Visualizzazione post con etichetta Mossad. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Mossad. Mostra tutti i post

martedì 24 gennaio 2012

L'Occidente rappresenta ormai la peggiore minaccia per il genere umano




Le sanzioni economiche e finanziarie esaminate, lungi dall’essere un’alternativa a scosse, di cui altri sollevano del resto la minaccia, conducono ad esse per gradi. Gli embarghi, ivi estendendosi e indurendosi, si approssimano ai blocchi. Ma i blocchi, nel diritto internazionale, sono già degli atti di guerra. E per non parlare della guerra dell’ombra, di certo guidata da altri, che già miete le sue vittime. Decisamente, l’ostinazione della diplomazia francese a perseguire un cammino di conseguenze incalcolabili e a invischiarvi i suoi partner evoca la formula di Mark Twain: “Per colui che non ha che un martello, tutto prende la forma di chiodi”.
François Nicoullaud, ex ambasciatore francese a Teheran, Le Monde, 16-11-2011

La Grecia importa il 25 per cento del suo petrolio dall'Iran, noi il 13,2%.
Italia e Grecia sono i massimi importatori europei di petrolio iraniano.
La Grecia ha chiesto all'Europa di non porre un embargo totale al petrolio iraniano.
Al contrario, il nostro ministro degli Esteri, Giulio Maria Terzi di Sant'Agata (noto uomo del popolo), non ha trovato nulla di disdicevole. Secondo lui l’impatto sull’Italia sarà nullo:  
Una curiosa difformità di valutazioni tra governo greco e governo italiano.
Forse l’inevitabile rincaro del greggio non lo turba.

Perché si è imboccata la strada dell’embargo?
Nel più recente rapporto dell’AIEA – indicato da molti, tra i quali il suo stesso direttore generale, Yukiya Amano, come prova del fatto che l’Iran ha intrapreso la strada della costruzione della bomba atomica – si legge invece che tutto l’uranio iraniano è sotto controllo [“continues to verify the non-diversion of declared nuclear material”] e che non ci sono novità sostanziali:
Perché Amano mente così spudoratamente?
Da Limes (11 novembre 2011): “sono in molti a reputare che l’agenda dell’Aiea si sia spostata da una posizione prettamente scientifica e tecnologica verso una direzione più politicizzata e filoccidentale, perdendo l’approccio cauto e misurato che caratterizzava la gestione El Baradei. Pesa inoltre il ricordo di quando, in prospettiva dell’inizio delle ostilità irachene, l’amministrazione statunitense mentì volontariamente alla comunità internazionale sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Al contempo le cancellerie e gli esperti sono consapevoli del fatto che l'Aiea non abbia mezzi indipendenti per comprovare le informazioni, e soprattutto le disinformazioni, che riceve dalle nazioni consociate. El Baradei non ne faceva segreto e “vagliava” molto attentamente le rivelazioni altamente politicizzate sul dossier nucleare iraniano. […]. Scremato delle faziosità di parte e dato il giusto peso al fatto che lo stesso recente rapporto dell’Aiea ha riconosciuto che "la capacità dell'agenzia di comprendere le attività in Iran dopo la fine del 2003 è ridotta a causa delle informazioni limitate di cui dispone", si può dire che esso sia in realtà molto in linea con la National intelligence estimate (Nie) del novembre 2007, che affermava che Teheran aveva interrotto il suo programma nucleare militare nel 2003:
Altre intelligenti riflessioni sulla questione:

Leon Panetta (segretario alla difesa USA): “Il n. 1 del Pentagono e' convinto che Teheran abbia la capacità di costruire un ordigno atomico ma non ritiene che lo stia facendo, anche grazie alle sanzioni internazionali”.
Resta da capire perché dovrebbe continuare a non farlo, vista la persecuzione a cui è stato sottoposto:
“Gli iraniani andranno comunque avanti per la loro strada, perché il nucleare tocca le corde dell’orgoglio nazionale. I vertici di Teheran rivendicano il nucleare a scopo solo civili, ma ormai è una questione legata alla sicurezza, dopo la caduta di gheddafi in Libia l’atomica resta l’unico possibile deterrente contro possibili aggressioni”.
http://blog.panorama.it/mondo/2012/01/23/iran-embargo-petrolifero-contro-il-nucleare-o-per-un-cambio-di-regime-lanalisi/
Un punto di vista confermato dallo stesso Ehud Barak, Ministro della Difesa di Israele: “Probabilmente lo farei. Non m’illudo che [gli Iraniani] lo facciano [procedano con il programma nucleare] a causa di Israele. Si guardano attorno, vedono che l’India è una potenza nucleare, la Cina è una potenza nucleare, il Pachistan è una potenza nucleare, per non parlare dei Russi”.
Risposta di Ehud Barak, Ministro della Difesa di Israele, a Charlie Rose (PBS), che gli aveva chiesto se non avrebbe voluto anche lui delle armi atomiche, se fosse stato un ministro del governo iraniano, 17 novembre 2011.
Gli ultimi tre direttori del Mossad hanno spiegato che se anche il programma atomico iraniano fosse di natura militare, non sarebbe un dramma:

Vorrei dunque capire come si giustifichi questo embargo e perché Italia e Grecia debbano stare zitti e muti e prenderselo nel sedere.
Tenuto conto delle conseguenze delle iniziative occidentali:
vorrei anche capire cos’altro devono fare le “democrazie” occidentali prima che le rispettive opinioni pubbliche si rendano conto di far parte di società guerrafondaie, imperialiste, una costante minaccia alla stabilità, alla pace, alla prosperità della specie umana. 

Abbiamo rinnegato tutto quello in cui credevamo, facciamo paura al resto del mondo, uccidiamo o lasciamo morire milioni di esseri umani per conservare il nostro stile di vita, accettiamo di chiamare democrazie degli oligopoli castali solo perché, finora, ci hanno mantenuto nel benessere a spese di tutti gli altri.  E ora siamo pronti a scatenare una Terza Guerra Mondiale.
Per il bene dell’umanità, mi auguro una nostra prossima, rapida e devastante sconfitta. Solo così potremo rinsavire e ricominciare, imparando dagli errori commessi.

mercoledì 4 gennaio 2012

La prova che Israele è in mano ad una cricca di invasati antisemiti




Un’idea folle, la cosa più stupida che abbia mai sentito.
Meir Dagan, ex capo del Mossad, in merito all’ipotesi di un attacco all’Iran, 8 maggio 2011
L’Iran non rappresenta una minaccia per l’esistenza di Israele.
Ephraim Halevy, predecessore di Dagan, 4 Nov 2011
Probabilmente lo farei. Non m’illudo che [gli Iraniani] lo facciano [procedano con il programma nucleare] a causa di Israele. Si guardano attorno, vedono che l’India è una potenza nucleare, la Cina è una potenza nucleare, il Pachistan è una potenza nucleare, per non parlare dei Russi.
Risposta di Ehud Barak, Ministro della Difesa di Israele, a Charlie Rose (PBS), che gli aveva chiesto se non avrebbe voluto anche lui delle armi atomiche, se fosse stato un ministro del governo iraniano, 17 novembre 2011.
Un Iran dotato di bombe nucleari non costituisce necessariamente una minaccia esistenziale per Israele…L’espressione “minaccia per la nostra esistenza” è usata a sproposito.
Tamir Pardo, successore di Dagan, 29 dicembre 2011
Ne consegue che qualunque attacco preventivo all’Iran sarà il risultato del fanatismo e della megalomania autodistruttiva di politici decerebrati e forse persino psicopatici che rappresentano la peggiore minaccia all’incolumità degli ebrei di tutto il mondo dai tempi di Hitler.

mercoledì 7 dicembre 2011

Perché Israele non attaccherà l'Iran (secondo Uri Avnery)



Perché Israele non attacchera' l'Iran
Secondo Uri Avnery, scrittore e pacifista israeliano, Israele non attaccherà l'Iran. In questo articolo ci spiega perché.
10 novembre 2011 - Uri Avnery
Fonte: www.counterpunch.org - 03 novembre 2011

Tutti hanno bene a mente la classica scena a scuola del ragazzetto che ha una discussione con un tipo più grosso di lui. “Trattenetemi” grida rivolto ai suoi amici, “prima che gli rompa le ossa”.
Il nostro governo sembra comportarsi alla stessa maniera. Ogni giorno, attraverso tutti i canali, fa sapere a gran voce che da un momento all'altro romperà le ossa dell'Iran.
L'Iran sta per mettere a punto un ordigno nucleare. Non possiamo permetterlo. Quindi dobbiamo raderli al suolo.
Binyamin Netanyahu lo dice in ognuno nei suoi innumerevoli discorsi, incluso quello d'apertura della sessione invernale del Knesset (parlamento d'Israele). Allo stesso modo fa Ehud Barak. Ogni cronista che si rispetti (qualcuno ne ha visto mai uno che non si rispetti?) scrive sull'argomento. I media ne amplificano il tono e il furore.
“Haaretz” ha sbattuto in prima pagina le foto dei sette ministri più importanti (il “settetto di sicurezza”) annunciando che tre sono favorevoli all'attacco, quattro contrari.
* * *
Un proverbio tedesco dice: “Le rivoluzioni annunciate in anticipo non hanno mai luogo”. Lo stesso vale per le guerre.
Le questioni nucleari sono soggette a una censura militare molto rigida. Ma davvero molto rigida.
Tuttavia il censore sembra sorridere benevolmente. Lasciate che i ragazzi, compresi il primo ministro e il ministro della difesa (il massimo capo del censore) facciano il loro gioco.
Il popolare Meir Dagan, per molto tempo a capo del Mossad, ha pubblicamente messo in guardia dall'attaccare, ritenendo che sia l' “idea più stupida che egli abbia mai sentito”. Ha spiegato che considera un suo dovere farlo, considerati i piani di Netanyahu e Barak.
Mercoledì 2 novembre c'è stata una vera e propria fuga di notizie. Israele ha testato un missile che può trasportare una bomba nucleare a più di 5000 km di distanza, oltre tu sai dove. E la nostra aviazione ha appena completato alcune esercitazioni in Sardegna, ancor più lontano di tu sai dove. E il giorno dopo, l' Home Front Command ha tenuto altre esercitazioni nell'intera area metropolitana di Tel Aviv, tra il suono incessante delle sirene.
Tutto sembra suggerire che l'intero clamore sia solo uno stratagemma. Forse per spaventare e dissuadere gli Iraniani. Forse per spingere gli americani ad azioni più estreme. Magari coordinate in principio con gli stessi americani (fonti britanniche, inoltre, fanno trapelare che la Royal Navy si sta preparando per supportare un attacco americano all'Iran).
È una vecchia tattica di Israele: agire come se stessimo impazzendo (“Il capo è impazzito” si è soliti urlare nei nostri mercati, per suggerire che il fruttivendolo sta vendendo sotto costo). Non dobbiamo più prestare ascolto agli Stati Uniti. Dobbiamo semplicemente bombardare, bombardare e bombardare.
Bene, siamo seri per un momento.
* * *
Israele non attaccherà l'Iran. Punto.
Alcuni potranno pensare che stia azzardando troppo. Dovrei aggiungere almeno “probabilmente” o “quasi sicuramente”?
Non lo farò. Al contrario ripeto categoricamente: Israele NON attaccherà l'Iran.
Dalla vicenda Suez del 1956, quando il Presidente Dwight D. Eisenhower lanciò un ultimatum che fermò l'intervento bellico, Israele non ha mai intrapreso nessun operazione militare significativa senza prima ottenere il consenso degli USA.
Gli Stati Uniti sono l'unico alleato fidato di Israele nel mondo (oltre, forse, Fiji, Micronesia, le isole Marshall e Palau). Rovinare un tale rapporto significherebbe tagliare la nostra linea della vita. Per fare questo, devi essere più che semplicemente pazzo. Devi essere matto da legare.
Inoltre, Israele non può combattere una guerra senza il supporto illimitato degli americani, perché i nostri aerei e le nostre bombe vengono dagli USA. Durante un conflitto, c'è bisogno di rifornimenti, ricambi, di ogni forma di equipaggiamento. Nella guerra del Kippur, Henry Kissinger organizzò un ponte aereo che ci riforniva ventiquattrore su ventiquattro. E quella guerra sembrerebbe probabilmente una scampagnata rispetto a una contro l'Iran.
* * *
Diamo un'occhiata alla cartina. É sempre raccomandabile farlo, tra l'altro, prima di iniziare qualsiasi guerra.
Il primo punto che salta agli occhi è lo stretto di Hormuz, attraverso cui circola su nave un terzo della fornitura mondiale di petrolio. Quasi l'intera produzione dell'Arabia saudita, degli stati del Golfo, di Iraq e Iran deve obbligatoriamente passare per questa strettoia di mare.
“Stretto”, poi, è una parola grossa. La larghezza totale di questa strada marittima è di circa 35 chilometri. É più o meno pari alla distanza che vi è tra Gaza e Beer Sheva, coperta la scorsa settimana dai razzi primitivi della Jihad islamica.
Quando il primo velivolo israeliano sconfinerà nello spazio aereo iraniano, lo stretto sarà chiuso. La marina iraniana è dotata di parecchie motocannoniere ma non ci sarà bisogno di usarle. Basteranno le postazioni missilistiche terrestri.
Il mondo si trova già in bilico sull'orlo del baratro. La piccola Grecia sembra poter precipitare e portarsi con sé settori rilevanti dell'economia mondiale. L'eliminazione di quasi un quinto delle risorse di petrolio delle nazioni industrializzate comporterebbe, quindi, una catastrofe difficile anche a immaginarsi.
Riaprire lo stretto con la forza richiederebbe un'importante operazione militare (incluso un intervento di truppe via terra) che farebbe passare in secondo piano tutti i problemi degli americani in Iraq e Afghanistan. Possono sopportarlo gli USA? E la NATO? La stessa Israele non sarebbe in grado.
* * *
In ogni caso Israele sarebbe pienamente coinvolta nell'azione, magari come destinataria dell'attacco.
In una rara dimostrazione di unità, tutti i capi dell'intelligence israeliana, compresi quelli del Mossad e dello Shin Bet, si stanno pubblicamente opponendo all'idea di un'intervento militare. Possiamo solo immaginare il perché.
Non so se l'operazione sia così fattibile. L'Iran è un Paese molto vasto, più o meno l'estensione dell'Alaska: le installazioni nucleari sono ampiamente disseminate sul territorio e generalmente segrete. Anche con le speciali bombe ad alta penetrazione fornite dagli Stati Uniti, una tale operazione potrebbe vanificare le iniziative iraniane – quali esse siano – solo per qualche mese. Il prezzo rischierebbe di essere troppo alto per dei risultati così miseri.
Per di più, è quasi certo che con l'inizio di una guerra, pioveranno missili su Israele – non solo dall'Iran, ma anche da Hezbollah, e forse da Hamas. Non abbiamo difese adeguate per le nostre città. Il numero dei morti e dei danni sarebbe insostenibile.
Tutt'a un tratto, i media mandano in onda innumerevoli servizi sui nostri tre sottomarini, che presto diventeranno cinque, o anche sei, se i tedeschi si mostreranno comprensivi e generosi. Viene detto apertamente che grazie a essi avremo la possibilità di effettuare un “secondo colpo” nucleare, qualora l'Iran dovesse usare le sue (non ancora esistenti) testate atomiche contro di noi.
E per finire c'è il prezzo politico. C'è molta tensione nel mondo islamico. L'Iran è ben lungi dall'essere popolare in molte parti di esso. Ma un attacco di Israele contro un importante paese musulmano unirebbe all'istante Sunniti e Sciiti, dall'Egitto e la Turchia fino al Pakistan e oltre. Israele potrebbe diventare una villa in una giungla in fiamme (“villa in una giungla” è come Barak definisce Israele rispetto al Medio Oriente, n.d.t.).
* * *
Ma il dibattito sulla guerra è utile a molti scopi, compresi quelli della politica interna.
Sabato 29 ottobre, il movimento di protesta si è rianimato. Dopo una pausa di due mesi, una massa di persone si è riunita in piazza Rabin a Tel Aviv. È un dato abbastanza significativo se si tiene conto che nello stesso giorno alcuni razzi stavano cadendo su alcune città della striscia di Gaza. Fino ad oggi, in una tale situazione le dimostrazioni sarebbero state annullate. I problemi di sicurezza hanno la priorità su qualsiasi altra cosa. Non stavolta.
In molti credevano, poi, che l'euforia delle celebrazioni per Gilad Shalit avrebbe rimosso la protesta dai pensieri della gente. Non l'ha fatto.
È da notare, invece, una cosa che è accaduta: i media, dopo aver appoggiato per mesi la protesta, hanno cambiato atteggiamento. Improvvisamente tutti, compreso Haaretz, si son messi a pugnalare il movimento alle spalle. Come se ordinati da qualcuno, il giorno successivo tutti i giornali hanno scritto che “in più di 20mila” hanno preso parte alla manifestazione. Beh, io ero là, e ho una certa idea di queste cose. C'erano almeno 100mila persone, per lo più giovani. Potevo a malapena muovermi.
La protesta non si è esaurita, come sostengono i media. È ben lontano dal farlo. Ma quale modo migliore che parlare di un “pericolo esistenziale reale” per distogliere la mente della gente dalla giustizia sociale?
Inoltre, le riforme chieste dai manifestanti avrebbero bisogno di soldi. In vista della crisi finanziaria mondiale, il governo si oppone strenuamente ad un aumento del bilancio, per paura che il rating del credito venga declassato.
Ma allora, da dove si possono prendere questi soldi? Ci sono solo tre possibili soluzioni: gli insediamenti (e chi si azzarderebbe a toccarli?), la Chiesa ebraica ortodossa (idem!) e le enormi spese militari.
Tuttavia, alla vigilia di una delle guerre più cruciali della nostra storia, chi toccherebbe le forze armate? Abbiamo bisogno di ogni shekel (moneta israeliana, n.d.t.) per comprare più aerei, più bombe, più sottomarini. Scuole e ospedali devono, ahimè, aspettare.
Perciò Dio benedica Mahmoud Ahmadinejad. Dove saremmo senza di lui?
Note:
URI AVNERY è uno scrittore e pacifista israeliano del movimento Gush Shalom. È un collaboratore del libro “La politica dell'anti-semitismo” (Counter Punch editore).

Tradotto da Valerio Macchia.

giovedì 1 dicembre 2011

Emmanuel Assange - Julian Goldstein



Wikileaks è diventata l'interfaccia perfetta tra qualche servizio segreto e l'opinione pubblica mondiale. L'informazione in rete viene usata con licenza d'uccidere.

Fabio Ghioni, hacker

Emmanuel Goldstein è un personaggio letterario, il nemico del Partito che governa l'Oceania nel libro di George Orwell 1984. A causa della sua opposizione al Grande Fratello, ogni giorno, a partire dalle 11.00 in ogni ufficio e luogo pubblico si tengono manifestazioni di isteria collettiva contro di lui: i famosi "Due minuti d'odio". Il lettore, comunque, capirà in seguito che Goldstein e il suo gruppo non sono altro se non un sistema che il Partito usa per controllare le coscienze, al punto che la loro stessa esistenza non è decidibile con certezza.

I grandi banchieri, muovendo alcune semplici leve che controllano il flusso del denaro, possono determinare il successo o il fallimento dell’economia di un paese. Controllandone i comunicati stampa sulle strategie economiche che demarcano le tendenze nazionali, l’élite è capace non solo di prendere in mano le redini del potere della struttura economica di tale nazione ma anche di estendere il controllo su tutto il mondo.
Aldous Huxley

Anna Stepanovna Politkovskaja, morta
Enzo Baldoni, morto
Ilaria Alpi, morta
Julian Assange, arrestato per non aver indossato un profilattico
Se Assange fosse una vera minaccia per l’establishment sarebbe ancora vivo? Io credo, piuttosto, che avrebbe fatto la fine di questi altri:

Assange ha negato che dietro l’11 settembre ci sia un qualunque complotto diverso da quello di Osama Bin Laden
Assange ammira Benjamin Netanyahu
"Mendax" (ingannatore, mentitore, mendace) è lo pseudonimo usato da Julian Assange quando faceva l'hacker.
Non sarebbe la prima volta che succede:

"Chi proprio non crede alla parabola di Wikileaks è Fabio Ghioni, l’hacker più famoso d’Italia condannato per lo scandalo dei dossier Telecom. Sono almeno tre le cose che secondo Ghioni non tornano: la natura riservata delle notizie diffuse, le dimensioni degli investimenti finanziari necessari e i reati commessi. “La violazione del segreto di Stato in America è punita con la pena di morte e se gli Usa volessero veramente l’estradizione di Assange, la otterrebbero senza nessun problema”. L’ex numero uno del Tiger team di Telecom sostiene che dietro a Wikileaks ci sia qualche servizio segreto. “Per fare un’operazione del genere ci vuole un budget di almeno tre milioni di euro l’anno”. Insomma, secondo lui, qualche barba finta è andata da Assange e gli ha detto: “Ti passo le informazioni riservate, ti do un posto dove metterle, ti copro di milioni e ti garantisco fama e successo ma soprattutto impunità”. Un’offerta difficile da rifiutare.
A sostegno della sua tesi Ghioni cita la storia del soldato Manning. La persona che, secondo gli inquirenti statunitensi, è entrata nel database Siprnet, da cui provengono i cable diplomatici, per poi passarli ad Assange. “Questa è una storia comica. I computer che si possono collegare al sistema sono monitorati costantemente. Dai movimenti del mouse a quello che uno digita sulla tastiera. Ma vi immaginate un soldato che si connette e scarica centinaia di migliaia di dati? – continua Ghioni che a sostegno della sua tesi cita il caso della sicurezza informatica della sua ex azienda – Nei computer connessi alla banca dati di Telecom non puoi inserire neanche una chiavetta usb, non puoi scaricare nessun documento. Vogliamo pensare che i servizi segreti e il dipartimento di Stato americani hanno una policy sulla sicurezza informatica inferiore a quella di Telecom? Non scherziamo”.
"Violarlo e rubarne i segreti è stato un gioco da ragazzi, spiega Manning in chat a un amico hacker: “Mi sono avvicinato al computer con un cd di Lady GaGa, ho cancellato la musica e scritto un file compresso. Nessuno ha sospettato nulla. Mentre facevo finta di ascoltare e cantare Telephone (una delle hit di Lady GaGa, ndr) ho scaricato quella che verosimilmente è la più grande sottrazione di dati riservati della storia americana”.
Ecco la sintesi di un blogger, che evidenzia l'assurdità di questa versione dell'accaduto:
"un tale manning, stufo di vedere massacrati i civili irakeni decide di rubare dei file che si scambiano i diplomatici (e perchè mai? che c'entra? boh). Andiamo avanti. Questo manning entra con un cd di lady gaga e una penna usb, accede all'archivio e mentre fa finta di ascoltare il cd di lady gaga copia tutti i file... Praticamente un genio. Certo, deve essere un genio uno che riesce a copiare qualcosa su un cd musicale (che non è riscrivibile) un archivio così immenso (però forse era un dvd...). E la penna usb a cosa gli sarà servita? A sbloccare il cd musicale e farlo diventare dvd riscrivibile? Ma questi pensano che le persone sane di mente ci caschino? Io dico di sì, a giudicare dall'isteria collettiva su questi file".

Intervista a Fabio Ghioni (1 dicembre 2010):
Wikileaks sta diventando uno strumento di potere e in quanto tale, una struttura d'intelligence valuterebbe innanzitutto la sua utilità operativa come strumento di infowar o di ricatto verso persone o strutture scomode…La mia esperienza mi ha insegnato che ogni cosa che ci viene comunicata va sempre considerata con un sopracciglio alzato. Assange potrebbe essere in buona fede e allora potrei dire che il mandato internazionale è il modo più semplice di bloccare una persona. Se però non è in buona fede ed è uno strumento nelle mani di una struttura di infowar o intelligence, allora direi che il mandato internazionale è una copertura perfetta soprattutto se ha risonanza mediatica.

«Dietro a quel sito c’è qualche 007»
Intervista a Fabio Ghioni:
Assange e Wikileaks fanno tutti da soli o c’è qualcuno dietro?
«Non scherziamo. È impossibile che facciano tutto da soli, come paladini della trasparenza. Basta dare un’occhiata alla mole di documenti raccolti e resi pubblici. Stiamo parlando di intere banche dati. Dietro a tutto c’è qualcuno interessato a fare uscire queste informazioni in maniera chirurgica e a senso unico».
Cosa intende dire?
«Quando solo pochi conoscevano Wikileaks, ricordo che Assange boccheggiava e non riusciva a pagare neppure le bollette del sito. Poi sono esplosi. Qualche servizio segreto deve essersi reso conto della potenzialità di uno strumento del genere per campagne di disinformazione e propaganda mirata. Questo non significa che i documenti rivelati siano falsi. Finora, però, sono usati a senso unico, contro l’Occidente. Una specie di schema stile “divide et impera” per seminare divisioni nei rapporti fra alleati. Mi sembra una tattica fin troppo chiara e mirata, che ha poco a che fare con la trasparenza».
Quali sarebbero i servizi segreti coinvolti?
«Esistono organizzazioni cybercriminali come Russian business network, che secondo documenti americani è collegata all’Fsb, intelligence russa. Non escludo neppure che ci sia lo zampino di qualche struttura occidentale. È significativo che Wikileaks non abbia mai pubblicato documenti della Cia, ma solo del Pentagono e del Dipartimento di Stato, per ora. Non penso che Pechino e Teheran passino informazioni ad Assange. Però è plausibile che un colosso come la Cina finanzi Wikileaks, senza farlo sapere, trattandosi di uno strumento che sta provocando caos nel cuore dell’Occidente».
È stato arrestato un militare dell’intelligence Usa come gola profonda di Assange. Può essere che ci sia solo lui?
«È impossibile, inverosimile. Probabilmente ci sarà più di qualcuno al Pentagono o al Dipartimento di Stato Usa, che ha passato documenti e informazioni pensando di migliorare il mondo con la denuncia di qualche magagna occidentale. Penso che le fonti idealiste di Wikileaks siano il 5%, ma non può essere il singolo a passare banche dati intere».
Costa molto una struttura come Wikileaks?
«Il costo è elevato e si potrebbe aggirare su milioni di euro. La storia delle donazioni è ridicola. Che il sito renda pubblici i bilanci e poi faremo i conti. Assange è sempre in viaggio e non bastano i punti Mille miglia. Da dove arrivano i soldi?».
Il fondatore di Wikilekas continua a presentarsi come paladino della trasparenza. Cosa ne pensa?
«Non metto in dubbio che abbia iniziato spinto da gradi ideali, che condivido, ma poi la faccenda gli ha preso la mano. Il sito stava per chiudere per mancanza di fondi, poi è resuscitato. Mi piacerebbe credere che questa storia derivi da cittadini paladini delle libertà, ma purtroppo non è così».

Il Mossad accusato di complotto: «Le notizie di Wikileaks avvantaggiano Israele»
di Eric Salerno
ROMA (3 dicembre 2010) - A chi fa gioco il gioco di Wikileaks? Finora poco più di seicento di 251.287 messaggi diplomatici americani “rubati” sono apparsi in rete ma c’è già chi parla di complotto. Due sono le direttrici indicate: Julian Assange e i suoi collaboratori si vogliono arricchire oppure stanno lavorando per favorire la politica di un governo. Le teorie complottiste abbondano sul web. Nel mirino, quasi sempre, Stati Uniti e Israele. E anche questa volta, in prima linea tra gli accusati, i due Paesi.
In un’intervista alla rivista americana Time il fondatore di Wilkileaks ha fatto le lodi di Netanyahu che, ha detto, è convinto che le rivelazioni aiuteranno la ricerca della pace in Medio Oriente. «Il premier israeliano sostiene che i leader devono parlare in pubblico come parlano nel privato». I documenti classificati finora pubblicati giocano sicuramente a favore di Tel Aviv. Sia quando i diplomatici americani raccontano come molti leader arabi sono preoccupati per la politica di Teheran, sia quando spiegano che nonostante lo stato formale di belligeranza tra arabi e Israele, esistono ottimi rapporti tra molti paesi del Golfo e il “nemico”.
Wikileaks è nato nel dicembre 2006 e sostiene di «essere stato fondato da dissidenti cinesi, giornalisti, matematici ed esperti di informatica dagli Stati Uniti, Taiwan, Europa, Australia e Sud Africa». E anche se oggi c’è chi sospetta un ruolo dei cinesi nella raccolta e disseminazione dei documenti, molti cinesi vicini al regime sono convinti che Assange e i suoi siano in qualche modo collegati al Mossad, il servizio segreto di Tel Aviv.
Su un sito britannico qualcuno ha trovato “intrigante” una frase di un articolo del giornalista israeliano Yossi Melman, pubblicato sul quotidiano The Independent. Melman mette insieme tre eventi «apparentemente non collegati tra loro». Il primo, la pubblicazione dei documenti molti dei quali riguardano le preoccupazioni del mondo con il programma nucleare iraniano; il secondo, l’assassinio misterioso a Teheran del più importante scienziato nucleare iraniano e il ferimento di un altro; e infine la nomina di Tamir Pardo come nuovo capo del Mossad. «Ma c’è un legame tra di loro. Sono parte dello sforzo interminabile dell’Intelligence israeliana, insieme con le loro controparti in Occidente compreso l’M16 britannico e la Cia americana, per sabotare, ritardare e se possibile per impedire all’Iran di raggiungere il suo scopo di ottenere la sua prima bomba nucleare». Melman non ha voluto chiarire oltre il suo pensiero.
Accuse al Mossad, dopo quelle scontate di Ahmadinejad, sono arrivate ieri anche dalla Turchia, vecchio alleato strategico di Israele ora su posizioni nettamente contrarie alla politica del governo Netanyahu. Huseyin Celik, numero due del partito del premier Erdogan ha indicato che «Israele è soddisfatto» per le rivelazioni. «Ancora prima che i documenti fossero diffusi, già dicevano che “Israele non avrà problemi”».

Wikileaks: Tarpley, è strip-tease CIA per colpire nemici. A partire da Berlusconi-Putin. lo dice giornalista investigativo (ansa) - Roma, 7 dic 2010
Le rivelazioni di Wikileaks? "Sono uno strip-tease della Cia per colpire i suoi nemici, a cominciare da Berlusconi-Putin": lo sostiene il celebre giornalista investigativo Usa, Webster Tarpley all'ANSA. Il rapporto Roma-Mosca "vuol dire fra le altre cose l'oleodotto Southstream, oggetto di odio feroce da parte della CIA. Nessun fantoccio di Washington viene criticato", ha aggiunto.
I documenti pubblicati rivelano "cose già note da un pezzo, come il desiderio dei Sauditi di colpire l'Iran. Assange dice bene della CIA mostrando di dire male", aggiunge Tarpley, convinto che "il prossimo passo sarà un ripulisti generale dell'internet, chiudendo tanti siti critici, utilizzando come pretesto dei segreti spifferati da Assange". Il giornalista non è l'unico ad accusare Assange di fare gli interessi di gruppi occulti: nella schiera dei critici c'é anche John Young, co-fondatore di Wikileaks e ora con un proprio sito indipendente.
Per capire Assange, bisogna rifarsi a Paolo Sarpi, il maestro veneziano dei servizi segreti, il quale ha teorizzato il limited hangout o self-exposure praticato dalla CIA gia' quattro secoli prima di Assange nel suo parere "Del confutar scritture malediche," scritto per il Senato il 29 gennaio 1620. (Opere, edizione Cozzi, Milano: Ricciardi, 1969)
Notiamo in questo contesto che e' stato proprio Cass Sunstein a menzionare Wikileaks per la prima volta (ch'io sappia) nella grande stampa americana, scrivendo sul Washington Post del 24 febbraio 2007: "Wikileaks.org, founded by dissidents in China and other nations, plans to post secret government documents and to protect them from censorship with coded software." [Trad: “Wikileaks.org, fondato da dissidenti in Cina e in altre nazioni, intende pubblicare documenti governativi segreti proteggendoli dalla censura con software criptato”].
Era il primo successo pubblicitario per il gruppo di Assange, e veniva grazie a Cass Sunstein personalmente.
Su Cass Sunstein:

Fino a qualche mese fa l’unico avvocato difensore di Julian Assange era Mark Stephens, della Finers Stephens Innocent, consulenti legali del Waddesdon Trust (famiglia Rothschild):

Vale la pena ricapitolare gli indizi che dovrebbero portarci a concludere che non sia quello che dice di essere.
Da quando Assange è diventato il responsabile unico di wikileaks, scacciando o agevolando l’uscita di chi non la pensava come lui, le “fughe di notizie” hanno rivelato che:
* le armi di distruzioni di massa in Iraq esistevano veramente (!!!);
* l’Iran è una potenza regionale destabilizzatrice e va fermata con le buone o con le cattive;
* Nicola Calipari è morto a causa della sua negligenza;
* il numero di vittime della guerra in Iraq corrisponde al dato fornito dall’amministrazione Bush-Cheney, è drasticamente inferiore rispetto alle stime di tutte le organizzazioni indipendenti e i responsabili del macello sono soprattutto gli iracheni stessi e non le forze di invasione;
* la condotta di Israele e di Tony Blair è impeccabile;
Una curiosa convergenza rispetto alle posizioni dei falchi della precedente amministrazione statunitense e dell’attuale governo israeliano.
La seconda razione di fughe di notizia ha rivelato che:
* gli Stati Uniti spiano i loro alleati e le Nazioni Unite (sorpresona!);
* L’Arabia Saudita e tutti i paesi suoi alleati nel Golfo si preoccupano dell’ascesa dell’Iran;
* Ahmadinejad è descritto come il “nuovo Hitler” e Hugo Chavez come un folle;
* l’Iran riceve missili dalla Corea del Nord;
* gli Stati Uniti temono che le armi nucleari pachistane finiscano nelle mani sbagliate;
* il governo russo fa affari con la mafia russa;
* Gheddafi è (era) mentalmente labile e potrebbe (avrebbe potuto) fare di tutto;
Guarda caso, i principali bersagli sono ancora una volta i maggiori avversari e critici degli Stati Uniti e di Israele che anche questa volta se la cava brillantemente, con nulla a suo carico.
D’altronde lo stesso Assange ha affermato in due occasioni che il bersaglio di Wikileaks sarebbero stati i regimi oppressivi asiatici, Russia e Cina in primis:

In cambio, tra le tante cose, non scopriamo nulla di più di quel che ci hanno già detto i migliori giornalisti d’inchiesta riguardo al coinvolgimento delle forze NATO nel narcotraffico afghano, agli omicidi eccellenti commissionati dal governo israeliano, né sul comportamento terroristico dei mercenari assoldati dalle multinazionali in Iraq, agli eventi di Fallujah.
A che gioco sta giocando Assange? Perché ha ammesso pubblicamente che gli Americani gli passano documenti scottanti? Perché dovrebbero aiutarlo se è così temuto e detestato?
Hillary Clinton ha subito usato le wikileaks per dimostrare che le preoccupazioni americane nei confronti dell’Iran sono fondate ed ampiamente condivise.
I commenti nei forum dei quotidiani britannici che ci preparano alla guerra con l’Iran, ossia alla Terza Guerra Mondiale, si sprecano:
È un incubo per gli anti-israeliani. Ora non possono dare la colpa ad Israele se l’America attaccherà l’Iran a causa delle pressioni saudite
WikiLeaks ha anticipato il giorno in cui gli USA agiranno finalmente per estirpare gli impianti nucleari dello stato del terrore iraniano. Chi ama la pace dovrebbe rallegrarsene e nominare Wiki per il premio Nobel per la pace
Allora non sono solo i “malvagi” israeliani che esortano a colpire l’Iran, ma più o meno tutti i paesi del Medio Oriente. E’ quasi troppo bello per essere vero. Non che non lo si sapesse prima, ma ora nessuno potrà negarlo”.
Così se ci sarà una guerra contro l’Iran potremmo per favore astenerci dal dire che è solo per il petrolio, visto che sono i produttori di petrolio che spingono per l’attacco all’Iran?
Sarà molto difficile per la gente condannare l’America quando vedono che ogni sceicco la implora di bombardare i loro ‘fratelli’

La vicenda di Gary McKinnon è molto istruttiva. Rischia di ricevere lo stesso trattamento penale di un terrorista, senza neppure essere un hacker di prima classe e senza aver neppure commesso una minuscola frazione di quel che ha fatto Assange ("un tentativo irresponsabile di destabilizzare la sicurezza globale", è come il Pentagono ha descritto le rivelazioni di wikileaks).
Però Assange è ricercato dall'interpol per non aver usato un profilattico, non per aver messo a repentaglio la sicurezza internazionale!
Curioso, no?