1. vi è un
risibile complotto di stampo hollywoodiano attribuito all'Iran, con tanto di
coinvolgimento del narcotraffico messicano (che evidentemente non ha niente di
meglio da fare che dichiarare guerra agli Stati Uniti), per uccidere un
diplomatico di importanza trascurabile e che poteva essere ucciso in mille
altri luoghi più agevoli e mille altri modi meno compromettenti;
2. Vi è
l'improvviso voltafaccia dell'agenzia internazionale per l'energia atomica
(Aiea),
che fino a
maggio (pochi mesi fa) escludeva categoricamente che si potesse stabilire un
uso bellico del programma atomico iraniano:
3. vi è la
dichiarazione davanti ad una commissione del senato americano (1 febbraio 2007)
di Zbigniew Brzezinski, uno dei massimi esperti di politica internazionale,
che: «L'esito finale di questa deriva sarà probabilmente un conflitto con
l'Iran e con gran parte del mondo islamico. Uno scenario plausibile di uno
scontro militare con l'Iran presuppone il fallimento [del governo] iracheno
nell’adempiere ai requisiti [stabiliti dall’amministrazione statunitense], con
il seguito di accuse all’Iran di essere responsabile del fallimento, e poi, una
qualche provocazione in Iraq o un atto terroristico negli Stati Uniti che sarà
attribuito all’Iran, [il tutto] culminante in un’azione militare “difensiva”
degli Stati Uniti contro l’Iran»
4. vi è la
dichiarazione del generale Wesley Clark, l'ex comandante generale dell'US
European Command, che comprendeva tutte le attività militari americane in
Europa, Africa e Medio Oriente: “Al Pentagono, nel novembre del 2001, feci una
chiacchierata con uno degli ufficiali superiori. Sì, stavamo ancora progettando
la guerra contro l’Iraq, ma c’era anche altro. Quel progetto faceva parte di un
piano quinquennale di campagne militari che comprendeva sette nazioni: a
partire dall’Iraq, per continuare con la Siria, il Libano, la Libia, l’Iran, la
Somalia e il Sudan. Il tono era indignato e quasi incredulo […] Cambiai
discorso, non erano cose che volevo sentire” (Wesley K. Clark, Winning Modern
Wars, p. 130).
Questa
guerra, programmata già da lungo tempo, avrà certamente conseguenze devastanti:
per le nubi radioattive che genererà (altro che Fukushima!), per il blocco del
Golfo Persico e delle forniture di petrolio (morte dell'economia occidentale,
giapponese e cinese), per il coinvolgimento di un numero imprevedibile di
nazioni e le reazioni altrettanto imprevedibili del mondo arabo, specialmente
in Israele, Egitto e Turchia.
****
Articolo
del Washington Post che rende sempre più improbabile l'ipotesi del complotto
iraniano. Curioso, visto che si tratta del quotidiano dell'establishment per
antonomasia. A questo punto mi pare di poter dire che Obama e la Clinton stiano
facendo la figura dei fessi. Era questo l'obiettivo?
Juan Cole
(Richard P. Mitchell Collegiate Professor of History at the University of
Michigan) elenca le ragioni per cui "costui non può essere la risposta
iraniana a 007":
◦10. Arbabsiar era conosciuto a Chorpus Christi, in Texas,
“per essere un ridicolo demente”;
◦9. Probabilmente a causa di un accoltellamento subito nel
1982, soffriva di un disturbo della memoria a breve termine;
◦8. Perdeva continuamente il suo telefono cellulare;
◦7. Non trovava mai le chiavi;
◦6. Dimenticava continuamente il borsello e i documenti
nei negozi;
◦5. Era “praticamente disorganizzato”, ha sottolineato un
suo ex socio d’affari;
◦4. Nella sua attività di co-titolare di una rivendita di
auto usate, perdeva sempre i documenti di proprietà dei veicoli;
◦3. Arbabsiar, ben lungi dall’essere un fondamentalista islamico
sciita, pare sia stato un alcolista; il suo soprannome è “Jack” per la sua
passione per il whisky Jack Daniels;
◦2. Arbabsiar non solo abitualmente beveva all’eccesso, ma
si faceva di canne e andava a prostitute. Una volte disse ad alta voce in un ristorante
che sarebbe tornato in Iran, dove avrebbe potuto avere una ragazza per soli 50
dollari. Era un uomo rozzo e fu anche sbattuto fuori da alcuni locali;
◦1. Tutte le sue imprese d’affari sono fallite, una dopo l’altra.
Scrive
Amedeo Ricucci:
"Puzza
da morire questa storia del presunto complotto iraniano per uccidere l’ambasciatore
dell’Arabia Saudita a Washington. E stonano sia l’allarmismo con cui la notizia
è stata lanciata dai media mainstream, sia i toni duri con cui è stata
commentata, negli Stati Uniti e fra i suoi alleati sunniti nel Golfo Persico.
Non va infatti dimenticato che l’Iran è nel mirino delle potenze occidentali da
anni e rappresenta anzi il Nemico Perfetto su cui scaricare ogni tipo di
tensioni. Solo che, se serviva un pretesto per un’escalation (anche militare)
nei confronti di Teheran, forse bisognava cercare una smoking gun più
credibile.
Ad
esprimere seri dubbi sul complotto sventato dall’FBI è anche l’esperto di Iran
attualmente più accreditato, Vali Nasr, intervistato oggi da Vanna Vannuccini
per Repubblica. Questa storia, dice Nasr, contraddice totalmente la politica
iraniana degli ultimi dieci, quindici anni; una politica che non è mai stata
aggressiva, che non si è mai servita del terrorismo e che anche su un dossier
spinoso come quello nucleare ha dato prova di cautela. “E ora – si chiede Nasr
- l’Iran avrebbe preparato un attacco contro un target così sensibile come l’ambasciatore
saudita, che per di più è un uomo molto vicino al re? Sembra strano ed è chiaro
che dietro c’è la volontà di far salire il livello del conflitto”. Nasr ha
scritto il miglior libro in circolazione sulla Mezzaluna Sciita, LA RIVINCITA
SCIITA, ed è stato per anni consulente dell’Amministrazione Buh, non
sospettabile perciò di simpatie per il regime dei mullah.
Dalle
informazioni al momento disponibili – si legga il dossier - la storia fa acqua
da diverse parti. E sorge il sospetto che serva solo a rilanciare la paura dell‘Iran,
che ultimamente pare in forte calo. Potrebbe essere ad esempio una ritorsione
saudita (o un avvertimento) contro l’aiuto che Tehran ha dato nei mesi scorsi e
sta ancora dando ai fratelli sciiti che si sono rivoltati a Ryad, in Bahrein ed
in altri Paesi del Golfo. E’ questa l’ipotesi più credibile. Ma ce ne sono
altre che non vanno scartate: da quella israeliana – per uscire dall’isolamento
in cui si trova, Tel Aviv deve spostare l’attenzione sui propri nemici – a
quella interna all’amministrazione USA, che lavora da tempo per far precipitare
la crisi con Tehran. Tutto è possibile. Tanto l’Iran è il Nemico
Perfetto".
*****
"The
only people that would benefit from this would be the Israeli's and the
Saudis... and I think if I was looking at a counter intelligence operation to
decide where this information came from I'd be very interested to see if I
could find an Israeli hand, or Saudi hand... because in the long run Judge,
BOTH ISRAEL AND SAUDI ARABIA ARE MUCH MORE DANGEROUS ENEMIES THAN THE IRANIANS
ARE. The congress is crazy for war with Iran... listen to senator Graham, and
senator McCain and Joe Lieberman... they are owned by the Israeli's... the
Saudi's are very influential so when you look at these kind of things you have
to ask who would benefit from the war? THE ISRAELI'S AND THE SAUDI'S WOULD LOVE
TO SEE OUR MONEY AND OUR YOUNG MEN AND WOMEN BEING KILLED TO FIGHT THEIR
ENEMIES IN IRAN."
Michael
Scheuer, ex CIA, storico alla Georgetown University - 2011-10-13 su Fox News:
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