mercoledì 16 novembre 2011

Eurozombie




 “Enfin il est parti, le clown”, scrive a Michele Serra il suo cugino canadese (che farebbe meglio a preoccuparsi di Harper). Gli italiani hanno salutato con grande entusiasmo il cambio politico incapace - tecnocrate ortodosso. Si accettano scommesse su quanto durerà la luna di miele. Io penso che con l’inizio dell’anno prossimo gli umori saranno ben diversi. 
Per il momento solo in pochi sembrano aver accettato l’idea che siamo in chiusura di partita e che sarà un finale repentino e funesto (ma anche eccitante, in un certo senso). L’eurozona è moribonda e, a prescindere dai costi che comporta la sua dissoluzione, quest’ultima è inevitabile.
Paul Mason, pluripremiato editorialista economico della BBC, in un confronto pubblico con Gillian Tett del Financial Times, rivela: “Mi sono pervenuti degli studi bancari e le simulazioni producevano risultati così spaventosi che ho deciso che non si poteva riferirlo all’opinione pubblica senza seminare il panico”.
Una sintesi delle sue opinioni: quella greca è solo una tregua politica e potrebbe non tenere. La popolazione non si è ancora rivoltata solo perché i due partiti maggiori hanno ancora il controllo delle rispettive basi elettorali. Il governo Monti farà tirare un sospiro di sollievo che non durerà per più di un mese. Nei prossimi mesi si tornerà a parlare di protezionismo. Il costo del crollo dell’eurozona sarà catastrofico ma non per questo si potrà evitarlo. L’euro è già defunto. La Grecia non potrà fare altro che dichiararsi insolvente ed abbandonare l’eurozona. L’Irlanda forse si salverà per diventare un secondo Principato di Monaco, molto più grande. Il Portogallo non conta, non è sistemico, così tutti giochi si chiuderanno in Italia. I debiti non saranno ripagati ma la società ha il diritto di poter discutere quale strada prendere – quella di intaccare i risparmi o proclamare un giubileo dei debiti (cancellazione universale), come si faceva in Mesopotamia. Tutti hanno il diritto di discuterne perché le implicazioni sociali sono evidenti. È possibile che il Regno Unito aderisca ad un Euro Nordico. Più probabile è che lo faccia la Scozia. L’altra dibattente conclude il suo intervento prevedendo sommovimenti tettonici radicali che trasformeranno l’orizzonte europeo in maniera significativa e che potrebbero svolgersi molto più rapidamente di quanto la gente possa immaginarsi.
Se l’idea è quella di mettere in atto programmi di austerità in una fase di peggioramento degli standard di vita, aumento della disoccupazione, restringimento del welfare (servizi alle famiglie) e stasi o recessione economica, allora bisognerà mettere in conto disordini sociali su vastissima scala. In Irlanda, Grecia, Italia e specialmente in Spagna, dove la disoccupazione è al 23%, le obbligazioni sono già al 6% e sta per giungere al potere il leader di destra più reazionario dai tempi di Francisco Franco:
Che sarà affiancato da un superministro dell’economia scelto da, indovinate un po’, la Banca Centrale Europea:
“Si chiama José Manuel Gonzalez-Paramo, è un importante economista spagnolo e, soprattutto, membro del board della Bce di Mario Draghi. Se la notizia sarà confermata, dimostrerà il desiderio della Bce di controllare da molto vicino i conti dei paesi europei a maggior rischio”. 
Mentre in Italia la stampa è quasi uniformemente allineata al verbo ufficiale, nel Regno Unito si moltiplicano le critiche, come quelle di Daniel Hannan:
Quella di Fraser Nelson, “Europe’s hit squad”, The Spectator, 12 November:
che constata come i proponimenti della Merkel – occorre essere pronti ad agire più rapidamente ed in modi non convenzionali – e le esortazioni di Barroso – in Grecia serve una coalizione – siano sintomatici di una costante, cospicua diminuzione delle sovranità nazionali, che la Commissione Europea ormai rispetta solo a parole, non nei fatti. A farne le spese sono stati prima Papandreu e poi Berlusconi, che governava una nazione che, a parte gli interessi sul debito, era ed è ancora prospera, con uno degli avanzi primari più importanti del mondo tra le economie “avanzate”, un risparmio privato colossale, un debito pubblico stabilizzato. Nulla al confronto del Regno Unito, in cui il debito pro-capite è doppio rispetto all’Italia:
Nelson conclude la sua analisi spiegando che “quando gli imperi crollano, può succedere all’improvviso”.
C’è infine la critica di Ambrose Evans-Pritchard, in “Utopian Germans risk full-blown EMU depression”, The Telegraph, 15 novembre 2011:
…che ricapitolo in italiano: Francia e Belgio sono avviate al taglio del loro rating. Gli esperti della banca elvetica Pictet ammoniscono che la ricetta tedesca è esattamente quella che ha causato la Depressione negli anni Trenta del secolo scorso e condurrà al disastro. La BCE ha già affermato nel modo più esplicito possibile che l’Italia se la deve cavare da sola. La Merkel e il ministro delle finanze Wolfgang Schauble spingono per una riconfigurazione dell’Unione Europea nel senso degli Stati Uniti d’Europa.
Evans-Pritchard aggiunge che non possono ancora spingere sull’acceleratore solo perché la corte costituzionale tedesca proibisce allo stato tedesco di delegare ulteriori prerogative di sovranità a Bruxelles. Il presidente della Corte Costituzionale, Andreas Vosskuhle, ha spiegato che, per istituire un’Europa federale “la Germania dovrebbe darsi una nuova costituzione e servirebbe un referendum”. Questo piano ha però prodotto una frattura all’interno dei Cristiano-Democratici. La prospettiva di un superstato europeo è ferocemente avversata dai Cristiano-Sociali bavaresi, una componente fondamentale della CDU. Una tale riforma richiederebbe una maggioranza di due terzi in entrambe le camere e la vittoria al voto referendario; tuttavia, al momento attuale, gli elettori tedeschi sono scettici e ci vorrebbero dai due ai tre anni per portare a termine una tale operazione, ipotizzando che tutto fili liscio. Certo, un aggravamento della situazione economica europea potrebbe fornire la tanto agognata “spintarella”.
Il Regno Unito è già mostruosamente indebitato (quasi il 500% del PIL, se si sommano debito pubblico, debito bancario, debito delle imprese, debito delle famiglie):
Perciò le isole britanniche saranno probabilmente tra i luoghi più caldi di Euro-America.
La gente è ancora tranquilla perché è stata abituata a privilegiare i beni di consumo rispetto ai suoi diritti. È bene non illudersi: molti Europei non avrebbero problemi a vivere in un sistema socio-politico come quello cinese, a patto che gli fosse garantito un certo tenore di vita. Ma questo, ormai, non è più possibile in Europa e negli Stati Uniti. Quando milioni di persone si troveranno con le spalle al muro e capiranno che le cose non si sistemeranno, che niente tornerà come prima e che non hanno più nulla da perdere, il contratto sociale tra masse e potenti sarà carta straccia.

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