La società di oggi non accetta facilmente la mia
esistenza…Se mi guardo attorno, non c’è un luogo dove mi senta accettato. Non
c’è qualcuno con cui poter parlare della domanda filosofica più importante:
‘Perché viviamo?’ Le menti dei miei compagni di scuola sono troppo impegnate a
preparare i test d’ingresso alle scuole superiori e non si possono permettere
di parlare delle apprensioni del cuore. Nell’educazione contemporanea si pone
l’accento sul come realizzare l’obiettivo di passare il test d’ingresso
piuttosto che discutere di questioni relative alla dignità umana. Non si
capisce quanto importante sia pensare e parlare dei problemi della vita.
Studente
giapponese, intervistato dalla filosofa ed educatrice giapponese Naoko Saito
L'idea della congiunzione degli opposti - la coincidentia oppositorum
- che accomuna tanto il pensiero
di Jung quanto
quello di Eliade alla tradizione orientale e al pensiero mistico - non solo
anima una più vasta concezione dell'essere umano in quanto unità psico-soma e unità
microcosmo-macrocosmo ma diventa anche uno dei motivi che
ritornano con forza all'interno della cultura del Novecento, sia come forza
di un archetipo che si impone autonomamente, sia come fascinazione di un'idea che
permette di riscoprire e attivare l'archetipo operante in ogni individuo.
Aldo
Carotenuto, Jung e la cultura del XX secolo, Milano: Bompiani, 1995, pp. 77-78
I fattori che si uniscono nella Coniunctio sono
intesi come opposti, i quali si fronteggiano ostilmente o si attraggono
amorevolmente l’un l’altro.
C. G. Jung, “Mysterium Coniunctionis”
Lorsqu'on est appelé à régénérer un État, ce sont des principes constamment opposés qu'il
faut suivre.
[Quando
si è chiamati a rigenerare lo Stato, occorre seguire dei principi che siano in
costante opposizione]
Napoleone Bonaparte
Gesù disse loro: “Quando farete dei due uno, e
quando farete l'interno come l'esterno e l'esterno come l'interno, e il sopra
come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l'uomo
non sia uomo e la donna non sia donna, quando avrete occhi al posto degli
occhi, mani al posto delle mani, piedi al posto dei piedi, e figure al posto
delle figure allora entrerete nel Regno”.
Tommaso,
22.
Simon Pietro gli disse, "Lasciate che Maria se
ne vada, poiché le donne non meritano la vita" Gesù disse, "Io stesso
la guiderò in modo da farla maschio, così anche lei potrà diventare uno spirito
vivente somigliante a voi maschi. Poiché ogni donna che farà se stessa maschio,
entrerà il Regno dei Cieli”.
Tommaso,
114.
Un’epopea irochese narra di un
Grande Pacificatore (Hiawatha) che arreca gaiwoh
(equanimità, virtuosità), skenon
(salute) e gashasdenshaa (potere). Gaiwoh è la giustizia realizzata tra
uomini e nazioni ma è anche l’aspirazione a vedere che la giustizia prevalga. È
un desiderio più forte del piacere e del bisogno di avere ragione: è un tipo di
amore. Skenon è chiarezza di
intendimento e integrità fisica, due precondizioni per l’ottenimento della vera
pace. Gashasdenshaa è l’autorità
sostenuta dalla forza necessaria, una forza che dev’essere in armonia con le
leggi universali. La società ideale è quella della casa comune in cui ciascuno
ha il suo focolare, ma si convive sotto lo stesso tetto. Là il pensare rimpiazza
l’uccidere.
Il Grande Pacificatore deve
affrontare Atotarho, un capo malvagio ed antropofago, per convertirlo. Atotarho
è come un ciclope – mangia gli ospiti che non sono stati invitati – ed
assomiglia anche a Medusa: i suoi capelli sono un groviglio di serpenti e
nessun uomo è in grado di guardarlo in faccia. Il suono della sua voce
terrorizza l’intera regione. Ma senza di lui non si potrà assicurare la pace.
Il Grande Pacificatore ce la fa con un trucco. Fa in modo che il suo volto si
rifletta nell’acqua di un pentolone in cui il cattivo sta per preparare il suo
pasto umano, cosicché Atotarho scambi il suo volto – saggio, forte e virtuoso –
per il proprio e si renda conto della dissonanza tra un tale aspetto e la
pratica del cannibalismo. Scioccato, Atotarho cade in depressione, ma il Grande
Pacificatore lo aiuta: lo invita a seguirlo in ogni luogo in cui abbia commesso
del male per predicare il nuovo verbo della pace come potere (Kayanerenhkowa). La chiave della
conversione è la volonà di non imporre la verità o la spiritualità su chi non è
pronto a riceverla. Atotarho diventa a sua volta un grande operatore di pace
proprio in virtù della grandezza della sua forza interiore, che prima lo
rendeva così malvagio e terrificante. Viene “sconfitto” e si converte quando in
lui si risveglia la consapevolezza del potere dell’amore e della sapienza che è
in lui. All’intensità della sua resistenza – non ascolta ragione, non sono gli
argomenti a persuaderlo – corrisponde l’intensità della sua bontà. In questa tradizione
irochese il male degli uomini è bontà malindirizzata e malconcepita, malintesa,
è amore che opera spinto da una paura sbagliata, uno sforzo equivocato nei
mezzi e nelle finalità, uno spirito aggiogato ad un padrone disperato, energia
umana sprecata, guastata e deviata dal suo corso migliore.
In generale penso che sia così,
ma c’è almeno un’importante eccezione:
*****
Gli antropologi hanno spesso
notato che le comunità dei popoli “tradizionali” erano spesse bipartite in una
metà bassa ed una alta, Terra e Cielo, estate e inverno, pace e guerra,
femminile e maschile, legate da rapporti al tempo stesso di rivalità e di
cooperazione ed accompagnate da una gestione duale dei poteri da parte di un
capo civile e di uno religioso. Nell’ambito mitologico la bipartizione trova
riscontro nel mito delle origini, che assegna a due eroi culturali, talora
gemelli o comunque fratelli, il merito di aver fondato la comunità, mentre,
nella concezione dell’universo, alla bipartizione del gruppo sociale
corrisponde quella del resto dell’universo degli esseri e delle cose
dell’universo, distinti ed aggregati per accoppiamento di opposti: Rosso e
Bianco, Chiaro e Scuro, Giorno e Notte, Nord e Sud, Est ed Ovest, Cielo e
Terra. Questo
stesso aspetto è evidente anche in Cina, dove la polarizzazione yin-yang, che si manifesta già nelle
realizzazioni artistiche di epoca shang,
mostra la tensione verso una coincidentia
oppositorum, una congiunzione che risulta evidente nell’iconografia che
mostra gufi con occhi solari ed emblemi della luce adornati con simboli della
notte e dell’oscurità, in modo da rappresentare la ciclicità del processo di
alternanza tra le due manifestazioni cosmiche complementari.
In Grecia abbiamo Dioniso e Apollo, che varie raffigurazioni
ritraggono come androgini. Lo spirito apollineo è razionale,
formale, luminoso ed armonico, all’insegna misura e proporzione. Lo spirito
dionisiaco è estatico, creativo, oscuro, all’insegna della passione sensuale. Eros e Thanatos, l’impulso creativo e limpulso
entropico/distruttivo (anche autodistruttivo).
Empedocle
insegnava che l’universo è in costante metamorfosi, si genera e decade, grazie
a Amore e Discordia/Odio, che operano in tutto ciò che è animato e in tutto ciò
che è inanimato. Eros unisce tutte le forme di vita e Thanatos le separa e le
disperde. Composizione e decomposizione sono forze di eguale intensità, eterne
e mescolate in ugual misura in tutte le cose, in un’interazione necessaria.
Gesù il
Cristo è un maestro delle contraddizioni, delle antinomie. Esaminiamo alcune
delle sue parabole:
Buon Samaritano: il “degenerato” è un giusto, il “giusto” è un
degenerato. Vignaioli: i primi saranno gli ultimi, gli ultimi saranno i primi. Figliol
Prodigo: il ribelle è festeggiato, l’obbediente si ribella. L’esattore delle
tasse e i farisei: il peccatore è salvato, il salvato è peccatore. Il seminatore:
l’abbondanza di semi non garantisce una buona mietitura, pochi semi possono
dare buoni frutti. Giudizio Finale: chi sembra celebrare il Cristo è invece
servo dell’Anti-Cristo e chi è perseguitato è invece il vero credente. La
pecora perduta: quella persa vale più delle 99 salvate.
Analogamente, il vangelo greco degli Egiziani, che è databile tra la fine del I secolo e
la metà del secondo secolo a.C., descrive il modo in cui sarà possibile avere
accesso al Regno di Dio: “quando quei due (maschio e femmina) saranno uno solo, nell’esterno come
nell’interno, e il maschio con la femmina non sarà né maschio né femmina”. La
Seconda lettera di Clemente, analogamente, riporta: “interrogato da qualcuno su
quando verrà il Regno, il Signore stesso rispose: “quando i due saranno uno, il
fuori come il dentro e il maschio con la femmina né maschio né femmina”.
Anche nei vangeli
canonici il superamento (limitatamente alla sfera psicologica e
spirituale) del dimorfismo sessuale è implicito nella risposta di Gesù agli apostoli
che gli chiedono cosa si debba fare per assicurarsi un posto nel Regno dei
Cieli: “Allora
Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi
dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete
nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino,
sarà il più grande nel regno dei cieli”. (Matteo 18, 2-4). Come pure negli
effetti della gloria: “E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me,
affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro, e tu in me; acciocché siano
perfetti nell’unità” (Giovanni, 17:22-23). Paolo di Tarso esprime una
posizione assolutamente conforme:
“Non c’è
qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né
femmina; poiché voi tutti siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3, 28). Che
riafferma in una diversa epistola (Colossesi, 3, 8-11): “Ora invece
deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e
parole oscene dalla vostra bocca. Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete
infatti spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il
nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore.
Qui non c'è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o
Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti”.
Le tradizioni che oggi consideriamo primitive ci
educherebbero, se badassimo ai loro precetti. Ci siamo pericolosamente
imbarbariti. Pericolosamente per noi e per tutto ciò che ci circonda.
Come abbiamo visto, vi è una diffusione planetaria e trans-temporale
di riti e miti riguardanti la ricomposizione unitaria della coppia binaria,
indice del riconoscimento universale dell’importanza del principio della
coincidenza degli opposti.
Apprendiamo
che le parti sono in equilibrio, si incontrano e fondono agli estremi, due metà
di un cerchio. Nel punto di congiunzione dei semicerchi si crea un perfetto
equilibrio. Senza una metà non c’è l’altra, senza oscurità non c’è luce, in un grande
ciclo naturale pedagogico (caduta e redenzione).
Apprendiamo
che l’equilibrio è naturale. Una parte della creazione procede verso lo
squilibrio (che considera equilibrio) e l’altra verso l’equilibrio: assieme
generano un equilibrio dinamico. Le forze opposte nella natura si incontrano ed
il risultato può essere una polarizzazione in un senso o nell’altro, oppure si
può raggiungere un equilibrio simmetrico, o un equilibrio parziale su un
versante o sull’altro. Ogni potenziale si realizza nei punti di intersezione.
Tutto è parte dell’equilibrio che compone ciò che chiamiamo Universo, o
Creazione.
È
possibile ipotizzare – è lecito augurarsi – che la condizione di evidente
decadenza del presente sia il modo in cui il sistema può ritrovare un
equilibrio simmetrico:
*****
I popoli che gli Europei hanno considerato incivili intendevano la
pace in modo molto diverso dal nostro, che corrisponde da vicino alla quiete
che segue la vittoria di una fazione sull’altra (cf. Napolitano che ingiunge
agli Italiani di perseguitare gli antisemiti ovunque essi siano, in manifesta
violazione dei principi costituzionali). La loro pace era dinamica ed includeva
tutte le forze della vita, nella natura e nell’uomo, compreso quello che
chiamiamo “male”. Era una concezione inclusiva, non esclusiva: lotta,
sofferenza, dolore, errori e stoltezze, passione, tenerezza, rabbia e
sconfitta. Persino la guerra era inclusa nell’idea di pace, una guerra condotta
in un certo modo e con certe motivazioni. L’assolutismo pacifista era
completamente estraneo alla loro mentalità ed è un’invenzione della modernità
europea.
Vivere in pace significava accogliere la vita in tutti i suoi
aspetti, le quattro direzioni cardinali, tutte le creature.
Il contrario di questo significato della pace e della giustizia è
quello che divide e separa le parti della realtà e le mantiene distinte, un
moralismo che sminuisce l’interconnessione della vita. Ci sono cose che vanno
distrutte e persone che vanno uccise (es. Hitler/Stalin), ma non certo per
plasmare il cosmo a nostro piacimento, bensì unicamente perché il cosmo si
ricostituisca, per conto suo.
Non è che il bene e il male non esistono, anzi, - male è: dolore e
timore insensati, brutali, crudeli, futili perché irredimibili, lo spreco di
vita, l’ingiustizia titanica, la rabbia sorda e violenta. Il punto è che sono
interdipendenti. Ciò che è oggettivamente buono è la realtà nella sua interezza
e ciò che è oggettivamente cattivo è la sua frammentazione. Ciò che alla mente
ordinaria appare come opposizione, contrasto e contraddizione è un’unità
trascendente, la riconciliazione dei contrari interconnessi, chiamata coincidentia oppositorum. Pace e
giustizia discendono da tale comprensione. La vita è una relazione misteriosa
ed intima tra forze opposte e la legge dovrebbe essere ciò che preserva questa
relazione e, nel farlo, il dinamismo della vita. La Caduta è l’illusione che i
contrari si escludono a vicenda.
I monoteismi sono male perché diffondono l’idea che ci sia una parte
della natura umana che deve essere distrutta, senza che sia possibile
ricostituire l’unità fondamentale dell’essere. Questo male nasce proprio dalla
scelta umana di escludere le forze del “male” dalla nostra vita e dalla nostra
mente consapevole. Quando questo male viene isolato, cresce fino a distruggere
un bene che, innaturalmente separato, è indifeso. Da qui scaturiscono il
razzismo, il segregazionismo, la guerra sterminatrice, la pulizia etnica, il
genocidio e tutto l’orrore di cui siamo capaci.
La pace
non è un qualcosa di passivo, non è assenza di conflitto, ma una forza che
armonizza le azioni e gli impulsi della vita umana in tutte le loro
molteplicità e contrasti. La forza che chiamiamo pace è, nell’universo e nell’individuo,
una qualità della mente, un’energia cosciente.
La pace
fa da ponte tra due forze contrapposte. Il male è la forza che ostacola
fatalmente l’azione della forza riconciliativa, la discesa della colomba, lo
Spirito Santo, nella vita umana. Opporsi a ciò che è buono (es. attraverso
l’intolleranza delle diversità che non violano la legge, l’ingiustizia, la
violenza contro l’ambiente, la tortura, la guerra, ecc.) non è un peccato
imperdonabile. Imperdonabile è ostruire il corso della riconciliazione tra il
bene e ciò che lo antagonizza. Satana deriva dall’ebraico satan che significa l’avversario. Il diavolo viene dal greco diabolos, “colui che divide” e significa
l’accusatore, il diffamatore, il mentitore. Nella sua prima forma il demonio è
uno strumento divino e serve delle sacre finalità. Per questo Gesù chiama
Pietro “Satana” ma gli ordine di mettersi dietro di lui come discepolo – “va
dietro a me, Satana”, in luogo di quella che è stata per lungo tempo l’errata
traduzione “Lungi da me, satana!” (Matteo 16:23) –, quando Pietro dimostra di
non aver capito il senso del suo messaggio. Che la Chiesa abbia scelto proprio
“Satana” come suo fondatore è estremamente significativo.
È invece
irreparabile il male di chi nega lo Spirito Santo e la sua funzione di agente
riconciliativo tra i contrari (es. altoatesini e sudtirolesi, bianchi e neri,
ebrei e musulmani, cattolici e protestanti nell’Irlanda del Nord, uomini e
donne, destra e sinistra, ecc.) e ponte tra l’umano e il divino, ossia chi
induce l’uomo a credere di essere solo un animale o una macchina.
Il cuore
della democrazia è apprezzare l’altro anche quando è un mio avversario: fare un
passo indietro ed un passo al di fuori di se stessi, dalle proprie emotività e
permettere all’altro di pensare, parlare e vivere. La democrazia non è solo
un’istituzione esterna, non è solo una forma politica, è anche una forza
interna al nostro sé, un ideale interiore, l’espressione più alta di una
spiritualità laica in questo mondo, capace di coniugare pragmatismo e misticismo,
materia e spirito, esteriore ed interiore, bene e male:
Rispettare
tutte le persone, garantire a ciascuno i propri diritti e la propria voce,
significa capire cosa abbiamo tutti in comune, richiede di vedere che cosa sia
un essere umano, indipendentemente da tutte le distinzioni sessuali, razziali,
etniche, religiose, fisiche, sociali, culturali ed intellettuali; quali che
siano i suoi pregi e difetti.
*****
Pierre-Joseph
Proudhon contro la cosiddetta dialettica hegeliana
Nel suo “Philosophie de la misère”, il filosofo politico Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865)
spiega che fu inizialmente attratto dalla schematizzazione hegeliana del reale
in tesi-antitesi-sintesi. Ma poi si accorse che si trattava di un tragico
errore. Le antinomie irrisolte, aveva capito, sono feconde per la vita. Senza
contrapposizioni tra polarità opposte non c’è vita, non c’è movimento, non c’è
progresso; c’è solo inerzia, sterilità. Chi le volesse risolvere sarebbe come
chi tagliasse il ramo dell’albero su cui siede. E poi nessuno, neanche un dio,
potrebbe comunque riuscirvi. I poli di una batteria elettrica sono
indistruttibili ed il problema consiste nel trovare non tanto la loro fusione,
che equivarrebbe alla loro morte, ma un loro equilibrio, incessantemente
instabile e variabile, in relazione allo sviluppo della società.
Florence
Nightingale e Ramsete II
Durante
un viaggio in Egitto, nel 1850, Florence Nightingale vede una raffigurazione
del faraone Ramsete II, incoronato da Oro e Set, il principio del bene e quello
del male. Il male non è rappresentato come un oppositore ma come collaboratore,
la sua mano sinistra. Dal bene si origina il male, dal male si origina il bene,
dal disordine l’ordine e vice versa. Ciò che appare come male, nella limitata
prospettiva umana, è un elemento necessario della completezza dell’universo di
Dio. Per la Nightingale, il fine dell’umanità è l’unione con Dio. L’umanità
deve realizzare la sua natura divina, questo è il piano divino. Lo può fare
solo attraverso la conoscenza delle leggi universali. Ce la farà solo
commettendo innumerevoli errori. Il male e la sofferenza sono dovuti
all’ignoranza delle leggi divine e del piano divino. Il male fa parte del piano
divino perché serve ad istruire la specie umana. Senza il male non ci sarebbe
alcun processo evolutivo. L’evoluzione è corale, collettiva, serve uno sforzo
congiunto, non un pastore che guidi il gregge.
Albert Camus, il Mediterraneo e il giusto mezzo
Per Camus la luce mediterranea è
simbolo di lucidità, equilibrio e misura, in opposizione all’oscurità ed alla
dismisura nordica. Il suo modello di vita morale è improntato a una sorta di
eroismo altruistico. È a partire dalla misura che è possibile organizzare un
mondo tutto umano, tutto plasmato dalla ragionevole, ma limitata, capacità
dell’uomo. Già Pitagora, in uno dei suoi detti aurei, aveva sentenziato: “La
misura in ogni caso è la cosa migliore”. L’euthymia
Democrito la chiama anche euestò,
cioè benessere, lo star bene nel mondo, l’aver raggiunto una sorta di
equilibrio che non coincide con l’appagamento totale delle proprie pulsioni e
dei propri desideri. Lo stato in cui l’animo è calmo ed equilibrato, non
turbato da paura alcuna e dal superstizioso timore degli dèi o da qualsiasi
altra passione. In ogni aspetto della vita umana, il desiderio innesca un
processo di attivazione, capace di rendere operoso e produttivo l’uomo, ma il
desiderio deve essere tenuto nei giusti limiti. Se oltrepassa i limiti della metriotes, innescherà un processo di
bisogni concatenati che, non potendo mai essere del tutto soddisfatti,
causeranno insoddisfazione, tormento e dolore.
Il pensiero meridiano di Camus si
qualifica certamente come critica della ragion cinica, come elogio
dell’imperfezione moderata, di quella visione della realtà che sa che la vita
umana è un misto di bene e di male e che l’uomo non è l’essere capace appagare
sempre e comunque tutti i suoi desideri. Nemesi, dea della misura, è fatale ai “dismisurati”.
La libertà assoluta coincide col diritto, per il più forte, di dominare: essa
mantiene dunque i conflitti che avvantaggiano l’ingiustizia. La giustizia
assoluta passa attraverso la soppressione di ogni contraddizione: essa
distrugge la libertà.
La coincidentia oppositorum nella musica e
nel pensiero greco
Symphonein, in
greco, indicava il coro, il concerto. Congiungersi si diceva harmozein. Harmonia proviene dal linguaggio dei carpentieri ed indica la
congiunzione delle parti in una struttura complessa, ordinata, equilibrata. Harmonia dev’essere symphonia: non una sola voce o strumento, ma una molteplicità, in
una risoluzione delle contraddizioni. Un assemblaggio di elementi separati ma
che stanno bene assieme, una miscela (krasis)
composita nella tensione tra elementi opposti ma che ben si combinano. Harmonia è figlia di Ares e Afrodite che
si attraggono irresistibilmente. Symphonoi
sono i toni che stanno bene assieme, diaphonoi
quelli non vanno d’accordo. Maggiore è la diversità, più saldo sarà il legame
nella loro combinazione, l’armonia degli opposti. Una società civile sana è
quella in cui le voci sono diverse e solo in virtù di questa diversità possono
formare un coro.
Un’incredibile simmetria, la palintonos
harmonie, l’armonia degli opposti eraclitea, è quella in cui tutto quel che
dissolve unisce, tutto quel che distanzia e separa ricongiunge. Un perfetto
equilibrio delle forze, quieto nella sua costante tensione. Un dinamismo
bilanciato che mantiene l’immobilità in virtù di tensioni assolutamente
proporzionali. Un altro principio estetico greco era quello della palintropos harmonie,
l’oscillazione armoniosa, il ritmo dell’universo, in costante mutamento. Anche qui un’armonia
contrastante o armonia retrograda: “Interpretando il termine come “tensione”,
la lotta tra gli opposti sarà sempre giustamente equilibrata, essendo i
vantaggi ottenuti in una regione di forza sempre simultaneamente
controbilanciati da uguali vantaggi altrove conquistanti la forza opposta.
Interpretando il termine come “oscillazione”, la lotta può in ogni luogo andare
a favore di uno dei due opposti, ma alternativamente, essendo l’avvicendamento
soggetto a una legge che determina i periodi in cui ognuno prevale”.
*****
Bibliografia
Carl Gustav Jung, “Aion:
ricerche sul simbolismo del sé”, Torino: Boringhieri, 1997.
Mircea Eliade, “Immagini e
simboli: saggi sul simbolismo magico-religioso”, Milano: Jaca book, 2007.
Joseph Campbell, “Mitologia
primitiva: le maschere di Dio”, Milano: Mondadori, 2000.
Toshihiko
Izutsu, “Sufism and Taoism: a comparative study of key philosophical concepts”,
Berkeley: University of California Press, 1984.
Karl
von Meyenn (Hrsg.), “Wolfgang Pauli. Wissenschaftlicher
Briefwechsel mit Bohr, Einstein, Heisenberg u.a.”, Bd. I-IV, Berlin
1979-2001.
Ursula
K. Le Guin, “The Left Hand of Darkness”, Ace Books, 1969.
James P. Driscoll, “The unfolding God of Jung and Milton”, The University Press of
Kentucky, 1993.
Bonnie MacLachlan, “The harmony of the spheres: dulcis
sonus”. In: Wallace, Robert W. et Bonnie MacLachlan, eds., Harmonia
Mundi: Musica e filosofia nell’ antichità, Biblioteca di Quaderni Urbinati
di Cultura Classica (Roma: Edizioni dell’ Ateneo, 1991), pp. 7-19.