lunedì 16 gennaio 2012

Golia (U.S.raele) nella trappola - chi c'è dietro Davide? Chi vuole un Secondo Olocausto?




La terza guerra mondiale è sempre più vicina:
Nonostante il fatto che, almeno in Israele, sia solo un ristretto gruppo di potenti a volerla:
Le esercitazioni congiunte israelo-statunitensi sono state prorogate alla seconda metà dell’anno, probabilmente perché è già stata presa la decisione di attaccare l’Iran:
Infatti il generale Martin Demspey, capo dello stato maggiore americano, si sta per recare in Israele per decidere il da farsi (per essere informato riguardo alle decisioni israeliane?):
Consiglio di leggere i commenti a questo articolo dei lettori di Haaretz, per capire cosa succederà ad Israele se coinvolgerà gli USA in un’ulteriore guerra illegale.
Qui una breve selezione, partendo dall’UNICA DOMANDA CHE VALE LA PENA PORSI: “Una domanda che non ha ricevuto risposta. Perché l’Iran continua a far sapere a tutti i progressi del suo programma nucleare? Non sembra esserci alcun motivo per far sapere al mondo esattamente a che punto sono e dove stanno facendo quel che fanno. A meno che non sia un’esca per l’Occidente e per Israele. Questi annunci sono dunque delle provocazioni? Vogliono che l’Occidente faccia la prima mossa? Ci piacerebbe credere che siano davvero stupidi nel rivelare al mondo che cosa stanno facendo, ma non siamo così ingenui. Dove c’è un’esca c’è sempre una trappola, o un amo. C’è qualcuno al di sopra di loro che sta tirando le cordicelle e sta usando l’Iran come un’esca, un richiamo?” – “Israele è la più grave minaccia alla pace nel mondo” – “un comitato di scienziati ha stimato che 3 milioni di persone morirebbero entro poche settimane a causa della nube radioattiva se i reattori iraniani fossero bombardati. A sua volta l’Iran bombarderebbe la centrale atomica di Dimona, trasformando gran parte di Israele in un paesaggio à la Chernobyl per millenni” – “la maniera più semplice per bloccare Israele è dire a Netanyahu che gli USA non verranno in soccorso di Israele perché Russia e/o Cina fornirebbero sostegno militare all’Iran” – “il risultato non sarebbe lo smembramento dell’Iran che desiderano gli Israeliani, ma un complicatissimo replay della guerra in Corea” – “un attacco all’Iran segnerebbe la fine di Israele” – “ci sarebbero terribili conseguenze per Israele…l’opinione pubblica statunitense si sentirebbe tradita” – “un attacco israeliano all’Iran sarebbe una catastrofe di proporzioni storiche che voterebbe Israele alla distruzione fisica e morale” – “non esiste una nazione che odia, ma solo un gruppo di individui con opinioni diverse. Non esiste una nazione terrorista e insinuare che ci sia significa giustificare la violenza contro degli innocenti. Il vero problema è la gente che crede al sensazionalismo e non pensa alle conseguenze delle proprie azioni. Attaccare l’Iran non renderà più sicuro Israele” – “Gli Israeliani celebrano i loro leader incompetenti e dissociati dalla realtà che li stanno portando rapidamente verso un’imminente distruzione. Una guerra con l’Iran è una guerra di troppo. Sarà l’ultima volta che il mondo consentirà ad una nazione ebraica di esistere” – “le conseguenze di un attacco all’Iran vanno ben oltre la sorte di Israele e la sua possibile distruzione” – “Netanyahu non sarà contento finché non avrà attaccato l’Iran: è una fissazione, la sua, una mania patologica. Inoltre gli serve qualcosa per distrarre l’attenzione internazionale dallo stato palestinese” – “Israele si prepara a rubare altra terra non appena sarà iniziata la guerra”.
Leggete attentamente e poi avvertite i vostri amici israeliani e palestinesi, prima che sia troppo tardi:

Più vicino ancora è l’autoattentato (false flag) che la scatenerà.
Ero e sono ancora convinto che per giustificare una guerra all’Iran serva un altro 11 settembre che implichi anche i “paesi canaglia” dell’America Latina (Venezuela e Cuba):
Avi Perry, già agente dell'intelligence israeliana, sul Jerusalem Post del 9 gennaio 2012, immagina uno scenario diverso e lo condivide con un candore disarmante: “L’Iran, proprio come la Germania nazista degli anni Quaranta, prenderà l’iniziativa ed “aiuterà” il presidente degli Stati Uniti e l’opinione pubblica americana a prendere una decisione, facendo la prima mossa ed attaccando una portaerei nel Golfo Persico. L’attacco iraniano alla nave militare statunitense servirà a giustificare una rappresaglia americana contro il regime iraniano. Il bersaglio non sarebbero le strutture nucleari iraniane, ma piuttosto la marina iraniana, le installazioni militari, le postazioni missilistiche, le piste aeree…la capacità iraniana di bloccare Ormuz. Poi sarebbe la volta del regime stesso. L’eliminazione delle strutture nucleari iraniane sarebbe l’atto finale, il gran finale. Se gli Stati Uniti avessero iniziato l’attacco esse sarebbero stati il primo obiettivo. Tuttavia, in questo scenario à la Pearl Harbor, in cui l’Iran lancia un attacco “a sorpresa” [il suo uso del virgolettato vale più di mille parole!] alla flotta americana, gli Stati Uniti avrebbero una motivazione impareggiabile per dare il colpo di grazia e porre fine a questi orribili giochetti….Gli Stati Uniti inciterebbero gli Iraniani a sollevarsi per sovvertire il corrotto regime fondamentalista islamico. Gli Iraniani risponderebbero in massa, le proteste riprenderebbero vigore e si congiungerebbero alla primavera araba, questa volta con il diretto appoggio degli Stati Uniti. Ironicamente…il regime iraniano provocherebbe la sua stessa rovina. Attaccare la flotta americana in acque internazionali equivale ad un attacco terroristico suicida”.
Moltissimi lettori di questo articolo del Jerusalem Post hanno mangiato la foglia e citato il precedente dell’incidente del Golfo del Tonchino, che servì da pretesto per l’intervento americano nel Vietnam:

O l’attacco israeliano alla USS Liberty:
Avi Perry continua spiegando che non si può consentire al regime di ottenere l’arma atomica, che lo renderebbe ancora più aggressivo di prima. Ma Stati Uniti, Unione Europea ed Israele non se la sentono di scatenare un conflitto, per paura dell’impatto negativo sull’economia che avrebbe la chiusura dello Stretto di Ormuz ed un’ulteriore guerra mediorientale. Con notevole ed inconsapevole autoironia, o smaccata ipocrisia, descrive il regime dei mullah come “accecato dalla sua capacità di intimidire, di imporre la sua volontà e di ignorare gli ammonimenti. Quel che gli Iraniani non hanno capito è che alcune delle linee che stanno per varcare sono rosse, rosso sangue”. È quasi incredibile che Perry non si renda conto del fatto che è esattamente quel che sta succedendo ad Israele, ormai in corsa frenetica verso l’abisso della sua distruzione:
Ecco le singolari conclusioni di Perry: “Nel 2012 assisteremo ad una nuova guerra. Questa volta sarà l’Iran a cominciarla. Questa volta gli Stati uniti risponderanno. Questa volta il regime iraniano si autodistruggerà. Questa volta la primavera persiana avrà successo. Questa volta la nube atomica iraniana evaporerà prima di piovere sugli infedeli”.

Tutta questa letale pagliacciata non potrà rendere meno incredibile una mossa suicida dell’Iran – barchini d’assalto contro portaerei nucleari! – che regali all’Occidente l’occasione che sta cercando da anni. Chi potrà credere ad una tale idiozia se non menti che hanno subito un fenomenale e criminale lavaggio del cervello in queste nostre società democratiche di nome, benché non di fatto?

Quanto alle prove della natura militare del programma atomico iraniano dopo il 2004, Robert Kelley, ex direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha confermato l’impressione di Mohamed ElBaradei, anche lui un direttore generale dell’agenzia, che un documento del 2009 che dovrebbe essere la pistola fumante che rivela al mondo le imposture del regime iraniano è un falso, redatto da una persona la cui lingua materna non è il farsi e che ha impiegato un programma di scrittura arabo e non quello classico iraniano:
Ecco il documento in questione:
A dispetto della valutazioni degli esperti il documento fu pubblicato dal Times, che assicurò i lettori che si trattava di un testo autentico che confermava la pericolosità del regime.
Un documento privo di ogni intestazione ufficiale, numero, codice, datazione, sigillo o contrassegno, firma, designazione della sua fonte. Nessuna indicazione che attestasse la sua ufficialità e la sua origine! Scritto a partire da destra, come si è soliti fare nei documenti arabi, ma non in Iran. Scritto usando il font dell’alfabeto arabo e non quello farsi cosicché, ad esempio, mancano tutte le tilde laddove dovrebbero essercene e, in ogni circostanza, la lettera farsi “yeh” è scritta, erroneamente, con un carattere arabo e non con quello farsi. La numerazione è latina e non farsi. La punteggiatura è latina e non farsi. Ci sono diversi errori grammaticali, ripetuti e molto gravi (es. verbi al singolare per soggetti al plurale o cantonate ortografiche).
Nonostante queste incredibili anomalie, che testimoniano la sfrontatezza e dissennatezza israeliana – se uno prepara un falso di tale importanza da sottoporre al vaglio di un gruppo di esperti internazionali lo dovrebbe fare con tutti i crismi, se non vuole mettere in difficoltà i suoi complici e se non vuole insultare l’intelligenza degli scienziati e dell’umanità nel suo complesso –, l’esperto per l’Iran di un altro quotidiano britannico, il Guardian, ha corroborato la valutazione del suo collega al Times, ben sapendo l’importanza capitale di una tale scelta, che spinge il mondo verso una guerra dalle ramificazioni imprevedibili.
Questa decisione dimostra quindi due cose: che i principali organi di stampa occidentali non sono liberi e che esiste una chiara volontà di arrivare allo scontro, a qualunque costo. Lo ripeto, sperando che questa nozione entri finalmente nella testa della gente: alcuni tra i maggiori giornalisti occidentali stanno facendo quel che facevano i loro colleghi tedeschi sotto Goebbels, nel Terzo Reich – capovolgono la realtà per sospingere le masse nella direzione voluta. Se ci lascerete le penne sarà anche per colpa loro. Questa cosa dev’essere chiara una volta per tutte.
Kelley osserva che già una volta un documento contraffatto che riguardava delle fantomatiche armi di distruzione di massa servì per giustificare una guerra in Medio Oriente: quella in Iraq del 2003.
Eppure il nuovo direttore dell’AIEA, il giapponese Yukiya Amano, ha recuperato il falso dichiarandolo autentico e di importanza primaria per giudicare le intenzioni iraniane. 
Cosa ci dice questo? Che anche l’AIEA è al soldo dei guerrafondai:
Intanto il Giappone ha fiutato l’aria che tira, ha fatto i suoi conti e si è sfilato dallo schieramento anti-Iran, ripudiando il connazionale a capo dell’AIEA:

Nessun commento: