domenica 23 ottobre 2011

Fetonte era una cometa?




"Con stupore la Luna guarda i cavalli del fratello passare
sotto i suoi e le nuvole che fumano combuste.
Nei punti più alti la terra è ghermita dal fuoco,
si screpola in fenditure e, seccandosi gli umori, inaridisce;
si sbiancano i pascoli, con tutte le fronde bruciano le piante
e le messi riarse danno esca alla propria rovina.
Di inezie mi dolgo: con le loro mura crollano città immense
e gli incendi riducono in cenere coi loro abitanti
regioni intere. Bruciano coi monti i boschi,
bruciano l'Ato, il Tauro di Cilicia, il Tmolo, l'Eta
e l'Ida, un tempo zampillante di sorgenti e ora inaridito,
l'Elicona delle Muse e l'Emo, prima che vi regnasse Eagro;
bruciano l'Etna, fuoco su fuoco, in un rogo immenso,
i due gioghi del Parnaso, l'Èrice, il Cinto, l'Otri
e il Ròdope, finalmente sgombro di neve, il Dìndimo,
il Mimante, il Mìcale e il Citerone, destinato ai riti sacri.
Nemmeno i suoi ghiacci salvano la Scizia: il Caucaso brucia
con l'Ossa, il Pindo e l'Olimpo che entrambi li sovrasta,
le Alpi che si confondono col cielo e l'Appennino con le nubi.
E così, dovunque guardi, Fetonte vede
la terra in fiamme e più non resiste a quell'immenso calore:
respira folate infuocate, che sembrano uscire dalla gola
d'una fornace ed avverte il suo cocchio farsi incandescente.
Non riesce più a sopportare le ceneri e le faville
che si sprigionano, un fumo afoso tutto l'avvolge
e, immerso in quella caligine di pece, non sa più dove sia
o dove vada, trascinato com'è in balia dei cavalli alati.
Fu allora, così dicono, che il popolo degli Etiopi divenne,
per l'afflusso del sangue a fior di pelle, nero di colore;
fu allora che la Libia, privata d'ogni umore, divenne
un deserto; fu allora che le ninfe, i capelli al vento, rimpiansero
fonti e laghi: invano la Beozia cerca la fonte Dirce,
Argo Amìmone, Èfire la vena di Pirene.
Neppure i fiumi che hanno avuto in sorte sponde distanti fra loro
si salvano: il Tànai fuma persino al centro della sua corrente,
e così il vecchio Peneo, il Caìco di Teutrante,
il rapido Ismeno, l'Erimanto di re Fegeo
e lo Xanto, destinato a nuove fiamme, il biondo Licorma,
il Meandro che gioca a rendere tortuose le sue acque,
il Mela di Migdonia e l'Eurota di Tènaro.
Arde anche l'Eufrate di Babilonia, arde l'Oronte,
il vorticoso Termodonte, il Gange, il Fasi e l'Istro.
Ribolle l'Alfeo e dello Sperchìo bruciano le rive;
l'oro che il Tago trascina col suo flusso scorre fuso dal fuoco,
mentre gli uccelli acquatici, che riempiono di canti
le sponde di Meonia, avvampano in mezzo al Caìstro.
Fugge atterrito il Nilo ai margini del mondo
e nasconde il capo dove ancora è celato; in polvere si spengono
le sue sette foci: sette alvei senza una goccia d'acqua.
Uguale sorte in Tracia prosciuga l'Ebro e lo Strìmone,
e in Occidente i fiumi Po, Rodano, Reno
e il Tevere a cui fu promesso il dominio del mondo.
In ogni luogo il suolo si spacca e attraverso gli squarci la luce
penetra nel Tartaro, atterrendo con Proserpina il re degli Inferi.
Il mare si contrae e dove c'era l'acqua, ora vi sono
distese d'arida sabbia; e i monti, dissimulati nei fondali,
ora affiorano moltiplicando l'arcipelago delle Cicladi.
Negli abissi si rifugiano i pesci, e i delfini, che per natura
s'inarcano nell'aria, non s'azzardano più a balzare sull'acqua;
corpi esanimi di foche galleggiano riversi
a livello del mare;
[...]
Fetonte, con le fiamme che gli divorano i capelli di fuoco, precipita vorticosamente su sé stesso e LASCIA NELL'ARIA UNA LUNGA SCIA, COME A VOLTE UNA STELLA CHE SEMBRA CADERE, anche se in verità non cade, dal cielo sereno.
Lontano dalla patria, in un'altra parte del mondo,
l'accoglie l'immenso Erìdano, che gli deterge il viso fumante".
[Metamorfosi di Ovidio]

“Ma uno di quei sacerdoti, che era molto anziano, disse: Solone, Solone voi Greci siete sempre ragazzi, un vecchio fra i greci non esiste! All’udire queste parole, egli chiese: Ma che vuoi dire? Siete tutti spiritualmente giovani, - rispose - perché nelle vostre menti non avete nessun’antica opinione formatasi per lunga tradizione e nessuna conoscenza incanutita dal tempo. E il motivo è questo: avvennero e avverranno ancora per l’umanità molte distruzioni in molti modi, le più grandi con fuoco e l’acqua, e altre minori per infinite altre cause. Quel fatto che si racconta anche fra voi, ossia che un tempo FETONTE, figlio di Elios, dopo aver aggiogato il cocchio di suo padre, non fu capace di guidarlo sulla via tracciata dal padre e per questo bruciò le regioni terrestri e morì lui stesso folgorato, viene narrato in forma mitica; ma la verità è la deviazione dei corpi che girano in cielo intorno alla terra e la combustione, a grandi intervalli di tempo, delle regioni terrestri per sovrabbondanza di fuoco. In quei momenti, chi abita sui monti e in luoghi alti e aridi è esposto alla morte più di quelli che abitano presso i fiumi e il mare: per noi il Nilo è provvidenziale per molti aspetti, e straripando ci libera anche in quelle circostanze da quest’inconveniente. Quando invece gli dei inondano la terra per purificarla con le acque, i pastori e i mandriani si mettono in salvo sui monti, ma gli abitanti delle vostre città vengono trascinati in mare dai fiumi”.
[Timeo, Platone, 22b-e]

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