Non faremmo un buon
servizio a Tiziano, né a quello che ci ha lasciato, se ora trasformassimo lui
in un santone e Angela e i suoi figli in chierici addetti al suo altare.
Giuliano Amato, Corriere
della Sera, 30 luglio 2006.
Tiziano Terzani e la moglie
Angela Staude hanno odiato il Giappone e molti Giapponesi si sono risentiti per
questo.
È molto facile odiare, per
noi esseri umani ed è anche molto facile chiamare amore quel che è possesso.
Terzani ha scritto pagine
infuocate e livorose sul Giappone perché, ancor prima di partire, l’aveva
idealizzato e la distanza tra il Giappone patinato ed il Giappone futuristico, da un lato, ed il Giappone dei suoi sogni, dall’altro, era incolmabile.
La colpa è stata sua e lo
ha dimostrato in tanti suoi altri libri: troppo spesso ha cercato di trovare in
Asia la pace e l’armonia che non trovava in Occidente e, per questo, ha
orientalizzato l’Oriente, rendendolo più spirituale, più trascendentale, più
esotico di quel che è, sovrumano.
In fondo, è una forma di
razzismo all’incontrario; il meccanismo retrostante è il medesimo: xenofobia
e xenofilia sono due atteggiamenti sbagliati, perché ci fanno scambiare i
nostri desideri e paure per la realtà. Lo xenofobo discrimina il “voi”
privilegiando il “noi”, lo xenofilo discrimina il “noi” privilegiando il “voi”.
Terzani ha odiato il Giappone perché il Giappone non corrispondeva per nulla
alle sue aspettative, non era la Shangri-La che aveva in mente:
È successo anche a me, solo che io non ho mai
amato il Giappone. Sono finito in Giappone per caso, non avendo mai amato la
cultura manga e anime, non essendomi mai interessato all’arte, alla lingua,
alla cucina giapponese. Eppure, persino una persona così relativamente
indifferente può cadere nella trappola. Ho odiato il Giappone e ancora adesso
mi succede di odiare certi aspetti della cultura e della società giapponese.
Odio l’assetto neo-feudale della società giapponese, odio lo strapotere delle
grandi aziende, del grande capitale, di una politica castale, odio lo sfregio
della meravigliosa natura isolana con una cementificazione dissennata, odio il
fatto che si metta la crescita materiale e l’arricchimento davanti alla
maturazione spirituale e morale, odio l’indottrinamento al conformismo del
sistema educativo, l’edonismo e la superficialità dei messaggi convogliati dai
media, dalla pubblicità, dalla moda e dall’arte contemporanea, così conformista
nel suo dozzinale anticonformismo. Odio il patriottismo ed il nazionalismo,
ossia la devozione ad un’astrazione, tanto sciocca quanto l’amore per
l’umanità. Odio il fatto che si chiami esercito di difesa (“forze di autodifesa”)
quello che è un esercito supertecnologico e pronto alla guerra offensiva, in
barba alla costituzione antimilitarista. In pratica, odio le storture
dell’Italia e dell’Occidente che ritrovo nell’Oriente delle fantasie di purezza
e autenticità. Non sono diverso da Terzani, non sono migliore di lui:
pretendo che il Giappone sia come voglio che sia. Sono un amante
risentito, oltraggiato, offeso ed infuriato.
Leggo Barrington Moore Jr.
e capisco che le popolazioni contadine giapponesi erano orgogliose ed
assertive: arrivava il momento in cui si ribellavano ai loro oppressori,
esattamente come succede in Cina, esattamente come succedeva in Europa. Vedo
che le presunte innate virtù rurali sono state usate dall’élite dello stato
nazionale moderno per instillare nelle menti dei Giapponesi una certa idea di
società utilitarista, disciplinata e fondamentalmente gretta, non dissimile da
quella italiana. Un ordinamento reso possibile dall’invenzione della
tradizione: dal matrimonio scintoista alle regole del sumo, allo
stile “giapponese” nelle relazioni di lavoro all’avversione per la
conflittualità – wa noi seishin: lo spirito di pace e di armonia –:
tutte cose introdotte in tempi relativamente recenti e che non esistevano nel
Giappone tradizionale, salvo che nelle alte sfere, dove il principe Shotoku,
per placare i sudditi, soleva dire: “apprezziamo l’armonia, onoriamo
l’astensione da contrasti immotivati”.
Mi scoraggio e penso:
quanto spazio c’è per l’indignazione, nel Giappone e nell’Italia di oggi? Sapremo
liberarci dal giogo di un anonimo apparato tecnocratico concepito solo per
infantilizzarci, portandoci dalla culla alla bara nella piena efficienza
e nel pieno disciplinamento degli animi e delle menti, al servizio dello Stato
e dell’Economia? Coltivandoci come dei bonsai, nella debolezza di
carattere e carenza di personalità e responsabilità civica (la solidarietà
SPONTANEA tra sconosciuti non è comune in un Giappone dai ruoli codificati e
dalle ritualizzazioni sociali), invece di lasciarci crescere come i grandi
alberi che potremmo essere. Costruendo giorno dopo giorno una Buro-Utopia che
lascia poco spazio all’iniziativa privata, perché non tollera l’instabilità,
l’incertezza, l’imprevedibilità, i capricci della creatività umana.
IL GIAPPONE DOPO FUKUSHIMA
– LE MIE PREVISIONI
Purtroppo la situazione a
Fukushima sta peggiorando e non è difficile prevedere che già dall’anno
prossimo il governo giapponese non potrà rifiutarsi di provvedere ad ulteriori evacuazioni
di massa, ormai tardive. Gli espatriati da inquinamento radioattivo si
moltiplicheranno e forse anche le nascite di bambini deformi. Ho l’impressione
– o forse la mia è solo una speranza – che questa sarà la goccia che farà
traboccare il vaso. Esiste già un movimento di indignati giapponesi (Occupy
Wall Street Tokyo) e credo che la frustrazione per il perdurante
autoritarismo, l’iniquità del sistema giudiziario, la corruzione di quello
politico, l’impossibilità di garantire una crescita economica sostenuta, uno
stato sociale indegno di una democrazia, la paura del futuro (anche delle
catastrofi naturali) e, ultimo ma non per importanza, il costo del mantenimento
della famiglia imperiale, sfocerà in proteste pubbliche di massa che faranno
cadere uno dei prossimi governi di inetti. Cose già sentite anche in Italia,
appunto.
Se ho capito qualcosa dei
Giapponesi, mi aspetto che le proteste non siano generiche come succede ancora
adesso tra gli indignati degli altri paesi. La potente cultura del pragmatismo
instaurata dallo stato nazionale gli si rivolterà contro, quando i manifestanti
dimostreranno di avere le idee e gli obiettivi molto chiari. In questo senso, i
Giapponesi potrebbero fornire un esempio per tutti gli altri movimenti di
protesta, a partire dalla primavera-estate del 2012, quando mi aspetto che
scoppi una Rivoluzione Globale che interrompa la Terza Guerra Mondiale:
2 commenti:
Interessante.
Una cosa pero', quando dici: "Odio il fatto che si chiami esercito di difesa (“forze di autodifesa”) quello che è un esercito supertecnologico e pronto alla guerra offensiva, in barba alla costituzione antimilitarista", penso che tu stia prendendo un abbaglio.
Il Giappone di oggi e' un paese fondamentalmente pacifico. Se c'e' un paese agressivo e militarista al momento e' la Cina, e se il Giappone si sta' riarmando e' in parte per una giustificata paura della Cina.
Ji Xiang, a un mese da quel commento: "Gesto estremo di un giapponese, che per protesta si è dato fuoco in pieno centro a Tokio. L'uomo è salito su un ponte pedonale nella capitale e ha iniziato a pronunciare un discorso contro il premier Shinzo Abe, che vorrebbe riformare la Costituzione pacifista".
http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/2014/notizia/tokio-giapponese-si-da-fuoco-per-protesta-il-video-del-gesto-estremo_2054256.shtml
In ogni caso Cina, Giappone e Corea non entreranno mai in guerra l'una con l'altra. Nè ci sarà una guerra tra Vietnam e Cina. E' tutta scena.
Il riordino finanziario globale è in dirittura d'arrivo e ciascuno fa le sue ultime mosse prima del fischio di fine partita.
Posta un commento