venerdì 27 gennaio 2012

Soros avrà il mio corpo, ma non la mia anima - capitalismo, rivoluzione e la fuga dalla matrix






Se i padri dell’Europa, Jean Monnet e Robert Schuman, fossero vivi, vedrebbero che il loro obiettivo, spingere l’Europa verso una vera unificazione attraverso una serie di crisi, è sempre più a portata di mano.
Vicky Pryce “A necessary euro crisis”, Guardian, 2 dicembre 2011
Vicky Pryce è una dirigente di FTI consulting, la più grande società di consulenza per ristrutturazioni aziendali degli Stati Uniti, consultata nei casi Lehman Brothers, General Motors e Madoff.

Soltanto una crisi – reale o percepita – produce vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile.
Milton Friedman, “Capitalism and Freedom”, 1982.

Non dobbiamo sorprenderci che l'Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell'Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c'è una crisi in atto, visibile, conclamata.
Mario Monti, discorso alla Luiss, 22 febbraio 2011.

Se il popolo potesse comprendere in quale abisso l’ignoranza lo fa precipitare, scuoterebbe ben presto il giogo di quelle anime venali che lo mantengono nell’ignoranza per il proprio interesse personale. Basterebbe per questo che usasse la propria ragione; è impossibile che lasciandola agire non scopra la verità.
Anonimo autore di “Esprit de Mr. Benoit de Espinosa”

Tutto si risolve nel potere, il potere in egoismo, l’egoismo in appetito, e l’appetito, lupo universale, doppiamente assecondato dalla volontà e dal potere, vorrà fare dell’intero universo la sua preda e alla fine divorerà se stesso.
William Shakespeare, “Troilo e Cressida”

Nel Regno di Dio entreranno coloro che sono stati capaci di rifiutare di perseguire nella loro vita il profitto economico. Nel Regno di Dio entreranno coloro che non si sono assuefatti alle gerarchie di potere e si sono prestati a favore non già dei potenti, ma degli ultimi della società.... La vera novità introdotta da Gesù circa il Regno di Dio sembra essere stata l'idea che questo Regno non dovesse essere più il termine di un'attesa futura, ma dovesse essere realizzato subito con un impegno immediato di trasformazione spirituale. Nel racconto del Vangelo di Luca, infatti, egli comincia la predicazione, affermando la necessità che i prigionieri siano liberati, i debiti condonati, ogni servitù abolita, ogni oppressione sciolta. Egli si riferisce al cosiddetto anno di grazia del Signore, che l'antica società templare ebraica praticava ogni cinquant'anni, imponendo l'annullamento degli acquisti immobiliari e dei gravami personali costituiti nei 49 anni precedenti e che il profeta Isaia aveva sostenuto dovesse essere attuato per ogni forma di ricchezza e di soggezione, in modo da eliminare scandalose ingiustizie. Gesù, infatti, fattosi consegnare dall'inserviente della sinagoga il rotolo biblico dove Isaia preannuncia il suo integrale anno di grazia del Signore, lo legge ad alta voce ai presenti per proclamare solennemente : "Oggi questa scrittura si compie nel momento stesso in cui le vostre orecchie la ascoltano".
Bontempelli e Bruni, “Civiltà storiche e loro documenti”, Milano, 1993

Chi non conosce George Soros? È nato a Budapest, il 12 agosto del 1930 da famiglia ebraica (Schwartz) costretta a cambiar nome per sfuggire alle persecuzioni). A 13 anni lavorava per il consiglio ebraico di Budapest, uno dei tanti che collaborava con i nazisti nello sterminio degli Ebrei, nella speranza di poter salvare quante più vite fosse possibile (o per egoismo e grettezza, come denunciò Hannah Arendt). Uno dei grandi geni finanziari della contemporaneità, uno che si è fatto da solo, senza ereditare i suoi miliardi, ed è oggi il 35esimo uomo più ricco del pianeta (Forbes, 2010); un capitalista così ambizioso ed audace da speculare contro la sterlina e la Banca d’Inghilterra, nel 1992, vincendo la partita. Soros è un globalista, ossia un fautore del nuovo ordine mondiale, ufficialmente da posizioni di sinistra, attraverso fondazioni, comitati e sponsorizzazioni di politici. Qui ho spiegato le ragioni per cui io reputo che il progetto di un Nuovo Ordine Mondiale sia una pessima idea per molti ed un’eccellente idea per chi già detiene il potere e vuole, gattopardescamente, che tutto cambi affinché nulla cambi veramente:
Nel febbraio del 2009 Soros annunciò che il sistema economico globale era stato tenuto in vita artificialmente ma che, dopo l’inizio della crisi, non era più possibile vedere il fondo dell’abisso. Ora sta cercando di istituire un nuovo sistema economico-finanziario che faccia a meno del dollaro (il che decreterebbe la fine degli Stati Uniti) e che, presumibilmente, introdurrà una qualche valuta globale:
O, addirittura, abolirà i contanti:

Soros prevede il default greco (lo dà per certo), una risorgenza fascista, la discesa dell’Europa nel caos e nella violenza, ma non la morte dell’euro. Per gli Stati Uniti prevede rivolte negli Stati Uniti che innescheranno una reazione autoritaria da parte dello Stato. Il sistema economico globale potrebbe essere moribondo:
Aggiunge, però, che durante le crisi l’impossibile diventa possibile, nel male ma anche nel bene:
Considerazioni e previsioni analoghe sono state fatte da Jacques Attali:
Si tratta di capire se questa sia una crisi spontanea, ciclica e quindi se sia possibile affidarsi alle autorità mondiali per risolverla ed assicurarci un nuovo modello di sviluppo migliore di prima, oppure se sia una crisi generata nell’intento di far ingoiare alla popolazione mondiale delle trasformazioni che altrimenti rifiuterebbe.
Carroll Quigley, uno dei massimi storici dell’economia statunitensi del secolo scorso (mentore di Bill Clinton quando era un universitario), in Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time (New York: Macmillan, 1966), spiega che la crisi deflattiva del 1927-1940 fu la causa principale della Seconda Guerra Mondiale e fu prodotta dai banchieri. Demolì la democrazia ed il sistema parlamentare ed ostacolò quei governi che restarono democratici con la sua ortodossia economica, impedendo loro di riarmarsi adeguatamente e difendersi dal fascismo, con il risultato che la seconda guerra mondiale fu prolungata inutilmente a causa della debolezza delle democrazie che causò le loro sconfitte iniziali. Non contenti, i banchieri indirizzarono lo sviluppo economico dell’Occidente lungo la strada del capitalismo monopolistico.
La ricetta dei banchieri fu: tassi di interesse più alti, avanzo primario o pareggio del bilancio (oggi si chiama regola d’oro), riduzione della spesa pubblica (tagli al welfare), misure deflattive (che inibiscono l’iniziativa delle imprese), ancoraggio al sistema aureo (gold standard – c’è sempre quest’oro di mezzo).
Tutte idee che gli economisti non-ortodossi (oggi sono i vari Stiglitz, Krugman, Amartya Sen, ecc.) respinsero categoricamente, perché la strategia dei banchieri intendeva conservare il valore del denaro ed aumentare il profitto riducendo il costo del lavoro - ossia impoverendo i lavoratori e le loro famiglie, cioè a dire i consumatori, gli unici che potevano rilanciare l’economia.
Il paradigma dei banchieri servì a creare dei grandi blocchi continentali attorno agli stati maggiori, alle grandi potenze. L’integrazione degli stati in blocchi continentali non fu raggiunta per consenso ma coercitivamente, in quanto le nazioni erano costrette a seguire quella strada per poter pagare i debiti.
Quigley non è un nemico di questa strategia, come non lo è Attali. Lo storico statunitense spiega anzi che: Sono al corrente delle operazioni di questa organizzazione perché l’ho studiata per venti anni e, nel corso di due anni, nei primi anni Sessanta, mi è stato concesso di esaminare i suoi incartamenti ed archivi segreti. Non le sono ostile, come non lo sono verso la maggior parte dei suoi obiettivi e, per la maggior parte della vita sono stato in rapporti di familiarità con essa e con i suoi strumenti….Più in generale, sono maggiormente in disaccordo proprio riguardo al suo desiderio di restare occultata, mentre io credo che il suo ruolo nella storia sia sufficientemente significativo da meritare di essere conosciuto” (p. 950)
Quigley non approva la segretezza e cerca di portare alla luce le dinamiche dissimulate: “La terza fase dal capitalismo ha un significato così enorme nella storia del ventesimo secolo e le sue ramificazioni ed influenza sono state così sotterranee e persino occulte, che i lettori ci scuseranno se dedichiamo una particolare attenzione alla sua organizzazione ed ai suoi metodi” (p. 50).
Quali sono le ragioni di tutta questa segretezza?
“L’influenza del capitalismo finanziario e dei banchieri internazionali che l’hanno partorito è stata esercitata sia nell’ambito economico sia in quello politico, ma non avrebbe avuto alcun effetto se non fosse stata capace di persuadere entrambi ad accettare due assiomi della sua ideologia. Entrambi partivano dall’assunto che i politici sono troppo deboli e troppo sensibili all’ondivaga pressione popolare per meritare la responsabilità di prendere in consegna il controllo del sistema monetario; di conseguenza, la santità dei valori e la solidità del denaro dovevano essere protette in due modi: legando il valore del denaro a quello dell’oro e consentendo ai banchieri di controllare la quantità di denaro in circolazione. Per realizzare questo obiettivo divenne necessario nascondere ai governi ed alle popolazioni, perfino ingannandoli, la natura del denato e delle sue operazioni” (p. 53).
Ragioni non necessariamente plausibili:
“i banchieri sono stati ossessionati dal mantenimento del valore del denaro, sebbene le ragioni da loro normalmente addotte – che una valuta affidabile conserva la fiducia degli investitori – siano propagandistiche piuttosto che accurate” (p. 46).
Quigley mette in guardia i suoi lettori dal progressivo accentramento del potere, a discapito della salute delle istituzioni democratiche. A suo avviso, questo fatto, in combinazione con l’accresciuta sofisticatezza degli armamenti, può far prevalere l’autoritarismo sulla democrazia (p. 1201). 
Per Quigley il grave limite del capitalismo è che fornisce delle potenti motivazioni all’attività economica perché si fonda sull’interesse personale e sul profitto. Il suo limite è che enfatizzando l’egocentrismo rende più arduo il coordinamento economico. Si perde di vista il proprio ruolo nella più vasta cornice della società, ci si convince che le proprie attività sono comunque prioritarie a discapito del bene del sistema nel suo insieme. Al contrario, il profitto non va necessariamente a braccetto con la prosperità, la produttività generale e la maturazione morale, anzi.
In fin dei conti, allora, queste citazioni sulle banche e i banchieri non sono esagerate:

Viviamo in un sistema che insiste nell’incolpare gli individui e pretendere da loro che si conformino alle sue esigenze piuttosto che riformarsi, come se fosse inevitabile, sacrosanto, intoccabile, moralmente intangibile. Stando così le cose, è difficile immaginare che le cose cambieranno, senza una rivoluzione globale. Quasi certamente servirà una rivoluzione, perché i finanzieri hanno sempre appoggiato le rivoluzioni, che incarnano la dialettica “hegeliana” centrale alla loro visione del progresso sociale, antitetica a quella democratica, basata sulla ricerca di una maggiore giustizia sociale: tesi (establishment), antitesi (rivoluzione), sintesi (establishment più forte).
[A dirla tutta, Hegel avversava la rigida triadizzazione a lui erroneamente e pervicacemente attribuita, considerandola un geistloses Schema (una sterile/disanimata schematizzazione) che irreggimentava il pensiero filosofico invece di lasciarlo libero di esprimersi. Per lui il processo dialettico era spiraliforme, equilibrato, armonioso, come nella coincidentia oppositorum].
Per questo le rivoluzioni hanno il brutto vizio di degenerare in regimi più tirannici di quelli che abbattono:

Le rivoluzioni spianano la strada agli esseri umani peggiori e c’è chi le usa come leva per realizzare i ben altri obiettivi. Come ad esempio Zbigniew Brzezinski, nume tutelare di diversi presidenti americani, che, alla fine degli anni Novanta, spiegava che le guerre americane non servono a sanare l’economia americana ma esclusivamente a riaffermare l’egemonia statunitense mondiale e che solo un qualche tipo di Pearl Harbor consentirebbe di occupare militarmente l’Asia Centrale, il centro geostrategico del globo (l’11 settembre è arrivato circa 4 anni dopo la pubblicazione del libro):
Riferendosi alle nazioni centrasiatiche, Brzezinski usava volutamente termini come: “vassalli”, “tributari” e “barbari”. Essendo contrario alle guerre, che considera troppo dispendiose rispetto ai benefici che possono apportare, suggeriva di optare per la soluzione dell’insorgenza anti-governativa, ossia cambi di regime per mezzo di insurrezioni popolari programmate. Ci sono quelli come lui dietro le rivoluzioni colorate e una parte della primavera araba (es. Libia e Siria).
Le rivoluzioni colorate sono dei movimenti di protesta non-violenti e non-spontanei esplosi in varie regioni dell’ex Unione Sovietica e del Medio Oriente, tra le quali la Serbia (2000), la Georgia (2003), l’Ucraina (2004), il Libano e il Kyrgyzstan (2005), l’Iran (fallita, nel 2009-2010), in seguito ad un’elezione  dall’esito contestato o sull’onda della richiesta di un voto legittimo. Sono non-spontanee in quanto strumenti di politica estera, come il terrorismo. L’Occidente (o altre potenze regionali e globali) le organizza e le finanzia, direttamente o attraverso le ONG, per ottenere dei cambi di regime senza incorrere negli ingentissimi costi di una guerra (Iraq, Afghanistan, Libia) o nelle spiacevoli ricadute d’immagine di un golpe (es. Pinochet, Gbagbo), sfruttando le vulnerabilità dell’emotività umana (paura, desiderio, pigrizia) e la credulità dell’opinione pubblica internazionale pronta ad avallare qualunque moto nominalmente democratico. I fomentatori sono degli specialisti, persone altamente competenti che devono manovrare i moti popolari in modo tale da non far trapelare le reali motivazioni dei poteri forti che li sostengono. La stragran parte dei manifestanti dev’essere in buona fede, altrimenti il fallimento è assicurato.
A questo proposito, è significativo che i media siano pronti a sostenere qualunque protesta al di fuori dell’Occidente e denunciare qualunque protesta al suo interno, bollandola come irresponsabile, incivile, anti-patriottica, barbara, egoistica. I guardiani dello status quo sono impegnati a preservare un ordine iniquo consolidatosi nell’ultima generazione utilizzando una miscela di gas lacrimogeno, cariche di polizia, appelli alla responsabilità e proclami di superiore competenza tecnocratica. Gli sfidanti stanno cercando di riappropriarsi degli spazi di protesta, di imparare le dinamiche occultate dell’economia e della finanza e condividerle con gli altri. Così tematiche che erano state trascurate, bistrattate, fraintese, incomprese ora stanno riemergendo, dominano il dibattito pubblico e non possono più essere ignorate dai politici, che finiscono per esporsi al ridicolo: es. Mario Monti che, beatamente/beotamente, replica alla Gruber, che lo sta intervistando, che lui ha solo una vaga idea di cosa sia la massoneria, quando anche un pastore macedone sordomuto sa cos’è la massoneria.
Ciò significa che, questa volta, la Rivoluzione potrebbe ritorcersi contro chi la fomenta, perché il discorso pubblico non è più dominato unicamente dalla propaganda e dalla disinformazione, ma anche da un dibattito informato che ha la possibilità di fare la differenza:
Forse stavolta riusciremo dove chi ci ha preceduto ha miseramente fallito.
L’importante è essere consapevoli del fatto che proveranno a convincere le masse che:
-       internet è uno strumento di trasparenza assoluta che costringerà i governi a comportarsi responsabilmente (in realtà internet è stato usato per martellare nella testa della gente un certo tipo di visione del mondo favorevole ai potentati);
-       occupy wall street deve evolvere nel senso della rivoluzione francese, ossia della violenza terroristica (in realtà il chaos è una fase indispensabile per poter instaurare il governo globale, o nuovo ordine mondiale e quindi guerre planetarie e rivoluzioni globali sono già in programma);
-       la restrizione dei diritti civili è necessaria per garantire la sicurezza dei cittadini e rilanciare l’economia (in realtà la democrazia è invisa a chi gestisce il potere in questa fase storica e il desiderio è quello di far sentire la gente sfiduciata, priva di risorse);
-       l’unica organizzazione sociale possibile è piramidale, gerarchica, elitaria, ossia oligarchica (e quindi intrinsecamente anti-democratica);
-       le oligarchie sono in realtà democrazie ( = la vera democrazia è oligarchica) e chi le contesta e le contrasta è un nemico della democrazia;

La questione centrale del nostro tempo diventa allora quella di evitare che l’abbattimento del vecchio ordine spalanchi la porta ad un nuovo ordine molto peggiore di quello precedente. Non dobbiamo cadere nella trappola delle dittatura che promette di proteggerci dalla contro-rivoluzione, mentre incarna lo spirito della controrivoluzione, facendo il gioco delle forze contro-rivoluzionarie. Tutte le rivoluzioni sono fallite perché chi la ha guidate non era in grado di immaginare un mondo realmente migliore: pensava a distruggere senza costruire nulla di auspicabile per la gente comune. La rivoluzione francese ha portato al potere Robespierre e Saint-Just prima, Napoleone poi. Quella egiziana ha trasmesso il potere da Mubarak, un militare, all’esercito, in coabitazione con gli islamisti. La stessa sorte toccherà agli indignati e ad Occupy Wall Street quando le politiche recessive dei finti salvatori e sinceri rinnegati che governano i paesi europei (Cameron, Monti, Merkel, Sarkozy in primis):
assieme al deterioramente del clima globale (improvviso raffreddamento planetario)
provocheranno un movimento di disobbedienza civile di massa.
I potenti ce la metteranno tutta per spedire il mondo nell’abisso della catastrofe economica e della guerra mondiale (incluso l’uso, localizzato, su scala ridotta, ma dalle conseguenze incalcolabili, di armi atomiche) in modo tale che la ricostruzione sia radicale e lo choc subito dalla popolazione mondiale sia di tale portata da prevenire ogni forma di significativa resistenza all’instaurazione di un nuovo ordine formalmente benevolo ma visceralmente ed incorreggibilmente dispotico, in cui gli psicopatici del nostro tempo sembreranno delle placide suorine.
Hanno bisogno di poter catalizzare le forze del cambiamento nella direzione voluta, quella di un asservimento integrale in una società castale dietro la facciata di un’emancipazione radicale, della redenzione salvifica, angelica.
Indubbiamente ci sono forze contrarie che operano, anche segretamente, per contrastare questo genere di sbocco, ma tutto dipende dalla lucidità e consapevolezza delle persone comuni.

Come si sfugge a questa Matrix?
Innanzitutto va capito che chi è supino vede le cose più grandi di quello che sono realmente:

Ritengo che queste possano essere delle ragionevoli finalità, per noialtri “ordinari”:
-       introduzione di reti orizzontali di cooperative autonome di produttori e consumatori interconnesse globalmente al posto dei consueti sistemi di coordinamento gerarchici-piramidali;
-       beni comuni, rispetto per la natura, pari dignità, autentica democratizzazione delle procedure amministrative, auto-organizzazione dei processi lavorativi;
-       enfasi sull’autorealizzazione nel servizio al prossimo;
-       progresso tecnologico finalizzato al perseguimento del bene comune e non alla soddisfazione dell’avidità e del desiderio di sorvegliare, manipolare, soggiogare, attaccare;
-       valorizzazione del processo di apprendimento di chi non segue qualcuno ma cerca la sua strada. 
Il resto verrà da sé:

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