domenica 8 novembre 2009

V-Visitors

Il Dio dei Cinque Cereali

di

Stefano Fait


Sarebbe bello riuscire ad accettare stoicamente il mondo così com’è, bello o brutto che sia, esprimendo opinioni e valutazioni, ma senza imporre le proprie verità agli altri e soprattutto senza provare a renderlo conforme ai propri ideali ed aspettative. Così facendo, infatti, si impoverisce e si tormenta la propria e l’altrui esistenza. Pochi sono in grado di farlo. È più interessante chiedersi come ci comporteremmo se giungesse inaspettatamente qualcuno con un grande potere e ci chiedesse di scegliere: il vecchio mondo con tutti i suoi difetti o un mondo nuovo di zecca dove tutto sembra essere esattamente come lo vogliamo. Un mondo che ricorda quello precedente, ma è più bello, puro, armonioso e, in teoria, più appagante. Un mondo perfetto, creato ad immagine e somiglianza dei suoi ospiti (e delle loro pulsioni narcisistiche). Il tutto ad un’unica condizione: non si può tornare indietro e si deve rinunciare alla nostra autonomia, adeguandoci alle esigenze dei creatori di questo Eden. Quale sarebbe la nostra scelta?

È questo il tema centrale del racconto che segue, liberamente ispirato all’animazione “Coraline e la porta magica” e a “Visitors”, una serie TV degli anni Ottanta.

“Mi fa molto piacere vedere che voi giovani siete ancora interessati a fare queste cose. Sai, quando avevo più o meno la tua età, andavo anch’io ad intervistare gli anziani a Trento”.

“Davvero?”

“Sì, e ho incontrato persone davvero interessanti. Storie di vita degne di nota, insegnamenti ed ammonimenti che meritavano grande attenzione e rispetto. Ma, si sa, le persone non sono interessate a quel che ha da dire un vecchio. Le cose vecchie sono vecchie, appunto, sono antiquate, buone per il dimenticatoio. Se invece la gente li avesse seguiti, quei consigli, se avesse badato ai precedenti, invece di piegarsi in ginocchio, in adorazione dei nuovi venuti, ci saremmo risparmiati tante tribolazioni”.

“Lei aveva capito tutto?”

“Sono stato uno di quelli che ha saputo resistere ai loro modi falsamente gentili e alle loro lusinghe e belle parole. Non era il nostro bene che avevano a cuore, ma il loro, e i loro interessi. Ora lo sappiamo bene; ma quante morti inutili, quanto dolore, prima di capirlo veramente?”.

“Perché non partiamo proprio da questo evento, che ha segnato il nostro tempo?”

“Vuoi sentire da me come sono andate le cose? Bene. Ormai non mi resta molto da vivere e mi fa piacere dire la mia su quelle vicende. Mi accuseranno di essere parziale, ma quest’accusa mi ha inseguito per tutta la vita e me ne sono fatto una ragione. Gli avvenimenti mi hanno dato ragione e anche se non serbo rancore verso chi non mi ha creduto, abbagliato com’era dallo splendore tecnologico e dai “superpoteri” dei visitatori, ti confesso che sono proprio contento di sputtanarli per benino, dopo tutte quelle che mi hanno fatto passare. Beh, magari poi cancella quello “sputtanarli”: i giovani d’oggi dicono troppe parolacce e qualcuno deve pur dare il buon esempio”.

“Non si preoccupi, parli liberamente ed onestamente, che è la cosa più importante”.

“I miei ricordi…Forse è necessaria una breve premessa. Quand’ero piccolo un giorno mia madre mi stava per tirare un ceffone. L’unico che ha mai provato a darmi. Dovevo aver fatto qualcosa di davvero grave. Mi raccontava che la fermai dicendole qualcosa come: “I bambini non bisogna picchiarli, ma spiegargli le cose”. Così fece. Da allora ho sempre voluto capire, imparare, informarmi. Mai avrei pensato che alla fine le conoscenze accumulate si sarebbero dimostrate molto utili, spingendomi a riannodare tutti i fili spezzati di una trama che, come Penelope, non volevo completare”.

“Dunque fu l’arrivo di questi “proci cosmici” a dare un senso ai suoi propositi di bambino?”

“Sì, ma non solo. Dentro di me c’erano delle idee che volevano prendere forma, mio malgrado. Cominciai a scrivere articoli, saggi e racconti di fantascienza, con alterne fortune. Li pubblicavo sul Trentino, quando i giornali erano ancora di carta e inchiostro. Poi, certamente, il contatto azzerò tutto quello che c’era stato prima. Figurati che impatto ebbe sull’opinione pubblica e sulle coscienze. Nulla poteva rimanere come prima. A partire dalla religione. Alcuni cominciarono persino a suggerire che Gesù fosse in realtà un alieno!”

“Sì, avevo sentito questa cosa”.

“Una sciocchezza colossale, ovviamente, però una sciocchezza plausibile. In fondo i visitatori erano in grado di effettuare “miracoli” molto simili a quelli narrati nei vangeli. E poi quei capelli lunghi e chiari e gli occhi azzurri…la loro bellezza era quella dell’iconografia cristiana. Era difficile non pensare a Gesù ed agli angeli. Ci abbiamo messo un po’ a capire che tutto era stato pensato per confondere le idee ai fedeli. E a dirla tutta la loro bellezza non confondeva solo loro. Insomma, se mi è concesso dirlo, c’era anche molta eccitazione…diciamo così…sessuale. È inutile girarci intorno, fu un po’ come a Sodoma e Gomorra. Le ragazzine si comportavano come se i nuovi arrivati fossero delle pop star e loro delle groupies. Altro che i Bastardi! Io stesso, devo confessartelo, non sono sempre stato fedele a quella buon’anima di mia moglie, anche se solo nei miei pensieri. Devi capire che c’erano certe “angelesse” che…insomma puoi ben immaginare. Io credo che nel genere umano, forse fin dalle origini, esista un meccanismo per cui associamo sempre l’idea di Bene a quella di Bello. Qualunque scemenza pronunciata da una persona bella è degna di attenzione, è un po’ più profonda di quel che dice una persona ordinaria. Se poi è famosa…Così questi “fratelli cosmici” erano davvero irresistibili. Puoi immaginare la tempesta di vanità ed autocompiacimento che attraversò il mondo, specialmente quello nordico. Alcuni, dapprincipio un po’ sommessamente, ritirarono fuori i discorsi hitleriani sulla razza eletta ed era estremamente difficile contrastare questa convinzione. Chi non rispecchiava i canoni estetici “ariani” si sentì improvvisamente inferiore, figlio di un dio minore, ma tutti, in un certo senso, si compiacevano di essere imparentati con i nuovi arrivati, che erano così splendidi e ci promettevano che saremmo presto diventati come loro”.

“Si fecero tutti abbindolare per bene, in pratica”.

“Molti, non tutti. Anch’io, come detto, non ero immune. La cosa buona fu che dopo millenni di incomprensioni, dissidi e disastri, in pochissimo tempo il mondo si trovò unito. Da quel momento in poi l’unica distinzione cruciale, a parte quella linguistica, divenne quella tra noi e loro, una distanza che cercavamo di minimizzare, per sanare le ferite nel nostro amor proprio”.

“Pure i visitatori insistevano su questo punto: “Un Mondo, un’Umanità” era il loro slogan, se non sbaglio?”

“Era proprio così: “Un Mondo, un’Umanità”. Ma c’era un secondo fine. Qualcuno provò a far pensare la gente, ma era davvero un compito improbo”.

“Erano maestri di persuasione ed avevano ottimi argomenti”.

“Veri e propri professionisti delle pubbliche relazioni e del marketing che ci avevano studiato a lungo. Come saprai, erano tempi duri quelli. Sembrava la tempesta perfetta, come se fosse stata concepita per spianare la strada ai visitatori. Si capiva che la gente voleva risposte immediate, voleva miracoli, perché non ne poteva più di incertezze e preoccupazioni”.

“Era così dappertutto?”.

“Quasi tutti i popoli si sentivano malgovernati. Il fatto è che non c’erano soluzioni definitive ai nostri problemi. Era l’intero sistema ad essere marcio, totalmente insostenibile, ma nessuno voleva prendersi la colpa. Era più facile darla ai politici, alla casta. Pensa che in quegli anni l’apparato bancario-finanziario comprava e vendeva beni immaginari. Ti rendi conto? I risparmi delle famiglie impiegati per la compravendita di numeri! Queste cose fanno sorridere adesso, ma allora furono in molti a piangere”.

“Ci furono proteste di massa”

“Certamente. La gente ne aveva le tasche piene di politici e di finanza. Non si fidava più di nessuno, però allo stesso tempo era angosciata e voleva uscire al più presto dalla crisi”.

“E gli extraterrestri arrivarono a toglierci le castagne dal fuoco”.

“Togliere le castagne dal fuoco. Si usano ancora queste espressioni tra i giovani d’oggi?”

“No, le ho imparate su dei vecchi libri. Mi piace leggere”.

“Fai bene. La gente avrebbe dovuto leggere di più, informarsi di più. Invece molti si beavano nella loro ignoranza, storditi dalla televisione che aveva forse raggiunto il livello più basso della sua storia come qualità della programmazione. Tanti giovani passavano delle ore chiusi nelle stanze a videogiocare, mentre tanti adulti si dilettavano con droghe e pornografia, immagino per sfuggire ad una realtà insoddisfacente”.

“Però ho letto che erano anche tempi impegnati. C’erano grandi movimenti, idealismi, si facevano cortei, si protestava, c’era rabbia e c’era spiritualità”.

“Sì, è vero. Non fu solo un risveglio, né un semplice rifiuto del sistema, fu una rivolta anche violenta contro il sistema. Questa violenza permise a chi comandava di imporre misure repressive che in altre circostanze sarebbero state inconcepibili. Ci consideravano bambini immaturi e ci trattavano come tali, rimodellando la società in modo da farla funzionare come una stanza dei giochi ipersorvegliata. La gente era inquieta e schifata e loro lo sapevano. Avrebbero dovuto riformare l’economia e la politica, ma tanti erano corrotti fino al midollo ed altri facevano parte dei vecchi apparati e non volevano o non sapevano come cambiare. Altri ancora erano persone realmente malate a livello psichico, ed avevano bisogno di cure, non di potere. Ma non potevano fare a meno del potere, ne erano intossicati, dipendenti”.

“Era il momento giusto per un “intervento divino” ”.

“Proprio così. Loro sapevano che eravamo vicini al punto di rottura e il contatto si verificò un istante prima che la corda si spezzasse e si piombasse nel caos. Era nel loro interesse dimostrare all’umanità che, da sola, non avrebbe mai saputo risolvere i propri problemi e che ci si doveva affidare ai nostri fratelli maggiori spaziali. Loro sostenevano di saperla lunga, dicevano di aver già passato tutto questo e di avere perfettamente chiaro in mente che cosa andava fatto”.

“E cosa fecero, allora, questi salvatori?”

“Sfruttarono la crisi per dare populisticamente la colpa ai politicanti e piazzarono le loro pedine nei posti-chiave. Miravano solo ad imporre un tipo di economia e di società pianificato che servisse i loro fini imperialistici e depredativi. All’inizio pochi intuirono che si trattava di un raggiro. Altri si convinsero che grazie agli extraterrestri si sarebbero potuti neutralizzare l’egoismo e i pregiudizi della gente, che avevano sempre impedito di costruire la Società Ideale. Naturalmente le cose erano ben diverse. Ci si illudeva per non perdere la fede nell’utopia del Mondo Perfetto. Nessuno a quel tempo sapeva che altre civiltà aliene avevano realizzato delle società in cui libertà, uguaglianza, giustizia, pace e fratellanza non erano dei vuoti slogan. Credevamo davvero che i visitatori fossero i rappresentanti della civiltà più avanzata della nostra parte dell’universo e molti si allinearono, sopprimendo ogni perplessità o tentennamento”.

“Anche i credenti?”.

“Beh, per i credenti fu davvero dura. Molte delle loro certezze andarono in pezzi. Una parte alla fine riuscì a conservare la fede capendo che tutti gli esseri viventi sono figli di Dio. Altri, psicologicamente rigidi, saltarono la staccionata e divennero cultisti. Passarono da un’idolatria all’altra, perché per loro la religione era solo un mezzo per ottenere vantaggi nel presente. Quasi completamente privi di autostima, erano pronti ad adorare qualunque autorità che desse importanza alla loro esistenza. Erano atei devoti e bigotti materialisti e lo rimasero, anche se non se ne resero mai conto. Molto facili da manipolare da parte di chi si spacciava per emissario del Dio dei Dieci Comandamenti”.

“E tu?”

“Io? Io mi trovavo al cospetto di una civiltà vecchia di milioni di anni, sviluppatasi in modo totalmente indipendente. Da un punto di vista strettamente scientifico era la manna dal cielo, nel vero senso dell’espressione! Quali potevano essere la loro mentalità, il loro temperamento, carattere, credenze, valori, il loro modo di ragionare? Erano diversi gli uni dagli altri come noi, oppure avevano costruito una mente o coscienza collettiva? Potevano esemplificare il futuro dell’umanità? E poi ce n’erano di diversi tipi, anche se tutti apparentemente umanoidi”.

“Perciò anche tu ti sei lasciato catturare dalla smania alienofila?”

“Come tanti altri scienziati. Lo studio di questa nuova civiltà fu chiamato eso-antropologia. Ma anche le scienze politiche risultarono utili. C’era da capire che cosa sarebbe successo, si cercavano di prevedere le conseguenze sulle persone e sulle società. Una crisi religiosa-spirituale? L’insorgere di movimenti millenaristici? L’ingovernabilità? Il trionfo di regimi dittatoriali? Il diffondersi di uno specismo xenofobico? Una guerra dei mondi? Erano tutte domande particolarmente pressanti”.

“Si sono rivelati poi utili questi studi?”

“Mi piacerebbe dirti che è stato così, ma la verità è che abbiamo buttato via tempo ed energie. Per molti questi erano semi-dèi. Avevano paura e trovarono qualcuno al quale affidarsi ciecamente, come un gregge al pascolo. Non sapevano che farsene delle nostre ricerche. Ignoravano i fatti e le ipotesi che contrastavano con le loro aspettative. Se ci penso mi viene una rabbia! Persone così intelligenti e perspicaci che abbassarono la guardia di fronte alla “Maestà Celeste” dei visitatori. Ci fu una specie di autolobotomizzazione collettiva delle facoltà critiche. Una situazione esasperante. Solo una minoranza seppe resistere e tra questi molti erano semplicemente sciovinisti del tipo: “La Terra ai Terrestri!”. Restammo divisi, ciascuno combattendo la sua personale battaglia contro il consenso dominante”.

“Ma perché, secondo te, così tanti si sono fatti infinocchiare?”.

“Perché, per usare un parallelo antropologico, questi extra-terrestri incarnavano il Dio dei Cinque Cereali, Daikoku-sama – quello citato nell’ultimo film di Akira Kurosawa, “Madadayo” –, che è un antico dio shintoista di origine indiana. È un dio portafortuna, protettore della terra, delle coltivazioni, del commercio e di ogni attività umana. Il mondo era in crisi e serviva qualcuno che garantisse pace e prosperità, subito, senza se e senza ma. Quel che molti non potevano immaginare era che ci potesse essere, diciamo così, un lato oscuro della forza. Dopo tutto la versione originale del Dio dei Cinque Cereali era il dio indiano “Mahakala”, il dio della guerra, adornato da una collana di cinque teschi. Insomma c’è sempre un prezzo da pagare, ma dopo tanto tempo ancora facciamo fatica a capirlo”.

“Qualcuno ha suggerito che molti umani si siano lasciati contagiare dalla sindrome di Stoccolma. Per proteggersi da un’ansia insostenibile hanno negato la realtà: chi li teneva in ostaggio non poteva in alcun modo volere il loro male e la cosa migliore da fare era dimostrarsi remissivi”.

“Può essere vero. È un meccanismo subdolo e forse non se ne resero conto”.

“I visitatori predicavano pace e amore, invitavano tutti all’armonia, alla serenità. Era davvero difficile non fidarsi. Io stesso ci sarei cascato”.

“Ho rischiato anch’io, però ad un certo punto mi accorsi di una cosa – e c’è da dire che non fui l’unico. Le loro parole non sembravano venire dal cuore. Sembravano artefatte, come quelle di un guru che fa il lavaggio del cervello ai suoi seguaci. Lo studio del cultismo era uno dei miei cavalli di battaglia e quindi prestavo maggiore attenzione a queste cose”.

“Cos’è che non ti piaceva di quel che dicevano?”

“Era più che altro la loro insincerità. Parlavano di profondi mutamenti che neanche si potevano immaginare e che avrebbero riconciliato il nostro stile di vita con le energie universali. Parlavano di un nuovo mondo, di un’Età dell’Oro, di vibrazioni positive, benefiche, che avrebbero eliminato la paura, la cupidigia, la violenza, il conflitto, l’iniquità, la tirannia; insomma tutti i nostri problemi. A me sembravano delle fesserie. Ero intimamente convinto che l’unico vero cambiamento dovesse provenire dall’interno di ciascuno di noi e che nessuno ci poteva cambiare dall’esterno senza toglierci nel contempo qualcosa di importante. Quel che mi faceva davvero imbestialire era l’insistenza sulla centralità del loro ruolo, che ci spingeva sempre più in basso, verso la condizione di minorati, di poveri balordi bisognosi di una guida illuminata. Ci lasciavamo persuadere che da soli non ce l’avremmo mai fatta, che avremmo sempre avuto bisogno di loro in futuro, giacché finora avevamo fallito, avevamo dimostrato la nostra incapacità cronica, la nostra immaturità”.

“E immagino che fossero in tanti ad essere d’accordo, non è vero?”

“Purtroppo sì. Il cinismo, la misantropia e l’auto-compatimento sono tra i peggiori vizi umani. Una palla al piede che ci ha sempre rallentato e che in quelle circostanze stava rischiando di trasformarci in volonterosi schiavi di una civiltà aliena. È la sindrome di Giobbe, degradato al livello di animale da esperimento: “Ecco, io sono troppo meschino. Io mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non riprenderò la parola, due volte, ma non lo farò più”. Meglio soffrire in silenzio augurandosi di essere perdonati. Mi sembra fuor di dubbio che vi sia, nell’umano, un istinto masochistico e servile, un bisogno irrefrenabile di autoflagellazione, il convincimento di una colpa metafisica che va espiata. Di conseguenza, quando i visitatori e i loro accoliti spiegavano che avevamo il dovere di richiedere la loro assistenza per compiere quel salto di qualità che avrebbe beneficiato l’intero universo, non furono molti quelli che mossero delle obiezioni. Ci dicevano: “Vedete quanto siete importanti? Quanto è importante il vostro mondo per noi e per tutte le specie dell’universo? Abbiamo attraversato lo spazio per aiutarvi, per permettervi di unirvi a noi, come nostri pari”. Parlavano di “autorizzazione divina” ma anche di “autodeterminazione”, come se le due cose non fossero incompatibili in un regime di tutela paternalistica. Dicevano che i governi che ci tiranneggiavano sarebbero stati rimossi, sostituiti da figure “spiritualmente integre e competenti”, impegnate in una vasta transizione verso un mondo di pace, equità e stabilità. Sarebbe stato tutto un fiorire di panacee, utopie, rivoluzioni nonviolente in ogni campo del sapere umano e componente dell’ecosistema. Si è poi visto che cosa è successo”.

“Vi stavano spogliando di quel che di buono c’è nell’umanità, vero?”

“Esatto. Ci avevano “regalato” un Cavallo di Troia, una confezione di dolcetti belli da vedere, gustosi da mangiare, ma senza alcun nutrimento; anzi, dannosi per l’organismo. I loro doni, in realtà, erano la materializzazione di tutti quei nostri sogni ed aspettative che, nostro malgrado, potevano meglio ostruire il nostro cammino di emancipazione e di progresso morale, civile e spirituale. Gli “angeli” parlavano di amore, ma quello era un tipo di “amore” che serviva a tenerci in una condizione di dipendenza per poterci governare meglio. Erano lupi travestiti da agnelli che avevano realizzato una trappola estremamente ingegnosa: un eterno limbo o purgatorio che ci avrebbe impedito di raggiungere il vero paradiso. Per liberarci bisognava infilzare il drago, ma se non sai che è un drago, che sei un cavaliere e che esistono molti modi per infilzarlo, diventi preda dell’inazione. Ti adagi e accetti le nuove circostanze, sperando che tutto si risolva da sé o convincendoti che questo è, in effetti, il migliore dei mondi possibili per una specie indegna e nociva come quella umana. Milioni di persone cercavano qualcuno che pensasse e decidesse al posto loro, che desse loro sicurezza. Una persona, un messia, un’intelligenza artificiale, non importava cosa: ma doveva stabilire una volta per tutte cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato, perché le religioni tradizionali non erano più ritenute credibili e la New Age non forniva risposte univoche. Inoltre ci doveva far sentire utili, importanti, persino essenziali per la riuscita di un progetto che desse un senso alla nostra esistenza”.

“Vi dicevano che eravate tutti uguali, che non ci dovevano più essere contrasti ed invidie”.

“Una strategia perfetta per imporre la loro idea di armonia, se ci pensi. Togliendoci la nostra unicità, individualità, eterogeneità, iconoclastia ed inventiva potevano trasformarci in un gregge di pecore obbedienti ed omologate”.

“Perciò anche la loro insistenza sull’uguaglianza era ipocrita e manipolatrice come quella sull’amore?”

“Vedi, l’amore senza conoscenza è cieco. L’amore e la conoscenza, assieme, proteggono. Non ci sono diritti, norme, codici e responsabilità che tengano. Senza amore e senza conoscenza è inevitabile che il forte schiacci il debole, l’astuto inganni l’ingenuo, il ricco spogli il povero, l’istruito sfrutti l’ignorante. Così è sempre stato e così sempre sarà. Ci illudiamo che la nostra civiltà morale e giuridica possa risolvere tutto questo ma è una mera illusione. L’amore genera amore, l’odio genera odio, ma è la conoscenza che ci illumina la strada e ci insegna che bisogna dare agli altri solo quello che ti chiedono, non quello che pretendi che si aspettino da te: quello è mero egoismo narcisistico. La loro uguaglianza, la loro armonia, il loro amore non erano fini a se stessi, erano strumenti di dominio”.

“Secondo te i visitatori non erano capaci di accedere a questa, chiamiamola così, più elevata dimensione del Bene?”

“Il nostro incontro con loro non è mai stato veramente tale, perché non c’è mai stata tra noi la sensazione che ci potesse essere un terreno comune, paritario e di condivisione, premessa fondamentale di un autentico incontro. Ci hanno sempre visti come dei primitivi da civilizzare e sfruttare, come abbiamo fatto noi Europei per secoli con gli altri popoli. Erano mondi che non volevano realmente incontrarsi ma solo scambiare certe cose, commerciare in beni e forza lavoro, cioè sfruttarsi. Ed una parte era immensamente più forte dell’altra, perché sfruttava l’ignoranza di quest’ultima”.

“Per questo non ci sarebbero mai potute essere uguaglianza e fratellanza”.

“Ti dirò, non ci poteva essere neppure vita, per come la vedo io. Era una relazione morbosa, necrofila, tra persone che non vedono nell’altro un vivente meritevole di rispetto ma solo uno strumento. Questo succedeva sicuramente nelle alte sfere, però anche tra la popolazione le cose non erano troppo diverse. C’era chi li adorava, chi li temeva, chi li accoglieva e chi li voleva combattere. Un permanente squilibrio di fondo che impediva la mutua comprensione. Alla fine l’impulso di vita si è trasformato inevitabilmente in impulso di morte e la violenza ha subito un’escalation”.

“Non si poteva davvero evitare questa deriva?”

“Forse no, ma non ne sono sicuro. Noi, come loro, eravamo capaci solo di amare noi stessi. Eravamo dei perfetti narcisi e in parte lo siamo ancora. D’altro canto loro erano dei maestri in questo, lo erano a livello patologico; forse erano sociopatici, in un certo senso. Noi per di più eravamo frenati dal cinismo, dalla paura del diverso e dell’ignoto e, paradossalmente, dalla totale sfiducia nei nostri mezzi e nelle nostre abilità. Su queste basi non poteva nascere alcun rapporto fiduciario o paritario, men che meno empatia, simpatia reciproca”

“E che tipo di relazione poteva nascere da questa miscela se non quella padrone-schiavo?”.

“O padrone-animale, in una relazione sado-masochistica”.

“So che i visitatori crearono una specie di setta globale per istituzionalizzare questo rapporto di potere”.

“Proprio così. Gli aderenti si auto-percepirono come un’avanguardia di prescelti selezionati sulla base della propria lealtà e meriti per ricostituire il paradiso in Terra. C’era una netta separazione tra Bene – tutto quello che sostiene e promuove il Nuovo Ordine – e Male – tutto ciò che lo ostacola. Una volta entrate nella Comunità Cosmica le persone trovavano innumerevoli ostacoli se cambiavano idea e cercavano di uscirne. Così funzionano le sette ed i regimi totalitari. L’adepto “intelligente” era quello che accettava senza discutere la verità delle parole dei fratelli cosmici”.

“Volevano farci del male?”

“Non avrebbero avuto alcuna remora a farlo, come non l’avevano i nazisti, specialmente quando non fossimo più stati utili. Ma non si volevano sporcare le mani. Hanno anche loro dei codici morali, come ogni mafia che si rispetti. Se possono, evitano di uccidere, lasciano che siano altri a fare il lavoro sporco. Volevano prendere il controllo di tutto, accrescere il proprio potere e farlo senza combattere, senza rischiare di deteriorare ulteriormente l’ecosistema terrestre. La peggiore tirannide è quella in cui non c’è alcun bisogno di creare uno stato di polizia perché si ottiene il controllo totale della popolazione attraverso la manipolazione psicologica: allora i prigionieri non si rendono neppure conto di esserlo”.

“Però alla fine il Quarto Reich fu sconfitto”.

“La loro visione della realtà era davvero limitata: vedevano solo ciò che volevano vedere, come spesso accade ai fanatici. Il loro sistema sociale è un’eterna piramide ladresca dedita alla venerazione dell’universo materiale, esattamente come la nostra società dei consumi. Non conoscevano il vero amore, quello che nasce dall’empatia, dalla disponibilità a mettersi nei panni degli altri. L’amore per loro era solo smania di riconoscimento e di possesso. Non erano interessati alla conoscenza vera, più profonda, ma solo ai dati tecnici necessari a perpetuare la loro supremazia. Per loro rispettare il libero arbitrio altrui significava lasciare una singola, irreversibile scelta, ben camuffata e se possibile ingannevole. L’unica scelta da fare era quella di dire no a loro e sì a noi stessi e ad un futuro da esseri liberi e responsabili. Come ne “Il meraviglioso mago di Oz”, dove Dorothy può andare a casa in qualunque momento, basta che lo dica chiaramente. Alla fine, come puoi ben vedere, una maggioranza fece la scelta giusta e i visitatori dovettero andarsene, in osservanza delle norme intergalattiche, per evitare sanzioni o qualcosa di peggio”.

“E cosa ne fu della minoranza che votò in loro favore?”

“Una parte di loro, troppo legata a questo pianeta, si rassegnò, un’altra parte se ne andò disgustata assieme ai “Fratelli Cosmici”. Non se n’è saputo più nulla”.

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