cina:
Corea del Sud svilupperà missili in grado di colpire ogni punto della Corea del Nord, con l’assistenza degli Stati Uniti:
La Russia vuole controllare l’Artico:
Soffocate con la violenza le proteste contro militarismo georgiano e iniquità sociale:
Guam (tra Giappone, Indonesia e Filippine) sta diventando una superfortezza multifunzionale statunitense  per il controllo del Pacifico:
Nel 2010 le vendite di armi tedesche sono salite del 50%:
La Russia minaccia di chiudere le vie di approvvigionamento per le truppe NATO in Afghanistan:
Le vie di comunicazione attraverso il Pachistan sono interrotte e il 50% dei rifornimenti NATO dovrà passare per il Tagikistan e l’Uzbechistan:
Quelle attraverso il Kirghizistan stanno per essere bloccate, quelle attraverso la Russia potrebbero essere chiuse con l’arrivo del nuovo anno. Nel 2012 le truppe NATO, incluse quelle italiane, saranno isolate. Nulla potrà entrare, nulla potrà uscire, come a Stalingrado. Chi ha amici e parenti in Afghanistan farebbe meglio a perorare un loro pronto rientro in patria.
Gli Americani sembrano comunque intenzionati a restare.
Infatti, a dispetto degli annunci di ritiro, la megabase aerea di Bagram continua ad espandersi (e non è per regalarla agli Afghani):
Una squadra navale russa, guidata dalla portaerei Kuznetsov, arriverà a Tartus, in Siria, tra pochi giorni:
La nuovissima e potentissima portaerei a propulsione nucleare USS George HW Bush è già ancorata al largo della Siria:
Se Israele attaccherà l’Iran, l’Iran risponderà puntando i suoi missili sulle centrali atomiche israeliane:
e contro lo scudo difensivo NATO in Turchia (=coinvolgimento dell’intera NATO, che farebbe comodo all’Iran, visto che risucchierebbe la Russia nello scontro, dalla sua parte):
La Cina appoggia il Pachistan nella contesa tra quest’ultimo e la NATO a proposito dell’uccisione di 24 soldati pachistani, attaccati da forze ONU:
Già l’anno scorso la Cina aveva fatto affluire truppe nel Kashmir occupato (al centro di un eterno conflitto con l’India, pro-USA e pro-Israele):

Come fermare questa infernale macchina da guerra delle superpotenze?
Si può partire da qui: 
continuare qui:
http://fanuessays.blogspot.com/2011/12/della-paura-e-del-potere.html

e ricordarsi che la democrazia non è per sempre e bisogna battersi ogni giorno per tenerla in vita, informandosi, sensibilizzando il prossimo e difendendo un'idea di cittadinanza che promuova contemporaneamente la tutela dell'individualità e la coralità. Altrimenti finiremo tutti male, molto male: