Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si
convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce
una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari
Max Planck, fisico teorico
tedesco
Nell'ambito della scienza
attuale, le "conclusioni generalmente accettate" vengono
ordinariamente presentate come se fossero "fatti" indiscutibili. Dal
Big Bang, all'evoluzione dei pianeti, dalla natura delle comete, a fenomeni
altamente speculativi e misteriosi quali i buchi neri, la materia scura e l'energia
scura, la grande immagine cosmologica viene presentata con una tale sicurezza
che i mass media in questo paese non l'hanno quasi mai messa in discussione. Ma
l'immagine può risultare assai meno chiara di quello che siamo stati indotti a
credere. Completamente rimossi dai riflettori dei media scientifici, i critici
hanno suggerito che un solo errore fondamentale ha finito per infettare le
scienze teoriche. Questo errore è l'idea che l'universo sia elettricamente
neutro – ossia che l'elettricità non abbia "niente a che fare" con lo
spazio. È un'affermazione del tutto perversa, data la schiacciante importanza
che l'elettricità ricopre nelle nostre vite.
Le più recenti nonchè
fondamentali scoperte che sono state fatte hanno consistentemente messo in
discussione le interpretazioni delle teorie convenzionali su questo punto. Allo
stesso tempo, hanno incoraggiato un interesse considerevole verso un'ipotesi
alternativa – ossia quella dell'Universo Elettrico.
[…]. L'ipotesi sulla
"palla di neve sporca", che è stata considerata per molti decenni un
vero e proprio pilastro teorico, ha fallito in maniera clamorosa nel predire il
comportamento delle comete e, in tempi più recenti, non è neppure stata in
grado di fornirci le giuste informazioni sulla loro composizione. Le
sorprese più drammatiche hanno avuto inizio nel 1986, quando sono stati
scoperti numerosi ioni carichi negativamente nel chioma della Cometa di Halley,
ossia i segni di una attività energetico-elettrica, e l'assenza di una
qualunque prova che indicasse la presenza di acqua nel nucleo della cometa.
Negli anni seguenti, le comete hanno dato vita ad un flusso di "fenomeni
misteriosi" talmente costante e regolare che gli astronomi sono stati
costretti a tornarsene alle loro lavagne. Tali fenomeni comprendono:
• Getti supersonici
altamente energetici che esplodono nei nuclei delle comete.
• Getti filamentosi di
cometa, trattenuti a malapena, che si estendono per lunghe distanze e che
rappresentano una sfida concreta all'atteso comportamento dei gas neutri nel
vuoto.
• Superfici di cometa che
presentano rilievi incisi in maniera precisa – l'esatto opposto di quello che
gli astronomi si aspettavano seguendo il modello della “palla di neve
sporca".
• Temperature
inaspettatamente elevate ed emissioni di raggi x dalle chiome delle comete.
• Una riserva alquanto
ridotta o la completa assenza di acqua e di altre sostanze volatili nei nuclei
delle comete.
• Particelle minerali che
possono formarsi solamente a temperature estremamente elevate.
• Comete che si infiammano
mentre si trovano in uno stato di "congelamento profondo", oltre
l'orbita di Saturno.
• Comete che si
disintegrano a molti milioni di miglia dal Sole.
• Particelle di polvere di
cometa divise più finemente e uniformemente di quello che ci si dovrebbe
aspettare da "ghiaccio sporco" in sublimazione.
• Espulsione di particelle
più grandi e di "ghiaia", un fenomeno che non era mai stato predetto
se ci si rifà all'ipotesi che le comete sono risultate da nuvole primordiali di
ghiaccio, gas e polvere.
• Minerali che possono
essere creati solo a temperature elevate.
Tutte le scoperte appena
elencate pongono enormi difficoltà al modello della "palla di neve
sporca": sono tutte prevedibili caratteristiche del modello elettrico.
[…]
Secondo Wallace
Thornhill e gli altri proponenti del modello dell'Universo Elettrico, la
cometa elettrica è inestricabilmente legata al modello elettrico del Sole, un
modello le cui implicazioni sono molto ampie: Fu il dottor Charles E. R.
Bruce della Associazione per la Ricerca sull'Elettricità - Electrical Research
Association - che nel 1944, in Inghilterra, mise in moto l'elaborazione di un
modello scientifico sul "sole elettrico".
[…].
Anni dopo, un brillante
ingegnere, Ralph Juergens, ispirato dal lavoro di Bruce, andò ad aggiungere
alla sua ipotesi una possibilità rivoluzionaria. In una serie di articoli che
vennero scritti a partire dal 1972, Juergens suggerì che il Sole non è un
corpo elettrico isolato nello spazio, ma che giace all'interno di un più ampio
campo galattico. Con questa sua ipotesi, Juergens fu il primo a compiere il
salto teorico necessario per prospettare l'esistenza di una fonte di energia
esterna per il Sole.
Juergens propose che il
Sole è l'oggetto più positivamente carico nel sistema solare, il centro di un
debole campo radiale elettrico e l'epicentro di un processo di "coronal
glow discharge" ("scaricamento incandescente della corona")
alimentato da correnti galattiche. Questo spiega il perché una cometa, che si muove
rapidamente attraverso un campo elettrico che va rafforzandosi, nel momento in
cui si avvicina al Sole, cominci a scaricarsi sotto la pressione delle tensioni
elettriche.
Per evitare di fraintendere
questo concetto, è essenziale che distinguiamo il complesso modello
elettrodinamico che è alla base dello scaricamento incandescente del Sole da un
semplice modello elettrostatico che può essere facilmente confutato.
Da un capo all'altro della
maggior parte del volume di uno scaricamento incandescente della corona il
plasma è "quasi" neutro, e presenta praticamente lo stesso numero di
protoni e di elettroni. Una situazione del tutto simile esiste all'interno di
un tubo di luce fluorescente. La corrente viene trasportata principalmente da
un impulso di elettroni all'interno di un debole campo elettrico verso
l'elettrodo positivo [il Sole]. È solo al di sopra della corona, in prossimità
del Sole, che il campo elettrico diventa sufficientemente forte da generare
tutti i fenomeni brillanti ed energetici che osserviamo sul Sole.
Nel modello elettrico, la
fonte di energia esterna del Sole è la ragione per la quale la temperatura si
innalza in maniera SPETTACOLARE più tende ad aumentare la distanza dalla
superficie del Sole – esattamente il contrario di ciò che ci si aspetterebbe di
vedere se il calore irradiasse dal cuore del Sole. Dai circa 4400 gradi K
[Kelvin – unità base della temperatura nel sistema internazionale] che si
registrano a 500 chilometri al di sopra della fotosfera, la temperatura si
innalza costantemente fino a raggiungere i circa 20.000 gradi K in cima alla
cromosfera, all'incirca 2200 chilometri al di sopra della superficie del Sole.
A questo punto si verifica un aumento brusco, che eventualmente raggiunge i 2
milioni di gradi nella corona. E anche ad una maggiore distanza dal Sole,
l'attività energetica di atomi ionizzati di ossigeno raggiunge la sorprendente
temperatura di 200 milioni di gradi! Questa è l'ultima cosa che uno si
aspetterebbe di vedere da una fornace nucleare nascosta nel nucleo del Sole. Ma
è la natura osservata del processo di scaricamento della corona.
I teorici del modello
elettrico sottolineano all'incirca due dozzine o più di caratteristiche del
Sole che pongono dei problemi alla teoria standard, e che vanno dal
"difficile" all'"impossibile" da spiegare. In ognuna delle
casistiche, la caratteristica osservata segue logicamente dal modello dello
scaricamento incandescente. Forse la più efficace illustrazione di questo
contrasto è la questione del vento solare. Il Sole emette continuamente un
flusso di particelle cariche positivamente, ma queste particelle non solo non
vengono influenzate dalla forza di gravità del Sole, ma continuano ad
accelerare man mano che si allontanano dal Sole. Fin dai tempi della scoperta
di questo misterioso comportamento, avvenuta molti decenni fa, i teorici del
Sole non hanno mai messo a punto una spiegazione che potesse reggere ad un
esame accurato. Pensavano di avere trovato una spiegazione parziale quando
affermarono che la radiazione solare [la luce del Sole] continuava a spingere
verso l'esterno le particelle cariche. Per i teorici del modello elettrico,
questa non solo era una spiegazione debole, ma mancava anche di un qualunque
sostegno sperimentale, il quale dovrebbe essere la prima risorsa da cui
attingere.
I teorici del modello
elettrico sono, infatti, disturbati dall'incapacità del mainstream scientifico
di vedere ciò che ritengono essere del tutto evidente. Tutti gli elettrotecnici
sanno che esiste un modo molto semplice per accelerare le particelle cariche –
lo fanno regolarmente ricorrendo ai campi elettrici. Se il Sole è un corpo
carico che si trova al centro di un campo elettrico, l'accelerazione di
particelle cariche da parte di questo campo è un dato di fatto.
L'esempio più irresistibile
di questo principio lo si è avuto fra il 15 e il 19 gennaio del 2005, quando si
verificò l'eruzione di quattro potenti bagliori solari dal "sunspot
720" ("macchia solare 720"). Quindi, il 20 gennaio, la quinta
esplosione produsse un'espulsione di massa dalla corona - coronal mass ejection
[CME] - a velocità che vanno ben al di là della capacità di spiegazione da
parte di un qualunque modello convenzionale. Come riassunto nella Foto del
Giorno su Thunderbolts, "Mentre spesso sono necessarie più di 24 ore
alle particelle cariche di una esplosione solare per raggiungere la Terra,
questa ha rappresentato una profonda eccezione. Solamente 30 minuti dopo
l'esplosione, la Terra [che dista circa 96 milioni di miglia dal Sole] era
immersa in quella che gli scienziati della NASA hanno definito "la più
intensa tempesta protonica che si sia mai verificata in decenni".
È piuttosto indicativo il
fatto che è quasi impossibile trovare, in tutti i tentativi mainstream di
spiegare il vento solare, un qualunque cenno o memoria riguardante questo
evento.
[…].
Wallace Thornhill, per
esempio, suggerisce che la cometa elettrica fornisca il miglior modello per
comprendere le caratteristiche della superficie dei pianeti e delle lune. Prove
non riconosciute che si sono andate accumulando nel corso dell'Era Spaziale
mettono in chiara evidenza che i pianeti sono corpi carichi di energia. Movimenti
instabili all'interno del campo elettrico del Sole, o movimenti che portino i
pianeti a incontri ravvicinati, condurrebbero ad eventi devastanti di
scaricamento elettrico, e questo potrebbe indurre gli stessi pianeti ad
assumere i connotati delle comete. È quindi essenziale che venga
attribuita un'alta priorità ad un'aperta riconsiderazione della storia
planetaria. E questa indagine deve includere la possibilità che i pianeti
fossero, in epoche precedenti, immersi nel processo di scaricamento elettrico e
che la loro superficie fosse percorsa da eventi elettrici ad alto contenuto
energetico. In altre parole, quello che sta succedendo sulle comete attive è
un indicatore diretto delle forze che agirono sui pianeti in un'epoca remota
dell'evoluzione planetaria.
L'esplorazione dello spazio
ha rivelato continuamente caratteristiche dei pianeti e degli altri corpi
rocciosi che non possono essere spiegate ricorrendo all'ipotesi degli impatti
dallo spazio e alla famigliare geologia planetaria [vulcanismo, erosione
acquifera, o diffusione di superficie]. Fin da quando sono stati puntati i
telescopi sulla Luna, la singola caratteristica geologica che ha maggiormente
catturato l'attenzione estatica degli astronomi sono stati i crateri. Per
interi decenni, la questione irrisolta fu quella di stabilire se i crateri
sulla Luna si fossero formati a causa di attività vulcanica o piuttosto di
un impatto esterno dallo spazio. Con il programma spaziale Apollo, gli
astronomi hanno creduto che si fosse trovata una soluzione alla questione. I
crateri dominanti sulla Luna erano stati creati dal violento impatto sulla
superfice di oggetti celesti, questo è quanto dichiararono gli scienziati.
Questa conclusione parve
tanto chiara che virtualmente nessuno si soffermò a sufficienza per notare la
litania di fatti riguardanti i crateri lunari che mettono in dubbio l'intera
ipotesi. Una volta che si affermò il modello dell'impatto dallo spazio, gli astronomi
e i geologi cercarono di replicare in forma sperimentale gli schemi davvero
unici riguardanti la formazione dei crateri sulla Luna e in ogni altra parte
nel sistema solare. In certe occasioni, la pubblicazione di notizie decretò i
“successi” di tali esperimenti, ma ad un livello più fondamentale e
scientifico, dove i modelli dettagliati dei crateri lunari richiedevano una
conferma in forma sperimentale, gli esperimenti si rivelarono essere un totale
fallimento. Le caratteristiche dei crateri che hanno origine dagli impatti
ad alta velocità non corrispondono alle caratteristiche dei crateri lunari. Né
corrispondono alle caratteristiche dei crateri la cui presenza osserviamo in
tale abbondanza sulla superficie di Marte o sulle Lune di Giove e di Saturno e
di tutti gli altri corpi rocciosi che sono presenti nel sistema solare.
Questo fallimento da parte degli esperimenti condotti per testare l'ipotesi
dell'impatto dallo spazio, comunque, non pare che sia stato fatto oggetto di
alcuna pubblicazione di notizie.
Le anomalie comprendono
[tanto per citarne solo alcune]:
• La rimarchevole
circolarità di quasi tutti i crateri di tutte le forme. Impatti obliqui
dovrebbero invece dar vita a numerosi crateri ovali;
• La mancanza di quel danno
collaterale che ci si dovrebbe attendere se la circolarità del cratere fosse
dovuta ad un'esplosione avvenuta in prossimità del terreno, come nel caso di
una detonazione termonucleare;
• Le superfici dei crateri
appaiono essere piane e disciolte invece di essere costituite da uno scavo a
forma di piatto causato dall'esplosione dell'impatto. Gli impatti e le
esplosioni ad alto contenuto energetico – comprese le bombe atomiche – non
causano lo scioglimento di materiale che sia sufficiente per creare superfici
piane.
• Molti crateri sono
caraterizzati da pareti ripide piuttosto che presentarsi nella forma di un
piatto di scarsa profondità, una conformazione che ci si aspetta
dall'esplosione causata da un impatto supersonico;
• L'inaspettata formazione
di terrazze sulle pareti dei crateri più grandi, con la presenza di superfici
disciolte per alcune di queste terrazze;
• Un gran numero di crateri
secondari concentrati sui bordi dei crateri più grandi;
• L'assenza di crateri più grandi
che attraversano i crateri più piccoli;
• Catene intricate di
piccoli crateri lungo il bordo di crateri più grandi;
• Un numero estremamente
eccessivo di crateri accoppiati e di catene di crateri;
• Dispersione minimale
quando un cratere si inserisce dentro un altro;
• Ripetute e altamente
“improbabili” associazioni di crateri che sono contigue a buche e strette
vallate incise in maniera pulita, dalle quali il materiale è semplicemente
scomparso;
• Raggi di “ejecta”
[particelle emesse durante la formazione di un cratere] tangenziali al bordo
del cratere;
• Anelli concentrici.
Invece di prendere in
considerazione questi sfidanti, gli scienziati planetari hanno smesso di porsi
le domande più importanti. Per la verità, devono ancora considerare un fatto di
straordinaria importanza per il futuro della scienza planetaria: tutti i
modelli riguardanti la formazione dei crateri primari nel sistema solare
possono essere riprodotti attraverso lo scaricamento elettrico in laboratorio.
Lo stesso non può dirsi di qualunque altro agente causale che è stato esplorato
nel corso dell'era spaziale.
Il nostro vicino, Marte, il
pianeta più studiato nel sistema solare [al di fuori della Terra] offre esempi
quasi illimitati. La superficie di Marte rivela la prova evidente di quella
che è una violenta cicatrice elettrica.
Lo stupendo abisso Valles
Marineris si dispiega per più di 3000 miglia – l'equivalente di centinaia di
Grand Canyon. Agli
inizi degli anni 70, l'ingegnere Ralph Juergens ha ipotizzato che in un'età
precedente descritta da un'elevata instabilità planetaria, gli archi elettrici
fra corpi celesti carichi furono responsabili della creazione di molte delle
caratteristiche che sono presenti su Marte. Nel 1974, Juergens scrisse a
proposito del Valles Marineris:
“Quello che questa regione
maggiormente ricorda è un'area percorsa da un potente arco elettrico che avanza
in maniera non regolare lungo la superficie, scindendosi occasionalmente in due
parti, e che si indebolisce di tanto in tanto, così che le sue tracce si restringono
e degradano anche in linee di crateri disconnessi.”
Più recentemente, Wallace
Thornhill ha sostenuto che l'intera regione del Valles Marineris ha la stessa
morfologia del più grande fenomeno di scaricamento elettrico dell'universo – la
galassia a spirale barrata. [Foto 1- Si veda Galassie a Spirale e Grand Canyon]
All'inizio, gli scienziati
planetari hanno speculato che era stata l'erosione dell'acqua l'agente che
aveva reso possibile la creazione del Valles Marineris, ma questa teoria è
stata confutata ricorrendo ad immagini a risoluzione più alta. Adesso, alcuni
sostengono l'ipotesi di una diffusione di superficie e della relativa
formazione di fenditure. Ma dopo aver condotto un esame più scrupoloso, non è
possibile provare che si sia mai verificata alcuna diffusione di superficie.
E quindi che cosa è
successo a tutto il materiale “mancante”? Seguendo l'ipotesi del modello
elettrico, questo venne scavato in maniera esplosiva da un processo chiamato
electric discharge machining [EDM]. E i residui risultanti non vennero
solamente sparsi per tutta la superficie di Marte ma la maggior parte di esso
venne accelerato elettricamente nello spazio. Dalla posizione di vantaggio
nella quale ci troviamo, non è una coincidenza che ancora oggi le meteoriti di
Marte stiano cadendo sulla Terra.
[…].
Per i proponenti del
modello dell'Universo Elettrico, la prova geologica delle cicatrici elettriche
che sono presenti sui pianeti e sugli altri corpi rocciosi è una dimostrazione
irresistibile della violenza planetaria e dell'instabilità che prevalsero nel
passato. L'ipotesi di un sistema solare instabile, nel recente passato venne
portata avanti da Immanuel Velikovsky nel suo bestseller del 1950, “Mondi in
Collisione".
Anche se Velikovsky venne
sommariamente accantonato dal maintream scientifico, l'Era Spaziale ha fatto di
più per sostenere Velikovsky piuttosto che confutarlo!
Mentre i proponenti
dell'Universo Elettrico Wal Thornhill e i suoi colleghi riconoscono che
Velikovsky si è sbagliato su molti punti, sono però d'accordo con lui nel
sostenere che l'elettromagnetismo è stato l'elemento chiave di una precedente
epoca di catastrofe planetaria. E oggi, le prove sono diventate schiaccianti che
viviamo in un sistema solare che è “collegato elettricamente”.
Nel caso di Giove, vediamo
all'opera questa connettività elettrica nella relazione che intercorre fra il
pianeta stesso e la sua luna più vicina, Io. Nel 1979, l'astrofisico Cornell
Thomas Gold propose nella rivista Science che i “vulcani” di Io fossero in
realtà masse scariche di plasma liquefatto - plasma discharge plumes. L'ipotesi
di Gold venne confutata sulla stessa rivista da Gene Shoemaker, et al. Ma nel
1987, i fisici del plasma Alex Dessler e Anthony Peratt sostennero
l'interpretazione di Gold in un articolo pubblicato nella rivista Astrofisica e
Scienza Spaziale - Astrophysics and Space Science. Dessler e Perat sostennero
che sia la penombra filamentosa che la convergenza di ejecta in anelli ben
definiti sono effetti dello scaricamento del plasma che non hanno equivalenti
nei vulcani.
Successivamente, la sonda
Galileo registrò immagini incredibili dei “vulcani” e scoprì precisamente
quello che era stato predetto dal teorico del modello elettrico Thornhill: Temperature
così alte che saturarono le telecamere; il MOVIMENTO dei “vulcani” lungo la
superficie di Io; e il posizionamento dei “vulcani” lungo le scogliere di valli
precedentemente scavate. È adesso indisputabile che la base del “rifiuto” di
Shoemaker dell'ipotesi di Gold era sbagliata.
[…]
Dal più largo circuito
della Via Lattea, le correnti fluiscono nel dominio del Sole. A distanze
planetarie dal Sole, il campo è debole e insignificante. Ma come la corrente
“comincia a mordere” nel suo avvicinarsi al Sole, e più la potenza elettrica
diventa sufficiente ad illuminare il Sole. Una cometa trascorre la maggior
parte del suo tempo nella parte più debole del campo, lontana dal Sole, ed è
possibile che bilanci il proprio voltaggio con quel campo. Ma come la cometa
tende ad accelerare più si avvicina al Sole, e più tende a crescere in maniera
profonda il suo sbilanciamento con l'ambiente circostante e comincia quindi a
scaricarsi. Gli astronomi sono stati incapaci di notare tali osservazioni
fondamentali per una ragione che nessuno vuole ammettere: sono impreparati in
maniera imbarazzante in tutto ciò che riguarda l'elettrodinamica. Questo spiega
perché gli elettrotecnici hanno un enorme vantaggio nella comprensione delle
attività elettriche nello spazio. Un saldatore potrebbe capire più facilmente
le valli e i crateri su superfici solide di un qualunque scienziato planetario.
Ma piuttosto che espandere la loro conoscenza fino ad includere l'elettricità,
gli astronomi e i cosmologi hanno invece contratto le scienze spaziali ad un
campo limitato di teorie “eleganti” [ossia pretenziose o irrilevanti].
Versione originale
Michael Goodspeed
Fonte:
http://www.thunderbolts.info
Link:
http://www.thunderbolts.info/webnews/new_cosmology.htm
Versione italiana
Fonte:
http://www.radiokcentrale.it/
Link:
http://www.radiokcentrale.it/articolinuovaera/itapiece184.htm
http://www.radiokcentrale.it/articolinuovaera/itapiece184part2.htm
http://www.radiokcentrale.it/articolinuovaera/itapiece184part3.htm
Traduzione di questo complesso ma anche alquanto
“elettri....zzante” articolo a cura di Melektro per
www.radioforpeace.info – Per commenti: info@radiokcentrale.it
1 commento:
http://www.mednat.org/new_scienza/Universo_elettrico_la-prova-numerica.pdf
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