Nella giustizia delle
favole come nella psiche profonda, la gentilezza verso ciò che sembra di poco
conto viene premiata con il bene, e il rifiuto di fare del bene a chi non è
bello viene punito. Lo stesso accade nei grandi sentimenti come l’amore. Quando
ci espandiamo per toccare il non-bello, siamo ricompensati. Se lo disprezziamo,
siamo separati dalla vita vera e lasciati fuori al freddo. Per alcuni, è più
facile pensare pensieri superiori e bellissimi e toccare le cose che
positivamente ci trascendono, che toccare, aiutare ed assistere il non-così
positivo. Come la storia illustra, è facile cacciare il non-bello e sentirsi
falsamente nel giusto.
Clarissa Pinkola Estés,
“Donne che corrono coi lupi”, 2009, p. 140
Dall'ondeggiante oceano, la
folla, venne teneramente a me una goccia,
mormorando Io ti amo, tra
non molto morirò.
Ho fatto un lungo viaggio
solo per guardati, toccarti, perché non potevo morire sinché non ti avessi
parlato, perché temevo di poterti poi perdere.
Ora ci siamo incontrati, ci
siamo guardati, siamo salvi, ritorna in pace all'oceano mio amore,
anch'io sono parte di
quell'oceano amore, non siamo così separati, considera il grande globo, la
coesione del tutto, quanto è perfetta!
Ma per me, per te, il mare
irresistibile deve separarci, e se per un'ora ci tiene lontani, non potrà
tenerci lontani per sempre;
non essere impaziente - un
istante - sappi che io saluto l'aria, l'oceano e la terra, ogni giorno al
tramonto per amor tuo, amore.
Walt Whitman, Foglie d’Erba
Come contenere un ghigno
sardonico quando i giornalisti occidentali inneggiano alla “Primavera Russa”
dei manifestanti pro-democrazia che contestano Putin senza poter nascondere il
fatto che le riprese li mostrano mentre sventolano bandiere con la falce e
martello (noto simbolo democratico?), che vengono bellamente ignorate dai
commentatori?
È giornalismo o è
propaganda? La deontologia professionale, l’integrità: che fine hanno fatto? C'è in giro un'epidemia di minzolinite?
Il dato che salta all'occhio è che siamo in una fase in cui
dobbiamo sostenere un forsennato attacco alla democrazia portato da
oligarchie che si spacciano per democratiche e che stanno erodendo lo stato di
diritto dal suo interno:
C’è chi, come l’ex
consigliere di Mitterrand, teme il peggio:
Ho già trattato la
questione della natura e delle virtù della democrazia in questo mondo:
E i problemi inerenti alla
democrazia diretta:
Ora vorrei dimostrare che la
democrazia è un’istituzione che potrebbe funzionare e quasi certamente funziona su altri mondi. In altre
parole, ritengo che la democrazia non sia un monopolio della specie umana
terrestre. Dando per scontata l’esistenza di vita intelligente nell’universo,
http://www.informarexresistere.fr/2011/12/24/alienologia-corso-avanzato-parte-seconda-la-storiografia/#axzz1i8n9szlE
presumo che altre civiltà abbiano adottato un modello democratico per regolare la vita pubblica e dirimere le controversie. Qui spiego perché la penso a questo modo.
http://www.informarexresistere.fr/2011/12/24/alienologia-corso-avanzato-parte-seconda-la-storiografia/#axzz1i8n9szlE
presumo che altre civiltà abbiano adottato un modello democratico per regolare la vita pubblica e dirimere le controversie. Qui spiego perché la penso a questo modo.
Sono giunto a questa
conclusione leggendo le opere di Jacob Needleman, un filosofo morale e politico
che insegna alla San Francisco State University. In particolare, mi ha
impressionato “The American Soul: Rediscovering the Wisdom of the Founders”
(New York: Jeremy P. Tarcher, 2003). La mia trattazione è, in pratica, una
rielaborazione per sommi capi delle sue tesi. Per me, come per lui,
“America” è il nome del Mondo Nuovo, di una società ideale in cui le nostre
migliori aspirazioni – “gli angeli migliori della nostra natura”, li chiamava
Lincoln – hanno finalmente prevalso.
La grande speranza
dell’America, spiega Needleman, era la sua visione di cosa fosse l’umanità e di
cosa potesse diventare – individualmente e coralmente. L’America era una grande
idea e sono queste grandi idee che fanno andare avanti il mondo, che
dischiudono la possibilità di un senso alto della vita umana. L’America come
fatto, simbolo e promessa di un nuovo inizio, che concepisce il materialismo
come una malattia della psiche che non riceve un sufficiente nutrimento di
idee. Per Needleman, nell’America la missione degli esseri umani è quella di
agire nel mondo come strumenti consapevoli ed individuati della Sapienza/Sophia
(cf. trascendentalisti), persone di buona volontà e retto intendimento, ossia
dei Giusti.
Sono le idee che dirigono
la nostra attenzione verso la grandezza che ci circonda nella natura e
nell’universo, aprendoci gli occhi sulle reali esigenze del nostro prossimo,
mostrandoci che non siamo qui solo per noi stessi, che non è solo il comfort
psicologico, fisico e sociale a cui dobbiamo aspirare. L’America, dunque, è
un’espressione nuova ed originale, un esperimento sociale e politico, fondato
su idee che sono state patrimonio dell’umanità per millenni.
Needleman afferma che
l’uomo vive tra due mondi, un mondo interiore di grandi visioni spirituali e
potere spirituale ed uno esterno di realtà e limitazioni materiali. Il senso
della democrazia è radicato nella visione di una natura umana caduta e
perfettibile: interiormente caduta ed interiormente perfettibile. I diritti
costituzionali si basano su una visione della natura umana che ci chiama ad
essere attori responsabili, responsabili verso qualcosa dentro di noi che è
superiore ai nostri desideri così umani, troppo umani. Il sintomo che
un’idea è davvero grande è la sua capacità di unificare le parti disparate
dell’essere umano (si veda anche Jung). Ogni grande idea parla di un ordine
sociale che diventa possibile sulla base di questo ordinamento interiore di
ciascun individuo.
Ci può essere un legame
interpersonale saldo e duraturo tra persone e nazioni così diverse se in
ciascun coscienza/anima non si verifica un analogo processo di unificazione? Il
mondo è come è perché gli esseri umani sono come sono e non c’è nulla di
essenziale nella vita umana che possa essere migliorato se prima non ci occupiamo
della nostra disarmonia interiore. Ogni riforma dall’esterno implica violenza e
guerra in tutte le sue varie forme.
Siamo nati in un mondo di
idee ponderate nei secoli, in un’identità filosofica plurale fatta anche di
libertà, giustizia, uguaglianza, indipendenza di giudizio, coscienziosità,
sollecitudine verso il prossimo, senso di responsabilità, auto-determinazione.
Questa era l’idea di America. Non radici ma boccioli, frutti non ancora maturi.
Ciò che conta è il potenziale inespresso, non il limite imposto; è il
divenire, non l’essere.
Per Needleman l’arte del
futuro, la competenza indispensabile per i tempi a venire, è il gruppo.
L’intelligenza e la benevolenza di cui abbiamo bisogno vengono solo dal gruppo,
dall’associazione di uomini e donne che cercano di lottare contro gli
impulsi dell’illusione, dell’egoismo e della paura. Si è eroi coralmente, non
singolarmente. L’eroe solitario è spesso un farabutto, un impostore.
Needleman rileva che, per i
popoli extra-europei, il concetto di pace era ben diverso da quello che abbiamo
in mente noi. La loro pace era dinamica ed includeva tutte le forze della
vita, nella natura e nell’uomo, compresa quella che chiamiamo “male”; un
concetto inclusivo, non esclusivo: lotta, sofferenza, dolore, errori e
stoltezze, passione, tenerezza, rabbia e sconfitta. Persino la guerra era
compresa nell’idea di pace, una guerra condotta in un certo modo e con certe
motivazioni. L’assolutismo pacifista era completamente estraneo alla loro mentalità
ed è un’invenzione della modernità.
La domanda a cui cercavano
una risposta era molto semplice e molto importante: come pensare e vivere
in modo tale da conformarsi alle leggi cosmiche, alla coscienza, che è la voce
dell’universo in ognuno di noi, in un mondo che dia spazio ad una relazione tra
la grandezza del cosmo e le esigenze della Terra e di ciò che vive e succede su
quest’ultima?
Il contrario di
quest’accezione di pace e giustizia, spiega il filosofo statunitense, è ciò che
divide e separa le parti della realtà e le mantiene distinte, un moralismo che
sminuisce l’interconnessione dei viventi, della vita. Ci sono cose che vanno
distrutte e persone che vanno uccise (es. psicopatici che minacciano singole
vite o intere comunità), ma non certo per plasmare il cosmo a nostro
piacimento, bensì perché il cosmo possa ricostituirsi, per suo conto. Il
giudizio di chi separa il bene dal male è quello del moralista, che è spesso
spaventato e violento. Se il mondo è caduto è per via della sua violenza
endemica, della tendenza a distruggere chi si oppone alla nostra volontà e
morale, ignorando il senso di giustizia ed una visione obiettiva della realtà.
Non è che il bene e il male non esistono, è che sono interdipendenti. È il nostro
moralismo che ci spinge a distruggere, dopo aver distinto mente e corpo,
spirito e materia, uomo e natura, vita e morte: una visione dualistica della
realtà è molto confortevole. Per i nativi americani, come per Jung, ciò che è
oggettivamente buono è la realtà nella sua interezza e ciò che è oggettivamente
cattivo è la sua frammentazione. Ciò che alla mente ordinaria appare come
opposizione, contrasto e contraddizione è un’unità trascendente, la
riconciliazione dei contrari interconnessi, la cosiddetta coincidentia
oppositorum. La vita come una relazione misteriosa ed intima tra
forze opposte. La legge è ciò che mantiene questa relazione e, nel farlo, il
dinamismo della vita. Questa è la pace, la pace assicurata dalla comprensione e
conoscenza. La giustizia discende da tale comprensione. La pace fa da
ponte tra due forze contrapposte. Il male è la forza che ostacola fatalmente
l’azione della forza riconciliativa, la discesa della colomba, lo Spirito
Santo, nella vita umana. Opporsi a ciò che è buono (es. l’intolleranza delle
diversità che non violano la legge, l’ingiustizia, la violenza contro
l’ambiente, la tortura, la guerra, ecc.) non è un peccato imperdonabile, imperdonabile
è ostruire il corso della riconciliazione tra il bene e ciò che gli si contrappone.
“Satana” deriva dall’ebraico satan, che significa l’avversario.
“Diavolo” viene dal greco diabolos, “colui che divide” e significa
l’accusatore, il diffamatore, il mentitore. Nella sua prima forma il demonio è
uno strumento divino e serve delle sacre finalità.
Per questo Gesù chiama
Pietro “Satana” ma gli ordina di mettersi dietro di lui: “va dietro a me,
Satana” (attenzione all’errata traduzione “Lungi da me, satana!” Matteo 16:23),
ossia di seguirlo come discepolo, quando Pietro dimostra di non aver capito il
senso del suo messaggio. È invece irreparabile il male di chi nega lo
Spirito Santo e la sua funzione di agente riconciliativo tra i contrari (es.
altoatesini e sudtirolesi, o bianchi e neri, ebrei e arabi, cattolici e
protestanti nell’Irlanda del Nord, ecc.) e legame tra l’umano e il divino,
ossia chi induce l’uomo a credere di essere solo un animale o una macchina.
Il cuore della democrazia è
apprezzare l’altro anche quando è un mio avversario. Si è intimamente
democratici quando si riesce a fare un passo indietro ed un passo fuori da se
stessi, dalle proprie emotività e permettere all’altro di pensare, parlare e
vivere.
La democrazia non è solo
un’istituzione esterna, non è solo una forma politica, è anche una forza
interna al nostro sé, un ideale interiore, l’espressione più alta di una
spiritualità laica, capace di coniugare pragmatismo e misticismo, materia e
spirito, esteriore ed interiore, bene e male.
Rispettare tutte le
persone, garantire a ciascuno i propri diritti e la propria voce, significa
capire cosa abbiamo tutti in comune, richiede di vedere che cosa sia un essere
umano, indipendentemente da tutte le distinzioni sessuali, razziali, etniche,
religiose, fisiche, sociali, culturali ed intellettuali. Quali siano i suoi
pregi e difetti.
Il significato più profondo
della democrazia è la comprensione delle strutture più profonde del sé umano,
dell’interiorità.
La democrazia è vitale
perché nessuno può arrivare alla verità ed alla purezza della coscienza
senza essere assistito da tante altre persone: è uno sforzo corale,
come corali sono sempre stati gli sforzi delle varie costituenti, delle persone
incaricate di redigere le carte dei diritti e gli statuti, che mai sarebbero
giunti ad un tale livello di saggezza e lungimiranza, da soli.
Il monoteismo, invece,
diffonde l’idea che ci sia una parte della natura umana che deve essere
distrutta, senza che sia possibile ricostituire l’unità fondamentale
dell’essere.
Nella dottrina della coincidentia oppositorum,
dell’interconnessione, ciò che chiamiamo male – il dolore ed il timore
insensati, brutali, crudeli, futili perché irredimibili, lo spreco di vita,
l’ingiustizia titanica, la rabbia sorda e violenta – nasce proprio dalla scelta
di escludere le forze del “male” (Jung le chiamava “ombra”) dalla nostra vita e
dalla nostra mente consapevole. Quando questo male viene isolato, cresce
fino a distruggere un bene che, innaturalmente separato, è indifeso. Da qui
nascono il razzismo, il segregazionismo, la guerra sterminatrice, la pulizia
etnica, l’olocausto.
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