Tomohiko Suzuki è un
giornalista freelance che ha lavorato per un mese alla centrale di Fukushima
senza rivelare la sua vera identità.
Suzuki ha dichiarato che
gli esperti di tecnologie nucleari gli hanno assicurato che ci sono persone che
vivono in aree dove nessun dovrebbe risiedere: “è come se vivessero all’interno
di una centrale nucleare”.
La Toshiba non dice
all’Hitachi cosa sta facendo e l’Hitachi fa lo stesso con la Toshiba.
"Lavorare a Fukushima
equivale ad aver ricevuto l'ordine di morire", secondo una fonte di una
società che si occupa di nucleare citata da Suzuki. Questa fonte sostiene che i
lavoratori manipolano regolarmente le loro misurazioni della radiazione
assorbita capovolgendo i dosimetri o mettendoli nei calzini, cosa che consente
loro di rimanere nel sito contaminato da 10 a 30 minuti in più prima di
raggiungere il limite giornaliero. In casi estremi, dice Suzuki, i lavoratori
addirittura lasciano i dosimetri al dormitorio. Secondo Suzuki TEPCO e i
subappaltatori all'impianto non dicono mai esplicitamente ai lavoratori di
prendere queste misure. Al contrario, gli vengono semplicemente assegnati
compiti impossibili da eseguire tempestivamente senza manipolare le misure di
dosaggio radioattivo e i lavoratori non protestano mai, vuoi per senso del
dovere, vuoi per paura di essere licenziati. Inoltre gli screening di
radiazione giornaliera sono una farsa, con il rilevatore passato troppo
velocemente su ogni lavoratore mentre “la connessione con il cicalino è stata
tagliata”.
Molti ingegneri della
Hitachi e della Toshiba che proponevano delle nuove soluzioni si sono sentiti
rispondere che non ci sono più i soldi per sperimentarle.
Suzuki ha appena pubblicato
un libro dal titolo “Yakuza to genpatsu" (La yakuza e l’energia nucleare).
Ringrazio Mario Giuliano per aver tradotto la parte più importante dell'articolo.
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