martedì 10 gennaio 2012

L'Italia, dopo la Spagna, è la punta di diamante, non il ventre molle









Cosa sono le “unfunded liabilities” (passività non-finanziate)?

Ve lo spiega Pietro Monsurrò, in un articolo de Linkiesta.
“Se pensate che i conti pubblici italiani siano una tragedia (e avete ragione), non avete idea di come sono quelli USA. Diciamo che a guardar bene l’Italia sta messa meglio, salvo per il fatto che la crescita è zero (la crescita aiuta a controllare il rapporto debito/PIL). Considerando che la crescita USA è in buona parte artificiale, ottenuta per eccesso di indebitamento e di stimoli e non (solo) in base alle fondamenta microeconomiche, e che comunque la crisi è ben lungi dall’essere finita e già si intravedono i segni di una nuova recessione, abbiamo però che anche quest’ultima differenza non va sopravvalutata.
Il deficit ufficiale USA è del 10% del PIL. Il deficit, non il debito: l’eccesso di spesa rispetto alle tasse. Il 10% del PIL sono 1500 miliardi di dollari, due terzi del PIL italiano, dunque una cifra enorme. Il debito è finora basso, almeno per gli standard dei governi: un po’ sopra il 60% del PIL. Con l’attuale livello di deficit, però, ci vorrà poco ad arrivare al 120% italiano.
Anche considerando una crescita nominale del 5% annuo e interessi sul debito del 2%, infatti, con un deficit del 10% bastano meno di dieci anni per raggiungere l’Italia. Dato inverosimile, certo, ma solo se si farà una politica di tagli alla spesa o di aumenti alle tasse dell’ordine del triliardo di dollari l’anno (no, gli spiccioli di pseudo-tagli di Obama non basteranno: Obama è un esperto di marketing, non uno statista, proprio come Berlusconi). Aumenti delle tasse farebbero ridurre la crescita economica, dunque per essere certi di tenere il debito sotto controllo occorre soprattutto tagliare la spesa.
Ma il debito pubblico non è l’unico problema dei conti pubblici USA: gran parte dei debiti sono infatti non contabilizzati. Si parla di “unfunded liabilities” (passività non finanziate), e sono l’insieme delle promesse dello stato sociale che ancora non sono state finanziate, essenzialmente perché sono promesse ancora non realizzate (future pensioni, future cure mediche, futuri assegni di disoccupazione…), e dunque non sono ancora una fonte di spesa pubblica.
Se il debito ufficiale è solo il 60% del PIL, anche se aumenta a ritmi vertiginosi, il debito che tiene conto anche delle passività non-finanziate è circa dieci volte più grande: è una cifra pari a diverse volte il PIL americano, un buco nero di dimensioni vicine (o superiori) ai 100 triliardi di dollari. Questo buco nero è soprattutto creato dalla social security (pensioni) e dal programma sanitario Medicare.
Si tratta ovviamente di una cifra improponibile e che nessuno riuscirà a pagare, ma c’è il trucco: le passività non finanziate sono promesse, dunque se non si pagano le pensioni, non si crea debito (è quello che fece Dini con la riforma previdenziale del 1995: i giovani pagano molto e otterranno un pugno di mosche, ma le finanze pubbliche sono salve). Per evitare ciò occorrono riforme radicali dei programmi sanitari e assistenziali, perché come sono oggi sono finanziariamente insostenibili: quando i baby boomers andranno in pensione ci saranno forti aumenti della spesa sociale, che senza riforme saranno un problema enorme per le casse statali.
Le spese militari extra per via della lotta al terrorismo, le spese finanziarie ulteriori per via della nazionalizzazione degli enti finanziari falliti, la riforma Obama della sanità e la ridotta crescita economica che con ogni probabilità continuerà in futuro sono ulteriori fonti di preoccupazione. Gli USA, non oggi ma tra qualche decennio, rischiano di fare la fine dell’Argentina. E per non farla hanno bisogno di scelte coraggiose, scelte con dodici o tredici zeri, in dollari”.

Pietro Monsurrò 

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