La terza guerra
mondiale è sempre più vicina:
Nonostante il
fatto che, almeno in Israele, sia solo un ristretto gruppo di potenti a
volerla:
Le esercitazioni
congiunte israelo-statunitensi sono state prorogate alla seconda metà dell’anno,
probabilmente perché è già stata presa la decisione di attaccare l’Iran:
Infatti il
generale Martin Demspey, capo dello stato maggiore americano, si sta per recare
in Israele per decidere il da farsi (per essere informato riguardo alle
decisioni israeliane?):
Consiglio di
leggere i commenti a questo articolo dei lettori di Haaretz, per capire cosa
succederà ad Israele se coinvolgerà gli USA in un’ulteriore guerra illegale.
Qui una breve
selezione, partendo dall’UNICA DOMANDA CHE VALE LA PENA PORSI: “Una domanda che non ha ricevuto
risposta. Perché l’Iran continua a far sapere a tutti i progressi del suo
programma nucleare? Non sembra esserci alcun motivo per far sapere al mondo
esattamente a che punto sono e dove stanno facendo quel che fanno. A meno che
non sia un’esca per l’Occidente e per Israele. Questi annunci sono dunque delle
provocazioni? Vogliono che l’Occidente faccia la prima mossa? Ci piacerebbe
credere che siano davvero stupidi nel rivelare al mondo che cosa stanno
facendo, ma non siamo così ingenui. Dove c’è un’esca c’è sempre una trappola, o
un amo. C’è qualcuno al di sopra di loro che sta tirando le cordicelle e sta
usando l’Iran come un’esca, un richiamo?” – “Israele è la più grave
minaccia alla pace nel mondo” – “un comitato di scienziati ha stimato che 3
milioni di persone morirebbero entro poche settimane a causa della nube
radioattiva se i reattori iraniani fossero bombardati. A sua volta l’Iran
bombarderebbe la centrale atomica di Dimona, trasformando gran parte di Israele
in un paesaggio à la Chernobyl per millenni” – “la maniera più semplice per
bloccare Israele è dire a Netanyahu che gli USA non verranno in soccorso di
Israele perché Russia e/o Cina fornirebbero sostegno militare all’Iran” – “il
risultato non sarebbe lo smembramento dell’Iran che desiderano gli Israeliani,
ma un complicatissimo replay della guerra in Corea” – “un attacco all’Iran
segnerebbe la fine di Israele” – “ci sarebbero terribili conseguenze per
Israele…l’opinione pubblica statunitense si sentirebbe tradita” – “un attacco
israeliano all’Iran sarebbe una catastrofe di proporzioni storiche che
voterebbe Israele alla distruzione fisica e morale” – “non esiste una nazione
che odia, ma solo un gruppo di individui con opinioni diverse. Non esiste una
nazione terrorista e insinuare che ci sia significa giustificare la violenza
contro degli innocenti. Il vero problema è la gente che crede al
sensazionalismo e non pensa alle conseguenze delle proprie azioni. Attaccare l’Iran
non renderà più sicuro Israele” – “Gli Israeliani celebrano i loro leader
incompetenti e dissociati dalla realtà che li stanno portando rapidamente verso
un’imminente distruzione. Una guerra con l’Iran è una guerra di troppo. Sarà l’ultima
volta che il mondo consentirà ad una nazione ebraica di esistere” – “le
conseguenze di un attacco all’Iran vanno ben oltre la sorte di Israele e la sua
possibile distruzione” – “Netanyahu non sarà contento finché non avrà attaccato
l’Iran: è una fissazione, la sua, una mania patologica. Inoltre gli serve
qualcosa per distrarre l’attenzione internazionale dallo stato palestinese” – “Israele
si prepara a rubare altra terra non appena sarà iniziata la guerra”.
Leggete attentamente e poi avvertite i vostri amici
israeliani e palestinesi, prima che sia troppo tardi:
Più vicino ancora è
l’autoattentato (false flag) che la
scatenerà.
Ero e sono ancora
convinto che per giustificare una guerra all’Iran serva un altro 11 settembre
che implichi anche i “paesi canaglia” dell’America Latina (Venezuela e Cuba):
Avi Perry, già
agente dell'intelligence israeliana, sul Jerusalem Post del 9 gennaio 2012,
immagina uno scenario diverso e lo condivide con un candore disarmante: “L’Iran, proprio come la Germania nazista
degli anni Quaranta, prenderà l’iniziativa ed “aiuterà” il presidente degli
Stati Uniti e l’opinione pubblica americana a prendere una decisione, facendo
la prima mossa ed attaccando una portaerei nel Golfo Persico. L’attacco
iraniano alla nave militare statunitense servirà a giustificare una
rappresaglia americana contro il regime iraniano. Il bersaglio non
sarebbero le strutture nucleari iraniane, ma piuttosto la marina iraniana, le
installazioni militari, le postazioni missilistiche, le piste aeree…la capacità
iraniana di bloccare Ormuz. Poi sarebbe la volta del regime stesso. L’eliminazione
delle strutture nucleari iraniane sarebbe l’atto finale, il gran finale. Se gli
Stati Uniti avessero iniziato l’attacco esse sarebbero stati il primo
obiettivo. Tuttavia, in questo scenario à la Pearl Harbor, in cui l’Iran lancia
un attacco “a sorpresa” [il suo uso del
virgolettato vale più di mille parole!] alla flotta americana, gli Stati
Uniti avrebbero una motivazione impareggiabile per dare il colpo di grazia e
porre fine a questi orribili giochetti….Gli Stati Uniti inciterebbero gli
Iraniani a sollevarsi per sovvertire il corrotto regime fondamentalista
islamico. Gli Iraniani risponderebbero in massa, le proteste riprenderebbero
vigore e si congiungerebbero alla primavera araba, questa volta con il diretto
appoggio degli Stati Uniti. Ironicamente…il regime iraniano provocherebbe la
sua stessa rovina. Attaccare la flotta americana in acque internazionali
equivale ad un attacco terroristico suicida”.
Moltissimi lettori
di questo articolo del Jerusalem Post hanno mangiato la foglia e citato il
precedente dell’incidente del Golfo del
Tonchino, che servì da pretesto per l’intervento americano nel Vietnam:
O l’attacco
israeliano alla USS Liberty:
Avi Perry continua
spiegando che non si può consentire al regime di ottenere l’arma atomica, che
lo renderebbe ancora più aggressivo di prima. Ma Stati Uniti, Unione Europea ed
Israele non se la sentono di scatenare un conflitto, per paura dell’impatto
negativo sull’economia che avrebbe la chiusura dello Stretto di Ormuz ed un’ulteriore
guerra mediorientale. Con notevole ed inconsapevole autoironia, o smaccata
ipocrisia, descrive il regime dei mullah come “accecato dalla sua capacità di
intimidire, di imporre la sua volontà e di ignorare gli ammonimenti. Quel che gli Iraniani non hanno capito è
che alcune delle linee che stanno per varcare sono rosse, rosso sangue”. È quasi
incredibile che Perry non si renda conto del fatto che è esattamente quel che
sta succedendo ad Israele, ormai in corsa frenetica verso l’abisso della sua
distruzione:
Ecco le singolari
conclusioni di Perry: “Nel 2012 assisteremo ad una nuova guerra. Questa volta
sarà l’Iran a cominciarla. Questa volta gli Stati uniti risponderanno. Questa
volta il regime iraniano si autodistruggerà. Questa volta la primavera persiana
avrà successo. Questa volta la nube atomica iraniana evaporerà prima di piovere
sugli infedeli”.
Tutta questa
letale pagliacciata non potrà rendere meno incredibile una mossa suicida dell’Iran
– barchini d’assalto contro portaerei nucleari! – che regali all’Occidente l’occasione
che sta cercando da anni. Chi potrà credere ad una tale idiozia se non menti
che hanno subito un fenomenale e criminale lavaggio del cervello in queste
nostre società democratiche di nome, benché non di fatto?
Quanto alle prove
della natura militare del programma atomico iraniano dopo il 2004, Robert Kelley, ex direttore dell’Agenzia
Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha confermato l’impressione di Mohamed ElBaradei, anche lui un
direttore generale dell’agenzia, che un
documento del 2009 che dovrebbe essere la pistola fumante che rivela al mondo le
imposture del regime iraniano è un falso, redatto da una persona la cui
lingua materna non è il farsi e che ha impiegato un programma di scrittura
arabo e non quello classico iraniano:
Ecco il documento
in questione:
A dispetto della
valutazioni degli esperti il documento fu pubblicato dal Times, che assicurò i
lettori che si trattava di un testo autentico che confermava la pericolosità
del regime.
Un documento privo
di ogni intestazione ufficiale, numero, codice, datazione, sigillo o contrassegno,
firma, designazione della sua fonte. Nessuna indicazione che attestasse la sua
ufficialità e la sua origine! Scritto a partire da destra, come si è soliti
fare nei documenti arabi, ma non in Iran. Scritto usando il font dell’alfabeto
arabo e non quello farsi cosicché, ad esempio, mancano tutte le tilde laddove
dovrebbero essercene e, in ogni circostanza, la lettera farsi “yeh” è scritta,
erroneamente, con un carattere arabo e non con quello farsi. La numerazione è
latina e non farsi. La punteggiatura è latina e non farsi. Ci sono diversi
errori grammaticali, ripetuti e molto gravi (es. verbi al singolare per
soggetti al plurale o cantonate ortografiche).
Nonostante queste
incredibili anomalie, che testimoniano la sfrontatezza e dissennatezza israeliana
– se uno prepara un falso di tale importanza da sottoporre al vaglio di un
gruppo di esperti internazionali lo dovrebbe fare con tutti i crismi, se non
vuole mettere in difficoltà i suoi complici e se non vuole insultare l’intelligenza
degli scienziati e dell’umanità nel suo complesso –, l’esperto per l’Iran di un
altro quotidiano britannico, il Guardian, ha corroborato la valutazione del suo
collega al Times, ben sapendo l’importanza capitale di una tale scelta, che
spinge il mondo verso una guerra dalle ramificazioni imprevedibili.
Questa decisione
dimostra quindi due cose: che i
principali organi di stampa occidentali non sono liberi e che esiste una chiara volontà di arrivare allo
scontro, a qualunque costo. Lo ripeto, sperando che questa nozione entri
finalmente nella testa della gente: alcuni
tra i maggiori giornalisti occidentali stanno facendo quel che facevano i loro
colleghi tedeschi sotto Goebbels, nel Terzo Reich – capovolgono la realtà per
sospingere le masse nella direzione voluta. Se ci lascerete le penne sarà anche
per colpa loro. Questa cosa dev’essere chiara una volta per tutte.
Kelley osserva che
già una volta un documento contraffatto che riguardava delle fantomatiche armi
di distruzione di massa servì per giustificare una guerra in Medio Oriente:
quella in Iraq del 2003.
Eppure il nuovo
direttore dell’AIEA, il giapponese Yukiya
Amano, ha recuperato il falso dichiarandolo autentico e di importanza primaria
per giudicare le intenzioni iraniane.
Cosa ci dice
questo? Che anche l’AIEA è al soldo dei
guerrafondai:
Intanto il Giappone ha fiutato l’aria che tira, ha
fatto i suoi conti e si è sfilato dallo schieramento anti-Iran, ripudiando il
connazionale a capo dell’AIEA:
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