Visualizzazione post con etichetta Salva-Italia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Salva-Italia. Mostra tutti i post

lunedì 16 gennaio 2012

Della Luna sulla catena alimentare che vede la Germania un gradino sopra l'Italia




Non si è semplicemente gridato alla democrazia sospesa, o interrotta, e al colpo di stato. Media nazionali ed esteri hanno raccolto molti elementi indizi che l’impennata dello spread, la deposizione di Berlusconi, la nomina di Monti, l’instaurazione del suo governo etc. siano l’esecuzione di un piano preordinato, in cui la Germania ha giocato un ruolo chiave, da un lato mettendosi a vendere massicciamente i btp per farne impennare il rendimento, e dall’altra esigendo la sostituzione di governo mediante un colpo di palazzo. Un’estorsione politica internazionale, insomma. Molti vanno accusando Monti, e talvolta anche Napolitano come suo mentore e spalla, di tradire gli interessi nazionali perché fa una politica recessiva, diretta all’avvitamento fiscale, insostenibile già nel medio termine, e di tutto favore della Germania. Mi giunge persino voce che qualcuno abbia sporto denunce penali contro Monti e forse anche contro Napolitano, vagheggiando addirittura l’alto tradimento.

Vorrei qui chiarire le ragioni per le quali non ho mai aderito a tali accuse né a tale prospettazione dei fatti, che reputo insieme ingenue e ingiuste, perché non tengono conto dei reali (sia pur non pubblicamente riconoscibili) rapporti di forza internazionali, tra paesi “amici”. E dell’assenza di libertà di scelta. E del ruolo obbligato che il capo dello stato di un paese a sovranità limitata (perché vinto e occupato da 130 basi militari) svolge, nell’ordinamento internazionale, soprattutto in quello militare e finanziario, ossia quello di assicurare che il paese a sovranità limitata ottemperi ai suoi doveri verso paesi e potentati finanziari gerarchicamente sovrastanti. Un ruolo che va svolto per garantire l’unica forma realmente possibile di relativa autonomia e relativo benessere o non malessere. E soprattutto per preservare la pace, la stabilità in primis rispetto al rischio di una destabilizzazione interna.

In effetti la Germania è ben contenta che l’Italia resti nell’Euro, che si sveni per raggiungere i parametri che essa stessa le pone come condizione per restare nell’Euro. “Restate nell’Euro, maccheroni, e per farlo tagliate i redditi, colpite il risparmio, svenate l’economia reale, andate in recessione, come gli altri popoli inferiori, mentre noi alle nostre imprese diamo credito a basso costo per fare investimenti, espansione, innovazione e prenderci le fette di mercato che le vostre imprese lasciano libere, cessando l’attività per eccesso di tasse, di insoluti, di interessi passivi. La Germania resterà l’unica potenza industriale del continente, controllando anche l’industria francese che essa finanzia col suo attivo commerciale.” E ieri: “Bravo Monti, hai fatto fare all’Italia salti mortali, torna presto a Berlino, quando tutto sarà finito ti daremo la Croce di Ferro. Intanto ti diamo un poco di ossigeno per il Fondo Salvastati, ti abbassiamo un poco lo spread, ti esoneriamo dall’obbligo di ridurre del 20% l’anno la quota di debito pubblico eccedente il 60% del pil, però in cambio le nostre banche, finanziandosi all’1% presso la BCE, comperano i btp che rendono a noi, e costano a voi, il 5,6, 7 %, così vi dreniamo tutto il reddito che altrimenti potreste usare per risollevare la testa, voi popolo inferiore, negri bianchi! ”

Eh già, proprio questo è il risultato dell’incontro berlinese Monti-Merkel: il Nostro, con la sua manovra, ha tagliato i garretti all’economia italiana, così che la Germania è rassicurata che essa non possa risollevarsi e farle concorrenza o semplicemente recuperare una qualche autonomia strategica. Ottenuto ciò, la Merkel concede fondi per sostenere il btp, e insieme solleva la mannaia del vincolo di riduzione forzata del debito. In questo modo tiene in vita il governo italiano, evita che la situazione precipiti, per l’Italia, ossia che lo spread rimanga troppo alto, insostenibile, e che Monti debba fare manovre da 40 – 45 miliardi l’anno per ottemperare all’obbligo di riduzione del debito. La Merkel non ha concesso un aiuto all’Italia, ma ha semplicemente dato ossigeno al governo per consentirgli di portare a termine una politica che, col pretesto del rigore di bilancio, sta deindustrializzando l’Italia e così facendo gioco alle mire di Berlino. E presto, per far cassa, dovrà aggredire ulteriormente i risparmi delle categorie non forti. Perché l’Italia in recessione potrà tirare avanti entro l’Euro solo mangiandosi il risparmio con le tasse, e vendendo i beni e le aziende di pubblica proprietà.

Se si fosse andati avanti con lo spread in salita nonostante i tagli e le tasse, e in più con un’ulteriore manovra di 40 – 45 miliardi, in fase già recessiva, il paese si troverebbe, in pochi mesi, sottoposto a tali traumi e a tali minacce, che potrebbe insorgere ed esigere l’uscita dall’euro prima che sia ultimato il processo di eliminazione dell’industria nazionale, esigere il ritorno alla sovranità monetaria nazionale nel senso di una Banca d’Italia come era prima del 1982, ossia tenuta a comperare il debito pubblico a rendimenti modici e sostenibili, proteggendoci sia dall’aggiotaggio (speculazione ribassista) internazionale, come quello fatto da banche tedesche per scatenare l’impennata dello spread, che dal peso di tassi come quelli che paghiamo adesso. E potrebbe spingersi a pretendere che la banca centrale nazionale fosse pubblica, anziché privata. E poi naturalmente potrebbe fare come gli islandesi, ossia imporre di non pagare i debiti verso gli speculatori stranieri. Non so se sia chiaro, ma le nostre imprese stanno chiudendo a raffica, mandano una pioggia denunce di cessazione ai Comuni… dall’Euro usciremo in ogni caso, ma se usciamo adesso, usciamo con una struttura produttiva abbastanza consistente, mentre se ci sottoponiamo alla chemioterapia di Monti per restare nell’Euro, tireremo avanti ancora per qualche anno, poi ne cadremo fuori senza più un tessuto produttivo decente e vitale.

Ma lo sapete quale sarebbe la rata annuale di pagamento (ammortamento) del debito pubblico di 2.000 miliardi in 20 anni al tasso del 5%? Sarebbe di circa 180 miliardi! Cercate nel web un sito che faccia il calcolo del piano di ammortamento di un mutuo. E’ questo che non i media e le istituzioni non dicono MAI: che rimborsare il debito pubblico è impossibile – a meno di una brutale svalutazione dell’Euro. Il debito sovrano dell’eurozona non può essere ridotto, ma solo trasferito su paesi più deboli, che dovranno dar fondo ai loro redditi e ai loro risparmi per pagare non il capitale, ma gli interessi – per far quadrare i conti. Fino ad esaurimento. L’unica via di uscita è il ripudio del debito pubblico (e privato) detenuto dagli speculatori, in quanto ingiusto. Tutte le pompose storie di virtuosità, di rigore di bilancio, di tasse eque, vanno in pezzi, come frottole, davanti alla verità matematica. E con essa va in pezzi la credibilità delle “Autorità” che le gabellano.

Monti potrebbe fare altro da ciò che sta facendo? Napolitano poteva fare altro? Semplicemente, no. Il vertice della piramide dei poteri aveva già deciso e pianificato: la Fed (vedi audit GAO) aveva già messo a disposizione delle banche che ne sono proprietarie molte migliaia di miliardi di dollari a tasso pressoché nullo e senza scadenza di rimborso, in modo da consentire loro di comperare a costo zero gli asset (anche) europei, (anche) italiani, come confermava che stanno facendo il N.Y. Times del 26.12.11. Ossia, possono comperare a costo zero beni reali, redditizi, come aziende, impianti, immobili, btp, che a noi sono costati lavoro e tasse. E poi ne ricavano un reddito, in parte pagato da noi. Comperano a costo zero, per esempio, i nostri btp che rendono il 7%. Quindi si prendono una parte del nostro reddito nazionale. La Germania domina le istituzioni comunitarie, in cui ab origine la maggioranza assoluta dei funzionari sono tedeschi. Le sue banche sono in grado di mettere in ginocchio e ricattare ogni governo italiano alzandogli i rendimenti e agendo via BCE. Ecco: di fronte a questi evidenti rapporto di forza, del tutto impari e irresistibile, e di fronte a tali volumi di fuoco monetario, a simili piani di potenza e – diciamolo pure – di imperialismo, come si può pensare che un governo o un capo dello stato italiano abbia la possibilità di opporsi, o abbia un’autonomia? Al massimo potrà cercare di ottenere un minimo. Un paese come la Germania può ottenere qualcosa di più, ossia di collocarsi, nella catena alimentare, uno scalino sopra paesi come l’Italia, la Grecia e la stessa Francia. Ed è quello che succede.

Certo, in teoria Monti poteva tagliare i grandi sprechi della spesa pubblica, i carrozzoni inutili, l’assistenzialismo, le 25.000 poltrone di amministratori di società partecipate, gli sprechi della politica, di grande elusione fiscale, etc.; poteva destinare una parte del risparmiato a ridurre lo stock di debito, e una parte a finanziare la ripresa, lanciando in tal modo un segnale forte e strutturale – ma nella realtà ciò non si può fare perché altrimenti si perde il consenso, il sostegno e il voto di milioni di elettori e della partitocrazia, tutta o quasi. Potrebbe farlo soltanto un vero dittatore, che non avesse bisogno del consenso o non-dissenso partitico, clericale, mafioso, che si appoggiasse direttamente al popolo e alle forze armate. Ma questo è impensabile. Nella morsa dei due vincoli – quello dei potentati stranieri dominanti, e quello delle caste interne condizionanti – l’Italia e i suoi governanti non hanno scelta, e il paese, irriformabile, è condannato al marasma e alla liquidazione.

Marco Della Luna
12.01.2012

N.B. non può esistere un dittatore/monarca che non sia legato a filo doppio ai potentati. Chi continua a credere a questa fola lo può fare solo per ignoranza o stoltezza e questo blog non fa per lui o lei. Si rivolga altrove! 

domenica 1 gennaio 2012

Un mese di governo e Monti ha già bruciato buona parte del suo consenso




In trenta giorni di governo Monti ha perso il 18,1% del consenso. Ora solo poco più dell'11% degli Italiani è sicuro che "ci salverà dalla crisi". Il 30% circa non crede che lo farà/che ce la farà, una percentuale in crescita di quasi il 17%, nonostante il robustissimo ed incondizionato appoggio di quasi tutti i mezzi di informazione.
Non c’è da stupirsi che il discorso di Napolitano sia oggetto di attacchi su face book.
Quando un presidente della repubblica dice: "L'Italia può farcela" e poche ore dopo leggo: "Nel 2012 rincari per 2.103 euro a famiglia" (2mila euro!!!!!!!!!!!), l’unica reazione che mi viene è la ripulsa (la rabbia presuppone un interesse per il suo bersaglio).

Quello che sta accadendo in Italia e nel mondo è semplicemente disgustoso. 

venerdì 16 dicembre 2011

Tecniche di manipolazione - conoscerle per difendersi (parte prima)






Le scoperte delle scienze cognitive e della psicologia sociale sono molto utili per gli scopi di chi intende ritorcere contro gli esseri umani le vulnerabilità e le aberrazioni cognitive e comportamentali che li contraddistinguono.

lenire il dolore: la scomparsa del dolore significa felicità. Si ordina a qualcuno di gettare qualcun altro in un fiume e poi lo si recupera: salvando la sua vita, si conquista un’eterna gratitudine. Diventa quasi impossibile deprogrammare la vittima di questo salvataggio fasullo. Vale anche per le crisi economiche (generate). Si crea il problema, si offre una soluzione vantaggiosa per il manipolatore: problema – reazione – soluzione. Ripristinando l’ordine si ricevono come ricompensa gratitudine e fiducia;
disseminare un sentimento di commiserazione e condiscendenza nei confronti di chi dissente, che è ancora più efficace dell’odio. È arduo prendere sul serio le ragioni di chi è comunque destinato all’inferno, alla rovina, alla follia. Inoltre questa strategia ingenera un senso di superiorità intellettuale e morale tra le pecore del gregge. Classica è l’accusa di complottismo, che equivale ad un marchio di infamia e riduce alla condizione di appestato intellettuale chi ne è colpito (il complottismo è contagioso? Vade retro!);
capro espiatorio / strategia della distrazione: trovare una vittima designata (ebreo, rom, straniero, gay) concentrando su di essa l’insoddisfazione, la frustrazione, il risentimento della folla, che altrimenti si rivolgerebbe contro l’élite. Le masse possono arrivare ad essere grate a chi ha fornito loro un conveniente bersaglio per il loro scontento. Odiare fa stare meglio chi soffre;
elenchi di regole: indurre le pecore, cioè a dire gli esseri umani irreggimentati, a seguire quante più regole possibili (più materialiste e liberticide sono, meglio è). Devono arrivare a credere che l’osservanza delle regole li pone automaticamente dalla parte del giusto. Ciò produce gratificazione, quiete, mansuetudine che ipnotizzano ed intossicano le persone, mentalmente, emotivamente e fisicamente. Armonia = mansuetudine = controllo assoluto;
strumentalizzazione della naturale tensione verso la libertà: confondere gli animi tramutando la ricerca della libertà in una ricerca di espansività fisica: la crescita economica, l’estensione territoriale della patria, la moltiplicazione dei beni superflui, il gonfiarsi dei muscoli;
pacificazione ed unità: la gente tende a credere che unità ed integrità coincidano nella pace. Chi non crede ad una speciosa unità d’intenti imposta dall’alto è un’anima perduta, una pecora nera (cf. capro espiatorio o commiserazione);
sicurezza: il posto più sicuro in assoluto è una cella d’isolamento, ma molta gente è disposta ad accettare una condizione servile in cambio di un po’ meno ansia ed un po’ più di senso di sicurezza. Si legga la “Leggenda del Grande Inquisitore” di Dostoevskij per maggiori lumi. 
verità: ogni menzogna è efficace solo in virtù del fatto che contiene una parte di verità. Più potente questa verità (es. anelito verso la libertà), più ipnotica sarà l’illusione menzognera;
gradualità: mitridatizzazione (un po’ di veleno alla volta e ci si abitua) o rana nella pentola (butta una rana nell’acqua bollente e questa salterà fuori, fai bollire l’acqua con una rana dentro e questa si lascerà cuocere);
“doloroso ma necessario”: la gente crede all’esperto che assicura che è meglio fare un sacrificio oggi che soffrire di più domani (es. Manovra Salva-Italia). Fuori il dente, fuori il dolore;
emotività: far leva sull’emotività della gente inibisce il discernimento critico dei singoli e rende vulnerabili all’instillamento di idee ed archetipi manipolatori (cf. il film “Inception”);
sindrome del Grande Fratello: coltivare l’ignoranza, la superficialità, il culto per tutto ciò che è esteriore, dozzinale, vacuo ed il disprezzo per la cultura e le persone di cultura (anti-intellettualismo). La conoscenza protegge, l’ignoranza espone ad ogni sorta di pericolo e di manipolazione: informare per resistere;
dare la colpa alla gente per le cose che non vanno: La crisi socioeconomica è colpa della gente, non degli speculatori e dei politici consenzienti. Far leva sul senso di responsabilità. Chi si oppone è ignorante ed irresponsabile (es. la recente, patetica filippica di Ferdinando Adornato contro la Lega Nord e l’Italia dei Valori);

Per maggior dettagli su certe autolesionistiche inclinazioni umane e su come contrastarle:

Michele Nardelli sulla Salva-Italia e sulla crisi globale




Sono molto d'accordo con quel che scrive Michele Nardelli
in occasione della discussione sulla Legge Finanziaria 2012.

Un solo appunto: la decrescita e la sobrietà non dovrebbero essere intese a scapito dell'espansione. L'umanità ha dimostrato nella storia evolutiva di essere spiritualmente espansiva, ma si è persa per strada (simbolicamente: la Caduta/Cacciata di Adamo ed Eva) e ha deciso di espandersi fisicamente (dominio sul creato e obesità).
Un discorso sul contenimento di noi stessi e sui limiti dovrebbe prima di tutto enfatizzare il punto che è un appello ad evolvere nella direzione giusta, non a devolvere/involvere, perché altrimenti l'istinto umano rifiuterà il messaggio (molto giustamente ed assennatamente).

Ritorno alla Terra - Intervento di Michele Nardelli
"L'autonomia come prerogativa per abitare i processi globali. La crisi finanziaria, demografica, ecologica. La crisi della politica. La necessità di un cambio di approccio nel pensiero come nei comportamenti. Ritornare alla terra. La declinazione del concetto di sobrietà. 

Nel suo celebre romanzo "Per chi suona la campana" Ernst Hemingway cita i famosi versi di "Nessun uomo è un'isola" di John Donne. John Donne era un poeta e religioso inglese vissuto fra la fine del 1500 e l'inizio del 1600, in tempi dunque piuttosto lontani dai nostri. 


Nessun uomo è un'isola

Nessun uomo è un'isola,
completo in sé stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
essa suona per te.

Se non lo è un uomo, figuriamoci se il Trentino è un'isola. Il Trentino è parte integrante dei processi nel quale è immerso, come parte di una comunità globale sempre più segnata dall'interdipendenza. Questo spiega - ed è naturale che sia così - perché il confronto sulla finanziaria della Provincia Autonoma di Trento assuma in questo contesto un profilo che va oltre in nostri piccoli confini. A testimonianza del fatto che oggi la dimensione sovranazionale e quella locale sono insieme decisive: per questo l'Europa è la nostra prospettiva politica.
E dovrebbe aiutarci a capire l'importanza di uno sguardo sul mondo. A che cosa servono le relazioni internazionali se non a questo? Lo dico a chi, in questa sede, si è chiesto a che cosa servono gli 11 milioni che investiamo nel capitolo sulla solidarietà internazionale. Anche se talvolta non ci riusciamo, perché piuttosto che "lo sguardo sul mondo" prevale la logica dell'aiuto per quanto importante...
Accanto a ciò ci dovrebbe aiutare a dotarci di una visione attenta verso gli effetti dell'interdipendenza sul nostro territorio. Non solo per i tagli, ma perché la crisi non conosce confini (ne abbiamo parlato pochi giorni fa nel confronto sul tema della presenza della criminalità organizzata in questa terra). E che ci deve far considerare l'autonomia come prerogativa, come strumento per abitare i processi globali, come occasione per costruire relazioni.
Costruire relazioni... Ad ottobre sono stato invitato a Casablanca a parlare della nostra autonomia, come spunto per affrontare la questione del Sahara Occidentale dilaniato da mezzo secolo di guerra. Di fronte ad un auditorio di oltre 200 persone - recentemente il Marocco ha introdotto l'autonomia nella sua nuova carta costituzionale - ho spiegato che l'autonomia non è un espediente per aggirare il problema, che l'autonomia (l'autogoverno) è più, non meno, dell'indipendenza (nel senso che si può avere l'indipendenza ma non l'autogoverno).
In questo quadro l'autonomia ci aiuta a stare al mondo, per conoscerci meglio e per comprendere lo straordinario valore di quel che abbiamo, che dobbiamo coltivare e studiare piuttosto che considerare una rendita di posizione o, peggio, una sorta di privilegio. E diventare cultura, una forma mentis, un approccio ai problemi.
All'inizio della sua relazione il presidente Dellai parla della crisi e dice "La crisi globale non è solo finanziaria ed economica. Si intreccia con un deficit complessivo di valori, di cultura, di politica, effetto di quel pensiero unico nel quale il successo senza condizioni e la forza senza limiti costituivano i riferimenti fondamentali".
Sono molto d'accordo. Abbiamo infatti a che fare con almeno tre aree di crisi, che dovremmo saper guardare come intrecciate fra loro.

1. La crisi finanziaria

Se ne parla molto, qualche volta vanvera. Tanto che ne abbiamo sottovalutato la natura, prima nell'incertezza di non averla saputa vedere per tempo, poi nell'averla letta come una crisi congiunturale, e non invece come la fine di un ciclo. Quel ciclo che ha prodotto la finanziarizzazione dell'economia, lo strapotere della finanza sull'economia, dell'economia di plastica sull'economia vera. E che ci affida un compito: quello di riportare la finanza alla sua funzione tradizionale. E' il tema che si sono posti gli indignados nel loro presidio simbolico di Wall Street, è lo stesso tema che si è posto e si pone Barack Obama ed è quello che ci poniamo quando facciamo appello ai soggetti della finanza trentina per far fronte al sostegno dell'economia del nostro territorio (e di cui parlo in uno degli ordini del giorno che mi vedono primo firmatario). Fin quando la dimensione finanziaria garantirà rendite notevolmente maggiori del profitto che può venire dal lavoro nessuno investirà sulle produzioni, sull'innovazione, sulla ricerca.

2. La crisi demografica

Una notizia è passata inosservata. Abbiamo raggiunto i 7 miliardi di esseri umani sul pianeta. E' nata Danica ed è paradossale che la disputa sia se il settemiliardesimo abitante della terra ha visto la luce a Manila o in un villaggio indiano e non ci si interroghi invece sulla prospettiva, visto che prima del 2030 saremo in 9 miliardi sul pianeta(soglia considerata il limite di sostenibilità agroalimentare). Ci vogliamo interrogare sul serio sulla sostenibilità? Sulla limitatezza delle risorse, sul fatto che si stanno compromettendo gli equilibri del pianeta, che stiamo tagliando la foresta amazzonica per produrre soia e carne? Vogliamo prendere atto che, a prescindere dalla crisi finanziaria, tutti dobbiamo fare un passo indietro? O pensiamo che ci siano al mondo persone che hanno fra loro diritti diversi?

3. La crisi ecologica

Perché non ci interroghiamo su come sta cambiando il clima? Non serve essere esperti, lo possiamo vedere, se lo vogliamo, nelle alluvioni della Liguria e della Sicilia. Il cambiamento del clima sulla Terra è vecchio quanto il pianeta: 4 miliardi e mezzo di anni, ma è nel XX secolo che si sono prodotti i cambiamenti ambientali più radicali ed è la prima volta che se ne ha la percezione nel corso della vita di una persona. Per rendersene conto basterebbe osservarli secondo il noto gioco di simulazione compiuto da un astronomo che ha provato a comprimere la storia del pianeta terra - 4 miliardi e mezzo di anni - sulla scala di un anno.

"Secondo questa simulazione, se a gennaio, su un braccio esterno della via lattea, si forma il Sole, a febbraio si forma la Terra, ad aprile i continenti emergono dalle acque, a novembre appare la vegetazione, a Natale si estingue il regno dei grandi rettili, alle 23 del 31 dicembre compare l'uomo di Pechino, a mezzanotte meno dieci l'uomo di Neanderthal, nell'ultimo mezzo minuto si svolge l'intera storia umana conosciuta, nell'ultimo secondo di questo mezzo minuto gli uomini si moltiplicano per tre o quattro volte e consumano quasi tutto quello che si era accumulato nei millenni precedenti".

C'è in realtà una quarta crisi, forse meno importante, ed è quella della politica. Il fatto che la politica ha smarrito la propria capacità di visione, la capacità di elaborare nuovi pensieri complessi dopo la fine delle ideologie novecentesche. La crisi della politica non è solo crisi della forma partito, è i n primo luogo crisi di pensiero e di visione. Zygmunt Bauman a Trento, nella sua Conservazione sull'educazione e nel suo confronto con alcuni studenti del Da Vinci ammoniva - di fronte alla grande massa di informazioni - sulla necessità di mettere a fuoco gli avvenimenti. E' il tema della formazione e della promozione delle nuove classi dirigenti, che non è un problema di rottamazione generazionale ma di elaborazione della storia, del recente passato, e del nostro predisporsi a passare la mano.
La politica (e non solo la politica) continua invece a rincorrere gli avvenimenti, come si trattasse di emergenze. Lo abbiamo visto anche nel 2011 quando abbiamo guardato al Mediterraneo senza comprendere quel che stava avvenendo, quella primavera che vedeva come protagonisti giovani, colti, senza simboli del ‘900. Il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani che ho l'onore di presiedere ha seguito passo passo, accompagnando la primavera in un cambiamento del Mediterraneo che riguarda anche noi, che ha coinvolto anche noi, perché il Mediterraneo è anche la nostra storia.

Si guarda il dito, non la luna. Tanto che affrontiamo anche la crisi finanziaria come un'emergenza, quando invece occorrerebbe un cambio di approccio. In questo senso non c’entra Berlusconi (che ha altre responsabilità ...): se è crisi strutturale, non sarà certo una manovra da 30 miliardi (venti netti) a salvare l'Europa. So bene che il quadro parlamentare è quello di prima, ma mi sarei aspettato qualcosa di diverso dal Governo Monti, il taglio ai 16,5 miliardi dei cacciabombardieri F35 ad esempio, e più fantasia.
Occorre qualcosa di più profondo della manovra attuale, bisogna aggredire i nodi che portano alla crisi. Non è nemmeno solo la Tobin tax (quello 0,1% di tassa sulle transazioni finanziarie che porterebbe un'entrata di 166 miliardi di dollari) che pure va fatta.
E' necessario in primo luogo una grande alleanza dell'economia reale ed è questo il tratto sul quale voglio insistere in questo intervento. Un'alleanza che vorrei prendesse il nome di "Ritorno alla terra". S'intitola così l'ultimo libro di Vandana Shiva, la cui prefazione di Carlo Petrini, l'inventore di Terra Madre, insiste sull'economia della natura. E' quello di cui parla Giuseppe De Rita, presidente del Censis, laddove ci parla di cultura terranea. Ed è quello che ci ha lasciato come testamento politico Andrea Zanzotto, il grande poeta da poco scomparso, quando ammoniva la sua terra, il Veneto, da cui si staccava con fatica pur essendo chiamato in ogni parte del mondo, quando accusava la sua terra di aver annientato la propria tradizionale cultura contadina.

Qui non si tratta di tornare al passato, bensì di ripensare lo sviluppo e soprattutto di pensare alla ricerca e alla tecnologia come fonte di liberazione dall'assoggettamento dell'uomo alla cosa.
Dobbiamo finalmente far nostra la cultura del limite. Lo dico anche ricordando che nel 2012 saranno passi quarant'anni dal rapporto "I limiti dello sviluppo" del Club di Roma. Quegli scienziati vennero allora accusati di catastrofismo e oggi li dovremmo riconoscere nella loro lungimiranza.
Dobbiamo ristrutturare il pensiero e ripensare i comportamenti. Tutti oggi parlano di sobrietà. Vorrei provare a declinare questa parola tanto di moda per riportarla al suo vero significato. Parlo della limitatezza delle risorse e dei beni comuni, di biodiversità (pensiamo alla scomparsa delle colture autoctone, delle specie animali e vegetali...), degli stili di vita e consumi, di etica nella ricerca (fin dove ci si può spingere ...), di nuova declinazione dei diritti in un contesto globale, di impronta ecologica e impatto ambientale  (penso al peso della CO2 nelle filiere lunghe), della natura dei confini e della conoscenza dell'altro, del conflitto generazionale, del limite come consapevolezza della finitezza delle nostre vite e infine della pace declinabile nella sobrietà (penso alla guerra del petrolio, dell'acqua, della terra).

In genere si associa la sobrietà alla povertà o alla miseria. Personalmente la voglio associare all'eleganza, allo stile e alla misura, alla bellezza. Una cultura, quella della sobrietà, che è peraltro connaturata a questa terra, tradizionalmente povera, che è stata di emigrazione. Una comunità tradizionalmente sobria e aperta, che ha nella sua storia tradizioni culturali importanti. Penso al diritto alla preghiera, ad esempio. Visto che si fa sempre riferimento alle tradizioni di questa terra, lo sapevate che nei primi anni del ‘900 durante l'impero austroungarico c'era a Trento una moschea con la quale si garantiva il diritto di culto ai soldati bosniaci di fede islamica?
Dobbiamo imparare a vivere in un contesto in cui ricominciamo a dare valore alle cose vere piuttosto che all'effimero, imparare a conoscere la storia (il secondo odg di cui sono primo firmatario sul polo archivistico), apprendere per conoscere, per il piacere di conoscere.
Ritornare alla terra, non vuol dire solo agricoltura che pure dobbiamo rimettere al centro della nostra economia, ma valorizzare le vocazioni del territorio. Molto è stato fatto, molto si deve fare. A cominciare dall'avere la consapevolezza del valore della nostra diversità che viene da tre aspetti:
in primo luogo dall'autonomia;
in secondo luogo dalla diversità della struttura economica (la cooperazione trentina come secondo soggetto economico dopo la PAT stessa);
in terzo luogo dalla coesione sociale che ci ha messi al riparo dallo spaesamento.

Al tempo stesso, non possiamo permetterci di vivere di rendita. Ritorno alla terra significa avere a cuore le vocazioni del territorio (storia), la coesione sociale (fare sistema nei territori, cosa non facile e vero ostacolo alla valorizzazione delle filiere corte; ma anche rimotivazione delle persone nel loro lavoro, a cominciare dalla pubblica amministrazione), la conoscenza (investimento sul sapere e sull'innovazione): sono queste le tre parole chiave del "ritorno alla terra". Investono il lavoro, la difesa del reddito, la tutela del territorio, la riforma della pubblica amministrazione, le nuove cittadinanze (su questo aspetto ho voluto riprendere in un apposito ordine del giorno l'appello del presidente Giorgio Napolitano quando ha parlato di mettere fine all'ingiustizia di quei bambini e ragazzi figli di genitori stranieri che sono nati in Trentino - e in Italia - ai quali non viene riconosciuta la cittadinanza).

L'anima di questa finanziaria? si chiedeva il consigliere Morandini. Rispondo con le parole di Massimo Cacciari: "Che cos'è fare politica se non dire al prossimo tuo che non è solo?".
Farlo con impegno, responsabilità, serietà, originalità di pensiero. Certo, c'è un quarto aspetto che ha contribuito a fare diverso il Trentino: se questa terra ha saputo essere diversa lo si deve anche alla sperimentazione politica che abbiamo saputo realizzare in questi anni. E che, personalmente, non considero un capitolo affatto chiuso".

giovedì 15 dicembre 2011

No all'abolizione delle province - L'esempio greco



Condivido punto per punto le considerazioni di Paolo Hutter (lettera a Repubblica, 15 dicembre 2011) sulla questione dell’ipotetica abolizione delle province italiane:
“La manovra del Governo conto le Province crea più problemi di quelli che risolve e si sta impantanando a causa delle sue inevitabili contraddizioni legislative e costituzionali. Ma come si fa a pensare di abolire un’istituzione storica come quella delle Province tramite un decreto economico? Per risparmiare pochi milioni, poi.
In tutti i paesi europei c’è un’istituzione geograficamente intermedia tra Regioni e Comuni e persino la Grecia per risparmiare “sui costi della politica” ha ridotto il numero delle Regioni, Province e Comuni tramite accorpamenti ma non si è sognata di abolirle. Le Province soffrono di mancanza di poteri e di altri mali, sono anche diventate un po’ troppe, ma sono mediamente la dimensione geografica ideale per politiche territoriali e ambientali moderne. E, comunque la si pensi in proposito, non si possono abolire né svuotare senza un confronto pacato, razionale ed approfondito, lontano da linciaggi”. 

L'Abolizione del Contante




SLATE, una rivista "liberal" di grande successo e di proprietà della Microsoft, fa balenare l'idea di abolire il denaro cartaceo per risolvere la crisi, prendendo spunto dalla cosiddetta “manovra Salva-Italia”, in particolare il progetto di abolire l’uso di contanti per transazioni superiori ai 1000 euro. 
L’autore trova che sarebbe opportuno che altre nazioni si rendessero conto dei benefici che derivano dall’eliminare tout court i contanti e lasciare che siano solo narcotrafficanti, spacciatori, evasori e criminali vari a farne uso. Più di tutto, sempre a suo dire, l’eliminazione dei contanti cancellerà il rischio recessivo. Infatti, continua l’autore, le banche centrali possono contrastare la recessione iniettando liquidità nel sistema economico per stimolarlo, tramite l’abbassamento dei tassi di interesse. Il problema odierno è che i tassi sono già così bassi che, come il Giappone del dopo-bolla, non si può scendere sotto lo zero. Il tasso non può scendere sotto zero a causa dell’esistenza dei contanti. In ogni istante i contanti in circolazione sono relativamente pochi rispetto al denaro digitalizzato. Ma se i tassi scendessero sotto zero, la cosa si tradurrebbe in una tassa per chi mantiene i soldi nel proprio conto in banca e a quel punto la gente preferirebbe metterli nel materasso. Cosa succederebbe, però, se non fosse possibile prelevare i soldi? Se le transazioni fossero tutte elettroniche, cosicché l’unica alternativa a tenere i soldi in un conto a tasso di interesse negativo fosse quello di spenderlo? Allora non ci sarebbero più depressioni. Troppa disoccupazione? Si abbassano i tassi sotto lo zero costringendo i risparmiatori a far circolare liquidità, facendo ripartire l’economia. Alcuni farebbero incetta di oro, diamanti e altri beni di lusso (rifugio). Ma anche questo servirebbe comunque a stimolare l’industria in quei settori ed il saggio investitore saprebbe che il prezzo dell’oro crollerebbe una volta che la recessione avesse termine e gli interessi salissero di nuovo (e chi lo dice? Nota mia). Oppure si potrebbe lasciar salire l’inflazione, cosa che avrebbe gli stessi effetti. L’autore però prevede che questa seconda opzione non piacerebbe alle élite economiche e politiche. “Togliere di mezzo i contanti, invece”, conclude l’autore, “è semplice ed elegante, e quindi succederà molto presto”.
*****
Ricapitolo le obiezioni dei commentatori:
* se non s’inventa un altro valore di scambio, questa strada metterà tutto il nostro denaro nelle mani di quei banchieri e ispettori governativi, ossia le stesse persone ed istituzioni che in questi anni hanno dimostrato di non meritare la nostra fiducia, visto che non hanno previsto la crisi quando diversi analisti li mettevano in guardia, non hanno saputo prendere dei provvedimenti adeguati, non hanno dimostrato di sapere che pesci pigliare, soprattutto non hanno mostrato la minima intenzione di punire i responsabili del collasso finanziario che ha innescato la recessione che ha sbriciolato le nostre società, quasi che fossero in combutta con loro. 
* cosa succederebbe nel caso di un colossale black-out?
* siete davvero disposti ad accettare che ogni transazione, fino all’acquisto più banale, sia tracciabile elettronicamente? Non voglio vivere in quel tipo di società.
* come si risparmiano i soldi per il pensionamento?
* il problema non è l’incetta di oro e diamanti, ma di terreni ed immobili, il che gonfia quelle bolle speculative che prima impediscono alle giovani generazioni di farsi una famiglia e poi, esplodendo, scatenano le crisi economiche planetarie.
* qualcuno pensa seriamente che la gente sarebbe pronta a depositare tutti i suoi soldi elettronicamente, senza l’opzione dei contanti, e dover pagare per questo servizio? Non penso proprio. L’unica reazione sarebbe una fuga dal sistema bancario ed una crisi di liquidità, ma senza risparmi non ci sarebbe alcuna rete di salvataggio.
* perché punire ulteriormente i risparmiatori, quasi fossero degli appestati, quando invece sono cittadini virtuosi che si comportano responsabilmente?
* in una società priva di contanti ciascun cittadino sarebbe una pedina di un ordine autoritario.
* le banche non controllano il nostro denaro, lo tengono per conto nostro, non possono sottrarcelo senza il nostro consenso. Gli interessi sono il sale dell’attività bancaria, perché fanno affluire liquidità che potrà essere prestato ad un certo interesse, generando un profitto, entro certi limiti. Questa è la ragione per cui se tutti ritirassero i loro soldi contemporaneamente ucciderebbero le banche. L’interesse serve appunto ad evitare questo tipo di fenomeno. Un altro modo per ottenere liquidità è chiederla alle banche centrali. Più basso è il tasso di interesse delle banche centrali, più convenienti saranno i loro prestiti. Se il tasso scendesse sotto lo 0, ad esempio a -1%, ciò significherebbe che per ogni 100 euro in prestito ne richiederebbe indietro 99. In questo modo le banche prosciugherebbero rapidamente le riserve delle banche centrali visto che, in pratica, guadagnerebbero soldi prendendoli in prestito e tenendosi l’eccedenza non restituita. Le stesse banche non farebbero mai calare il tasso di interesse sotto lo 0 perché, per la stessa ragione, chiuderebbero presto i battenti. Perciò starebbe alle banche centrali decidere se continuare a stampare denaro, producendo livelli inimmaginabili di inflazione, oppure affidarsi unicamente alle loro riserve, che non sono illimitate. In pratica, in ogni caso, un interesse negativo produrrebbe un cortocircuito del sistema.
* eliminare il contante non risolverebbe il problema basilare, che è l’eccessivo livello dei consumi in rapporto all’insufficienza degli investimenti. La maggior parte delle persone è avversa al rischio d’investimento e la storia non sembra darle torto. Servirebbero lezioni di investimento per tutti, così i cittadini riuscirebbero ad evitare di farsi imbrogliare e non considererebbero rischioso un comportamento che persone più competenti trovano assolutamente normale, come l’imprenditoria o l’investimento in un’azienda.
* le recessioni come questa si risolvono punendo i crimini dei colletti bianchi e contrastando disoccupazione e sottoimpiego. La crisi è cominciata con il lobbismo delle grandi aziende che hanno usato il nostro denaro per influenzare i politici e far rimuovere le leggi a tutela dei cittadini.
* ecco un altro piano per riequilibrare l’economia sulle spalle di quelli che se lo possono permettere di meno e che sono i meno responsabili di quel che è successo, avvantaggiando i privilegiati.
* l’autore forse si è perso gli ultimi decenni di storia economica e l’ultimo decennio del diciannovesimo secolo e gli anni Venti e perciò gli è sfuggito che le bolle speculative a cui affida il suo progetto sono contemporaneamente il sintomo e la causa dei problemi, non la soluzione.
* questo articolo doveva presentare i benefici di una società che non impieghi i contanti ma ha finito per terrorizzarmi. La cosa che più mi spaventa è che l’autore non sembra rendersi conto che il mondo che descrive è una schiavitù, un mondo in cui sei obbligato ad affidare le tue risorse alle banche e, ogni volta che arriva una recessione, perché arriva sempre, le banche centrali abbasseranno il tasso di interesse per costringere la gente a spendere i propri risparmi o rischiare di perderli, senza avere alcuna alternativa. Devo ammettere che solo una persona molto particolare potrebbe entusiasmarsi per una società del genere, in cui se un cittadino non gode dei favori delle autorità basta congelare il suo conto e bloccare ogni tipo di transazione. Spero di essere morto e sepolto prima che una cosa del genere divenga realtà. Spero che non lasceremo ai nostri figli una società di questo tipo. Non sono un attivista politico ma credetemi quando dico che preferirei morire cercando di impedire alle élite di condannare i nostri figli alla schiavitù finanziaria.

PER APPROFONDIRE