Il 6 dicembre il vice primo
ministro israeliano e ministro per gli Affari Strategici, Moshe Yaalon, in
visita in Uruguay, ha accusato l’Iran di introdurre il terrorismo in America
Latina, con l’appoggio di Chávez, per poter colpire gli Stati Uniti e gli
interessi israeliani e dei loro alleati, attraverso un'infrastruttura che rimanga dormiente per un certo periodo, prima di attaccare.
Yaalon cita il caso del fallito
attentato all’ambasciatore saudita negli Stati Uniti. Per inciso, pochi credono ancora a quella sciocchezza. Juan Cole (Richard P. Mitchell Collegiate Professor
of History at the University of Michigan) elenca le ragioni per cui "costui
non può essere la risposta iraniana a 007":
10. Arbabsiar era
conosciuto a Chorpus Christi, in Texas, “per essere un ridicolo demente”;
9. Probabilmente a causa di
un accoltellamento subito nel 1982, soffriva di un disturbo della memoria a
breve termine;
8. Perdeva continuamente il
suo telefono cellulare;
7. Non trovava mai le
chiavi;
6. Dimenticava
continuamente il borsello e i documenti nei negozi;
5. Era “praticamente
disorganizzato”, ha sottolineato un suo ex socio d’affari;
4. Nella sua attività di
co-titolare di una rivendita di auto usate, perdeva sempre i documenti di
proprietà dei veicoli;
3. Arbabsiar, ben lungi
dall’essere un fondamentalista islamico sciita, pare sia stato un alcolista; il
suo soprannome è “Jack” per la sua passione per il whisky Jack Daniels;
2. Arbabsiar non solo
abitualmente beveva all’eccesso, ma si faceva di canne e andava a prostitute.
Una volte disse ad alta voce in un ristorante che sarebbe tornato in Iran, dove
avrebbe potuto avere una ragazza per soli 50 dollari. Era un uomo rozzo e fu
anche sbattuto fuori da alcuni locali;
1. Tutte le sue imprese
d’affari sono fallite, una dopo l’altra.
Sempre stando alla
affermazioni di Yaalon, l’Iran starebbe cercando di esportare la
rivoluzione iraniana nei paesi limitrofi, in Libano, in Palestina e poi in
Occidente, avvalendosi delle reti di narcotrafficanti. Agli Iraniani
non serve il passaporto per entrare in Venezuela e ciò faciliterebbe il compito
dei terroristi in tutto il Sudamerica. Yaalon non capisce perché il Mercosur
(Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) vogliano stringere accordi commerciali
con la Palestina, che “esporta solo terrorismo e missili”; vede
nell’attacco all’ambasciata inglese a Teheran la prova che l’Iran è una
minaccia non solo per Israele, ma per il mondo intero; avverte che se
l’Iran non annullerà il suo programma nucleare dovrà decidere se “preferire
la bomba nucleare oppure continuare ad esistere come stato”.
Infine ha paragonato la
vittoria alle elezioni egiziane degli islamici alla rivoluzione iraniana del
1979:
La vicenda va inquadrata
nell’ambito delle attività propagandistiche dell’American Enterprise Institute,
una fondazione ultrareazionaria che ha modellato la politica estera
dell’amministrazione Bush direttamente o indirettamente, attraverso commissioni
e consigli. Oltre ad Oriana Fallaci, che ad esso era legata
non-ufficialmente, tra i nomi di spicco figurano una serie di falchi: John
Bolton, Lynne Ann Cheney, moglie di Dick Cheney, ex vicepresidente
di George W. Bush, Newt Gingrich, uno dei due favoriti per la
candidatura a sfidante repubblicano di Obama, Paul Wolfowitz, ex
segretario alla Difesa e presidente della Banca Mondiale e Irving Kristol,
forse l’intellettuale di destra più influente negli Stati Uniti:
Ennio Emanuele Piano ha
riassunto molto bene i punti chiave della posizione dell’AEI sui rapporti tra
Iran, Hezbollah e Venezuela:
“Il protagonismo del gruppo
terrorista sciita in Sud America risale ai primissimi anni di esistenza, quando
la leadership del movimento decise di impegnare parte delle sue energie nella
"tri-border area", ovvero la zona in cui si incontrano i confini di
Argentina, Paraguay e Brasile. Scopo di questa presenza era quello di creare
delle cellule tendenzialmente indipendenti che avrebbero dovuto adoperarsi
nella raccolta di denaro da inviare in Medio Oriente per il finanziamento delle
attività terroristiche del gruppo. Per il raggiungimento di tale scopo gli
uomini di Hezbollah hanno iniziato ad operare in ogni ambito della criminalità
organizzata, dal riciclaggio di denaro sporco ai vari traffici illeciti, tra i
quali naturalmente quello di stupefacenti. Nel giro di vent'anni le poche
cellule iniziali si sono moltiplicate fino a raggiungere il numero di 460
(secondo una stima riportata dallo studio), e sono oramai capaci di
garantire al quartier generale in Libano finanziamenti per una cifra tra i
trecento e i cinquecento milioni di dollari all'anno.
Quello della raccolta di
finanziamenti non è però l'unico ambito in cui queste cellule si muovono. Al
contrario per esse hanno pari importanza altre due attività che mostrano come
l'Iran veda nel continente sudamericano un fondamentale campo di battaglia
nella guerra globale agli Stati Uniti: la prima è la fondazione di moschee
di culto sciita dove propagandare il messaggio Khomehinista: la seconda
riguarda invece "logistica, pianificazione, sorveglianza ed esecuzione
delle missioni" di stampo terroristico. Per i due autori "la
crescente presenza di Hezbollah nell'Emisfero Occidentale può essere compresa
unicamente nel contesto della realizzazione degli obiettivi strategici del suo
mandante, l'Iran", che non a caso negli ultimi anni ha lavorato
diplomaticamente per la creazione di un fronte comune in funzione
antiamericana assieme ai Paesi dell'ALBA, il gruppo dei regimi d'ispirazione
bolivariana voluto e politicamente guidato dal caudillo Hugo Chavez. A
conferma del suddetto impegno diplomatico basti il dato seguente: negli ultimi
sei anni l'Iran ha aperto nel continente sudamericano quattro ambasciate che si
aggiungono alle sole sei precedentemente operanti. In questo modo, grazie anche
al protagonismo di Mahmoud Ahmadinejad, il regime di Teheran è riuscito a
rompere l'isolamento internazionale che lo caratterizzava da decenni, trovando
inoltre alleati pronti ad opporsi, all'interno del consesso internazionale,
alle pesanti sanzioni politiche, economiche e finanziarie contro il regime dei
Mullah. Oltretutto i legami con Caracas hanno garantito alla Repubblica
islamica di insediare nel bel mezzo dell'Oceano, sulla venezuelana isola
Margarita, il principale centro di comando di Hezbollah nella regione.
[…].
Altro particolare di non
poca importanza che caratterizza il "Network Rabbani" è rappresentato
dal rapporto instauratosi con l'imam sunnita radicale della moschea di San
Paolo, Taki Eldyn, già uomo legato ad Al Qaeda, tanto che nel
1995 incontrò in Argentina il prigioniero di Guantanamo ed ex braccio destro di
Bin Laden, Khaled Sheyk Mohammed. Sebbene si sia trasferito in Iran, Rabbani
continua ad operare in prima persona nella regione, naturalmente sotto
copertura e grazie a falsi documenti (secondo l'Interpol), ed in particolare in
Brasile (con l'aiuto del succitato Eldyn), lo stato latinoamericano
con la più numerosa comunità islamica, stimata attorno al milione di persone,
bacino di importanza strategica per il proselitismo jihadista.
Noriega e Càrdenas dedicano
buona parte dello studio ai movimenti del Partito di Dio e dei Servizi iraniani
nel Messico sottolineando quanto stretto sia il rapporto tra questi ed i cartelli
della droga locali. "Francamente -scrivono i due autori- sarebbe molto
sorprendente se non ci fosse collaborazione alcuna tra Hezbollah e Cartelli
messicani, visti gli ovvi benefici per entrambi i gruppi. I cartelli
hanno la possibilità di entrare nei traffici di Hezbollah e approfittare dei
suoi esperti di esplosivi e dei legami con i trafficanti di droga in Medio
Oriente e Asia del Sud. Hezbollah ha invece la possibilità di insediarsi in un
ambiente incontrollato e con largo accesso al confine degli Stati Uniti, ed
allo stesso tempo promuovere azioni dannose per minare la pace sociale degli
statunitensi". Una volta penetrati negli States, difatti, i
membri di Hezbollah si mettono in contatto con le comunità sciite presenti nel
territorio e si adoperano nella propaganda Jihadista e nella raccolta di fondi,
proprio come nei Paesi sudamericani, con la piccola differenza del trovarsi
proprio nella pancia del nemico, con tutte le pericolose conseguenze che questo
comporta per la sicurezza nazionale del "Grande Satana". Che la questione
non sia da prendere sottogamba l'hanno capito anche a Washington, dove la
Repubblicana del Sud Carolina Sue Myrick, membro della Commissione Intelligence
della Camera, ha chiesto formalmente al Segretario della Sicurezza Nazionale la
creazione di una "Task Force" con la partecipazione delle autorità
messicane per monitorare e contrastare la presenza di Hezbollah lungo il
confine.
Nelle conclusioni i due
analisti dell'AEI tracciano un quadro d'insieme a tinte molto fosche dal quale
si evince chiaramente come la strategia iraniana nell'"Emisfero
Occidentale" sia tesa a colpire gli interessi statunitensi nella
regione e creare una sorta di Polo Antiamericano assieme ai membri dell'ALBA
(Ecuador, Bolivia, Venezuela cui va aggiunta anche la Cuba dei fratelli Castro)
ed ai gruppi più volenti che operano nel campo della criminalità organizzata.
Difficile non vedere in questo "accerchiamento" anche un piano
iraniano per assicurarsi contro eventuali interventi militari USA in Persia (la
qual cosa è stata confermata pubblicamente da un alto esponente delle forze
armate della Repubblica islamica durante un viaggio in Bolivia lo scorso
maggio), quasi a ricalcare i movimenti sovietici per il Sud America
durante la Guerra Fredda:
L’ex inviato negli Stati
Uniti per Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli, sulla Stampa, ha ripreso questo
“quadro accusatorio” dell’AEI in un articolo intitolato "Le basi in Sud
America di Hezbollah e Pasdaran", poi rimosso. È riportato qui:
Ecco i passi salienti: “Dietro
il tentativo di assassinio dell’ambasciatore saudita negli Stati Uniti c’è il
«Piano Orizzonte», ovvero il tentativo delle Guardie rivoluzione iraniane e
degli Hezbollah libanesi alleati di Teheran di insediarsi nell’emisfero
occidentale per poter colpire con più facilità gli interessi di Washington.
«Afaq» (Orizzonte) è il nome di un piano d’azione redatto da Hassan Nasrallah,
sceicco degli Hezbollah a Beirut, per creare delle centrali operative in
Messico, Cuba e Venezuela dove far confluire agenti, reclutare localmente
nelle comunità sciite ed accumulare informazioni su possibili obiettivi avversari
al fine di consentire alla «Forza Al Quds», emanazione all’estero delle Guardia
della rivoluzione iraniana che risponde agli ordini della Guida Suprema Alì
Khamenei, di poter realizzare azioni spettacolari. Disporre di un
tale «network» punta a consentire a Teheran di poter minacciare rappresaglie
dirette contro il territorio degli Stati Uniti in caso di un crisi
militare nel Golfo Persico.
A svelare l’esistenza del
«Piano Orizzonte» sono documenti di servizi di intelligence occidentali che «La
Stampa» ha potuto visionare, relativi all’allarme per l’imminente arrivo in
America Latina di un imprecisato numero di «inviati» degli Hezbollah in
coincidenza con la festa musulmana di «Id al-Adha», dal 6 al 9 novembre, che
consente di giustificare arrivi e partenze con la cooperazione religiosa a
favore di numerose moschee sciite in più nazioni. Il network si basa su tre
tasselli: ambasciate iraniane, agenti di Hezbollah in arrivo dal Medio Oriente
e moschee sciite che li attendono per svolgere attività apparentemente di tipo
religioso. Al centro del tentativo di insediamento nell’emisfero
occidentale c’è il Messico e in particolare la città di Tijuana, alle porte
degli Stati Uniti, dove la struttura degli Hezbollah ruoterebbe attorno
ad un designer grafico di nome Ali Jamil Nasser, di circa 30 anni, che avrebbe
ricevuto negli ultimi mesi messaggi e comunicazioni direttamente da Mustafa
Badr al-Din, il capo delle operazioni all’estero di Hezbollah che ha sostituito
in questo incarico il super-terrorista Imad Mughniyah dopo la sua uccisione a
Damasco. Nel 2010 l’intelligence messicana, in cooperazione con altri servizi
occidentali, era riuscita a smantellare una rete informativa degli Hezbollah
che operava proprio nella regione di Tijuana, ed ora la volontà di tornare a
renderla operativa in tempi così stretti coincide con le rivelazioni del
dipartimento di Giustizia americano sul fatto che il complotto per
assassinare l’ambasciatore saudita a Washington è passato proprio attraverso il
Messico.
I servizi di intelligence
occidentali ritengono che la «piattaforma messicana» sia stata identificata da
Hezbollah e Forza Al Quds come un indispensabile canale logistico per spostare
velocemente uomini, informazioni e materiali fra l’America del Nord e del Sud,
rendendo possibili operazioni su entrambi i fronti. Ad alimentare la
piattaforma messicana, secondo i documenti, è il «ramo caraibico» di
«Piano Orizzonte», ovvero i progetti per insediare in più località dell’isola
di Cuba elementi di un’unità degli Hezbollah dipendente direttamente da
Badr al-Din e dal suo stretto collaboratore Talal Hamia. Lo schema immaginato
prevede che la base cubana divenga il posto dove gli agenti in arrivo dal Medio
Oriente possono fare tappa per essere riforniti di valuta dei Paesi dove
andranno ad operare e dei relativi documenti di identità, ovvero passaporti
brasiliani, argentini, colombiani e paraguaiani, ma anche, se necessario, di
Paesi europei. L’ultimo tassello è il Venezuela di Hugo Chavez - dove i
cittadini iraniani possono entrare senza visto -, identificato come la base di
partenza delle operazioni degli inviati Hezbollah in America del Sud ed anche
come possibile luogo di rifugio per gli agenti bisognosi di protezione dopo
aver realizzato azioni contro gli interessi americani".
Qui il rapporto in inglese
dell’AEI:
http://www.aei.org/article/foreign-and-defense-policy/regional/latin-america/the-mounting-hezbollah-threat-in-latin-america/
1 commento:
Io credo che stiano facendo sul serio, credo che vogliano ingolfare il mondo in un conflitto globale, credo che mai come questa volta la cosa sia evidente e si possa bloccare sensibilizzando l'opinione pubblica mondiale.
Al decollo dei cacciabombardieri e dei missili israeliani decine di milioni di persone dovrebbero organizzarsi in modo da bloccare al più presto i loro rispettivi paesi con un massiccio sciopero generale di protesta contro un conflitto suicida.
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