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martedì 17 gennaio 2012

Le famose/famigerate Georgia Guidestones - non più di mezzo miliardo di umani sulla Terra




"Il Georgia Guidestones è un grande monumento in granito sito nella Contea di Elbert, in Georgia, USA. 
Su otto delle superfici maggiori è inciso un messaggio composto da dieci "regole", o consigli, in otto lingue moderne, una per ogni superficie. Un ulteriore messaggio, più breve, è inciso sui bordi della lastra di copertura della struttura, in quattro lingue antiche. La struttura è anche a volte detta la Stonehenge Americana.
Nel giugno del 1979 uno sconosciuto, sotto lo pseudonimo di R.C. Christian ingaggiò la ditta Elberton Granite Finishing Company per realizzare la struttura. Un'ipotesi popolare è che lo pseudonimo sia stato un tributo al leggendario fondatore del Rosacrocianesimo, Christian Rosenkreuz, del XIV secolo.
Sulle lastre del Georgia Guidestones sono incisi tre gruppi di scritte. 
Uno è il messaggio vero e proprio in dieci "regole", il secondo è una breve esortazione ad applicare le regole suddette, e il terzo è un insieme di informazioni sul monumento e il suo scopo.
Il primo gruppo è quello inciso sulle facciate dei quattro lastroni verticali. Consiste in dieci linee guida o direttive, espresse in otto lingue, una per ognuna delle otto superfici complessive. Girando attorno alla struttura in senso orario a partire dal Nord, i linguaggi sono: inglese, spagnolo, swahili, hindi, ebraico, arabo, cinese e russo.
Eccone il testo tradotto in italiano:
Mantieni l'Umanità sotto la soglia dei 500.000.000 di persone in perenne equilibrio con la natura.
Guida saggiamente la riproduzione, migliorando salute e diversità.
Unisci l'Umanità con una nuova lingua viva.
Domina passione, fede, tradizione e tutte le cose con la sobria ragione.
Proteggi popoli e nazioni con giuste leggi e tribunali imparziali.
Lascia che tutte le nazioni si governino internamente, e risolvi le dispute esterne in un tribunale mondiale.
Evita [di fare] leggi poco importanti e funzionari inutili.
Bilancia i diritti personali con i doveri sociali.
Apprezza verità, bellezza e amore, ricercando l'armonia con l'infinito.
Non essere un cancro sulla terra, lascia spazio alla natura, lascia spazio alla natura.
Sui quattro bordi a vista della lastra di copertura della struttura, è inciso un ulteriore breve messaggio nelle quattro lingue antiche (Babilonese, Greco antico, Sanscrito, e Geroglifici egiziani).
Traduzione: "Lascia che queste pietre-guida conducano a un'era della ragione."
FONTE:

venerdì 16 dicembre 2011

Michele Nardelli sulla Salva-Italia e sulla crisi globale




Sono molto d'accordo con quel che scrive Michele Nardelli
in occasione della discussione sulla Legge Finanziaria 2012.

Un solo appunto: la decrescita e la sobrietà non dovrebbero essere intese a scapito dell'espansione. L'umanità ha dimostrato nella storia evolutiva di essere spiritualmente espansiva, ma si è persa per strada (simbolicamente: la Caduta/Cacciata di Adamo ed Eva) e ha deciso di espandersi fisicamente (dominio sul creato e obesità).
Un discorso sul contenimento di noi stessi e sui limiti dovrebbe prima di tutto enfatizzare il punto che è un appello ad evolvere nella direzione giusta, non a devolvere/involvere, perché altrimenti l'istinto umano rifiuterà il messaggio (molto giustamente ed assennatamente).

Ritorno alla Terra - Intervento di Michele Nardelli
"L'autonomia come prerogativa per abitare i processi globali. La crisi finanziaria, demografica, ecologica. La crisi della politica. La necessità di un cambio di approccio nel pensiero come nei comportamenti. Ritornare alla terra. La declinazione del concetto di sobrietà. 

Nel suo celebre romanzo "Per chi suona la campana" Ernst Hemingway cita i famosi versi di "Nessun uomo è un'isola" di John Donne. John Donne era un poeta e religioso inglese vissuto fra la fine del 1500 e l'inizio del 1600, in tempi dunque piuttosto lontani dai nostri. 


Nessun uomo è un'isola

Nessun uomo è un'isola,
completo in sé stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
essa suona per te.

Se non lo è un uomo, figuriamoci se il Trentino è un'isola. Il Trentino è parte integrante dei processi nel quale è immerso, come parte di una comunità globale sempre più segnata dall'interdipendenza. Questo spiega - ed è naturale che sia così - perché il confronto sulla finanziaria della Provincia Autonoma di Trento assuma in questo contesto un profilo che va oltre in nostri piccoli confini. A testimonianza del fatto che oggi la dimensione sovranazionale e quella locale sono insieme decisive: per questo l'Europa è la nostra prospettiva politica.
E dovrebbe aiutarci a capire l'importanza di uno sguardo sul mondo. A che cosa servono le relazioni internazionali se non a questo? Lo dico a chi, in questa sede, si è chiesto a che cosa servono gli 11 milioni che investiamo nel capitolo sulla solidarietà internazionale. Anche se talvolta non ci riusciamo, perché piuttosto che "lo sguardo sul mondo" prevale la logica dell'aiuto per quanto importante...
Accanto a ciò ci dovrebbe aiutare a dotarci di una visione attenta verso gli effetti dell'interdipendenza sul nostro territorio. Non solo per i tagli, ma perché la crisi non conosce confini (ne abbiamo parlato pochi giorni fa nel confronto sul tema della presenza della criminalità organizzata in questa terra). E che ci deve far considerare l'autonomia come prerogativa, come strumento per abitare i processi globali, come occasione per costruire relazioni.
Costruire relazioni... Ad ottobre sono stato invitato a Casablanca a parlare della nostra autonomia, come spunto per affrontare la questione del Sahara Occidentale dilaniato da mezzo secolo di guerra. Di fronte ad un auditorio di oltre 200 persone - recentemente il Marocco ha introdotto l'autonomia nella sua nuova carta costituzionale - ho spiegato che l'autonomia non è un espediente per aggirare il problema, che l'autonomia (l'autogoverno) è più, non meno, dell'indipendenza (nel senso che si può avere l'indipendenza ma non l'autogoverno).
In questo quadro l'autonomia ci aiuta a stare al mondo, per conoscerci meglio e per comprendere lo straordinario valore di quel che abbiamo, che dobbiamo coltivare e studiare piuttosto che considerare una rendita di posizione o, peggio, una sorta di privilegio. E diventare cultura, una forma mentis, un approccio ai problemi.
All'inizio della sua relazione il presidente Dellai parla della crisi e dice "La crisi globale non è solo finanziaria ed economica. Si intreccia con un deficit complessivo di valori, di cultura, di politica, effetto di quel pensiero unico nel quale il successo senza condizioni e la forza senza limiti costituivano i riferimenti fondamentali".
Sono molto d'accordo. Abbiamo infatti a che fare con almeno tre aree di crisi, che dovremmo saper guardare come intrecciate fra loro.

1. La crisi finanziaria

Se ne parla molto, qualche volta vanvera. Tanto che ne abbiamo sottovalutato la natura, prima nell'incertezza di non averla saputa vedere per tempo, poi nell'averla letta come una crisi congiunturale, e non invece come la fine di un ciclo. Quel ciclo che ha prodotto la finanziarizzazione dell'economia, lo strapotere della finanza sull'economia, dell'economia di plastica sull'economia vera. E che ci affida un compito: quello di riportare la finanza alla sua funzione tradizionale. E' il tema che si sono posti gli indignados nel loro presidio simbolico di Wall Street, è lo stesso tema che si è posto e si pone Barack Obama ed è quello che ci poniamo quando facciamo appello ai soggetti della finanza trentina per far fronte al sostegno dell'economia del nostro territorio (e di cui parlo in uno degli ordini del giorno che mi vedono primo firmatario). Fin quando la dimensione finanziaria garantirà rendite notevolmente maggiori del profitto che può venire dal lavoro nessuno investirà sulle produzioni, sull'innovazione, sulla ricerca.

2. La crisi demografica

Una notizia è passata inosservata. Abbiamo raggiunto i 7 miliardi di esseri umani sul pianeta. E' nata Danica ed è paradossale che la disputa sia se il settemiliardesimo abitante della terra ha visto la luce a Manila o in un villaggio indiano e non ci si interroghi invece sulla prospettiva, visto che prima del 2030 saremo in 9 miliardi sul pianeta(soglia considerata il limite di sostenibilità agroalimentare). Ci vogliamo interrogare sul serio sulla sostenibilità? Sulla limitatezza delle risorse, sul fatto che si stanno compromettendo gli equilibri del pianeta, che stiamo tagliando la foresta amazzonica per produrre soia e carne? Vogliamo prendere atto che, a prescindere dalla crisi finanziaria, tutti dobbiamo fare un passo indietro? O pensiamo che ci siano al mondo persone che hanno fra loro diritti diversi?

3. La crisi ecologica

Perché non ci interroghiamo su come sta cambiando il clima? Non serve essere esperti, lo possiamo vedere, se lo vogliamo, nelle alluvioni della Liguria e della Sicilia. Il cambiamento del clima sulla Terra è vecchio quanto il pianeta: 4 miliardi e mezzo di anni, ma è nel XX secolo che si sono prodotti i cambiamenti ambientali più radicali ed è la prima volta che se ne ha la percezione nel corso della vita di una persona. Per rendersene conto basterebbe osservarli secondo il noto gioco di simulazione compiuto da un astronomo che ha provato a comprimere la storia del pianeta terra - 4 miliardi e mezzo di anni - sulla scala di un anno.

"Secondo questa simulazione, se a gennaio, su un braccio esterno della via lattea, si forma il Sole, a febbraio si forma la Terra, ad aprile i continenti emergono dalle acque, a novembre appare la vegetazione, a Natale si estingue il regno dei grandi rettili, alle 23 del 31 dicembre compare l'uomo di Pechino, a mezzanotte meno dieci l'uomo di Neanderthal, nell'ultimo mezzo minuto si svolge l'intera storia umana conosciuta, nell'ultimo secondo di questo mezzo minuto gli uomini si moltiplicano per tre o quattro volte e consumano quasi tutto quello che si era accumulato nei millenni precedenti".

C'è in realtà una quarta crisi, forse meno importante, ed è quella della politica. Il fatto che la politica ha smarrito la propria capacità di visione, la capacità di elaborare nuovi pensieri complessi dopo la fine delle ideologie novecentesche. La crisi della politica non è solo crisi della forma partito, è i n primo luogo crisi di pensiero e di visione. Zygmunt Bauman a Trento, nella sua Conservazione sull'educazione e nel suo confronto con alcuni studenti del Da Vinci ammoniva - di fronte alla grande massa di informazioni - sulla necessità di mettere a fuoco gli avvenimenti. E' il tema della formazione e della promozione delle nuove classi dirigenti, che non è un problema di rottamazione generazionale ma di elaborazione della storia, del recente passato, e del nostro predisporsi a passare la mano.
La politica (e non solo la politica) continua invece a rincorrere gli avvenimenti, come si trattasse di emergenze. Lo abbiamo visto anche nel 2011 quando abbiamo guardato al Mediterraneo senza comprendere quel che stava avvenendo, quella primavera che vedeva come protagonisti giovani, colti, senza simboli del ‘900. Il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani che ho l'onore di presiedere ha seguito passo passo, accompagnando la primavera in un cambiamento del Mediterraneo che riguarda anche noi, che ha coinvolto anche noi, perché il Mediterraneo è anche la nostra storia.

Si guarda il dito, non la luna. Tanto che affrontiamo anche la crisi finanziaria come un'emergenza, quando invece occorrerebbe un cambio di approccio. In questo senso non c’entra Berlusconi (che ha altre responsabilità ...): se è crisi strutturale, non sarà certo una manovra da 30 miliardi (venti netti) a salvare l'Europa. So bene che il quadro parlamentare è quello di prima, ma mi sarei aspettato qualcosa di diverso dal Governo Monti, il taglio ai 16,5 miliardi dei cacciabombardieri F35 ad esempio, e più fantasia.
Occorre qualcosa di più profondo della manovra attuale, bisogna aggredire i nodi che portano alla crisi. Non è nemmeno solo la Tobin tax (quello 0,1% di tassa sulle transazioni finanziarie che porterebbe un'entrata di 166 miliardi di dollari) che pure va fatta.
E' necessario in primo luogo una grande alleanza dell'economia reale ed è questo il tratto sul quale voglio insistere in questo intervento. Un'alleanza che vorrei prendesse il nome di "Ritorno alla terra". S'intitola così l'ultimo libro di Vandana Shiva, la cui prefazione di Carlo Petrini, l'inventore di Terra Madre, insiste sull'economia della natura. E' quello di cui parla Giuseppe De Rita, presidente del Censis, laddove ci parla di cultura terranea. Ed è quello che ci ha lasciato come testamento politico Andrea Zanzotto, il grande poeta da poco scomparso, quando ammoniva la sua terra, il Veneto, da cui si staccava con fatica pur essendo chiamato in ogni parte del mondo, quando accusava la sua terra di aver annientato la propria tradizionale cultura contadina.

Qui non si tratta di tornare al passato, bensì di ripensare lo sviluppo e soprattutto di pensare alla ricerca e alla tecnologia come fonte di liberazione dall'assoggettamento dell'uomo alla cosa.
Dobbiamo finalmente far nostra la cultura del limite. Lo dico anche ricordando che nel 2012 saranno passi quarant'anni dal rapporto "I limiti dello sviluppo" del Club di Roma. Quegli scienziati vennero allora accusati di catastrofismo e oggi li dovremmo riconoscere nella loro lungimiranza.
Dobbiamo ristrutturare il pensiero e ripensare i comportamenti. Tutti oggi parlano di sobrietà. Vorrei provare a declinare questa parola tanto di moda per riportarla al suo vero significato. Parlo della limitatezza delle risorse e dei beni comuni, di biodiversità (pensiamo alla scomparsa delle colture autoctone, delle specie animali e vegetali...), degli stili di vita e consumi, di etica nella ricerca (fin dove ci si può spingere ...), di nuova declinazione dei diritti in un contesto globale, di impronta ecologica e impatto ambientale  (penso al peso della CO2 nelle filiere lunghe), della natura dei confini e della conoscenza dell'altro, del conflitto generazionale, del limite come consapevolezza della finitezza delle nostre vite e infine della pace declinabile nella sobrietà (penso alla guerra del petrolio, dell'acqua, della terra).

In genere si associa la sobrietà alla povertà o alla miseria. Personalmente la voglio associare all'eleganza, allo stile e alla misura, alla bellezza. Una cultura, quella della sobrietà, che è peraltro connaturata a questa terra, tradizionalmente povera, che è stata di emigrazione. Una comunità tradizionalmente sobria e aperta, che ha nella sua storia tradizioni culturali importanti. Penso al diritto alla preghiera, ad esempio. Visto che si fa sempre riferimento alle tradizioni di questa terra, lo sapevate che nei primi anni del ‘900 durante l'impero austroungarico c'era a Trento una moschea con la quale si garantiva il diritto di culto ai soldati bosniaci di fede islamica?
Dobbiamo imparare a vivere in un contesto in cui ricominciamo a dare valore alle cose vere piuttosto che all'effimero, imparare a conoscere la storia (il secondo odg di cui sono primo firmatario sul polo archivistico), apprendere per conoscere, per il piacere di conoscere.
Ritornare alla terra, non vuol dire solo agricoltura che pure dobbiamo rimettere al centro della nostra economia, ma valorizzare le vocazioni del territorio. Molto è stato fatto, molto si deve fare. A cominciare dall'avere la consapevolezza del valore della nostra diversità che viene da tre aspetti:
in primo luogo dall'autonomia;
in secondo luogo dalla diversità della struttura economica (la cooperazione trentina come secondo soggetto economico dopo la PAT stessa);
in terzo luogo dalla coesione sociale che ci ha messi al riparo dallo spaesamento.

Al tempo stesso, non possiamo permetterci di vivere di rendita. Ritorno alla terra significa avere a cuore le vocazioni del territorio (storia), la coesione sociale (fare sistema nei territori, cosa non facile e vero ostacolo alla valorizzazione delle filiere corte; ma anche rimotivazione delle persone nel loro lavoro, a cominciare dalla pubblica amministrazione), la conoscenza (investimento sul sapere e sull'innovazione): sono queste le tre parole chiave del "ritorno alla terra". Investono il lavoro, la difesa del reddito, la tutela del territorio, la riforma della pubblica amministrazione, le nuove cittadinanze (su questo aspetto ho voluto riprendere in un apposito ordine del giorno l'appello del presidente Giorgio Napolitano quando ha parlato di mettere fine all'ingiustizia di quei bambini e ragazzi figli di genitori stranieri che sono nati in Trentino - e in Italia - ai quali non viene riconosciuta la cittadinanza).

L'anima di questa finanziaria? si chiedeva il consigliere Morandini. Rispondo con le parole di Massimo Cacciari: "Che cos'è fare politica se non dire al prossimo tuo che non è solo?".
Farlo con impegno, responsabilità, serietà, originalità di pensiero. Certo, c'è un quarto aspetto che ha contribuito a fare diverso il Trentino: se questa terra ha saputo essere diversa lo si deve anche alla sperimentazione politica che abbiamo saputo realizzare in questi anni. E che, personalmente, non considero un capitolo affatto chiuso".

lunedì 24 ottobre 2011

Avatar - nuove frontiere del grottesco e del totalitario



James Cameron si esprime in favore dell’ecoterrorismo in un’intervista a Entertainment Weekly:

E.W.: “Avatar is the perfect eco-terrorism recruiting tool.” (citano il commento di un critico che accusa Cameron di aver creato un prodotto che può servire a reclutare eco-terroristi)

James Cameron C: “Good, good. I like that one. I consider that a positive review. I believe in eco-terrorism.”



1. la violenza domina la Terra e Pandora. Avatar è un film molto violento. La foresta ed i cieli di Pandora sono popolati da bestie ferocissime, i Na'vi sono governati da una casta guerriera ed il nonno della protagonista aveva già sventato la loro estinzione per mano di non si sa bene chi (o comunque non l’ho capito io);

2. Cameron sputa in faccia ad animalisti, ambientalisti, pacifisti e riformisti contemporanei: siete dei perdenti, tra 150 anni la Terra sarà comunque un pianeta moribondo e l'umanità invece di trovare un altro posto in cui vivere viaggerà per anni nello spazio per estrarre minerali preziosissimi che peraltro non possono servire a salvarla dall’estinzione (premessa totalmente implausibile). I pochi esseri umani ragionevoli o si convertono in Na'vi oppure si sacrificano per loro. Il messaggio martellato in testa è: voi esseri umani siete dei bambini ignoranti ed autodistruttivi ed avete bisogno di qualcuno che vi dica cosa fare per il vostro bene prima che sia troppo tardi;

3. I Na'vi sono una società fortemente maschilista-patriarcale ed analfabeta dove le donne stanno a casa (nell'albero) a fare la calza, badare ai figli e forse raccogliere bacche. I maschi se la spassano ANDANDO A CAVALLO NELLA FORESTA PLUVIALE (;oDDDDDDDDDD), oppure domando con la forza degli pterodattili (però poi assicurano che è l’animale a scegliere…CERTO!);

4. Come ogni casta guerriera i suoi membri sono degli idioti. La scena della CARICA DI CAVALLERIA NELLA FORESTA PLUVIALE (;oDDDDDDDDDD) contro armi automatiche è rubata da “L'Ultimo Samurai”. In termini pratici è totalmente inutile e dissennata (l'unico scontro che conta si svolge in aria) ma descrive perfettamente l'etica fascista bushido dei guerrieri Na'vi: farsi massacrare inutilmente è romanticamente glorioso;

5. Nella società Na'vi non c'è molto da fare. Se sei un uomo cacci e ti infratti con una delle poche donne disponibili in mezzo alla foresta (col rischio di farti uccidere da qualche bestione o bestiolaccia). Se sei una donna cucini o t'infratti col tuo uomo. Si prega molto, si ascoltano le voci degli antenati come se fossero documentari LUCE. Si vola sugli pterodattili ma bisogna stare attenti a certi mostri volanti;

6. Chi doma un mostro volante ha l'uccello più grosso e potente e quindi in pratica diventa il capo di fatto e può sfruttare il capo ufficiale come interprete se non parla bene la lingua locale (classico elogio dell’umanitarismo imperialista in stile “il fardello dell’uomo bianco”);

7. Se sei stato prescelto da Eywa-Gaia, la divina sapienza, come Neo è stato prescelto dall'Oracolo in Matrix, allora stai sicuro che alla prima occasione ti lasceranno a terra in mezzo ad un incendio perché loro sì che venerano la saggezza sconfinata e lungimirante di Eywa!

8. E' sempre opportuno mettere a capo di ogni spedizione coloniale un ufficiale psicopatico che non vede l'ora di fare una pulizia etnica ed imporre la legge marziale nella colonia;

9. Perché gli umani devono proprio scavare sotto l'Albero Casa quando ci sono intere montagne volanti di unobtanium che da sole potrebbero far crollare il prezzo del minerale sulla terra? In tutta Pandora ci sono solo poche centinaia di Na'vi. E' davvero impossibile mettersi d'accordo?
10. Il panteismo piaceva molto ai dirigenti del Terzo Reich. E' un materialismo spirituale / spiritualismo materialista, la religione perfetta per una modernità che se ne infischia della trascendenza e crede che è giusto o sbagliato ciò che una maggioranza ritiene sia giusto o sbagliato. Non mi risulta che un solo popolo tribale sia panteista. Quel che è certo è che nessuno sciamano sarebbe panteista, però la "regina" Na'vi è una sciamana. Eywa è il nome di questo culto panteista, sul modello di Gaia (James Lovelock), incentrato sul postulato dell’esistenza di un legame elettromagnetico spirituale tra ogni organismo (internet organico) con l’Albero Anima come archivio planetario.



Bron Taylor ha pubblicato “Dark Green Religion: Nature spirituality and the Planetary Future” in cui auspica che il panteismo divenga una religione ed un’etica globale. Secondo lui una religione non deve necessariamente implicare la credenza in esseri divini non-materiali o in un’intelligenza cosmica. È sufficiente un sentimento di reverenza verso la terra e l’ecosfera e il timore per il giudizio implacabile della terra verso chi la molesta e tormenta (sic!). Culto materialista. Taylor è convinto che in futuro la scienza fornirà quei parametri che consentiranno alla gente di raggiungere una comprensione spirituale dell’esistenza e dell’universo. Bizzarro come si definisca spirituale l’interconnessione e l’olismo organicista dei Na’vi: si tratta semplicemente di inserire una spina di alimentazione in una presa e stabilire un collegamento di un’interfaccia bioartificiale (chip) ai fasci nervosi. Non c’è nulla di moralmente rilevante nella realtà pandoriana. La natura è neutrale, amorale. Il sistema Eywa è un incubo distopico: tutto è controllato, monitorato, disciplinato da un apparato biologico onnipresente che ha il compito di mantenere un’armonia globale. Nessun pandoriano può ritenersi autonomo rispetto a Eywa, non c’è dunque autentica libertà. Il parallelo più efficace per i Na’vi non è quello con i nativi americani ma con i Borg. 



SCENARI FUTURI

La crisi delle religioni monoteiste porterà in auge una tanto ridicola quanto sinistra religione tecnoscientista - panteistica, eliocentrica e con aspirazioni assolutiste. Il tecno-shinto-buddhismo giapponese è il futuro, una "spiritualità" materialista che serve solo a mantenere l'ordine e la produzione, non certo a sviluppare l'eccellenza umana. Avatar ha già cominciato a riempire i vuoti lasciati sul campo dalle religioni istituzionali. E' solo il primo rivoletto. La piena la si scorge già in certi indirizzi teologici, nelle più recenti tendenze new age ed in certi discorsi dei politici. “Chi parla in nome della natura?” Una domanda stolta ed arrogante. Nessuno dovrebbe sentirsi autorizzato a farlo, ma l’impulso autoritario è duro a morire.

Stiamo assistendo ad un cambio di paradigma: molte persone sentono di poter venerare la natura ed il cosmo pur rimanendo incerti sull’esistenza di un creatore. La natura e la vita viste come un miracolo. I credenti dell’avatarismo sono convinti di essere gli unici ad aver davvero capito come stanno le cose, gli unici che rispettano e valorizzano la vita. Dopo l’evoluzionismo emerge una teologia evolutiva che descrive Dio (Essere Supremo) come l’interezza della realtà MATERIALE: gli esseri viventi sono polvere di stelle, particelle di un universo che sta prendendo coscienza di se stesso (si veda anche la trilogia di Philip Pullman, “dark matter”). Si decreta che una modalità dell’esistente sia l’unica espressione dell’esistente, come se questo potesse farci sentire meno soli, dispersi, in un vasto cosmo privo di senso e di empatia! Ma l’Avatarismo non offre scelte: l’alternativa è l’estinzione, perché non siamo più adattivi. Dobbiamo porci al servizio del benessere dell’ecosfera, che è un’estensione di noi stessi (cioè di Ego!).

Ecco l’inghippo: l’universo è un’estensione di noi stessi, noi siamo l’autentico divino, per questo ci dobbiamo prendere cura di lui. Ogni comportamento che conduce alla distruzione del mondo è autodistruttivo, perché il mondo è parte di noi. L’umano si fa divino e si autovenera. Il panteismo è una mescolanza di ateismo, narcisismo e biofilia che in realtà è necrofilia (distruggo tutto ciò che decido non essere in linea con la mia idea di universo).

Non può funzionare. È in contrasto con i fondamenti della fisica quantistica e con la realtà del nostro universo, che NON è un ecosistema interconnesso. Sono miliardi di anni che le frontiere dell’universo non sono causalmente interrelate e la distanza tra le galassie più remote si espande ad una velocità superiore a quella della luce (perché si allontanano tutte da un punto centrale in direzioni diverse, anche opposte). Dunque nulla di ciò che accade in questo settore dello spazio avrà alcuna influenza su di loro. Tra l’altro perché dovrei amare qualcosa che è del tutto indifferente alla mia esistenza? Rispetto, perché no? Ma amore?. Difficile amare un sasso. Posso ammirare una supernova o una cascata, ma amarle? Difficile amare delle forze vitali che non siano intelligenze spirituali, ma se sono spirituali allora non è più panteismo ma panenteismo. Panenteismo significa che l’essere Supremo, la sorgente di ogni entità spirituale, è contemporaneamente dentro e fuori l’universo:  l’anima conta molto più del corpo.

Il già citato Taylor, molto assennatamente, sottolinea i rischi di un cultismo che contrappone puro, incontaminato, intatto e sublime da un lato e impuro, inquinato, sconsacrato dall’altro. Segnala anche che diversi militanti verde-scuro si sono dimostrati indifferenti alle sorti delle minoranze marginalizzate (discendenti degli schiavi) e delle classi subordinate, che mai hanno avuto la possibilità di fare esperienza della natura selvaggia. La metà oscura include anche superbia e la tendenza a demonizzare gli avversari.



*****



James Cameron si esprime in favore dell’ecoterrorismo in un’intervista a Entertainment Weekly:

E.W.: “’Avatar’ is the perfect eco-terrorism recruiting tool.” (citano il commento di un critico)

James Cameron C: “Good, good. I like that one. I consider that a positive review. I believe in eco-terrorism.”

Non è un caso. Se l’unico valore è la conservazione dell’ecosfera, allora il relativismo etico (indifferenza morale) prevale. La pelle non è una frontiera etica rilevante, dunque tutta la creazione si trova in una condizione di uguaglianza etica: ogni cosa ha lo stesso valore ed utilità di ogni altra cosa ai fini della stabilità omeostatica del sistema. Un’ideologia politica radicale ma culturalmente conservatrice e spiritualmente passiva e rassegnata di fronte ad un sistema che non può essere cambiato ed il cui valore è più grande di quello delle parti che lo compongono (ingranaggi). Si ha un’inversione rispetto al panenteismo: in un ologramma ogni parte è equivalente rispetto al tutto, nel panteismo ogni singolo individuo è un ingranaggio all’interno di una più grande ingranaggio (la civiltà umana) che serve a far funzionare l’intero sistema e deve assolvere i suoi compiti. Chi sgarra mette a repentaglio tutto e va quindi eliminato. Il sistema è automatico ed autopoietico – un numero limitato di algoritmi può illustrarne il funzionamento – ma non ha uno scopo. Dunque la morte e la sofferenza non hanno alcun senso al di fuori del processo di autoperpetuazione (“Eterno Ritorno” nietzscheano), come non lo hanno il principio di giustizia, di equanimità, di clemenza. Anche l’idea di inquinamento è priva di significato. Per Lovelock l’inquinamento è energia degradata che serve a far andare il sistema. Tutto è già predeterminato, l’universo è regolato da leggi inviolabili, da meccanismi inarrestabili. Lovelock afferma che le regole sono fondamentali, la libertà è deleteria, le regole severe producono sempre stabilità. Gaia è dura ed implacabile, ed offre conforto a chi obbedisce alle regole, mentre è spietata verso chi le trasgredisce. L’unica cosa che conta è un pianeta adatto alla vita. Ma Lovelock crede comunque che ogni mente sia un sottosistema della Mente Universale e che un altro nome di Gaia possa essere Maria (sic!). Bizzarramente, la fusione in un unico sistema dei tre tradizionali domini dell’esistente – l’inorganico, l’organico ed il divino – si impregna di pseudo-misticismo. Naturalmente se il comportamento umano fosse descrivibile algoritmicamente, ossia fosse preprogrammato, non ci sarebbe alcuna prospettiva di cambiamento o redenzione, saremmo già condannati all’estinzione, un errore nell’universo, a meno che non intervenga qualcuno ad alterare la nostra biologia e neurologia.

Potete star certi che ci sarà sempre qualcuno che si offrirà come soluzione ad ogni nostro problema. Il Potere usa mille maschere benevole.

LINK UTILI
http://fanuessays.blogspot.com/2011/10/psicopatici-al-potere-conoscerli-per.html.