giovedì 19 gennaio 2012

La sindrome del feto egoista - come vivono e cosa pensano gli "angeli caduti"?





For a New World Order to live well



Sicché quando gli dissero che era il tempo di lasciare la sua roba, per pensare all'anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: “Roba mia, vientene con me!”
Giovanni Verga

Fai ciò che vuoi, sia l’unica legge.
Aleister Crowley

La libertà illimitata del desiderio è la negazione dell’altro.
Albert Camus

Powaqqatsi: vita che consuma le forze vitali di altri esseri per promuovere la propria vita.
Lingua hopi

L’Anticristo credeva in Dio, ma nel profondo del suo cuore preferiva se stesso
Solovev

Aiwaz è un’intelligenza che possiede potere e conoscenza in una misura assolutamente oltre ogni esperienza umana e perciò è degna del titolo di dio.
Aleister Crowley, “The Equinox of the Gods”, 1936.

Sarebbe stato facile capire quando fosse arrivato il momento, perché allora il genere umano sarebbe diventato come i Grandi Vecchi; libero, sfrenato e aldilà del bene e del male; avrebbe gettato alle ortiche leggi e morale, e tutti avrebbero urlato, ucciso e gioito. Allora gli Antichi, ormai liberi, avrebbero loro insegnato nuovi modi di gridare, uccidere, gioire e divertirsi, e tutta la Terra avrebbe fiammeggiato di un olocausto di estasi e libertà. È questa l’età oscura, il Kali Yuga, dove il disordine regna sovrano, la corruzione e la decadenza predominano incontrastati e l’umanità stessa, perduta la propria ragione, precipita in abissi di follia quasi senza accorgersene, compiacendosi anzi di una caduta che viene scambiata per volo. Epoca di oscurità, disordine e disorientamento, di debolezza e viltà, barbarie e violenza, in cui forze occulte si materializzano rendendosi visibili, mentre nel disfacimento finale fantasia e realtà iniziano a confondersi, uguali ma diverse, ognuna con il proprio frammento di verità
H.P. Lovecraft

Nella Nouvelle Justine, Sade giustifica la dittatura dell’aristocrazia sulla plebaglia, vanta i meriti del cristianesimo e della monarchia, ai quali, secondo lui, si deve la grandezza e la prosperità della Francia. Adepto della “tirannia più sfrenata”, dà alcune ricette: costringere i poveri a uccidere i figli, praticare un brutale eugenismo su vasta scala, sopprimere gli “esseri meno importanti”, abolire l’assistenza pubblica, chiudere gli ospizi per i poveri, proibire la mendicità, sopprimere la carità, punire l’elemosina, tassare pesantemente i contadini, accelerare la pauperizzazione, proibire i matrimoni tra persone di condizione sociale differente, trasformare le esecuzioni capitali in spettacoli pubblici, organizzare immense carestie con malversazioni commerciali, impiccare e sciabolare i mendicanti, agire da despoti. La parola d’ordine? “Siamo disumani e barbari”. La formula di Sade, non “Libertà, Uguaglianza, Fraternità”, ma: “Fatalità, Disuguaglianza, Crudeltà”.
Michel Onfray, “Illuminismo estremo. Controstoria della filosofia IV”, p. 244

In questo detestabile romanzo filosofico [Le 120 giornate di Sodoma], Sade mette in scena tutto quel che caratterizza il fascismo: controllo poliziesco di un territorio delimitato, isolato e protetto dall’esterno, extraterritorialità giuridica dei soggetti rinchiusi, sottomissione al capriccio ed all’arbitrio; sostituzione della legge con la parola del padrone, regno della violenza pura, dominio di una casta che rivendica la propria superiorità,…odio per le donne, marchiatura del corpo, vessazioni generalizzate, punizioni sessuali, abbrutimento degli uomini, riduzione dell’essere alle nudità essenziali, perpetua imminenza di morte.
Michel Onfray, “Illuminismo estremo. Controstoria della filosofia IV”, p. 246

In cosa consiste tuttavia la libertà di cui godono le genti di questa aristocrazia guerriera? Non si tratta assolutamente d’una libertà coincidente con l’indipendenza e neppure della libertà attraverso la quale si rispettano gli altri. La libertà di cui usufruiscono i guerrieri germanici è essenzialmente la libertà dell’egoismo, dell’avidità. Coincide con il gusto della battaglia, col gusto della conquista e della rapina. La libertà di questi guerrieri non è quella che procede dalla tolleranza e dall’uguaglianza, ma è una libertà che può essere esercitata solo attraverso la dominazione. Ciò significa che essa, lungi dall’essere una libertà che nasce dal rispetto, è una libertà della ferocia. (…) la libertà sarà equivalente a una ferocia che è gusto del potere e avidità determinata; incapacità di servire e desiderio sempre pronto ad assoggettare.
Michel Foucault, “Difendere la società” (sulla visione politica di Nietzsche), pp. 101-102

Legato al male è chiunque abbia visto e non abbia agito, chiunque abbia distolto lo sguardo, perché non voleva vedere, sebbene avesse potuto farlo, ma colpevoli sono stati anche tutti coloro che non avevano occhi capaci di vedere.
Erich Neumann, “Psicologia del profondo e nuova etica”, p. 28

Finché il male non minaccia la nostra esistenza, viene ricoperto di tanti bei mantelletti, che vengono poi strappati via solo quand’esso digrigna i denti per attaccare la nostra persona, la nostra casa o la nostra nazione. L’uomo moderno non si mette in movimento per combattere il male…ma tutt’al più per combattere la rovina provocata dal male stesso.
Erich Neumann, “Psicologia del profondo e nuova etica”, p. 29

È un dato di fatto che ciò che è un bene per uno a un altro appare un male. Basta pensare alla madre piena di premure che si intromette in tutte le faccende del figlio – naturalmente con la sollecitudine più disinteressata – ma in realtà con effetto micidiale. Per la madre è naturalmente una cosa buona che il figlio faccia questa cosa o non faccia quest’altro, per il figlio è semplicemente una rovina fisica e morale – figurarsi se è una cosa buona.
Carl Jung, cf. Erich Neumann, “Psicologia del profondo e nuova etica”, p. 128

Il male è, e resta, ciò che tu sai che non dovresti fare. Ma per disgrazia l’uomo, a questo proposito, si sopravvaluta: crede di essere libero di scegliere il bene o il male…in realtà, considerando la grandezza di questi opposti, è troppo piccolo e impotente per scegliere l’uno o l’altro volontariamente e in qualsiasi circostanza.
Carl Jung a Erich Neumann (1957), cf. Erich Neumann, “Psicologia del profondo e nuova etica”, p. 133

Questa gente, questi angeli caduti al potere, non sono minimamente in grado di autodisciplinarsi, né hanno la capacità di analizzare obiettivamente la realtà. Più si agitano, più scuotono la barca, più mostrano che sotto il guanto di velluto c'è un pugno di ferro, più le masse saranno messe nella posizione di capire che la realtà in cui hanno creduto è un'illusione. Questo segnerà la fine di questo sistema di potere.
Scorrerà moltissimo sangue ed è giusto e normale che sia così. Pur essendo categoricamente contrario alla violenza quando non è autodifensiva, mi rendo anche conto che tutti quanti noi ci siamo resi complici della situazione attuale. Non abbiamo parlato quando era il momento di farlo, non abbiamo agito quando era tempo di agire, abbiamo preferito prendercela con chi calpestava i nostri sogni, ossia le finzioni utili all'establishment.
Pagheremo tutti un conto salatissimo. Raccoglieremo quel che abbiamo seminato.
Perché è successo? Perché siamo caduti? Dove abbiamo sbagliato? Come possiamo liberarci dalla sindrome del feto egoista?

I DUE GEMELLI CREATORI DELLA TRADIZIONE IROCHESE
Il dio creatore Hahgwehdiyu ha un gemello “cattivo” chiamato Hahgwehdaetgan. Il gemello buono si chiama “Colui Che Afferra Il Cielo Con Entrambe Le Mani”, a significare il fatto che si ricorda da dove viene, che sa che la terra, la materia, non è il suo luogo natale. Il gemello cattivo, chiamato Ghiaccio di Cristallo, inteso come dio dell’inverno, è diverso e ama la sfera terrena così tanto da ignorare quella celeste e spirituale. Non è interessato al vero sé, ma solo ad ego.
Ghiaccio di Cristallo vuole imitare il potere creativo di Colui che Afferra il Cielo, ma con scarso successo, come spesso accade nelle mitologie di tutto il mondo. Per ripicca, invidia ed egoismo rinchiude in una caverna gli animali creati dal fratello. Colui che Afferra il Cielo cerca di porre rimedio a questa situazione e si accorge che è solo quando si separa da lui che il fratello diventa un combinaguai e, per esempio, nell’intento di creare uccelli, produce mosche e pipistrelli, al posto dei girasoli, genera cardi, al posto dei frutti, spine, ossia tutto ciò che resiste, punge, spaventa. Colui che Afferra il Cielo non dispera ed accetta tutto ciò che il fratello ha creato, lo considera una buona creazione che, a modo suo, saprà coaudiuvarlo nel suo progetto creativo: il cardo sarà cibo per gli animali più piccoli. Ghiaccio di Cristallo è felice, ma continua a voler creare, a dar sfogo al suo impulso creativo non ben indirizzato. A quel punto Colui che Afferra il Cielo capisce che il fratello è destinato a volersi mettere al suo posto e capisce anche che, mentre non è giusto che si separino, perché deve comunque tenerlo d’occhio, non è neppure saggio che si confondano l’uno con l’altro, perché sono diversi, sono contrari: è necessario che tra loro si frapponga una piccola distanza.
Successivamente, Colui che Afferra il Cielo ritorna nella sua loggia, dove si mette a creare esseri umani e decide di donare a queste creature la sua longevità, una porzione della sua vitalità e della sua mente. Genera un maschio ed una femmina e raccomanda loro di esplorare tutta la terra, di arrivare a conoscerla, ma solo durante il giorno. La notte dovranno fermarsi e riposare. E lo stesso faranno gli animali che servono a sfamarvi.
Ghiaccio di Cristallo ammira la creazione del fratello e, naturalmente, decide di provarci anche lui, ma nella maniera in cui lui pensa che sarebbe meglio farlo. Ma questa creazione, invece di camminare eretta, fa un salto e si tuffa nell’acqua. Ghiaccio di Cristalla pensa di aver commesso un errore e si rimette all’opera. Ma ad ogni tentativo l’esito non corrisponde all’originale. È così che nascono la rana, la scimmia, il lupo e l’orso, che Ghiaccio di Cristallo mostra orgogliosamente al fratello. Allora quest’ultimo, sempre servizievole, gli suggerisce di riprodurre fedelmente il prototipo e lo aiuta ad infondergli la vita. Purtroppo, però, questa seconda tipologia di essere umano, si rivela subito ostile al gemello buono, che lo chiama “seminatore di zizzania”. [Gli psicopatici?]
In seguito viene creata la luna, anch’essa al servizio del male, ma comunque utile al bene. Finché Colui che Afferra il Cielo decide di ripartire e dice agli esseri umani che sarebbe tornato quando fossero diventati numerosi. Infatti, fedele alla promessa, ritorna ed impartisce un importante insegnamento: “ciascuno di voi ha lo stesso diritto degli altri di fruire della creazione. Ciò garantirà la pace. Se trascurerete la pace, non potrete continuare a vivere. Ve lo dico perché so che mio fratello non è d’accordo con me e farà in modo che venga il giorno in cui ci saranno grandi divisioni e diatribe e la gente si dimenticherà della felicità, della pace e di me”.
Colui che Afferra il Cielo ritorna altre due volte per istruire gli uomini. L’ultimo messaggio è questo: “quando arriverete alla fine dei vostri giorni, se avrete seguito le mie istruzioni mi raggiungerete nella mia dimora, dove non ci sono malattie, non c’è la morte, non ci sono tribolazioni. Se invece la vostra mente corrisponde a quella di mio fratello, dopo la vostra partenza dalla terra seguirete un diverso percorso, che vi condurrà da lui, nella sua loggia. Là soffrirete la fame, perderete la vostra libertà e brucerete nelle fiamme di un fuoco che è alimentato dalla sua rabbia, dalla sua invidia e dalla sua brama di controllare tutte le menti degli esseri umani. Siete liberi di fare la vostra scelta e, una volta fatta, dovrete essere coerenti. Non tornerò mai più, ma siccome è possibile che vi dimentichiare dell’amore e della pace, vi manderò qualcuno che vi assisterà. Ma verrà solo due volte. Se ve ne dimenticherete una terza volta, ne subirete le conseguenze: la vita si isterilirà, la terra si scuoterà e mostri del sottosuolo verranno in superficie, perché questa è la volontà di mio fratello e sarà in grado di sedurre tutte le menti degli esseri umani, rovinando la mia creazione. Sta a voi fare la cosa giusta”.          

Viviamo in un mondo che non valorizza in modo particolare (lo fa a parole, ma non nei fatti) lo sforzo cooperativo e la collaborazione per il bene comune; un mondo in cui amare il prossimo, abbassare la guardia di fronte all’irrefrenabile lotta per l’esistenza, equivale ad un suicidio. Edward Banfield, nella sua celebre ricerca etnografica intitolata “Le basi morali di una società arretrata” (Banfield, 2006, orig. 1958), coniò l’espressione “familismo amorale” per definire la tendenza delle famiglie nucleari di un paesino del Meridione d’Italia – sia chiaro che lo stesso discorso si applica a 7 miliardi di esseri umani – a massimizzare i propri vantaggi materiali nel breve, presupponendo che tutti gli altri avrebbero fatto lo stesso. Per questa ragione ogni paesano era a favore di qualunque cambiamento che potesse beneficiare la comunità solo se era certo di poterne fruire anche lui. Era invece ostile a ciò che avvantaggiava alcuni ma non lui, perché se gli altri vivevano meglio, lui nel confronto ci perdeva, anche se in termini assoluti nulla era cambiato in casa sua. Questo tipo di comunità, che non conosceva la solidarietà e la giustizia, credeva in un peccato originale che avvelenava le coscienze e temeva la legge solo se questa era in grado di catturare il malfattore con le mani nel sacco; prediligeva uno stato autoritario che obbligasse le persone ad essere buone, dato che non lo erano di natura. L’unico regime degno di rispetto era quello che accentrava i poteri ed imponeva l’obbedienza e l’ordine con la forza. Frustrato da quest’esperienza, l’amara conclusione di Banfield è che “forse non si esagera nel dire che i Montegranesi (nome fittizio, NdR) si comportano come bambini egoisti perché sono stati cresciuti come bambini egoisti…Non avendo interiorizzato alcun principio morale che lo guidi, la decisione del singolo dipenderà dalla certezza della pena o del compenso. La sua relazione con i detentori del potere si formerà sulla base del modello offerto dai suoi genitori” (Banfield, op. cit., p. 161).

È questo il Male? Io credo di sì.
Il male non è assenza di bene: questa formula lo priverebbe di una sua esistenza indipendente. Ma le sue azioni e quelle che compirà alla fine dei tempi (allegoricamente o meno) dimostrano che è tutt’altro che un comprimario. È proprio l’Avversario del Figlio e merita rispetto.
Il male non è privatio boni, assenza di bene: se fosse solo una questione di maggiore o minor bene, allora sarebbe possibile eliminare il male dal mondo, sarebbe altresì nostro dovere farlo, come sarebbe nostro dovere incrementare la riserva di bene nel mondo. Ma questa è la radice del nostro irrealismo, del nostro frenetico progressismo che ignora la realtà concreta dell’umano in favore del sogno di poter eliminare il male con il diritto penale, gli psicofarmaci e l’ingegneria genetica/eugenetica. Come se i vizi umani non informassero e perciò corrompessero anche ogni singolo progetto migliorista, in special modo quelli più radicali e scientisti, eternamente puritani.
Questo abbaglio ci imprigiona in un circolo vizioso di illusioni, ipocrisie e persecuzioni arbitrarie. L’unica maniera per uscirne, diceva Jung, è quella di affrontare l’ombra in noi, affrontando la realtà del male nel mondo e in noi stessi. Altrimenti la nostra civiltà e la nostra specie, ormai potenzialmente iperdistruttiva, non sopravvivrà e ferirà gravemente l’intero ecosistema, prima di estinguersi.

Sospetto che la sindrome del bimbo capriccioso ed egoista (Individualismo Possessivo e Parassitario - IPP) sia universale, perché universale è, verosimilmente, l’istinto di autoconservazione, il desiderio di ego di perseverare nella sua esistenza fisica, di non essere un semplice epifenomeno, di affermare la sua pienezza e permanenza, ma anche di possedere, controllare, sfruttare chi è più debole. Il forte che si diletta nei suoi atti distruttivi, che ha bisogno di essere violento per poter gridare: IO SONO! Un tiranno in preda alle sue pulsioni libidinali, sicuro che la vittima deve subire perché è giusto così, nell’ordine delle cose, conforme al principio dell’ineguaglianza naturale.

Credo anche che Omero, Dante, Shakespeare, Milton, la Bibbia, le saghe nordiche e dei nativi americani, i miti tradizionali di tutto il mondo squarcino il velo sugli archetipi, sulle grandi idee, sui significati subliminali che guidano l’umanità e spesso sfidano i dogmi ufficiali, ma sottilmente, in modo da non incorrere in forme di censura e soppressione. Queste fonti ci offrono un quadro piuttosto accurato di questo “male”, una modalità dell’essere e del concepire la realtà che ho cominciato ad esplorare indagando la stupefacente natura degli psicopatici che hanno letteralmente preso il potere a livello globale:
Quella dei narcisisti umanitari (il vizio capitale della sinistra):
E un fenomeno di cui tutti parlano sommessamente, privatamente, in piccoli crocchi, non volendo smuovere troppo le acque (il fango) e non volendo infangare la propria immagine:

Ecco le conclusioni che ho tratto dallo studio delle fonti citate a fondo pagina.

Satana – uso la denominazione occidentale, per comodità – appare a tutta prima come vitale e pieno di risorse, ma è la forza che conduce alla cessazione di ogni attività, una forza entropica che trasforma tutta l’energia in inerzia mortale. La sua superbia è legata ad un ego perennemente risentito, sdegnoso, come di chi continua a subire ingiustizie e mancati riconoscimenti. La rivolta degli angeli è il riflesso condizionato di una particolare auto-percezione, scollegata dalla realtà. Per loro la volontà di Dio è il fato, un’entità sinistra, misteriosa ed onnipotente. Confondono la creatura con il Creatore e si considerano Dèi, l’acme della creazione. Sono intossicati di se stessi. Come Geova – un altro angelo caduto – con la sua risibile ed arrogante pretesa che gli altri violino la loro integrità venerandolo come assolutamente buono e giusto anche se la sua creazione indica il contrario.

La loro esistenza è un inferno di sete inestinguibile e fame insaziabile, il Pandemonio, una parodia della Creazione: sono governati dalle loro bramosie e quindi non possono essere liberi. Impotentemente asserviti al desiderio, confondono licenziosità e libertà. Tra libertà e piacere hanno scelto il piacere e questo li ha resi ingrati, disobbedienti, ingordi, avidi, presuntuosi, irresponsabili, mentitori, ecc. Chi li idolatra, ritenendoli dèi, finirà per istituire imperi e società schiaviste in luogo di una società ispirata ai principi dell’amore e della libertà. 
L’alienazione dal principio creatore genera superbia. Il Satana di Milton spiega di non essere mai stato generato da nessuno. Lui e gli altri diavoli sono autogenerati. Quel che non capiscono è che il loro egotismo, la loro brama di accentrare su loro stessi l’intero universo li equipara a dei buchi neri, quei segni geroglifici dell’Antico Regno egizio a forma di cerchio nero, associati a concetti come “morte”, “nemico”, “fossa”, “buco”, “Inferi”. Un abisso che tutto ingoia, un disfacimento.
Gli angeli caduti non se ne danno conto, pur avvertendone la presenza, in cima alla loro beneamata struttura gerarchica piramidale. Troppo distratti dalla loro incessante bramosia per capire a cosa vanno incontro, un’Unità che in realtà è una fauce divoratrice dei suoi servitori e della luce, della vita e della creatività, della varietà, della spontaneità, del cambiamento, dell’eterogeneità dell’essere, del libero arbitrio, dell’Essere stesso. Il terribile vicolo cieco di chi ha paura di perdere se stesso nell’atto di donarsi a qualcun altro, di creare qualcosa a partire da se stesso e perciò si autocentra, si contrae progressivamente, fatalmente, finché non rimane nulla di trascendentale, ma solo materia grezza inerte, priva di un singolo atomo di coscienza. 
Nel farlo, gli angeli caduti negano la libertà altrui di compiere le proprie scelte, nel disperato tentativo di assumere il totale controllo di ogni fonte di energia, di costringere l’intera Creazione a lavorare per loro, non essendo più capaci di generare luce, energia, vita per conto loro, ma solo di consumare quelle altrui, parassitariamente.
Sono sinceramente convinti che amare se stessi equivalga ad amare tutti.
Sono confusi, abbiamo detto: il male è assenza di conoscenza, ossia ignoranza, non assenza di bene.
Si sono convinti che il destino di Ego debba essere quello della perfetta stabilità, dell’Essere immune da cambiamenti, che identificano con la morte. Il cambiamento è letale. Di conseguenza, si sforzano di far conformare il mondo alle loro esigenze, cercano conferme o comunque risposte/riflessi che rafforzino il loro Ego idealizzato, il centro dell’attenzione dell’universo.
Mangiano per non essere divorati. Divorano bocconi sempre più grossi di Essere, nella speranza di ingoiare ed incorporare interi universi: esaltazione finale di ego, dell’istinto di sopravvivenza spinto al parossismo. I sottoposti sono delle mere estensioni, dei tentacoli attraverso cui nutrirsi a spese del prossimo.
Gli angeli caduti sono motivati da gelosia ed invidia del principio creativo. Non potendo creare, preferiscono distruggere, come i bambini pestiferi che rovinano i castelli di sabbia dei fratellini. Satana ama nel senso che desidera: non integra ma assimila e perciò aggredisce e prevarica.
Odia, teme, sospetta la creazione e vorrebbe tornare a dormire, invertendo il flusso creativo. In questo senso, pur essendo terrorizzato dal nulla, è necrofilo e destinato all’annichilimento. Che sorte immensamente tragica!

Non è l’antitesi della Creazione, anche se ama considerarsi tale. Ne è una componente fondamentale. Una parte della coscienza, ancora incentrata sul proprio ombelico di vuoto, che rifiuta una qualità integrale di se stessa, la creatività, e nega il valore dell’amore, tramite il quale si realizza la corrispondenza tra coscienza e potenziale creativo. Reclama per se l’indivisa attenzione dell’auto-contemplazione ed è intento a lacerare il tessuto dell’esistente per riappropriarsi di ogni particella di attenzione non focalizzata su se stesso. È il Sole Nero. Non conosce l’amore, ma solo l’amor proprio, l’amore di sé. Di conseguenza non è capace di generare e deve limitarsi ad imitare o, per meglio dire, scimmiottare, le funzioni materne. È come un Bimbo Cosmico che fa i capricci e distrugge tutto attorno a sé – si vuole credere sovrano del tutto, ma è afflitto da un desiderio patologico di possedere la madre e rimanere attaccato a lei simbioticamente.
Quando gli angeli caduti prevalgono lo fanno dopo una lunga preparazione e sempre per cooptazione: non potendo creare nulla, sono costretti a convertire le forze creative al polo entropico, surrettiziamente, compromettendo la loro integrità un passo dopo l’altro, una minima deviazione dopo l’altra, un’impercettibile distorsione dopo l’altra, fino allo squilibrio. Una continua partita a backgammon dove è importante non divorare le proprie pedine se si vogliono conquistare altre porzioni di Creazione.
Eppure non incarnano il caos. La distruzione dell’ordine è comunque parte dell’ordine, è intrinsecamente ordinata. Si pone in rapporto al principio creativo allo stesso modo in cui thanatos lo è rispetto ad eros. Yin e yang, nel tao, rappresentano la coincidentia oppositorum.
Dunque non è sbagliato amare gli altri amando se stessi, come non è sbagliato amare se stessi amando gli altri. Sono due modalità dell’Essere di pari dignità. Solo che uno accresce la sua consapevolezza, l’altro no (si limita ad assimilare le altre unità di coscienza) e quindi precipita in un eterno ritorno dell’identico a se stesso, anch’esso parte cruciale della Creazione. È una scelta.

Chi ama se stesso amando gli altri riconosce nella coscienza altrui una pari dignità rispetto alla sua, a dispetto di manifestazioni anche completamente differenti dell’essere e stabilisce relazioni di partenariato tra coscienze affinché il Tutto sia più grande della somma delle sue parti.
Per queste “persone” la coscienza è un’attività integrativa di interrelazione ed interdipendenza, perché nel prossimo si vede se stesso e proprio per questo lo si assiste, nel rispetto della sua diversità. Si glorifica Dio – la Conoscenza, la Coscienza, il Grande Spirito – attraverso la meravigliosa diversità dell’essere. In accordo con il motto dell’Unione Europea: uniti nella diversità – in varietate concordia; con il motto del Sudafrica: uniti nella diversità; con quello dell’Indonesia: !ke e: /xarra //ke / Bhinneka Tunggal Ika, tradotto come "Unità nella diversità", con quello statunitense: da molti, uno – e pluribus unum.
Entrambe le modalità dell’Essere parlano di unità, ma intendono cose nettamente differenti. In un caso la prospettiva è quella della diversità in equilibrio, del rispetto per l’altro, dell’espansione creativa. Nell’altro caso il prossimo è solo un’appendice e non ha alcun diritto al rispetto: il controllo ed il possesso sono spacciati per amore. Un predatore non mostra particolare rispetto per la preda che lo nutre. E non può fare diversamente: è la sua natura comportarsi a quel modo.
La contrapposizione è quella tra creazione/entropia, ordine/caos, spirito/materia, coscienza/sonno, forza centrifuga/forza centripeta. È necessaria e bilanciata. Ibn al-Arabi spiega che l’imperfezione deve esistere perché, se non ci fosse, la perfezione dell’esistenza sarebbe imperfetta; se non ci fosse mancanza, non ci sarebbe creazione. Deve esistere un infinito potenziale di essere ma anche di non essere.

L’angelo caduto è interessato solamente a massimizzare il suo potenziale. Muore senza aver imparato nulla che non sia funzionale all’accentramento e controllo delle risorse, nelle tecniche di attrazione di un numero sempre crescente di coscienze. Il suo stato ideale è quello dell’immobilità assoluta, in uno stato di quiete perenne, come un feto che lascia che la sua massa si espanda. Freudianamente, il desiderio di purezza cerca un ritorno all’utero (ossia al non-creato, al non-essere). Una fantasia del paradiso perduto. Ego ricerca quello stato ideale nei ricordi dell’utero e dell’infanzia, quando non c’erano ostacoli e qualcuno era sempre pronto a soddisfare i bisogni. Ma non potrà mai trovare il paradiso, che è solo una via di fuga da una realtà spiacevole e dalla necessità dell’individuazione.     
Non comunica più, perché ciò richiederebbe consumo di energia e questo consumo è contrario alla sua totale dedizione alla causa di se stesso. Lascia che siano i suoi subordinati ed estende i suoi tentacoli sulle prede.
Si concepisce come un dio nel suo universo privato, che esiste all’unico scopo di concentrare potere, un potere fine a se stesso. Diventa, come detto, un buco nero che assimila ciò che lo circonda. Non vuole dare, ma solo prendere, assorbire. Il sonno del non-essere in un vuoto cosmico è l’unico modo di non sprecare nulla (cf. pervertimento del buddhismo: concezione del vuoto come stadio finale della maturazione spirituale – un pervertimento in buona fede: ci credono davvero!).
Non può unirsi a nessun altro perché non riconosce nient’altro che se stesso, è monistico nei suoi rudimentali, extra-parsimoniosi pensieri. Implode e si frammenta in innumerevoli particelle di materia, ricominciando il ciclo. La sua destinazione (purtroppo per lui/lei non quella finale: non c’è fine e non c’è inizio) sarà la dissoluzione ed un “nuovo inizio”, a partire dalla materia grezza priva di coscienza, dove potrà dormire tranquillamente, senza più patire il supplizio dell’eterna sete, dell’eterna fame, dell’eterna lotta per la sopravvivenza.
Gli angeli caduti si immaginano di essere signori dell’universo che venerano, non prevedono certo la loro distruzione finale: la loro soggettività assoluta impedisce loro di percepire la realtà com’è. E anche nel momento supremo della loro implosione, sono certi che questa sorte spetti a tutti, che la Creazione sia una tragica e sadica burla meritevole solo di essere spazzata via.

Il simbolo dell’uroboro, del serpente che si morde la coda, è un emblema dell’Individualismo Possessivo e Parassitario: una forma di vita attaccata alla terra, di sangue freddo e spesso velenosa, imprigionata nel proprio ciclo di morte e rinascita. L’archetipo dell’uroboro ci rimanda al perfezionismo, all’ossessività, alla stagnazione, dell’assenza di crescita ed individuazione. Una ricerca della sicurezza, non della maturazione.
Medusa è il suo volto mitico più minaccioso, il volto dell’alienazione psicotica. Medusa interrompe il flusso dell’energia vitale.
L’anima “malvagia” trasforma tutto in pietra, rendendo impossibili le relazioni e la crescita. Si può annientare l’ossessione per la purezza e la perfezione dell’anima malvagia solo dialogando con l’ombra e cercando di essere creativi ed umili. Altrimenti si finisce per negare l’interdipendenza, sottrarre l’amore che dovrebbe destinare ad altri dirigendolo verso l’interno, dove si inacidisce tramutandosi nel male uroborico. È la scelta di pervertire l’amore e di rado lo facciamo consapevolmente. È una scelta occultata dal bisogno di gestire l’ombra e la sofferenza. L’ego che reprime l’ombra in nome della purezza e della perfezione si alienerà e precipiterà nel ciclo autoreferenziato della superbia che si auto-alimenta. Al contrario, l’ego che usa l’amore per trasformare l’ombra e la sofferenza forma uno zoccolo duro che lo ancorerà alla realtà. Trovarsi alle prese con ombra e sofferenza ci permette di sviluppare la coscienza, di comprendere la fondamentale importanza dell’interdipendenza, che ci guida verso il vero amore.
Un altro simbolo identificativo dell’angelo caduto è quello del Sole Nero (la swastika nazista). Ci sono, in Blake come in Swedenborg, due soli, uno vivo e non caduto, fonte di vita e di luce, e uno morto, una “fantasia dell’Uomo Malvagio” (Nemesis?). Quest’ultimo è il sole zodiacale e simboleggia la concezione dell’eternità come un ricorrere indefinito o senza fine, la circolarità dell’eterno ritorno. La sua immagine è il cerchio – ancora una volta, il serpente con la coda in bocca.
Mentre un processo di individuazione spiritualmente e psicologicamente sano riconosce l’interdipendenza di tutto con tutto (i due serpenti del caduceo sono intrecciati), l’angelo caduto gonfia il suo ego (inflazione) e diventa completamente alienato, auto-referenziato (l’uroboro è l’epitome dell’autosufficienza totale): consuma se stesso fino a trasformarsi, come abbiamo visto, in un buco nero.
L’angelo caduto rifiuta l’insegnamento junghiano che senza dualismo e opposti contrastanti non ci possono essere energia e coscienza, che Dio contiene tutti gli opposti, è la coincidentia oppositorum. Non c’è luce senza oscurità, non c’è verità senza errore, non c’è bianco senza nero. Un’interdipendenza immortalata dalla mitologia mondiale che parla di due gemelli, uno buono ed uno malvagio – lo si trova tra i cristiani ebioniti, in Lattanzio (il “Cicerone cristiano”), nella Cabala, in Jacob Boehme, tra gli Irochesi, Baldur e Loki, Osiride e Set, Enki ed Enlil, Apollo e Dioniso, nei simboli zodiacali dei pesci e dei gemelli.
L’angelo caduto teme questo dualismo, che lo rende insicuro; lo vuole sopprimere prima che esso lo detronizzi e faccia regnare il caos. Per lui libertà è l’imposizione del suo arbitrio, del suo potere, dei suoi valori.

Gesù insegna qualcosa di completamente diverso: comprensione invece che obbedienza, persuasione invece che comando, libertà responsabile (matura) invece che libero arbitrio, visione integrale invece che devozione, trasformazione invece che repressione e ribellione. Gesù ripudia l’etica dell’obbedienza all’autorità e l’etica della ribellione, proponendo un’etica della visione interiore, quella che Jung chiama la “voce”, Socrate il “daimon”, Emerson la “superanima” e Paolo di Tarso lo “Spirito Santo” (Galati 5, 22).
L’amore coopera consapevolmente, volontariamente, non si sottomette mai ciecamente ad un potere superiore. L’amore cerca la comprensione, anzi amore è comprensione (in tutte le sue accezioni) che rende superflua l’obbedienza ed il comando. Un’etica dell’obbedienza può solo promuovere superbia, alienazione e la ricerca di capri espiatori che paghino al posto nostro assumendosi le nostre colpe e responsabilità (es. Ebrei, Rom, extracomunitari, omosessuali, ecc.).
Gesù non cerca di sconfiggere Satana, si limita semplicemente a respingere le sue tentazioni, perché sa che il potere sulla materia è un potere illusorio, infantile. Gli angeli caduti lo temono, temono la sua sapienza, temono una qualunque verità alternativa alla loro riguardo alla loro sorte, alle implicazioni delle loro scelte.
Ripeto: Satana è parte integrante del disegno divino, non il Male Assoluto che sarà annientato alla fine dei tempi. Non è difficile notare che la mentalità del libro dell’Apocalisse è antitetica a quella di Gesù ed è in piena consonanza con quella del fondamentalismo cristiano, giudaico, islamico e hindu che minaccia la democrazia in quattro potenze nucleari: gli USA,  Israele, Pachistan e India.
Siamo chiamati a resistere a queste tentazioni.

JUNG SU NIETZSCHE
Il superuomo nietzscheano, per Jung, è solo un tentativo fallito di congiungere i contrari. Il suo errore è stato quello di non cercare il culmine in una espressione di interezza e unità, ma solo in un’insoddisfacente unilateralismo. N. commette l’errore di identificare ego con il Sé e quindi con il superuomo, il che può solo condurre ad un’esplosione. N. elimina Dio e si fa paladino della finitezza, dell’essere umano come unica sorgente di significato – deificazione dell’uomo e della sua corporeità. Corpo al di sopra lo spirito, conscio al di sopra dell’inconscio. Per Jung il superuomo è una proiezione della patologia di Nietzsche, il sintomo della sua neurosi che sfocia nella deflazione di ego e nella depressione, oppure nell’inflazione, la deificazione di ego. N. sovrastima la propria personalità, crea un legame indissolubile con l’umano, si conferisce prerogative divine, impazzisce. N. non riesce a superare la prima fase nello sviluppo del Sé. Non incorpora l’elemento negativo nell’unione dei contrari e promuove solo ciò che è forte e superiore. Più una persona soffre di un complesso di inferiorità e più avrà un atteggiamento aggressivo, da dominatore; più, conseguentemente, manterrà quel tipo di atteggiamento, più si sentirà inferiore. N. parla per impressionare gli altri, per dar mostra di sé, per far credere a tutti quanto sia superiore e speciale, per non far capire a nessuno quanto si senta inferiore: "Perché sono una fatalità?", "Perché sono tanto saggio", "Perché sono tanto accorto", "Perché scrivo così buoni libri", "Io non sono un uomo, sono dinamite", "Io sono per natura battagliero", è "Dioniso", è "l’Anticristo" è "il più grande filosofo della storia", è una persona sofferente, sconfitta dalla vita che cerca un riscatto nelle sue fantasie e merita il nostro rispetto, perché è successo a molti di noi.    

FONTI
Lawrence E. Sullivan
Jacob Needleman
J. W. von Goethe
J. R. R. Tolkien
C.S. Lewis
Joseph Campbell
Mircea Eliade
Claude Lévi-Strauss
Ibn al-Arabi
Aleister Crowley
G. I. Gurdjieff
D. H. R. Lawrence
H. P. Lovecraft
Primo Levi
Marchese de Sade
Agostino di Ippona
Albert Camus
Gesù il Cristo
Paolo di Tarso
Simone Weil
Julius Evola
Massimo Fini
N. A. Berdjaev
Carl Jung
Erich Neumann
James P. Driscoll
Omero
Shakespeare
Dante
Milton
La Bibbia

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