Diverse
nazioni europee ed extra-europee stanno progressivamente perdendo qualunque
possibilità di beneficiare di una pur minima ripresa economica perché i loro
governi hanno imposto draconiane misure di austerità che non hanno ridotto il
debito ed hanno invece cancellato i mezzi con cui si poteva sperare di
ripagarlo. Al momento questa si configura come un’operazione suicida e infatti
le agenzie di rating hanno buon gioco nello spolpare le carcasse di queste
facili prede, sopprimendo qualunque residua speranza creditizia che potevano
avere.
La Grecia è
indebitata perché i governi greci, come i governi di altri paesi, hanno fatto
le cicale per alimentare il boom e restare al potere. La crisi globale ha poi
fatto arrivare tutti i nodi al pettine. Ma una grossa fetta del debito greco è
stata creata per sostenere le banche greche. Lo stesso discorso vale per gli
altri PIGS. Eppure le nazioni creditrici non sono messe molto meglio. Sono
state introdotte misure di austerità in Germania e Francia e quelle imposte al
Regno Unito dal proprio governo sono quasi paragonabili a quelle delle nazioni
fortemente debitrici (PIGS). Perché? I rispettivi governi affermano che la
colpa è degli stessi PIGS e che bisogna salvarli dalla bancarotta.
Ciò
tuttavia non corrisponde al vero, come dimostra il caso greco. I Tedeschi non
stanno soccorrendo i Greci per solidarietà paneuropea ma perché se la Grecia
fallisce il sistema bancario tedesco riceverà un colpo terribile, forse fatale,
essendo particolarmente esposto sia con l’amministrazione pubblica greca nei
suoi vari gangli, sia con le banche greche. Dunque i fatti indicano che i
Tedeschi stanno soccorrendo le proprie banche, non la Grecia. Lo stesso vale
per il Regno Unito nei confronti dell’Irlanda e della Francia nei confronti del
Portogallo. In pratica i soldi escono dalle tasche dei contribuenti “ricchi”
per affluire nelle banche delle loro nazioni, con una piccola, rapida
deviazione attraverso i PIGS.
Di chi è
la colpa? Ci viene detto che la colpa è dei PIGS, che hanno speso più di quello
che si potevano permettere e questo è certamente in parte vero. Ma la colossale
omissione è che le banche anglo-franco-tedesche (ed extra-europee) sapevano che
quei debiti non potevano essere ripagati – sono stati usati tutti i trucchi
contabili possibili per nascondere la reale entità dell’indebitamento dei PIGS,
fino a che non è emersa la verità in tutta la sua evidenza –, ma hanno comunque
deciso di concedere i prestiti, alimentando un circolo vizioso, come uno
spacciatore con i suoi clienti, presumibilmente nella certezza che, essendo “troppo
grandi per fallire”, i governi sarebbero intervenuti per salvarle, a spese dei
contribuenti, a beneficio dei consigli di amministrazione. Così i Tedeschi
hanno pagato molto di più per salvare le proprie banche di quanto abbiano
pagato per salvare la Grecia (senza averla salvata, peraltro) e, in ogni caso,
quel che daranno alla Grecia finirà nelle tasche dei loro banchieri.
Dunque si
tratta di capire quanto costerà ai cittadini salvare il sistema finanziario-bancario,
che non intende pagare lo scotto delle proprie azioni. È presto detto: il costo
per i cittadini è la perdita della sovranità nazionale a beneficio di piani di
austerità draconiana (uso questo termine avvedutamente: Dracone applicava la pena
di morte o la schiavitù ai debitori). È quel che è successo in questi mesi,
sotto la supervisione della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e
del Fondo Monetario Internazionale. Le misure contenute nel pacchetto di
riforme “energicamente raccomandate” comprendono l’aumento dell’IVA e la
riduzione delle imposte progressive – ossia la soppressione dei meccanismi
perequativi che stanno alla base di una democrazia –, la diminuzione del costo
del lavoro – ossia la contrazione del tenore di vita dei lavoratori –, il
taglio delle pensioni, la riduzione del salario minimo e dei sussidi di
disoccupazione e la revisione delle norme per la tutela dei diritti dei
lavoratori. In questo modo chi paga il conto della crisi sono lavoratori
dipendenti, pensionati e consumatori. I ricchi pagano meno tasse e il resto
della popolazione si ritrova con i generi di prima necessità a costo maggiore.
Come detto, è oggettivamente un programma folle, perché elimina qualunque
possibilità di rilancio dell’economia, ma evidentemente non è quello il reale
obiettivo. Infatti tutto questo non ha nulla a che fare con la democrazia ed è
terribile che proprio le dirigenze politiche di così tante democrazie le stiano
pugnalando alla schiena tradendo il mandato degli elettori.
D’altronde
la storia del Fondo Monetario Internazionale è la storia di un’istituzione
essenzialmente anti-democratica, intenta a favore la concentrazione del potere
politico-economico in poche mani “esperte” e “meritevoli” (plutocrazia) [cf.
Naomi Klein. Shock Economy. L'ascesa del capitalismo dei disastri, Rizzoli,
Milano 2007].
Quel che
prima è accaduto ai paesi in via di sviluppo ora succede ai “pezzi grossi”,
alle economie “avanzate”. Siamo giunti alla resa dei conti.
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2 commenti:
Caro Stefano,
ho scoperto da poco il tuo interessantissimo blog.
Ho già letto alcuni post e sono rimasta molto ben impressionata perciò sto partendo dai primi, anche se risalgono ad alcuni mesi fa, con l'intento di leggermeli tutti un po' alla volta.
Complimenti e a presto
Silvia
Richiederà un grande impegno. Spero che alla fine il giudizio sia: ne valeva la pena!
e una volta finito ti tocca il nuovo blog ;op
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