Questo è il drone stealth
modello RQ-170 Sentinel, modellato sul progetto del bombardiere stealth B-2.
Questo è l’Horten 229,
aereo sperimentale nazista mai entrato in servizio.
Ci sono due possibilità in
merito alla vicenda del drone americano catturato dagli Iraniani e solo una è
plausibile. La prima, implausibile, è che il drone sia precipitato per conto
suo, a causa di un malfunzionamento. In alternativa, è stato intercettato e
catturato dagli Iraniani. In questo secondo caso gli Iraniani sono muniti di
tecnologie di altissimo livello, all’altezza di quelle americane, ed ora hanno
accesso alla tecnologia supersegreta contenuta nel drone. Nel primo caso
significherebbe che la tecnologia americana non è poi così affidabile e in ogni
caso sarà presto nota agli Iraniani. In entrambi i casi quel che è accaduto è
una grave ed imbarazzante defaillance per gli Americani ed un terribile monito
per un governo israeliano che fosse formato da politici responsabili.
Il fatto che il drone sia
virtualmente intatto sembra escludere la possibilità che sia caduto. Ne
consegue che gli Iraniani sono capaci di interrompere i comandi di controllo
satellitare per poterlo dirottare e farlo atterrare quasi in sicurezza in
un’area priva di campi di atterraggio. Un vero capolavoro. Ed ora i loro
ingegneri elettronici hanno la possibilità di esaminare l’equipaggiamento ed il
sistema di comunicazione e controllo.
Com’è possibile che gli
Iraniani siano stati in grado di individuare un velivolo che non dovrebbe
praticamente lasciare alcuna traccia sui radar? C’è chi punta il dito sulla
prontezza con la quale gli Israeliani hanno venduto ai Russi le stesse
tecnologie che hanno procurato agli Stati Uniti.
Quindi è ipotizzabile
che Russi e Cinesi possano aver approntato un eccellente sistema di difesa per
gli Iraniani, anche per poter arrestare l’espansione del colonialismo americano
nell’Asia Centrale.
Intanto Netanyahu ha fatto
capire che finché l’Iran resta una minaccia per Israele, sponsorizzando
Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza, non ci sarà la pace in Medio Oriente.
Perciò, orwellianamente, l’unica via per la pace è la guerra. Avner Cohen
("A New Nuclear Reaction", Haaretz, Nov 21, 2011), ricorda che
il bombardamento del reattore nucleare iracheno di Osirak nel giugno del 1981
ha significato l’inaugurazione di una dottrina israeliana che comporta
l’accettazione del coinvolgimento in un conflitto esteso pur di impedire che
potenze mediorientali ostili ad Israele si dotino di armi atomiche,
prospettando un Secondo Olocausto, questa volta nucleare. Anche al tempo di
Osirak l’intelligence israeliana aveva sconsigliato quell’attacco e una parte
del governo – incluso il ministro della Difesa – era ferocemente
contraria ad un’azione che giudicavano sconsiderata. Begin lo ordinò
ugualmente. Quel che si è appreso successivamente è che l’attacco spinse Saddam
Hussein ad intraprendere sul serio un programma di armamento nucleare, che si
concretizzò entro 3 mesi, con la prima produzione di uranio arricchito invece
che di plutonio. Dunque la vittoria israeliana fu una vittoria di Pirro
che arrecò più svantaggi che benefici, ma ora serve da modello
per quel che intendono fare gli Israeliani nel 2012.
Gli Stati Uniti hanno già
elaborato i possibili scenari conseguenti ad un attacco all’Iran della durata
di tre giorni e sono sempre più riluttanti a farsi coinvolgere da Israele, che
al contrario è sempre più aggressivo. I vari Segretari alla Difesa statunitensi ce l’hanno
messa tutta a farsi promettere da Netanyahu che non ci sarà un attacco
israeliano senza che gli Stati Uniti siano preavvertiti, fallendo. Israele ha
testato i missili Jericho III che possono essere lanciati dai sottomarini ed ha
effettuato delle esercitazioni aeree congiunte con le forze aeree italiane
sopra la Sardegna, con un raggio di 800 km e, prima ancora, fino a Gibilterra.
La cyber-guerriglia israeliana non sarebbe intesa a bloccare il programma
nucleare iraniano, ma a neutralizzare le difese antiaeree e la rete elettrica
dell’Iran (Eli Lake, "Israel's Secret Iran Attack Plan: Electronic
Warfare," The Daily Beast, Nov, 16, 2011).
Come si svolgerebbe
l’attacco israeliano?
Come nel 1981, meno di un
centinaio di aerei attraverserebbero lo spazio aereo turco e non potrebbero
tornare sulla stessa rotta, perché la Turchia non lo permetterebbe. Dunque
dovrebbero rientrare attraversare Iraq e Giordania, confidando nel fatto che
non reagiranno (il che non è scontato). Il passaggio nei cieli siriani sarebbe
immediatamente segnalato agli Iraniani, che non sarebbero quindi colti di
sorpresa. La carenza di rifornimento aereo in volo condannerebbe molti aerei
ritornanti. Diversamente da Iraq 1981 e Siria 2007, i siti iraniani sono
numerosi, sotterranei, fortificati e ben protetti da missili antiaerei:
servirebbero centinaia di missioni per intaccare il programma atomico – che
sarebbe comunque solo ritardato. Un’operazione di rara complessità che gli
Israeliani non hanno mai incontrato prima e che molto probabilmente
sottovalutano drammaticamente.
Come reagirebbe l’Iran?
Israele ha perso la guerra
del 2006 contro Hezbollah in Libano, grazie a missili teleguidati relativamente
economici di fabbricazione russa ed iraniana che hanno rivelato la
vulnerabilità dei carri armati Merkava, degli aerei prodotti negli Stati Uniti
e delle navi israeliane, pur protette da sofisticati sistemi di difesa. Se
Israele ha scelto di non insistere in Libano è perché si è reso conto che la
cosa si stava risolvendo in un disastro. Dopo 5 anni non è detto che Israele
abbia colmato il gap tecnologico. Anzi, questo potrebbe essersi persino ampliato.
Sono passati 5 anni e l'Iran ha continuamente migliorato il proprio apparato
bellico, cosciente com'è della forza che potrebbe trovarsi a fronteggiare. Un
attacco all’Iran scatenerebbe la reazione di Hezbollah, che farebbe arrivare
una pioggia di missili scud sui centri abitati israeliani. Lo stesso potrebbe
fare la Siria (che è ufficialmente ancora in guerra con Israele). Israele
riuscirebbe a intercettarne solo una piccola parte.
Cosa farebbero gli Stati
Uniti?
Due tra i più alti
ufficiali dell’esercito americano, il generale Martin Dempsey, capo di stato
maggiore delle forze armate americane e il generale James Mattis, comandante
dello United States Central Command (che sovrintende al teatro medio-orientale
e dell’Asia Centrale), hanno chiesto ad Obama di dissuadere Israele dal
compiere quella che considerano una follia. Obama ha risposto che Israele è una
nazione sovrana.
Ciò espone alle
rappresaglie iraniane tutte le basi americane dell’area, assieme alla quinta ed
alla sesta flotta. Panetta ha rampognato Netanyahu, dicendogli che il suo
dovere è quello di sedersi al tavolo delle trattative con i Palestinesi e che
un alleato deve mostrare senso di responsabilità, non comportarsi come un
caporione. Non è stato ascoltato.
Sono sempre più convinto che
Israele si stia avviando verso un Secondo Olocausto, nella convinzione che solo
così potrà prevenirlo (tragiche ironie della storia):
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