venerdì 6 gennaio 2012

Quel che c'è da sapere sulla crisi - illuminante intervista a Marco Della Luna





La considero un'analisi esemplare della nostra situazione e osservo con piacere che collima in gran parte con la ricostruzione che ne ho fatto io: 
http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/super-mario-e-il-mago-lo-spauracchio.html
http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/crisi-generate-e-colpi-di-stato-soft.html
http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/i-147-padroni-del-pianeta-terra.html
http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/parassiti-al-potere-la-crescente.html
http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/sicari-delleconomia-becchini-della.html
http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/che-cosa-sta-succedendo-in-grecia-1.html
http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/mario-monti-ovvero-la-parodia-vivente.html
http://www.informarexresistere.fr/2011/12/16/labolizione-dei-contanti/#axzz1ifSHEYUD
http://fanuessays.blogspot.com/2011/12/il-denaro-il-debito-le-banche-raccolta.html
http://www.informarexresistere.fr/2011/12/21/la-rana-lo-scorpione-la-gallina-dalle-uova-doro-il-suicidio-assistito-del-capitalismo-e-della-democrazia-non-sara-una-dolce-morte-2012-2013/#axzz1ifSHEYUD



1. Partiamo subito dal suo libro. E’ felice autore di “Oligarchie per popoli superflui” della casa editrice Koinè. In che senso superflui? Almeno detengono qualche minimo potere? 
R. – Che potere vuole che detengano i popoli, dato che gran parte delle decisioni importanti sono prese a porte chiuse, che gran parte della ricerca scientifica, tecnologica e militare si fa in segreto, che la metà della popolazione non è in grado di capire un articolo di giornale di media difficoltà, che sì e no il 7% della gente legge libri, e forse l’1% si documenta in qualche modo sui fatti economici e geostrategici rilevanti? E che dire dell’Italia, che ha un livello culturale particolarmente basso e una scuola particolarmente degradata? 
Il potere reale è in mano ai grandi cartelli della moneta, del credito, delle materie prime, dell’informazione, della tecnologia. E’ sociologicamente acquisito, oltreché empiricamente evidente, che non esistono e non sono mai esistiti, nelle società strutturate, sistemi di potere governati dal basso, ossia sostanzialmente (e non solo formalmente) democratici. Negli USA, ad esempio, il potere è in mano a quella che la sociologia definisce power élite, formata dai vertici della finanza, della politica e delle forze armate. In essa si entra soltanto per cooptazione. Gli atti e i programmi di questo potere vengono decisi dietro porte chiuse, non pubblicamente, e sovente nemmeno in forma scritta. Tra il luglio 2003 e il luglio 2007 la Fed ha creato liquidità per 16.000 miliardi di dollari senza nemmeno dirlo (Audit GAO 2011).
[qui è possibile che ci sia un errore cronologico. Rimando alla nota a conclusione dell'articolo perché la questione è particolarmente interessante e a dir poco sconvolgente*]

La BCE non rilascia il dato sui prestiti che concede. Nelle elezioni popolari, solo piccole frazioni di potere reale vengono messe in gioco. Le decisioni di politica economica, i grandi indirizzi, le grandi manovre che interessano la vita della gente, sono stabilite segretamente e portate avanti da organismi non elettivi, non responsabili, non trasparenti, come i direttorii delle banche centrali, i vari G2, G7, G8, G20. O i Gatt e Gats, il FMI, il WTO… 
Ciò premesso, nel corso dell’ultimo centennio è avvenuto un cambiamento fondamentale nel sistema di potere: oggi, il potere non è più suddiviso tra molte oligarchie nazionali e territoriali, ma concentrato in poche organizzazioni globali, monopolistiche di risorse primarie, come la moneta, il credito, le commodities. Non è più legato a territori specifici o popoli specifici, ma è extraterritoriale, smaterializzato, informatizzato, finanziarizzato. Non ha più bisogno di grandi masse di combattenti, agricoltori, operai, coloni, elettori. In questo senso, i popoli sono divenuti superflui, sostituibili, expendable [sacrificabili]. Anzi, sono un problema ecologico, in termini di inquinamento ed esaurimento delle risorse, ma anche di instabilità, dovuta ai conflitti per il possesso dell’acqua e di altre risorse sempre più scarse.
2. Crisi di liquidità: Lei dichiara che gli interventi montiani significano fare un salasso a una persona che sta morendo di anemia. Afferma che questa sia prodotta in modo mirato e strategico manovrando le leve del rating etc. Per fare cosa? Quale è il fine?
R. Effettivamente il sistema-paese sta collassando, economicamente, non per mancanza di fattori di produzione, ma perché gli è stata deliberatamente tolta liquidità attraverso la restrizione dei criteri del credito, la politica riduttiva dei redditi, gli alti tassi di interesse, la pressione degli interessi passivi e delle tasse, che in buona parte pure vanno a pagare il servizio del debito pubblico, e ovviamente i tagli della spesa pubblica. Carenza di liquidità che produce anche carenza di investimenti, quindi di infrastrutturazione e aggiornamenti necessari a mantenere la competitività. Ciò premesso, da più parti si fa notare che la recente manovra del governo va nel senso di aggravare tale situazione di “anemia”, perché drena la poca liquidità residua nel sistema aumentando le tasse, colpendo le pensioni, i consumi, mettendo in fuga i capitali verso l’estero; inoltre colpisce duramente il settore dell’edilizia, che è quello che innesca le fasi di recupero nel ciclo economico, e ha depresso il morale della popolazione e la sua propensione agli acquisti: già a natale abbiamo avuto un crollo. Rispetta invece tutte le rendite parassitarie, i privilegi e gli sprechi di politica e amministrazione, mentre programma grandi acquisti di cacciabombardieri, a vantaggio degli industriali stranieri che li costruiscono. Il recente rifinanziamento delle pericolanti banche italiane, peraltro dovuto più a Draghi che a Monti, non sta apportando credito nell’economia reale, anche perché il governo, nel concedere loro la sua garanzia, non le ha vincolate ad immettere moneta nel sistema. Le misure per il rilancio della fase due appaiono semplicemente derisorie. Insomma, il governo sembra far di tutto per impedire una ripresa economica, limitandosi ad aggiustare i conti sulla carta nel brevissimo termine, ma a spese della possibilità di recupero dell’economia reale, le cui prospettive a 3 anni e oltre sono perciò valutate negativamente dai mercati finanziari (aste 28-29.12.11), sui quali lo spread del btp rimane altissimo. 
La storia economica recente ha, del resto, ripetutamente mostrato che le politiche di tagli e tasse, giustificate con l’affermazione di voler risanare i conti, hanno prodotto, nel giro di qualche anno, effetti contrari, con aumento del debito pubblico, recessione, avvitamento fiscale. Così pure sta avvenendo in Grecia, e il FMI ha sostanzialmente ammesso l’errore della ricetta imposta a quel paese. In base a tali osservazioni sorge il legittimo quesito: perché mai Monti fa tutto ciò, dato che non può non sapere che gli effetti di ciò che fa saranno controproducenti, tale da produrre una crisi recessiva, occupazionale, sociale? In che strategia si colloca la sua azione? Persegue forse un fine più ampio, sacrificando ad esso l’economia nazionale, perlomeno nel breve e medio termine? E nell’interesse di chi? Forse dei poteri forti finanziari, di cui Monti nega di essere emissario? 
In realtà Monti non ha introdotto una variazione di rotta, ma solo un’accelerazione, con in più una tutela specifica per gli interessi delle banche. La sua politica non è una cosa nuova, ma sta semplicemente continuando ciò che i precedenti governi hanno fatto in Italia, e non solo in Italia. Le accuse mosse a Monti e al suo governo di essere emanazioni dei poteri forti che si sono impadroniti, con essi, dello stato, non considerano che Monti, in sostanza, fa quello che han fatto gli altri. Sul piano oggettivo, infatti, la storia italiana, da un trentennio circa, è caratterizzata da un grande ed evidente processo, che avanza su due gambe. 
La prima è la sistematica cessione (con la giustificazione della riduzione del debito pubblico e della maggiore efficienza della gestione privata) degli assets strategici (grandi mercati, grande industria, industria capace di ricerca e alta formazione, banche strategiche, servizi pubblici con connesse posizioni di monopolio) a potentati finanziari privati, quasi interamente stranieri
La seconda è il trasferimento di poteri politici, delle funzioni sovrane, compresa la sovranità monetaria, comprese le funzioni di bilancio, compresa la politica fiscale), compresi – per finire – i cordoni della borsa, a organismi decisionali tecnocratici, che fanno capo alla BCE e al sistema bancario, quindi sempre ai predetti potentati finanziari privati
La prima gamba viene presentata come processo di liberalizzazione, ma si è risolta sinora in privatizzazioni di posizioni monopolistiche o simili; la seconda come processo di integrazione europea, ovviamente, quegli organismi di europeo hanno solo il nome, essendo essenzialmente “apolidi” e non solidali coi popoli
Giuseppe De Rita, nel suo recentissimo saggio L’eclissi della borghesia, spiega che le privatizzazioni delle industrie di stato sono state controproducenti anche al fine di ridurre il debito pubblico, perché hanno fruttato 147 miliardi che sono stati usati per pagare interessi passivi, e sono costate perdite di posti di lavoro, di centri di ricerca e di formazione sia tecnica che manageriale unici in Italia, quindi un decadimento delle competenze, oltre a un incremento della dipendenza strutturale dal capitale straniero. Una nuova stagione di tali privatizzazioni servirebbe solo a completare la riduzione dell’Italia in una condizione di totale asservimento e subordinazione anche culturale e manageriale. 
Il risultato tendenziale dell’avanzata di queste due gambe, è il superamento dello stato nazionale, la riorganizzazione del sistema di potere reale a livello soprannazionale, tendenzialmente globale, con lo svuotamento dello stato nazionale, sia come organismo politico, sia come sistema-paese, di ogni sua autonomia (monetaria, finanziaria, economica, politica, giuridica), e la sua sottoposizione, quale provincia privata di autonomia e dipendente per tutto, a gestori sovrannazionali. Questi organismi-gestori hanno carattere tecnocratico, autoreferenziale, non trasparente, non “accountable”, non partecipato dal basso, esente da controlli e condizionamenti da parte di organismi rappresentativi della popolazione, non sottoponibili nemmeno al controllo giudiziario
Gli statuti della BCE, della BIS, del MES sono chiarissimi esempi di ciò. Si unificano gli stati, riducendoli a province senza autonomia, e sottoponendoli a un governo centralizzato. Questo processo, che realizza operativamente il primato della finanza speculativa sull’economia reale, e si accompagna all’eliminazione della classe intermedia nonché a una graduale ma profonda attenuazione dei diritti partecipativi, politici e civici, compresi quelli afferenti alla privacy e alla condizione di lavoratori, di contribuenti, di utenti dei pubblici servizi
Il progetto in esame, avviato negli anni ’80, col programma di privatizzazione della sovranità monetaria e di finanziarizzazione dei debiti pubblici, è in fase avanzata di realizzazione. Maastricht, la BCE, Lisbona ne sono state ulteriori tappe importanti. Per far accettare ai vari popoli, sindacati, partiti politici, i vari passaggi, sempre più dolorosi e compressivi, di questa via crucis – la perdita di indipendenza, di diritti, di sicurezze, di reddito, di dignità – sembra che si stia ricorrendo a una serie incalzante e incessante di crisi, shock, allarmi, creati ad hoc, che rendono i popoli stessi più arrendevoli e malleabili, come spiegato da Monti stesso nella famosa intervista alla Luiss: 



dove afferma che abbiamo bisogno delle crisi per far progredire il processo di integrazione – ovviamente, un progetto generato e deciso dall’alto, non dal basso, democraticamente. Anzi, neanche reso noto al popolo su cui esso si compie. 
Ecco allora che anche la crisi, l’emergenza, verso cui le politiche lacrime e sangue, tagli e tassi, portano non solo l’Italia ma anche altri paesi, possono avere questa funzione: vincere le resistenze. Questa può essere una spiegazione del perché mai si fanno manovre che avranno, con virtuale certezza, un effetto recessivo sull’economia, e che quindi produrranno crisi, allarme, emergenza. Si tratta di applicazione del metodo shock-and-awe, che trovate analizzato nel saggio mio e di Paolo Cioni sulla manipolazione mentale, Neuroschiavi [libro che consiglio di leggere]
La gente non ci pensa, i mass media non lo mettono in evidenza, ma proprio adesso si sta procedendo alla sottrazione ai singoli paesi dei poteri di bilancio, di politica economica, di imposizione tributaria e al loro conferimento ad organismi autocratici, non eletti, non responsabili – quindi con caratteri contrari alla civilizzazione europea, e tipici piuttosto delle autocrazie asiatiche. Organismi che fanno gli interessi dei soggetti più forti, a spese degli altri. 
Tra questi organismi spicca il MES, o Meccanismo Europeo di Stabilità (controllare per credere il sito:
in corso di approvazione dai vari parlamenti, nel totale silenzio dei media – silenzio quanto mai opportuno, perché il MES costa moltissimo: l’Italia dovrà sborsare circa 130 miliardi, che verranno prelevati con prossime manovre, e poi sarà il MES a fare le manovre fiscali, dal prossimo Marzo. Vi è un altro aspetto, concernente quella che ho definito “la prima gamba”: il decreto “Salvitalia”, come ha giustamente detto Piergiorgio Odifreddi il 28.12, intervistato da RaiNews 24 a Cortina Incontra, porterà l’Italia in condizioni di dover vendere o svendere, per far cassa e ottenere aiuti ottemperando a “condizionalità”, il patrimonio pubblico e i servizi pubblici al capitale privato di quella grande finanza – nel che qualcuno potrebbe ravvisare conflitti di interessi del governo dei banchieri, del tipo di quelle che si rimproveravano a Berlusconi in relazione alle sue aziende.
3. Ma la classe politica italiana, che può fare, in questo contesto?
R. I partiti politici possono esigere che il governo “tecnico”, in cambio del loro voto che gli dà la necessaria copertura “democratica”, non tocchi le loro clientele, le loro poltrone e prebende (compreso il finanziamento pubblico), che non faccia la spending review e non introduca le best practices, ma che riempia la loro mangiatoia di soldi spremuti con le nuove tasse. La Chiesa può esigere che, in cambio dei voti che controlla, e del controllo delle coscienze che le rimane, il governo non tocchi i suoi privilegi fiscali, l’otto per mille, i sussidii. Le mafie possono esigere che il governo non metta in vendita i 25 miliardi di beni confiscati loro dallo Stato, e che non disturbi troppo i loro traffici con droga, immigrazione e appalti. Berlusconi può esigere che il governo, in cambio del suo sostegno, mantenga i privilegi di Mediaset. I parlamentari nominati possono dirgli: “Noi ti diamo il voto, se tu non tocchi i nostri stipendi di 16.000 Euro al mese anche se la gente protesta.”I banchieri possono semplicemente dire: “Bravo, continua così!”. Insomma, si può realizzare un’alleanza degli interessi delle caste nazionali e di quelli del grande capitale internazionale.
4. Monti-Napolitano. Lei ci ha visto un asse…
R. Si potrebbe dire, per battuta, che Napolitano collabora a quel piano di dissoluzione dello stato nazionale italiano proprio mentre assai enfaticamente ne celebra il centocinquantenario della nascita. Ma non dobbiamo vedere le scelte politiche di questo o quel governo o capo di stato come frutto di iniziative di Napolitano od Obama o Berlusconi o Sarkozy o Draghi o, in generale, di persone specifiche. Non vi sono iniziative e responsabilità personali, o di una maggioranza di governo, perché non vi è libertà di scelta politica di fondo, nell’area del Dollaro e del FMI. Né, ancor prima, di modello macroeconomico di riferimento. Oramai la politica economica, quindi la politica tout court, è unificata, dettata dal cartello mondiale monopolista della moneta, e guidata dal medesimo modello mondializzato, quello della grande finanza, del Bilderberg, della Trilateral, della Goldman Sachs
Nella costituzione reale dell’Italia, che non è ovviamente quella formale e dichiarata, ma che regola innanzitutto il ruolo e gli obblighi dell’Italia come paese vinto e tributario, sottomesso al vincitore, quindi a sovranità limitata, con oltre 130 basi americane – in questa costituzione reale, il capo della stato può avere la funzione di assicurare (usando i suoi fortissimi poteri di pressione, legittimazione, delegittimazione) che il governo e il parlamento italiani ottemperino alle richieste della potenza dominante, persino partecipando alle sue guerre, problematicamente rispetto all’art. 11 della Costituzione. La potenza dominante, vincitrice dell’ultima guerra mondiale, è il cartello finanziario angloamericano, quello che ha imposto Bretton Woods, il Gatt, il Gats e molte altre cose, in primis il modello interpretativo generale dell’economia, quello della Scuola di Chicago
Però il superstato europeo è così radicalmente non-europeo, proprio perché autocratico, simile alle autocrazie orientali di cui l’Europa ha sempre avuto un profondo orrore e disprezzo, che non è nemmeno detto che riesca a imporsi o che resista. La sua minaccia, ormai percepita, può risvegliare proprio quello spirito di lotta per la libertà, tipicamente europeo, che ripetutamente ha vinto contro forze immensamente superiori: lo spirito che ritroviamo nelle Guerre Persiane narrate da Erodoto, nell’impresa di Leonida cantata da Simonide, nella morte di Socrate, Zenone, Seneca, o recentemente in quella di Ian Palak; nella lenta resurrezione del pensiero critico, filosofico, scientifico dai secoli di repressione dogmatica da parte di un’istituzione religiosa pure profondamente asiatica per origini e ordinamento. E ancora nella lotta degli empiristi e dei Lumi contro l’assolutismo, nella rivoluzione francese, nella resistenza liberale ai tre totalitarismi del secolo scorso. Il risveglio di questo spirito coraggioso e libertario sarà vieppiù probabile, se il superstato europeo sarà percepito come un Quarto Reich germanico.
5. Quali le differenze tra Berlusconi e Monti e tra il governo Berlusconi e il governo Monti?
R. Poche, oggettivamente. Monti, Tremonti, Berlusconi, Merkel, Sarkozy e molti altri – praticamente tutto il mondo che sta nel sistema del Dollaro, come ho già detto – hanno il medesimo modello macroeconomico di riferimento, neomonetarista, neoliberista, finanziarizzante. Quindi anche ricette simili. Che non hanno affatto prodotto i vantaggi promessi, ossia l’ottimale distribuzione delle risorse e dei redditi assieme alla prevenzione o al rapido riequilibrio delle crisi, bensì hanno prodotto fortissimi vantaggi per una ristretta élite, impoverimento e insicurezza per gli altri. In quanto alle manovre, come già detto, si sono rivelate recessive, distruttive per le capacità industriali, peggiorative per i conti pubblici, per il rating, per la borsa, e foriere di avvitamento fiscale. Ciò che è cambiato nel passaggio da Berlusconi a Monti e al suo governo di banchieri, è che adesso il cartello bancario sta mettendo la faccia nel governo del paese, ossia assume direttamente, attraverso i suoi uomini, il governo del paese. Così anche in Grecia, col passaggio da Papandreou a Papademos. E che sta accelerando il collasso del paese.
6. Si può pensare di uscire dall’euro? O è meglio resistere?
R. Da quest’anno siamo tenuti, secondo le norme “europee”, a ridurre lo stock di debito pubblico di 45 miliardi ogni anno – cosa non fattibile, che comporterebbe una recessione mortale
Pensate invece a un’Italia che poteva essere, e a cui si è rinunciato. A un’Italia pre-1983, pre-divorzio tra lo stato e Bankitalia. Libera da Maastricht, con un debito pubblico non finanziarizzato, quindi non ricattabile. Il debito pubblico italiano esplose dopo quel divorzio e proprio per effetto della finanziarizzazione, che ci rende ricattabili sia dai baroni-predoni della finanza internazionale che da modesti politici borniert e bornés, elettoralmente perdenti. Potevamo continuare col mix del successo italiano (compresi deficit vantaggiosamente finanziato da Bankitalia e ampia evasione fiscale che manteneva il frutto del lavoro nel circuito produttivo anziché in quello sterile dello stato), aggiornandolo con più ricerca e innovazione tecnologica. Vi immaginate quante imprese avremmo attirato, di quelle che dall’Europa occidentale sono emigrate a Est e a Sud? E quante imprese italiane sarebbero ancora vive e in Italia? Oggi potremmo entrare nell’eurosistema dettando le condizioni, anziché subirle e finire in una posizione di subordinazione e sfruttamento. Era il vecchio sistema, che consentiva allo stato di farsi propulsore e protagonista dell’economia, quindi permetteva all’Italia di crescere e di vivere bene, pur avendo un meridione e un apparato statale molto inefficienti e costosi. Dopo la finanziarizzazione del debito pubblico, la globalizzazione, le privatizzazioni, i vincoli di bilancio, la cessione della moneta e della sovranità, non è più possibile perseguire lo sviluppo. I settori produttivi non riescono più a sostenere il resto del paese. Si può solo prelevare con le tasse la ricchezza accumulata e usarla per far quadrare i conti ancora per un anno o due, fino ad esaurimento, senza prospettive. Si diceva che i vincoli di bilancio e la moneta unica avrebbero costretto l’Italia ad adeguarsi all’efficienza e alla correttezza europee, ponendo fine agli sprechi e alla corruzione. Così non è stato e non poteva essere, perché il clientelismo, il parassitismo, è una mentalità, un’abitudine sociale inveterata, che non si cambia se non in diverse generazioni oppure attraverso sconvolgimenti radicali. I governi italiani hanno approfittato dei primi anni dell’Euro, in cui si pagavano bassissimi interessi sul debito pubblico e non vi era l’attacco speculativo, non per ridurre lo stock di debito pubblico e fare investimenti, ma per alimentare la spesa clientelare e a spreco, perché è da essa che i partiti traggono consenso, potere e profitti
Dopo questo fallimento, come si può credere che un paese efficiente come la Germania, capace di integrare la DDR, capace di crescere nella crisi mondiale, rispettoso delle regole, accetti di integrarsi con un paese come l’Italia, da quasi vent’anni in declino, retto da una partitocrazia incompetente e corrotta, permanentemente incapace di correggere le proprie storture, di cui un’ampia parte sopravvive grazie a sussidii e non è nemmeno in grado di smaltire i rifiuti solidi urbani? Fare sacrifici per integrarsi con la Germania è assurdo: quell’integrazione non avverrà mai. La Germania punta a neutralizzare l’Italia come concorrente sui mercati internazionali, e a liberarsi dal debito pubblico italiano. Leggete Sommella a pag. 3 di MF del 3 Gennaio: lo spiega benissimo. Monti è l’uomo che la Merkel ha voluto a questo scopo, dopo che le banche tedesche avevano provocato l’impennata dello spread vendendo massicciamente i btp.

Uscire dai trattati istitutivi dell’eurosistema è giuridicamente possibile, e secondo me è meglio uscire sia da esso che dall’UE, che continuare su questa strada, per diverse ragioni, e non solo per il fatto che il prezzo che dobbiamo pagare, per restarci, e sempre più alto, sia in termini economici, sia di perdita di libertà rispetto al sistema bancario e alle sue emanazioni politiche come le c.d. istituzioni europee e i governi commissariali. Sempre più alto, e non si vede limite al suo innalzamento, che sembra prodotto artatamente, per prenderci tutto, emergenza dopo emergenza, senza nulla dare, se non boccate d’aria per proseguire su quel cammino di assoggettamento
Ulteriori ragioni per uscire dall’eurosistema sono che la BCE non è una banca centrale, perché non è autorizzata ad assicurare l’acquisto dei titoli del debito pubblico dei paesi aderenti in modo idoneo a sottrarli all’aggiotaggio dei grandi predoni finanziari. Se avessimo una vera banca centrale, questa potrebbe farlo, come fa la Fed, la banca centrale nipponica, quella britannica. E come la Banca d’Italia prima del 1981! Se la massa monetaria dell’euro deve essere coperta da titoli americani, dollar-backed, allora la BCE è come uno switch-board sottoposto alla Fed, non una banca centrale di emissione al servizio dell’Europa, bensì un qualcosa di imposto imperialisticamente per impedire che gli europei abbiano una banca centrale effettiva propria, in modo che l’euro dipenda dal dollaro e non gli contenda il ruolo di moneta internazionale. Inoltre, l’euro non è una moneta, ma un insieme di cambi fissi, analogo al già fallito SME, tra monete nazionali che sostanzialmente ancora esistono in relazione ai rispettivi e separati debiti sovrani. Aree che hanno livelli di produttività-competitività molto diversi, hanno quindi bisogno di monete diverse, di cambi diversi, per poter esportare, attrarre investimenti e turismo, crescere e infrastrutturarsi, mentre confini nazionali e monetari dovrebbero circoscrivere aree di produttività simile. Altrimenti si ha che le aree più forti approfittano del loro dominio sul comune sistema monetario per usarlo a proprio vantaggio e a danno dei paesi più deboli, come la classe dirigente della Germania fece con lo SME e come sta facendo ora con l’euro, in modo imperialistico e violento, e in minor misura lo fa la Francia. Per esempio: le banche tedesche e francesi prendono denaro al 2% grazie al loro rating, e lo usano per comperare btp italiani che rendono il 6-7%. In questo modo, vampirizzano l’Italia, in quanto da un lato si procurano liquidità per finanziare le loro economie, dall’altro sottraggono liquidità dall’economia italiana, cioè sottraggono i mezzi sia per gli investimenti che per i pagamenti, e spingono in su i tassi dei prestiti bancari
Quale capo della BCE, Mario Draghi si è messo a finanziare, con la BCE, le banche italiane affinché comperino il debito pubblico italiano, togliendo il boccone a quelle francesi e tedesche – che quindi ora rischiano il downgrading, e le economie francese e tedesca avranno meno facilità a finanziarsi. Ma la BCE presta alle banche all’1% il denaro che queste usano per comperare btp al 7%! Perché allora la BCE non compera il btp al 2%? Per fare gli interessi delle banche private, che lucrano il 5% dalle tasche dei contribuenti? O perché la Fed non permette che, nella sua area, vi sia una banca centrale concorrente? Come che sia, da quanto sopra dovremmo imparare che i nostri vicini europei e i nostri liberatori USA non sono amici, ma perlopiù avversari controinteressati e sfruttatori, e che non c’è nulla di più stupido che trasferire i poteri politici, soprattutto in materia finanziaria, ad organismi dominati da loro, perché li usano per sfruttarci, approfittando del fatto di essere assai più forti.
7. In relazione alla decisione di Draghi che ha menzionato ora, ritiene che la situazione potrebbe cambiare, che la BCE potrebbe iniziare ad agire nell’interesse dell’Europa, dell’Italia?
[...]
8. Destra contro sinistra è una vecchia storia. La nuova politica potremmo pensarla così: mondialisti contro nazionalisti, ultraliberisti contro sociali. E’ d’accordo?
R. Le etichette “destra” e “sinistra” fanno ancora presa sulla mente popolare, quindi si usano nella propaganda. Le etichette si usano perché funzionano, non perché veridiche. Molti oggettivi conflitti tra classi, culture, interessi persistono come in passato, ma è divenuto primario il conflitto di interessi tra, da un lato, l’oligarchia globale, che dispone di strumenti, reti, monopoli globali, e soprattutto dispone del monopolio della moneta e del credito, quindi del potere politico e militare; e, dall’altro lato, la società che produce la ricchezza reale (lavoratori autonomi, dipendenti, imprenditori), le popolazioni nazionali, regionali, locali, che dipendono sempre più da questi strumenti, reti, monopoli, e che quindi sono sempre più dominate, sfruttate, schiacciate, violentate – anche attraverso l’imposizione di emigrare in massa o di accettare immigrazioni di massa tali da alterare la composizione e gli equilibri dei corpi sociali
Il conflitto di classe, oggettivamente, non è tra imprenditore e prestatore d’opera, i quali entrambi sono esposti alla concorrenza e producono ricchezza reale; ma tra essi e il monopolista della moneta e del credito, e lo speculatore finanziario, i quali si prendono ricchezza dalla società senza produrne e darne in cambio, anzi arrecandole molti danni e togliendole libertà e sicurezza. In Italia, i partiti della sinistra c.d. moderata si sono alleati con gli interessi della grande finanza e apportano all’agenda politica di questa il consenso del loro elettorato, in danno di questo stesso. Vi è però anche una sinistra vera, quella di un Paolo Ferrero e di un Marco Ferrando, che cerca di diffondere la consapevolezza del vero conflitto di classe.
[...]
11. Ci descriva un possibile scenario nazionale, politico ed economico, tra 10 anni, se si continuerà lungo questa strada…
R. Previsioni a dieci anni non sono possibili perché il divenire storico è legato a fattori impredicibili, come le innovazioni tecnologiche, che hanno ripercussioni molto vaste e profonde, come potrebbe averne il raggiungimento dei limiti fisici dello sviluppo (esaurimento delle risorse, squilibri ecologici). Ipotizzando che i fattori non cambino, mi aspetto che l’Italia, tra un decennio, sia una provincia impoverita di uno stato mondiale orwelliano, con qualche autonomia politica di facciata, ma strettamente diretta da organismi sovrannazionali autocratici. Priva o quasi di una classe dirigente e tecnico-scientifica qualificata, è gestita prevalentemente da managers stranieri per capitali stranieri
La gente è incalzata dalle esigenze pratiche quotidiane, partecipa pochissimo alla vita politica. Lavora per le necessità primarie (compresi i servizi pubblici) e per pagare gli interessi sul debito pubblico e privato accumulato dalle precedenti generazioni, e lo trova normale, perché ha introiettato questo compito come scontato, e perché la controinformazione è repressa come crimine di sedizione. Il cittadino-consumatore-lavoratore-contribuente-utente non ha quasi più possibilità di negoziare con le sue controparti: deve accettare salari, tariffe, tasse come gli sono fissati. Il metodo contributivo viene esteso alla sanità pubblica: ti curano fino all’esaurimento dei tuoi versamenti per la salute. Gli strumenti informatici consentono alla classe dirigente parassitaria di conoscere e aggredire capillarmente i redditi e i risparmi dei cittadini col prelievo fiscale.  
A mio avviso, invece, le cose andranno molto diversamente:
Ma l'esito finale potrebbe comunque essere quello di una società-alveare à la Visitors:
* Della Luna indica il periodo 2003 – 2007 che però è quello in cui Alan Greenspan ha gettato le basi dell’attuale crisi, fingendo di credere che le bolle si possano sanare con altre bolle (più grandi e più numerose) e decidendo di tenere i tassi di interesse artificiosamente bassi. L’esempio negativo della banca centrale giapponese doveva mostrargli che la cosa non poteva funzionare; quindi, siccome è tutt’altro che un imbecille, le sue reali intenzioni dovevano erano diverse da quelle da lui espresse pubblicamente.
Qui ci sono diversi pareri sulle sue responsabilità:
http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=7830
E qui c’è il mitico Tarpley che stabilisce il collegamento con l'11 settembre 2001 e le sue ragioni di fondo:
Il periodo che va dal 2007 al 2010 è invece quello in cui si può collocare la cifra astronomica di 16.000 miliardi di dollari, pari all’ammontare di una possibile (molto probabile) megatruffa internazionale ordita dalla Federal Reserve e denunciata da quattro parlamentari statunitensi:
http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/6618-udite-udite.html
Qui alcuni esperti internazionali che la pensano come i parlamentari e come Chiesa:

2 commenti:

Mauro Poggi ha detto...

Molto interessante. Da quando ho letto "Shock Economy" sono anch'io fra coloro che vengono sprezzantemente liquidati come "complottisti". Il problema è che le implicazioni sono così devastanti che ai più appaiono incredibili quanto i Visitors, pura fantascienza - o meglio fantapolitica. Ma dopo aver letto il libro della Klein quello che sta accadendo in questi mesi mi suona sinistramente familiare, la pedissequa applicazione di principi che in passato hanno già dato ampia prova di perniciosità. E poiché non credo che ciò dipenda da mera scempiaggine, devo per forza concludere che il risultato che si vuol raggiungere è un altro.

Unknown ha detto...

sì, ci vuole coraggio per accettare l'idea che la propria visione della realtà sia falsa e molto tempo per assimilare/metabolizzare una visione più realistica, ma spiacevole.
La prospettiva di essere delle prede non è certamente appetibile e questo rende il dibattito ancora più spinoso.
Tuttavia ogni giorno di più l'evidenza dei fatti mi pare che dia ragione ai "complottisti", cioè agli scettici, perciò sono fiducioso.
Vedremo se la mia fiducia è ben riposta, oppure se sarò costretto a modificare la mia prospettiva ;o)