Ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato.
Matteo 10: 22
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di
uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e
l'anima e il corpo nella Geenna.
Matteo 10: 28
I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo. Gesù rispose loro:
"Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di
esse mi volete lapidare?". Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo
per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai
Dio". Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: Io
ho detto: voi siete dèi?”.
Giovanni 10: 31-34
In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che
io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.
Giovanni 14: 12.
La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il
Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per
conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a
sé tutte le cose.
Filippesi, 3: 20-21
La rivelazione cristiana fu una dottrina dell’eguaglianza fra gli uomini,
Dio è il padre e gli uomini sono fratelli. Questa dottrina colpì alla radice
quella terribile tirannia, che soffocava il mondo civilizzato, essa frantumò le
catene degli schiavi e distrusse quel grande inganno, che permetteva ad un
piccolo gruppo di persone di vivere nel lusso a spese del lavoro della massa e
manteneva i cosiddetti operai in una posizione inferiore. Ecco perché il
cristianesimo primitivo fu perseguitato ed ecco perché, quando divenne chiaro
che non si poteva eliminarlo, le classi privilegiate l’hanno svuotato e
corrotto. Esso cessò così di essere vittorioso, non fu più il cristianesimo dei
primi secoli, divenne il servitore delle classi privilegiate e si mise clamorosamente
dalla loro parte.
Henry George
Cos’è la felicità se non la semplice armonia tra un essere e l’esistenza
che conduce?
Camus
Non chiedere una descrizione delle terre verso cui fai rotta. La
descrizione non te le descrive e domani arriverai lì e le conoscerai
dimorandovi.
Emerson
Oggi più che mai, disse, gli uomini dovevano imparare a vivere senza gli
oggetti. Gli oggetti riempivano gli uomini di timori: più oggetti possedevano,
più avevano da temere. Gli oggetti avevano la specialità di impiantarsi nell’anima,
per poi dire all’anima che cosa fare.
Bruce Chatwin, “Le
vie dei Canti”
Il lavoro è atto creativo, espressione di ciò che vi è di creativo nel
lavoratore. Ogni lavoro che sia privo di ciò è lavoro monotono e il lavoro
monotono è sfruttamento, che produce solo il meccanico, il brutto, l’inutile.
Northrop Frye, “L’ostinata
struttura”
Soltanto in un ambiente domestico bene organizzato, protetto dalle calamità
e dalle corrosive anticipazioni delle calamità, possono fiorire durevolmente le
attività più elevate, sollecitudine per i giovani, affetto per i vecchi,
spirito di collaborazione alla base dei gruppi e degli interessi rivali,
pensiero duraturo e sistematico diretto a raggiungere la verità, libertà di
espressione nelle arti, e libertà creativa nell’ambito disciplinato di leggi
umane, nelle arti del vivere: in breve un modo di vita nel quale i bisogni
biologici e sociali sono intessuti in un disegno culturale ricco e multicolore.
Lewis Mumford, “La
cultura delle città”, 2007, p. 274
Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni.
K. Marx- F.
Engels, Opere scelte, Roma, 1969, pag. 962
Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o
case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo
deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo
il bisogno.
Atti degli
apostoli 4, 34-35
Preferisco le cicale che stridono alle formiche che accumulano, gli insetti
che cantano a quelli che si vantano….la cicala è un angelo mancato, la formica
un forzato riuscito.
Jacques Lacarrière,
“Un jardin pour mémoire”, 1999
Dostoevskij
descrive un sogno che ha fatto un 3 novembre, all’età di 46 anni (il
protagonista è un suo omonimo), dopo aver pensato al suicidio ed essersi
rifiutato di aiutare una bambina in difficoltà che si era rivolta a lui per
chiedere soccorso: perché un aspirante suicida dovrebbe preoccuparsi dei
problemi altrui? Il sogno è una rivelazione che gli giunge per “premiare” il
suo amaro pentimento per la sua indifferenza, che lo ha distolto dal proposito
di porre fine alla sua esistenza. Nel sogno commette il suicidio ed un entità
misteriosa dall’aspetto umano, senza essere umano, lo conduce via, lontano
dalla Terra – “Noi volavamo nello spazio ormai lontani dalla terra” –, passando
nei paraggi di una stella che lui crede erroneamente sia Sirio, essendo invece
il Sole, un altro Sole, identico all’originale. Il suo Virgilio gli dice: “Vedrai
tutto”. Poi lo deposita su un pianeta identico alla Terra: “Sono dunque
possibili simili ripetizioni nell'universo, è tale, dunque, la legge
naturale?... E se quella laggiù è la terra, possibile che essa sia uguale alla
nostra terra... esattamente uguale, disgraziata, povera, ma cara ed eternamente
amata, generatrice di un altrettanto tormentoso amore verso di sé, anche nei
suoi figli più ingrati, come la nostra?”. In effetti il pianeta sembra proprio
essere la Terra: “Esso si ingrandiva sempre più davanti ai miei occhi e
distinguevo già l'oceano e i contorni dell'Europa”. È una Terra edenica: “Mi
trovavo, credo, su una di quelle isole che formano l'arcipelago greco, o in
qualche luogo sulle rive del continente limitrofo a questo arcipelago. Oh,
tutto era esattamente come da noi, ma sembrava che ogni cosa ovunque brillasse
di una luce festosa e di una grande, santa e finalmente raggiunta solennità”.
Una Terra di un’epoca
precedente alla Caduta di Adamo ed Eva: “E, finalmente, scorsi e riconobbi gli
abitanti di quella terra felice. Furono loro ad avvicinarsi a me circondandomi
e baciandomi…Non avevo mai visto sulla nostra terra una simile bellezza in un
essere umano. Forse soltanto nei nostri bambini nei primissimi anni della loro
infanzia si può trovare un lontano e pallido riflesso di quella bellezza. Gli
occhi di quegli esseri felici brillavano di una vivida luce. I loro volti
risplendevano di intelligenza e di una sorta di consapevolezza compiuta e
serena, ma erano volti allegri; nelle parole e nelle voci di quelle persone
echeggiava una gioia fanciullesca. Oh, compresi immediatamente tutto, tutto,
fin dal primo sguardo! Quella era una terra non lordata dal peccato, su di essa
vivevano persone che non avevano peccato, e vivevano in un paradiso simile a
quello nel quale avevano vissuto, secondo le tradizioni di tutta l'umanità,
anche i nostri progenitori che caddero nel peccato, con la sola differenza che
tutta la terra qui era un unico e identico paradiso”.
Là gli esseri
umani vivono in armonia con ciò che li circonda, comunicano con gli animali, le
piante, le stelle, in una società anarchica e priva dei classici vizi umani
(invidia, malizia, gelosia, possessività, aggressività, violenza, tracotanza,
prevaricazione, vanità, egocentrismo, superbia) e dove i figli non appartengono
a nessuno, ma vengono allevati dall’intera comunità, per permettere loro di
esperire ed apprezzare la diversità. Questi abitanti edenici non osservano
alcun culto, ma credono nella vita eterna e sono costantemente consci della
Creazione. “Ben presto compresi che il loro sapere veniva integrato e
alimentato da ben altre intuizioni delle nostre sulla terra e che le loro
aspirazioni erano completamente diverse. Essi non desideravano nulla ed erano
tranquilli, essi non anelavano alla conoscenza della vita come ad essa aneliamo
noi, perché la loro vita era piena. Ma il loro sapere era più profondo e più
alto della nostra scienza; poiché la nostra scienza cerca di spiegare che cos'è
la vita, si sforza essa stessa di comprenderla per insegnare agli altri a
vivere; loro invece sapevano come dovevano vivere anche senza la scienza, e
questo lo compresi, ma non riuscii a comprendere le loro conoscenze”.
Per loro la morte
non è altro che una transizione verso uno stato di maggiore consapevolezza dell’Essere
(e non-Essere): “I loro vecchi morivano placidamente, come se si
addormentassero, circondati dalle persone che si accomiatavano da loro,
benedicendoli, sorridendo loro, e, a loro volta, accompagnati dai loro radiosi
sorrisi. In tali occasioni non vidi mestizia o lacrime, ma regnava soltanto un
amore che pareva accrescersi fino all'estasi, ma un'estasi quieta appagata,
contemplativa. Si sarebbe potuto pensare che essi continuassero ad essere
ancora in contatto con i loro morti, anche dopo la loro morte, e che la
comunione terrena tra loro non venisse interrotta dalla morte…Non avevano
templi, ma vivevano in una sorta di connaturata, viva e incessante comunione
con la Totalità dell'universo; essi non avevano una fede, ma in compenso
avevano la ferma consapevolezza che quando la loro felicità terrena fosse
giunta a compimento raggiungendo i limiti della natura terrena, sarebbe
sopravvenuto per loro, sia che fossero vivi o che fossero morti, un
allargamento ancora maggiore del loro contatto con la Totalità dell'universo”.
Il sogno è
talmente lucido che Fedor comincia a dubitare che si tratti di una dimensione
onirica: è stato forse trasportato in un mondo realmente esistente?
“Sapete, vi
racconterò un segreto: tutto ciò, forse, non è stato affatto un sogno! Poiché
qui è accaduto qualcosa di un genere tale, qualcosa di così terribilmente vero,
che sarebbe stato impossibile sognarselo. Ammettiamo pure che il mio sogno
l'abbia generato il mio cuore, ma forse che il mio cuore da solo sarebbe stato
in grado di generare quella terribile verità che poi mi è accaduta? Come avrei
potuto inventarmela da solo, oppure sognarla col mio cuore? Possibile che il
mio meschino cuore e il mio capriccioso e insignificante intelletto abbiano
potuto elevarsi fino a una tale rivelazione della verità?”
Purtroppo la sua
mera presenza corrompe la società ideale nella quale è stato catapultato: “Il
fatto è che io... li corruppi tutti! Sì, sì, finì che li corruppi tutti! Come
ciò sia potuto accadere, non lo so, ma lo ricordo chiaramente”.
La comunità
decade, degenera, finisce per diventare un duplicato dell’umanità che Fedor si
era lasciato alle spalle. Divisioni, contrapposizioni, ripicche, rappresaglie,
torture, isolamento, individualismo, egoismo, avidità, venerazione del
supplizio e della sofferenza: “Ognuno divenne talmente geloso della propria
personalità che si sforzava con tutte le proprie forze soltanto di umiliare e
sminuire quella altrui riponendo in ciò tutta la propria vita. Apparve la
schiavitù, apparve persino la schiavitù volontaria: i deboli si assoggettarono
ai più forti al solo scopo che quelli li aiutassero ad opprimere coloro che
erano ancor più deboli di loro. Apparvero i giusti che andavano da quegli
uomini con le lacrime agli occhi e parlavano loro della loro superbia, della
misura e dell'armonia smarrite e della perdita della vergogna. Essi venivano
derisi o lapidati. Sulle soglie dei templi fu versato sangue santo”.
Sprofondati nella
più miserevole confusione di lingue, idee e sentimenti, la nuova umanità si
affida alla scienza ed al diritto per dirimire la questione di cosa sia vero e
falso, giusto e sbagliato, buono e cattivo e per riguadagnarsi la felicità
perduta: “Essi si ricordavano a malapena di ciò che avevano perduto e non
volevano neppure credere che un tempo erano stati innocenti e felici. Essi
ridevano perfino della possibilità di questa loro precedente felicità e la
definivano un sogno. Essi non erano neppure in grado di figurarsela in forme e
immagini, ma, cosa strana emeravigliosa, pur avendo perduto ogni fede nella
loro passata felicità e pur definendola una favola, essi desiderarono a tal
punto di essere di nuovo, un'altra volta, innocenti e felici che caddero in
ginocchio come bambini davanti al desiderio del proprio cuore, lo deificarono,
costruirono templi e cominciarono a innalzare preghiere alla loro stessa idea,
al loro stesso «desiderio», perfettamente convinti nello stesso tempo della sua
irrealizzabilità e impossibilità, ma adorandolo in lacrime e inchinandosi
davanti a esso”.
Fedor, mortificato
dagli effetti del contagio da lui provocato, propone loro di crocifiggerlo,
nella speranza che tutto torni come prima. Ma i nuovi umani caduti nel peccato
ormai dubitano di tutto e di tutti, incluso lui, inclusi i suoi consigli. A
quel punto Fedor si risveglia e capisce che non tutto è perduto: “Se infatti
una buona volta hai scoperto la verità e l'hai vista, allora sai che quella è
la verità e che un'altra non ce n'è, né vi può essere, sia che dormiate oppure
viviate…Io ho visto la verità e ho visto e so che gli uomini possono essere
belli e felici senza perdere la capacità di vivere sulla terra. Io non voglio e
non posso credere che il male sia la condizione normale degli uomini… Ma come
edificare il paradiso, io non lo so, perché non sono capace di esprimerlo a
parole… La cosa principale è: ama gli altri come te stesso, ecco la cosa
principale, ed è tutto, non occorre proprio niente altro: immediatamente si
troverebbe come mettere tutto a posto. Eppure questa è soltanto una vecchia
verità che è stata ripetuta e letta un miliardo di volte, ma che non ha attecchito!
«La coscienza della vita è superiore alla vita, la conoscenza delle leggi della
felicità è superiore alla felicità»: ecco ciò contro cui bisogna battersi! E mi
batterò. Se soltanto tutti lo vorranno tutto andrà a posto in un momento.
Quella bambina poi l'ho rintracciata... E mi metterò in cammino, mi metterò
incammino!”
Apocalisse: istruzioni per l'uso
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