mercoledì 19 ottobre 2011

V è uno psicopatico ("V per Vendetta")




V era anche il nome delle armi naziste di rappresaglia (Vergeltungswaffen 1 e 2) lanciate sul sud dell’Inghilterra e poi sul porto di Anversa, a partire dal 1943.
Il terrorismo può mobilitare la popolazione – come vorrebbe farci credere il film – oppure sortisce l’effetto contrario? È moralmente accettabile seminare il terrore?
In sintesi il film si riduce a questo: L’eroe odia una tirannia che tortura ed elimina i suoi nemici o chi non si allinea. L’eroe, per combatterla, tortura ed elimina i suoi nemici o chi non si allinea. Non si nota alcuna differenza tra le due parti. Perché mettersi nelle mani di un “salvatore” del genere? V si giustifica spiegando che è stato il regime a disumanizzarlo, anche lui è un prodotto della violenza tirannica e non può agire diversamente. Dunque ammette di essere un automa, o un fantoccio, o comunque una persona che non è nella posizione di guidare un popolo alla riscossa e verso la libertà. Non è un partigiano liberatore, è un kamikaze. Ma si spaccia per liberatore. Evey gli dev’essere grata per essere stata rapita, tenuta prigioniera, ingannata, umiliata, picchiata e torturata, perché quello era l’unico modo per emanciparla dal sortilegio della paura del regime. Una persona che ragiona in questo modo è un mostro, un qualcuno che usa il pretesto della lotta contro un terribile nemico per gratificare i suoi desideri più bestiali e poi razionalizza i crimini che commette. Se Evey lo segue è solo perché è vittima della Sindrome di Stoccolma (o Sindrome di Giobbe), quel fenomenale e terrificante meccanismo della psiche umana che ci spinge a parteggiare per i nostri carnefici, ad identificarci con loro, a riverirli, a detestare i loro avversari (che in realtà sarebbero dei soccorritori). Primo Levi ci insegna che è successo anche nel luogo più improbabile di tutti, ad Auschwitz. Si ama ciò che si teme (Thanatos ed Eros sono intrecciati). Gli psicopatici ne approfittano sempre, ed incolpano le vittime della loro violenza (come la moglie o il figlio vittime di violenze domestiche che le giustificano e si convincono che sono meritate). Così nasce un legame psicologico deteriore e malato tra l’aguzzino e la vittima, completamente svuotata di autonomia psichica e che non può fare altro, se vuole rimanere viva, che cercare protezione in chi in quel momento assume, quasi letteralmente, gli attributi dell’onnipotenza. D’altronde gli psicopatici più di successo sono quelli che indossano la maschera della santità, proprio come V.
Chi giustifica V e lo ritiene comunque un eroe non è forse in grado di immedesimarsi a sufficienza nella situazione, di pensare come reagirebbe se fosse lui stesso o qualche persona a lui cara al posto di Evey. Ma per farlo serve una notevole dose di empatia, di immaginazione identificativa, simpatetica e non tutti ce l’hanno. Alcuni, perciò, preferiscono credere che il male vada combattuto con il male, perché il bene deve sottostare a troppe “regole d’ingaggio” e perciò non riuscirà mai a prevalere. Mi riesce difficile credere che un bene che si rende male per contrastare un altro male possa poi purificarsi, come se niente fosse. Questa motivazione sembra più che altro una trappola per ingenui benintenzionati. Ma anche accettando queste premesse logiche e morali, non si capisce perché un male minore possa prevalere su un male maggiore, dato che dovrà comunque regolamentarsi più di quest’ultimo, se non vuole diventare indistinguibile dal suo avversario.
Altri sottolineano che non ci sono alternative: quando uno non ha più niente da perdere, neppure la paura, finirà per combattere per la sua libertà con qualunque mezzo, perché libertà non è sicura, non è gentile, non è piacevole, finché non la si è ottenuta. Le forze che operano nel mondo sono incontrollabili: azione e reazione, violenza autoritaria e violenza libertaria. Sono processi al di là del bene e del male, che appartengono all’ambito della necessità. Ma V non si libera solo della paura, si libera anche della sua umanità e questo è un prezzo troppo alto da pagare. Non contento, sottopone Evey al medesimo trattamento da lui subito ad opera del regime.
Il motto di V è che la gente non dovrebbe avere paura dei governi, dovrebbero essere i governi a temere i cittadini. Si rifà ad una citazione attribuita a Thomas Jefferson: “quando i popoli hanno paura dei loro governi, c’è tirannia; quando sono i governi a temere I popoli, c’è libertà”. Peccato che la “Thomas Jefferson Foundation” non abbia mai trovato alcun indizio del fatto che Jefferson possa aver detto qualcosa del genere. Si tratta di una delle numerosissime citazioni apocrife di Jefferson che circolano in rete e che hanno completamente stravolto la percezione che la gente comune si è fatta del suo pensiero su molti temi.
Il messaggio del film è, complessivamente, inquietante: si può uccidere o usare violenza contro chiunque, se giudichi che il fine sia nobile. A quel punto ogni persona può diventare un mezzo senza che ciò corrompa la tua coscienza e degradi la tua morale. Violenza e sadismo sono razionalizzati, per rendere morale e seducente quel che non lo può essere. È come subire un sottile, inebriante, eccitante lavaggio del cervello. Si prende un qualcosa di universalmente condiviso (libertà civili) e gli si appunta sopra l’archetipo della violenza – l’eroe salvatore che interviene con una soluzione spiccia ma efficace: la libertà ha un valore così precipuo che si possono sacrificare le vite di molti se ciò permette di garantirla ai più (ma questa garanzia chi ce l’ha?). Anche i torturatori e i cecchini la pensano a quel modo: la loro non è una violenza indiscriminata e serve a spianare la strada al bene comune. Il film esplicita l’inganno di chi attende l’avvento di un messia-pastore che spieghi alle masse ovine cosa devono fare e prenda l’iniziativa. Abbiamo già avuto duci e fuehrer e lider maximi a sufficienza.
In breve, V è uno psicopatico, o un sociopatico (ossia una persona resa psicopatica da una serie di traumi) e il film non condanna le sue azioni, anzi le esalta, come esalta le “imprese” di Guy Fawkes, un terrorista fondamentalista ante-litteram. V infatti indossa la sua maschera, il volto di un cattolico protagonista di un complotto che intendeva far saltare la Camera dei Lord, uccidendo tra gli altri un sovrano relativamente tollerante per quei tempi, per poi effettuare un colpo di stato e restaurare il cattolicesimo come religione di stato, insomma una teonomia. Forse la religione era persino un pretesto per giustificare agli occhi della popolazione un cambio di regime prodotto da una lotta tra gruppi d’interesse. Fatto sta che, tradizionalmente, la popolazione inglese, il 5 novembre, festeggiava la sua sconfitta, non il suo “nobile martirio”.
Il vero eroe del film dovrebbe essere l’uomo che, senza maschere e senza anonimato, si espone e manifesta la sua disubbidienza civile, a costo della sua vita.
La visione del mondo di V è che chi lo segue è sostanzialmente buono e chi gli si oppone è malvagio e può essere ucciso. Il problema sono le istituzioni, non la natura umana. Per questo è convinto che distruggendole tutto si sistemerà. È edonista e nichilista ed evidenzia un errore di fondo: l'idea che se ci sono fascisti/nazisti oggi è solo perché non si sono fatti i conti con il passato ieri. Quest'idea presuppone che il fascismo sia un virus che vada debellato e che colpisce anche persone relativamente buone. Ma è una sciocchezza. Se ci sono nazifascisti oggi è perché la diversità umana contempla anche l'esistenza di indoli autoritarie, che poi diventano fasciste, naziste o comuniste a seconda delle circostanze. Berlusconi non è fascistoide perché non conosce la storia, è fascistoide perché è nella sua natura esserlo. Per la stessa ragione è assolutamente risibile credere che non ci sarà mai un'altra tirannia in Austria o Germania (o nelle nazioni che hanno combattuto il nazismo ed il comunismo). Questo è un pericoloso auto-inganno.
Non è assolutamente vero che il film fa pensare. Semmai è vero il contrario: spegne il cervello somministrando la minestrina insipida e velenosa dell’utilitarismo (il fine giustifica i mezzi) e della manipolazione simbolica (distruggi un simbolo e cambierai il mondo, diventerai un modello per tanti altri, le tue idee saranno immortali).

Idealista, un crociato contro l’ingiustizia e il dispotismo, oppure un terrorista, un nichilista autoritario come certi personaggi di Dostoevskij e Camus? La violenza è OK se credi di essere nel giusto: “io sono quello che di me hanno fatto” (con le loro sperimentazioni). Quali sono le idee a prova di bomba del nostro? Perché le idee dovrebbero essere più importanti degli esseri umani in carne ed ossa? Proclami e simbolismi non sono forse il pane quotidiano dei regimi dispotici? E perché una massa di persone mascherate dovrebbe essere in grado di creare istituzioni migliori di quelle distrutte dall’attentato? Perché la voce di Nessuno dovrebbe parlare a nome di Tutti?

Un film per adolescenti infatuati preferiscono la violenza ribelle e codarda alla matura disobbedienza di un Martin Luther King, che si eccitano con la fantasia virile della conversione della donna al proprio volere tramite imprigionamento ed abuso.
L’idea che un pugno di audaci avanguardisti possa guidare le masse verso un mondo migliore è una fantasia narcisistica, megalomane, elitista e misantropica, cioè perniciosa, corruttrice e spregevole. La rivoluzione diventa fine a se stessa, ha valore perché esiste. Nulla di diverso dal movimentismo perpetuo del nazisfascismo, l’oppio di una popolo che doveva essere tenuto sempre in guardia, sempre all’erta, sempre su chi vive.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Hai esaminato bene a fondo il film,credo che tu abbia sostanzialmente ragione,ma vedi, è facile identificarsi in un personaggio come V. Il discorso è semplice: "o soccombi o cerchi di far soccombere gli altri", non ci sono mezze misure.
In una società come quella di oggi,magari ci fosse un personaggio di questo tipo,avrebbe la mia ammirazione anche se fosse uno psicopatico. Che poi possa cambiare il mondo è fuori discussione,ma almeno farebbe fuori certe persone. E non ti sta parlando un adolescente ma un uomo che è stanco di subire sempre,sempre e sempre,e cercare di difendersi amando la vita...ma quando ti si chiudono tutte le porte e stai male..e chi non vive certe situazioni non può capire.e giudica. Il giudizio,la cosa più brutta che esiste,insieme all'indifferenza.

Francesco ha detto...

Hai esaminato bene a fondo il film,credo che tu abbia sostanzialmente ragione,ma vedi, è facile identificarsi in un personaggio come V. Il discorso è semplice: "o soccombi o cerchi di far soccombere gli altri", non ci sono mezze misure.
In una società come quella di oggi,magari ci fosse un personaggio di questo tipo,avrebbe la mia ammirazione anche se fosse uno psicopatico. Che poi possa cambiare il mondo è fuori discussione,ma almeno farebbe fuori certe persone. E non ti sta parlando un adolescente ma un uomo che è stanco di subire sempre,sempre e sempre,e cercare di difendersi amando la vita...ma quando ti si chiudono tutte le porte e stai male..e chi non vive certe situazioni non può capire.e giudica. Il giudizio,la cosa più brutta che esiste,insieme all'indifferenza.